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Le motivazioni della condanna di Mills

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Re: Le motivazioni della condanna di Mills

Messaggioda ranvit il 20/05/2009, 14:41

Dal corriere.it :

Il capo del governo preoccupato anche dagli effetti delle vicende personali
Toghe e caso Noemi:
Silvio si sente «braccato»
Berlusconi ritiene di essere vittima di un’operazione che mira a destabilizzarlo. «Cosa vogliono, che mi dimetta?»


ROMA — «Cosa vorrebbero, che morissi in un attentato? Cosa dovrei fare, scompari­re?». Berlusconi si sente come un toro a cui i picadores stanno infliggendo le banderillas, per poi lasciarlo senza forze al colpo del mata­dor. Dice di essere «circondato, braccato», e ie­ri pomeriggio la sua furia senza bersaglio era rivelatrice del suo stato d’animo: «Sono scon­fortato. Vogliono che molli tutto e mi dimetta? Questo vogliono? Massì, chi me lo fa fare, arri­vederci...»

Così aveva farcito le sue conversazioni pri­ma di presentarsi all’Aquila. E quel ragiona­mento svolto con autorevoli ministri e dirigen­ti di partito, quell’atto d’accusa verso una spectre priva di volti e di nomi, aveva allarma­to la corte del Cavaliere, dove a un certo punto era prevalso il timore che davvero il premier fosse pronto a un gesto clamoroso, di sfida quantomeno, se non addirittura di rassegnazio­ne. È chiaro che senza Berlusconi l’intera archi­tettura politica cederebbe, perché senza di lui ­ lo spiegò tempo addietro Confalonieri - salte­rebbe tutto. Ma non è questione all’ordine del giorno, semmai il patron di Mediaset è preoccu­pato per l’amico di una vita, teme che altre ban­derillas possano venire usate per stroncare una leadership che oggi non ha rivali.

La sentenza Mills è un altro colpo all’imma­gine del premier, «coperto» dall’avvocato in­glese e protetto dal lodo Alfano. Certo, l’ennesi­ma offensiva contro Berlusconi per la sua enne­sima vertenza giudiziaria, nelle urne potrebbe trasformarsi in un boomerang per l’opposizio­ne. Ma per quanto possa apparire paradossale, la campagna elettorale non interessa più nes­suno, nell’inner circle del Cavaliere se ne sono convinti, «tanto, anche se il Pd arrivasse al 27% invece del 25%, si direbbe che in fondo ha ottenuto un buon risultato rispetto alle atte­se».

È Berlusconi nel centro del mirino, almeno così lui si sente: vittima di un’operazione che mira a destabilizzarlo. E più del caso Mills, è ossessionato dai vortici sulla vicenda di Noemi che lo chiama «papi», da quella parola terribile che non osa nemmeno pronunciare, che teme di veder affiorare sulle labbra dei suoi contestatori, o di veder riproposta sulle prime pagine della stampa internazionale quando ospiterà i leader mondiali al G8. Ecco oggi la priorità del premier: c’è un’immagine da rico­struire in fretta, come l’Abruzzo, anche al co­spetto dei potenti della Terra. L’ha fatto capire quando ha ammesso che «il danno c’è stato, certamente», e che sarà chiamato a «uno sfor­zo per far passare la realtà» con le cancellerie straniere.

Sarà pur vero che l’indice di gradimento re­sta altissimo, «ero al 75,1% e sono calato solo dello 0,3%, cioè nulla». Ma intanto l’altra sera alla cena elettorale di Milano — citando gli amatissimi sondaggi — è rimasto sul vago di­cendo che «il Pdl sta ben sopra il 40%», lascian­do intuire una flessione. Eppoi, a forza di subi­re colpi, il rischio è che un tarlo possa logorare il suo rapporto con l’opinione pubblica, anco­ra solidissimo. Chi lo cinga d’assedio non lo di­ce, al di là dell’offensiva contro «la stampa di sinistra». Che sia pronto a ribattere è evidente, quando annuncia di volersi recare in Parlamen­to a parlare di giustizia.

Ma Berlusconi avverte l’accerchiamento. La crisi economica sembrava il suo unico nemi­co. In autunno, «quando eravamo sull’orlo del­l’abisso », Tremonti aveva scorto strane mano­vre dentro e fuori il Palazzo, le aveva attribuite al «partito della crisi», a «quelli del tanto peg­gio tanto meglio». «Sfascisti idelogici», li ave­va definiti il titolare di via XX Settembre, «so­no personaggi che si illudono di poter eredita­re qualcosa dalla caduta del governo, senza ca­pire che una crisi non sarebbe solo la fine del­l’esecutivo ma la fine di tutto». «L’allarme è rientrato», spiegava Tremonti una settimana fa. Ora c’è un altro fronte, ben più insidioso, a preoccupare il Cavaliere.


Francesco Verderami
20 maggio 2009
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Le motivazioni della condanna di Mills

Messaggioda ranvit il 21/05/2009, 10:28

da repubblica.it :

Caso Mills, anche Fini convinto che le Camere non c'entrano niente
col processo milanese. A Palazzo Chigi si temono nuove inchieste
Stop di Bossi: sui pm non ti seguiamo
E Silvio rinvia l'arringa in Parlamento
di CLAUDIO TITO

ROMA - "Qualcuno mi consiglia di evitare in questi giorni il Parlamento". Come spesso accade in queste situazioni, il Pdl si divide tra "falchi" e "colombe". Silvio Berlusconi fino a ieri mattina era convinto di dover scendere nell'arena di Palazzo Madama e battersi per difendere la sua posizione e per rivendicare ogni estraneità nella vicenda Mills. È ancora sicuro che questi siano i cavalli di battaglia più redditizi dal punto di vista elettorale.

Nella giornata di ieri, però, i dubbi hanno cominciato a montare. Soprattutto tra le file degli alleati. E già, perché il premier avrebbe voluto effettivamente partire lancia in resta, ma dalle parti della Lega e di Alleanza nazionale le perplessità non mancavano. La linea dettata da Umberto Bossi, infatti, non è affatto accondiscendente nei confronti dell'inquilino di Palazzo Chigi. "Su questo non possiamo seguirlo", è stato il messaggio lanciato dal Senatur. Nel Carroccio del resto il fronte anti-magistrati non ha mai fatto breccia. Persino il lodo Alfano è stato considerato a suo tempo dai lumbard come il modo per liberarsi dalla necessità di blindare il premier dinanzi alla guerra con i giudici. Senza contare che per le riforme, il Carroccio continua a coltivare il seme del dialogo con il centrosinistra e uno scontro sulla giustizia potrebbe compromettere i buoni rapporti costruiti in questi mesi. I leghisti, insomma, non vogliono farsi schiacciare sul "rilancio" berlusconiano. Ragionamenti che ieri sono arrivati in modo più o meno esplicito a via del Plebiscito. Non una frattura, ma dei suggerimenti.

Del resto, lo stesso Berlusconi non nascondeva ieri ai suoi di voler "riferire" sul caso Mills al Senato e non a Montecitorio. Per la presenza di Antonio Di Pietro in aula. Ma anche per la presidenza di Gianfranco Fini. Che ha accolto con un certo sollievo la marcia indietro ingranata dal presidente del Consiglio. Tanto che ieri mattina in conferenza dei capigruppo ha dribblato con cura l'argomento. E comunque per Fini, "il Parlamento non c'entra niente con il processo di Milano". Espressioni bene note a Palazzo Chigi.

Tante perplessità dunque che, accompagnate dai consigli delle "colombe" forziste e dagli impegni della campagna elettorale, hanno fatto slittare l'appuntamento parlamentare. "Non vorrei - è stato allora il ragionamento del Premier - che arrivo in aula e poi i nostri non ci sono. Un po' perché molti sono in giro a sostenere i nostri candidati alle europee e un po' per altri motivi. Rischio di ritrovarmi solo davanti a quelli dell'opposizione". Per lo stesso motivo è stato anticipato a oggi il consiglio dei ministri. Per consentire ai ministri di correre nei territori di elezione in vista del voto del 7 giugno. Non solo. Gli "ambasciatori" di Palazzo Chigi si sono messi in movimento per sondare pure gli umori di tutte le più alte cariche dello Stato. E tra i collaboratori del premier, c'è stato anche chi ha avvertito che un affondo sui magistrati in Parlamento avrebbe potuto provocare un irrigidimento sul Quirinale.

Un insieme di condizioni, dunque, che ha indotto il Cavaliere a rinviare a giugno la sua arringa. Nel frattempo valuterà l'atteggiamento seguito dal Pd. "Fino ad ora sono stati davvero incredibili. Anche quel Franceschini ha deciso di inseguire Di Pietro. Ma se da qui a metà giugno non insisteranno, allora neanche io insisterò". Sullo sfondo, poi, ci sono i magistrati. A Palazzo Grazioli, in molti temono una recrudescenza del conflitto con i giudici. Non solo in previsione della sentenza della Consulta che entro l'autunno dovrà pronunciarsi sulla costituzionalità del Lodo Alfano, ma anche di nuove inchieste. L'attenzione da questo punto di vista è concentrata su Napoli. Da qualche giorno i legali e lo staff di Berlusconi hanno iniziato a guardare con sospetto alle iniziative dei magistrati napoletani sul fronte della discarica di Ferrandelle.

Ma se la conflittualità con i magistrati tornerà a toccare i picchi di qualche anno fa, allora il Cavaliere rilancerà. "Se mi attaccano, anche io lo farò". Rispolverando la riforma della giustizia.

(21 maggio 2009)
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Re: Le motivazioni della condanna di Mills

Messaggioda mauri il 27/10/2009, 19:02

confermata la condanna

"L'ultima 'battaglia' tra accusa e difesa si è giocata sulla prescrizione. Il sostituto procuratore generale Laura Bertolè Viale, nelle sue repliche, questa mattina aveva parlato di tre lettere scritte tra il gennaio e la fine del febbraio 2000 che proverebbero la responsabilità di Mills quale "corrotto da Silvio Berlusconi" per avere reso le due false testimonianze. Una precisazione importante, quella sulla data, per il pg ai fini della prescrizione."
http://www.adnkronos.com/IGN/News/Crona ... 13543.html

bene ora tocca al nostro caro presidente dimettersi
scommetto che lo fa e si ritorna tutti a votare così tanto per farci una burla
intanto anche il lodo mondadori è stato sospeso fino a dicembre, poi decideranno... i soldi non gli mancano per ungere ma speriamo in un barlume di onestà, mauri
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