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Caso Marrazzo

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Re: Caso Marrazzo

Messaggioda franz il 31/10/2009, 18:09

L'analisi. Da Berlusconi a Signorini, tutti i burattinai del caso Marrazzo
Combinato anche un incontro tra l'editore di "Libero" e la titolare dell'agenzia Masi

La macchina del fango partita da Milano
come un manuale di killeraggio politico

di GIUSEPPE D'AVANZO

Le cose stanno così. Quei carabinieri che aggrediscono Piero Marrazzo in un appartamento privato, in compagnia di un viado, non sono canaglie a caccia di un bottino.

Non stanno preparando un'estorsione contro il governatore. Stanno raccogliendo il "materiale" per un ricatto che sarà utilizzato da altri, in altro modo, in un'altra città, con un altro obiettivo da quello del denaro (si è mai visto un estorsore che rinuncia al prezzo dell'estorsione?). Sono canaglie che forse bisognerà cominciare a definire rat-fuckers, come si chiamavano tra loro, orgogliosi, gli operativi dell'affare Watergate. Schiacciano con violenza Marrazzo contro un muro. Lo obbligano a calarsi i pantaloni. Lo fotografano. Trasferiscono il video a Milano.

E' Milano, con la sua industria editoriale, la scena del delitto. Perché è solo lì che quelle immagini possono trovare la mano che le pubblica. È da questo momento che l'affaire mostra un significato pubblico e un senso politico che rende oziosa, peggio incoerente con i fatti, la tiritera "chi di sesso ferisce, di sesso perisce". Che cosa succede? Qualcosa che - niente di più, niente di meno - si può leggere nei manuali di un "assassino politico". Il political hitman deve uccidere ma non lasciare la sua impronta. Così si deve "provocare una fuga di notizie verso i media rimanendo al di fuori della mischia mentre l'avversario viene tempestato da rispettabili giornalisti". Accade nel nostro caso. Le immagini vengono proposte a Oggi. La direzione (Andrea Monti, Umberto Brindani) le rifiuta. Bisogna venire allo scoperto, allora. Accettare il rischio di compromettersi. È questo il momento in cui la scena s'illumina e appaiono al proscenio i protagonisti, le comparse, il mattatore. Nel primo atto, il protagonista assoluto è Alfonso Signorini. Che soltanto una irresponsabile ingenuità potrebbe far definire semplicemente "il direttore di Chi". A leggere le testimonianze di un carabiniere canaglia, di un fotografo, della titolare della Photo Masi che ha l'incarico di commercializzare il video del ricatto, Signorini è il padrone del gioco. Riceve in Mediaset e tratta in Mondadori. Dispone per l'intera gamma dei periodici del gruppo editoriale. Lo dice con chiarezza, nei giorni successivi, informando costantemente Silvio Berlusconi.

E' esplicito uno dei carabinieri canaglia, Antonio Tamburrino: "A me fu detto che Signorini ne avrebbe dovuto parlare con Silvio Berlusconi". E' un fatto che Signorini è il playmaker in quella compagnia e nell'affaire. Consiglia, indica, sollecita. Combina non soltanto le scelte dei direttori dei media berlusconiani, sovraordinato a Vittorio Feltri, capataz del giornale di famiglia, ma anche delle testate del gruppo Angelucci (Libero, il Riformista). Organizza un incontro di Photo Masi con il direttore di Libero, Maurizio Belpietro, il 12 ottobre. Due giorni dopo, Signorini combina un breafing tra Carmen Masi e Angelucci. Dice la Masi: "Angelucci visiona il filmato, si dimostra interessato, promette una risposta entro le ore 19 della stessa sera. Ho informato Signorini. Verso le 17, mi ha contattato telefonicamente. Mi ha detto di fermare tutto perché Panorama era molto interessato al tutto e dovevano decidere chi doveva pubblicare il tutto".

Mente dunque Signorini quando, con voce rotta di falso sdegno, protesta (è storia di qualche giorno fa) che "lui e soltanto lui ha deciso di non pubblicare le immagini di Marrazzo". Sua è la guida della "macchina". Chi ne decide direzione, percorso e velocità non è Signorini. E', come appare chiaro nel secondo atto di questa vicenda, Silvio Berlusconi, il mattatore. Sa del video, lo vede, lo valuta. Misura le convenienze per due settimane (5/19 ottobre). E' più utile pubblicarlo subito o conservarlo per tempi politicamente più opportuni? Il 19 ottobre, l'imprevisto. Lo informano che i carabinieri sono a caccia di un "video del presidente". Berlusconi comprende che non può starsene con quelle immagini sul tavolo: il "presidente" non è lui, ma quel disgraziato di Marrazzo. Lo chiama, gli dice che deve comprarselo in fretta, il video. Signorini lo aiuterà, ma - se è vero quel che riferisce lo staff del governatore a Esterino Montino (oggi governatore vicario) - aggiunge: "Rivolgiti a Giampaolo Angelucci, ti libererà dai guai". Il capo del governo non rinuncia agli utili. Con quella mossa, sa di poter avere in futuro la piena disponibilità del destino di Marrazzo. Per intanto, consegna il governatore, commissario straordinario alla sanità, al maggiore imprenditore regionale della sanità privata. Sempre ci sono anche gli affari, propri e degli amici, nelle manovre del capo del governo. Non è il solo contatto del premier con Marrazzo. Il 21 ottobre, il Cavaliere comunica al governatore che è tutto finito, i carabinieri sono ormai in azione, hanno arrestato i furfanti e stanno perquisendo la redazione di Chi. Esterino Montino, che è lì accanto a lui, vede Marrazzo sbiancare come per un malore. Bisogna ora dire quel che vediamo. Furfanti delle burocrazie della sicurezza incastrano un politico. Le immagini, estorte con la violenza in un appartamento privato, vengono consegnate a un alto funzionario (Signorini) di un sistema editoriale (Mondadori, Mediaset e indirettamente Tosinvest di Angelucci) governato direttamente da un proprietario che è anche presidente del consiglio. E' una macchina organizzata per seppellire nel fango chiunque osi dissentire.

Quel che accade in via Gradoli, ha dunque la stessa rilevanza di un prologo, in questa storia. Con buona pace di chi, come Giuliano Ferrara, parla di "deriva sessuofobica". L'affaire Marrazzo non è una storia di sesso e il sesso non è il focus della storia. L'affaire ci espone, nei suoi ingranaggi, una "macchina del fango" di cui già avevamo avvertito la pericolosità. E' la "macchina del fango", il cuore di questa storia. Il sesso l'alimenta. Le abitudini private di un ceto politico, amministrativo, professionale, imprenditoriale sono o possono diventare il propellente di un dispositivo di dominio capace di modificare equilibri, risolvere conflitti, guadagnarsi un silenzio servile, azzittire e punire chi non si conforma, mettere in fuori gioco o espellere dalla competizione politica gli avversari.

L'affaire Marrazzo svela, come meglio non si potrebbe, le pratiche e le tecniche di un potere che, per volontà e per metodo, abusa di se stesso mostrandosi come pura violenza. Nessuno può meravigliarsene. Berlusconi, come gli autentici bugiardi, lascia sempre capire che cosa ha in mente perché - sempre - dice quel che fa e fa quel che dice. Scombussolato dalla "crisi di primavera" quando salta fuori la "commistione tra boudoir e selezione della classe dirigente politica", arruffato da una minorenne che confessa come e quando "Papi" gli ha promesso o la ribalta dello spettacolo televisivo o un seggio in Parlamento come custode della volontà di quel popolo sovrano evocato in ogni occasione, Berlusconi in luglio riordina le idee e lancia la "campagna di autunno". Cambia squadra. Vittorio Feltri al Giornale. Belpietro a Libero. Signorini su tutti. Gli avversari, veri o presunti, sono colpiti come birilli. Accade al giudice Mesiano, spiato e calunniato dalle telecamere di Canale5. Accade al direttore dell'Avvenire, Dino Boffo, colpevole di aver dato voce all'imbarazzo delle parrocchie per la vita disonorevole del premier. Accade al presidente della Camera, Gianfranco Fini, minacciato di "uno scandalo a luci rosse" perché responsabile di un civile dissenso politico. Accade a Veronica Lario, moglie ribelle dipinta come un'adultera. È accaduto ora a Marrazzo, ma quanti ora temono che possa accadere anche a loro? Altro che le puzzette al naso di chi ancora ci annoia con lo sproloquio sul gossip. Non parliamo di letto, di pubblico/privato e ormai nemmeno più di trasparenza e fragilità della responsabilità pubblica. Discutiamo di libertà.

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Re: Caso Marrazzo

Messaggioda ranvit il 31/10/2009, 19:15

Purtroppo.....è proprio cosi' come dice D'Avanzo.
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Aspesi: Quei sogni segreti dei nostri uomini

Messaggioda franz il 02/11/2009, 9:24

L'Italia pullula di trans, non più da considerare un fenomeno raro
Da Eva Robin's a "La moglie del soldato", cambia l'immagine dei viados
Quei sogni segreti
dei nostri uomini
di NATALIA ASPESI

Quei sogni segreti dei nostri uomini

IN questa settimana di intenso teletrans, non ci sono state trasmissioni e conduttori che non abbiano esibito il loro o i loro trans, veri o caricaturali. E per esempio a "Annozero" c'era una signora stile Carmen. Con grande ventaglio rosso, di massima arguzia, serietà e intelligenza, che rendeva particolarmente avvilente il vociare maschile politicosessuale, come sempre del tutto inconcludente. Stessa bella figura e sempre nella stessa arena selvaggia, ha fatto un'altra signora dall'aria intellettuale, che da Milano raccontava come aveva dovuto fuggire da Roma, dove l'eccesso di pretendenti di gran notorietà, in politica e altrove, assediavano e avvilivano la sua vita di donna più completa delle altre in quanto fornita di sesso maschile.

Non è che non si sapesse, ma dopo tanto clamore, non si può più dubitarne; l'Italia (o forse tutto il mondo), pullula di trans, non più un raro fenomeno genetico e psicosessuale riservato a rari intenditori, ma una professione, una corporazione, una etnia, un mondo, un mercato, un popolo, una folla. Dietro la stazione Garibaldi di Milano, per esempio, c'è un vecchio grandioso palazzo abitato soprattutto da trans che, crisi o non crisi, ogni notte saltano giù da enormi limousine abitate da uomini pregiati, e attraversano i cortili verso i loro appartamenti, indossando tanga e poco altro.

Nelle piccole città, dico per esempio a Sarzana perché ci vado spesso, c'è una strada solitaria dove solo a tarda notte, svettavano sino a pochi mesi fa ragazze di sesso maschile particolarmente avvenenti: poi la popolazione non le ha volute più, con la scusa che davano cattivo esempio ai bambini, anche se gli stessi solitamente non dovrebbero aggirarsi dopo mezzanotte nelle strade deserte, né soli né accompagnati. Si sa anche dalle recenti cronache, che il trans, contro ogni idea di peccato e trasgressione, è più diurno che notturno: la massima ressa nelle loro alcove è infatti nelle ore di ufficio, e se lo sapesse Brunetta, altroché fannulloni e tornelli.

Adesso in tv, a mettere in ombra il travestito da oratorio, il pur apprezzato genere Platinette, arriva la fascinosa Carmen, e qui non si ride più: chissà se ai telespettatori maschi di buona famiglia saranno venuti i cattivi pensieri guardando quelle labbra di fuoco e quegli occhi scintillanti di misteri, certo le telespettatrici si saranno impensierite. Nessuna signora conosce un uomo che riveli di frequentare le prostitute, che pure prosperano a centinaia di migliaia e non si sa quindi come, disoccupate, arrivino a fine mese. Figuriamoci se uno dirà mai di averci anche solo provato con un trans, così per curiosità, o per studio sociologico, o per portarlo sulla retta via, o spingendolo alla monacazione, o per altre ragioni umanitarie.

Eppure la fiction americana li ha già sdoganati per quello che sono, non come macchiette o come stravaganze (vedi Grande Fratello): in "Sex and the city" la vispa Samantha (lei stessa assomigliante a un trans, per quanto rigidamente femmina), non riesce a dormire per il casino che fa un gruppo di trans di colore sotto le sue finestre, e l'unico modo per ottenere il silenzio notturno è diventarne amica. Il trans gran signora è tra i protagonisti del magnifico serial "Dirty Sexy Money" putroppo interrotto dopo sole due stagioni per audience insufficiente: si tratta dalla bionda e statuaria Carmelita, di cui è pazzo il candidato al Senato Patrick Darling, al punto di volerla sposare, malgrado sia già sposato. Naturalmente finisce male, ma intanto il ruolo lo ha avuto l'attrice Candis Cayne, che prima di operarsi era l'attore Brendan McDaniel: cioè un uomo che ha scelto di essere donna, quindi un trans già transitato.

Se uno si attiene alle cronache, parrebbe che i trans siano solo brasiliani e che la prostituzione sia la sola loro professione: non è vero, spiega Gianni Rossi Barilli, direttore del mensile gay "Pride", ce n'è di casalinghe e di milanesi, solo che per loro fortuna non fanno notizia. Ciò che lo stupisce "è il panico con cui soprattutto gli studiosi affrontano l'argomento, non riuscendo ad accettare le mille sfumature dell'ambiguità sessuale tanto da preconizzare un immane caos". E per quanto il travestito, l'ermafrodito, l'androgino, il trasgender, l'intersessuale, la donna nel corpo di uomo o viceversa, siano figure antiche, anche mitiche, "il trans come lo si intende oggi è un personaggio molto recente, nato dal momento in cui c'è stata l'opportunità di manipolare genetica e biologia, di costruire il proprio corpo al di là della sua forma naturale codificata dai generi".

Prima si pasticciava e ci si accontentava, aspirando ancora al modello femminile: come la delicata, fragile Eva Robin's, nata Roberto Maurizio Coatti, che quando finalmente apparve sullo schermo, nuda e di fronte, suscitò nel pubblico un hoo sbigottito; o come in "La moglie del soldato", film girato nel 1992 da Neil Jordan, la bellissima mulatta Jaye Davidson, nata Alfred Amey, che quando il terrorista Forrest Whitaker la vede nuda, oltraggiato, le/gli dà uno schiaffo.

Oggi, dice Rossi Barilli, "il trans può costruirsi secondo l'immaginario erotico degli uomini, offrirsi al loro desiderio profondo". Le signore trasecolano, ci rimangono molto male: ma come, non le volevano esili, soffici, tenere, levigate, persino piccine, quasi infantili, insomma femminili, e loro per ansia di piacere, a dieta, a far ginnastica, ad ammorbidirsi e depilarsi ovunque; e poi si scopre che quel che sognano in segreto i loro innamorati sono donnone grandi e muscolose, con seni enormi e contundenti, consentita la barba e la voce profonda, soprattutto indispensabile quella parte del corpo che con tutta la buona volontà di accontentare i gusti degli uomini, proprio si ostina a mancare.
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hanno ammazato il-la sigorino-a

Messaggioda mauri il 20/11/2009, 22:21

mi viene in mente solo un nome, ndovinate chi?
ciao, mauri

ps
mi spiace, ogni ucciso è una ns vergogna
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Marrazzo: «È colpa mia, hanno distrutto me e fatto morire le

Messaggioda franz il 21/11/2009, 17:19

DOPO LA MORTE DI BRENDA
Lo sfogo di Marrazzo: «È colpa mia,
hanno distrutto me e fatto morire lei»

L’ex governatore chiuso in monastero: «Allora è vero che c’è un complotto»

ROMA - «E’ colpa mia, è colpa mia. Dopo aver distrutto me, hanno fatto morire anche lei. Non è possibile, non è giusto, non doveva andare così. Perdonatemi per il male che ho fatto a tutti quanti. Non volevo. Ho sbagliato, ho commesso tanti errori, ma non doveva finire così...»: Piero Marrazzo è ricaduto nella disperazione ieri mattina, quando ha saputo della morte di Brenda. Pensava di aver già affrontato i giorni più duri: quelli dello scandalo, della vergogna, delle difficilissime confessioni alla famiglia, dell’uscita di scena dalla politica a testa bassa. Pensava di essersi lasciato alle spalle i momenti peggiori.

Invece adesso è stato costretto a fare i conti con altro e nuovo dolore. Con nuovi struggenti sensi di colpa. E con la paura. L’ex governatore è ancora nell’abbazia di Montecassino, nel Sud del Lazio. Lascia il si­lenzioso monastero solo per venire a Roma per le sedute di psicoterapia. Gli altri gior­ni, fra celle e confessionali, scorrono tutti uguali, scanditi dalle regole dei religiosi che gli danno ospitalità: otto ore di preghie­ra. Dall’alba al tramonto. Terapia spirituale, la chiamano. Pre­ghiera e meditazio­ne. Dalle lodi del mattino, ai vespri della sera. E poi passeggiate. Lettu­re. Pasti leggeri con i monaci. Qual­che contatto solo con la famiglia. Con gli amici più stretti. Con l’avvo­cato. Per il resto se ne sta lì, lontano dal mondo. Al ripa­ro dai giornalisti che da settimane lo cercano. Ieri pe­rò, poco dopo il raccoglimento mattutino nella cappella minore dell’abbazia, è arriva­ta la telefonata maledetta: «Piero, siediti e cerca di stare tranquillo. È successo qualco­sa di brutto...». La notizia che ha sconvolto il giornalista. «Se non ci fosse stato tutto questo clamo­re intorno a me, se non fosse venuta fuori questa vicenda, se non avessi coinvolto tut­te queste persone in questa storia, forse Brenda sarebbe ancora viva», si è sfogato l’ex governatore, con la voce strozzata dalle lacrime. «Allora è vero che c’è un complot­to, è vero che dietro c’è qualcosa di grosso. Dio mio che ho combinato, perdonatemi vi prego. Non volevo coinvolgere la mia fami­glia, non volevo far soffrire nessuno...», ha aggiunto.

«Perché prendersela con Brenda? Perché deve soffrire così tanta gente?», ha continuato a chiedersi. E così, oltre al dolo­re per la morte del trans, adesso si è affac­ciata la paura. Non quella del ricatto di qual­che carabiniere farabutto in cerca di facili guadagni. La paura di qualcosa di ben peg­giore. Troppi misteri. Troppi sospetti. Troppe cose che non tornano. Del resto, come ha sottolineato Luca Petrucci, l’avvocato che segue Marrazzo, quanto accaduto «è in­quietante, è una svolta davvero inquietan­te. Non posso pensare che la settimana scorsa questa persona è stata aggredita e ra­pinata e poco dopo è morta. Vanno appro­fondite le cause, bisogna capire che cosa c’è dietro, anche se non ho alcun elemento per aggiungere qualcosa in più». Secondo Petrucci in ogni caso sarebbe giusto «met­tere sotto protezione Natalie», l’altro trans coinvolto nella vicenda. E ancora: «A que­sto punto temo per l’incolumità di Marraz­zo. Chiedo e spero che non gli venga tolta la scorta». Il mistero della morte di Brenda fa dun­que paura. Terrorizza l’ex governatore. «Pie­ro è preoccupatissimo non tanto per sé, quanto per quello che potrebbe capitare al­la famiglia», racconta uno dei suoi amici, «teme che ci sia qualche giro molto più grande e pericoloso di quanto avesse imma­ginato all’inizio. E ha paura che qualcuno possa fare altro male alle persone a lui ca­re ».

La procura starebbe valutando l’ipotesi di mettere sotto sorveglianza anche la fami­glia di Marrazzo, la moglie e la figlia. In real­tà già erano stati predisposti fin dalle scorse setti­mane dei «passag­gi frequenti» di pattuglie dei cara­binieri e della po­lizia nei pressi del­l’abitazione. Misu­ra precauzionale. Dopo i nuovi svi­luppi, però, si pensa a controlli più stringenti, al­meno fino a quan­do non verrà fatta piena luce sulla morte di Brenda. Marrazzo, appe­na saputo dei drammatici svi­luppi della vicen­da, dopo il primo momento di scon­forto, ha pensato di lasciare il ritiro spirituale. «Come faccio a stare tran­quillo con tutto quello che sta succedendo? Come posso sta­re qui? Devo tornare a casa, devo stare vici­no alla mia famiglia, devo proteggerla. Sen­za volerlo li ho comunque coinvolti in tut­to questo, devo fare qualcosa», ha ripetuto l’ex governatore confidandosi con le perso­ne più vicine. Ma poi lo hanno convinto a restare fra i monaci. Per andare avanti con la terapia spirituale. Ha provato a rilanciare chiedendo di essere raggiunto dalla moglie Roberta e dalla figlia. «Non è possibile. E per loro non sarebbe un bene», gli hanno risposto.

Paolo Foschi
21 novembre 2009
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Re: Caso Marrazzo

Messaggioda trilogy il 21/11/2009, 20:18

Il sasso in bocca
MARCELLO SORGI
LaStampa.it opinioni
21.11.2009

Un antico e terribile rituale mafioso voleva che per far tacere chi aveva cominciato a parlare - tradendo il dovere del silenzio che è alla base del patto omertoso -, oltre a ucciderlo, lo si doveva lasciare con un sasso in bocca: segno insieme di vendetta e di monito, per altri che, sciogliendo la loro lingua, avrebbero saputo a cosa andavano incontro. Qualcosa del genere è accaduto ieri, nella Roma politica e terminale dell’autunno 2009, al transessuale Brenda. Dopo due mesi di illuminazione mediatica dovuta al suo coinvolgimento nel «caso Marrazzo», dopo una strana rapina ad opera di un gruppo di romeni, parte in fuga con il suo telefonino, parte menati da altri trans e finiti in ospedale, Brenda è stata soffocata in uno scantinato di via Due Ponti, un quartiere periferico di nuova prostituzione, frequentato non soltanto dall’ex governatore del Lazio, e non da soli politici, ovviamente. Il sasso in bocca, nel caso di Brenda, erano le memorie elettroniche del cellulare e del suo computer, annegato nel lavandino del miniappartamento dato alle fiamme, che non potranno più parlare. Dei tre trans entrati in scena dopo l’esplosione del «caso Marrazzo», Natalie, la più affezionata, era quella che aveva messo in guardia l’ex governatore dal pericolo dello scandalo.

Michelle, che con Brenda lo aveva incontrato due volte, era già scappata a Parigi, sentendo brutta aria. Brenda, la terza, era quella che più esplicitamente aveva detto che nel giro di prostituzione brasiliano, Marrazzo era solo uno dei più assidui, tra i politici frequentatori. S’era anche divertita a fare qualche allusione, accennando a un fantomatico «Chiappe d’oro», dietro il cui soprannome, nientemeno, si sarebbe celato un ministro. Così, senza accorgersene, o forse essendosene accorta troppo tardi, Brenda aveva firmato la sua condanna a morte. Ora qualcuno dice - e moltissimi pensano - che i mandanti dell’assassinio di Brenda siano da ricercare proprio tra quei politici che, nel timore di essere scoperti e fare la fine dell’ex governatore, avrebbero fatto di tutto, perfino armato la mano dei killer, pur di chiuderle la bocca. E’ possibile, diranno le indagini se questa è un’ipotesi da approfondire. Così come è probabile che Brenda sia stata fatta tacere, non per quel che aveva detto o si preparava a dire, ma per aver cominciato a maneggiare di testa sua rivelazioni e sospetti il cui mercato, abilmente orchestrato, doveva servire ad avvelenare la prossima campagna elettorale. Una strana coincidenza vuole che l’assassinio di Brenda coincida con le rivelazioni, a ventisei anni di distanza, sul sequestro di Emanuela Orlandi, e con i ricordi di quest’altra incredibile vicenda romana, sospesa tra il Vaticano e il potere democristiano del tempo, la malavita della Banda della Magliana che ha intanto ispirato un film e una fiction tv, e poi spie, ricatti, servizi deviati e altri tipici ingredienti del lungo crepuscolo della Prima Repubblica.

Lì una povera ragazza di quindici anni di cui i parenti sperano ancora di rivedere il sorriso, qui l’enorme e sgraziato cadavere del trans, a segnare, in epoche così lontane e diverse, i sinistri rintocchi, il rantolo affannoso e il battito spento del cuore della Capitale. Eppure, seppure la storia di Roma è da sempre scandita da scandali e misteri inconfessabili, ci dev’essere una ragione per cui il calendario politico-sessuale di quest’ultimo anno - da Noemi a Brenda - sembra aver segnato il punto di non ritorno. A fare la differenza non è l’assassinio o l’aspetto «noir» del potere, a cavallo tra il Palazzo e la malavita. Il cadavere, infatti, c’era già nello scandalo Montesi di mezzo secolo fa, con la scoperta, sorprendente per i tempi, sulla spiaggia di Capocotta, del corpo nudo di una donna morta dopo un’orgia. Non è il sesso che, in un modo o nell’altro, ha accompagnato la vita politica del Paese, arrivando a lambire il Quirinale degli Anni Cinquanta, e via via Palazzo Chigi, i ministeri, il Parlamento, fino il laticlavio dei senatori a vita. Non sono neppure i trans, ormai entrati con tutti gli onori nella vita pubblica, con una recente, ancorché non duratura, rappresentanza parlamentare, una star del Grande Fratello e gli spot di un nuovo canale satellitare della Rai.
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