L MANIFESTO - DA MERCOLEDÌ IN LIBRERIA «IL FUTURO DELLA LIBERTÀ»
Laicità e integrazione : Nella «lettera
ai ventenni» il programma di Fini
Dietro i consigli ai giovani una vera discesa in campo
In questi anni abbiamo letto molti saggi o interviste di uomini politi ci che riflettevano sulle condizio ni del Paese e annunciavano ai let tori il modo in cui ne avrebbero cambia to le sorti. Alcuni erano interessanti, altri (la maggioranza) erano occasionali e det tati dal desiderio di garantire all’autore una certa visibilità, soprattutto in vista di una scadenza elettorale. Quello di Gian franco Fini apparso ora presso Rizzoli («Il futuro della libertà. Consigli non richiesti ai nati nel 1989») appartiene a questa cate goria e contiene alcuni degli ingredienti di questo genere politico-letterario: una inevi tabile dose di retorica, una combinazione di analisi severe ed esortazioni ottimistiche, una lunga serie di citazioni e qualche dato statisti co. Ma è meglio costruito, più interessante e, soprattutto, più ambizioso.
Con un perdonabile artificio Fini dice di indi rizzarsi ai giovani italiani che nei primi vent’an ni della loro vita non hanno conosciuto l’Euro pa delle ideologie contrapposte e hanno godu to di libertà negate alle generazioni precedenti. Felicemente nati nell’anno in cui cadde il muro di Berlino, non hanno vissuto nell’incubo di un possibile conflitto nucleare, hanno potuto attraversare liberamente le frontiere del conti nente, hanno assistito a una rivoluzione tecno logica che ha prodigiosamente allargato l¹orizzonte delle cose possibili. Sono dunque più felici? Non necessariamente. Le ideologie — comunismo, nazionalismo, razzismo — so no state moralmente sconfitte, ma hanno la sciato nell’aria del Paese un «pulviscolo tossi co » che avvelena gli animi e suscita «divisioni artificiose». Non basta. Le ideologie, con tutti i loro enormi inconvenienti e pericoli, hanno l’effetto di scaldare i cuori e dare un senso al l’esistenza. Oggi il vuoto delle ideologie morte è stato spesso riempito da quello che un socio logo americano ha definito narcisismo: una specie di «carpe diem» in cui ogni persona vi ve alla giornata badando a costruire per sé, dentro le quattro mura del suo egoismo, il mag giore benessere possibile.
E’ una sorta di torpore in cui il giovane ri nuncia a immaginare un futuro migliore e ce de addirittura, qualche volta, alla tentazione della droga.
Saremmo quindi un Paese diviso fra politici che passano gran parte del loro tempo a insul tarsi volgarmente nell’arena della politica e una larga parte della società giovanile che guar da dal loggione, annoiata, scettica, indifferente.
Per rompere il brutto incantesimo del torpore e dell’«anemia morale», per invitare i giovani a scendere dal loggione e a prendere il loro posto nella vita del Paese, Fini ricostruisce per i suoi lettori, in alcune pagine molto efficaci, gli orrori del Novecento dai massacri comunisti al genocidio ebraico. Ma ricorda an che al tempo stesso il soprassalto di coraggio e di entusiasmo con cui i lo ro nonni e i loro padri hanno rico struito un Paese distrutto, hanno scritto la Costituzione, hanno creato una nuova economia nazionale. Poi, gradualmente, la macchina ha cominciato a incepparsi. Il Paese delle formi che è diventato il Paese delle cicale. I governi hanno contratto debiti che sono stati scaricati sulle spalle delle ultime generazioni. La crimi nalità organizzata si è impadronita di alcune re gioni. Politica e malaffare hanno stretto inconfessabili alleanze. Il rispetto della legge si è ap pannato. L’area dell’economia nera e dell’eva sione fiscale si è allargata. La famiglia ha smes so di trasmettere tradizioni e insegnamenti con la pazienza e il rigore di un tempo. E i pa dri, anziché punire gli errori dei figli, riservano la loro collera per gli sventurati insegnanti che pretendono di educarli. Fini, dal canto suo, par la ai giovani, ma non cede alla tentazione, così frequente nella politica italiana, del «giovanilismo ». Anziché adulare e accarezzare i ventenni preferisce ricordare che dovranno contare su se stessi evitando «piagnistei e autocommisera zione ». Il mondo in cui vivranno offrirà una lar ga gamma di possibilità, ma non garantirà il posto fisso. Dovranno soprattutto attendersi «poco, in termini di provvidenze, da un appara to pubblico che non potrà essere così generoso come lo è stato fino ad oggi».
In altre parole l’Italia di domani sarà quella che i ventenni d’oggi vorranno costruire con il loro impegno e i loro personali sacrifici. La ri costruzione, secondo Fini, dovrà essere «cultu rale e morale».
Sono parole che appartengono al linguaggio della retorica e servono spesso a decorare i di scorsi piuttosto che a risolvere i problemi. Ma devo riconoscere che il programma di Fini è piuttosto dettagliato e convincente.
Ecco alcuni punti. Occorre anzitutto un «pat to costituente», perché le costituzioni non si possono scrivere o emendare «a colpi di mag gioranza » . Occorre difendere e consolidare il bipolari smo. Occorre una politica laica che non preten da d’impedire alle persone il diritto di rinuncia re alla vita o di trarre vantaggio dalla ricerca sulle cellule staminali e sulla procreazione assi stita. Occorre una poli tica dell’immigrazione che permetta d’integra re i nuovi arrivati e far ne gli italiani di doma ni. E occorre soprattut to credere nell’unità dell’Europa. La parte del libro dedicata alla costruzione dell’Unio ne europea non mi sor prende.
Quando parte cipò, in rappresentan za del governo, alla Convenzione presieduta da Valéry Giscard d’Estaing, Fini dette un’utile lezione di eu ropeismo alla sua par te politica (che era, a dir poco, euroscetti ca,). Mi sorprende in vece che spezzi una lancia per rivendicare le radici cristiane del l’Europa. Ma forse è soltanto un omaggio ai nostalgici di una batta glia perduta.
Come il lettore avrà capito, questa non è sol tanto una «lettera ai ventenni». E’ anche un programma di governo ed è, per molti aspetti, la discesa in campo di Gianfranco Fini. In un Paese dove molti uomini politici aspettano, pri ma di rivelare le loro ambizioni, che venga il loro turno, questa è una buona notizia. Potreb be aprire qualche schiarita nel cielo nuvoloso della politica italiana.
A questo libro manca tuttavia una cosa: un breve riepilogo della carriera politica dell’auto re. Lo dico senza malizia perché ho sempre pensato che la parabola di Gianfranco Fini, dal Movimento sociale italiano alla democrazia liberale, sia stata convincente. Ma se avesse spie gato, con qualche esempio personale, quali e quanti possano essere i percorsi verso la demo crazia, il suo libro sarebbe stato ancora più at traente. I suoi lettori avrebbero capito meglio quali e quante furono le conseguenze della ca duta del muro di Berlino nell’anno della loro nascita.
Sergio Romano
31 ottobre 2009