da : per non mollare
Newsletter per l'azione liberale
“[…] Chi cerca nella libertà altra cosa che la libertà stessa è fatto per servire […]” (Alexis de Tocqueville)
Anno X – n. 20 – 28 settembre 2009
COME TI SENTI?
di MARCO ALMAGISTI da www.comunicatoripubblici.it/ 25/09/09
Soltanto il lutto per la morte dei nostri soldati in Afghanistan ha interrotto, per qualche giorno, lo scontro fra (e nei) partiti italiani. Tale elevata conflittualità si accompagna a forti dosi di apatia in settori consistenti dell’opinione pubblica. Che si disaffeziona e vive “tempi tristi”, come ci ricorda Ilvo Diamanti.
Pertanto, meritano attenzione – e anche un poco di compassione – gli oltre quattrocento scienziati politici che dal 16 al 19 settembre si sono incontrati a Roma per il ventitreesimo congresso della Società Italiana di Scienza Politica (SISP). Pur nella varietà degli approcci e delle prospettive un tema è emerso al centro del dibattito, quale elemento unificante delle riflessioni dei politologi e delle preoccupazioni dei cittadini: qual è lo stato di salute delle democrazie contemporanee?
Dopo la caduta del muro di Berlino e l’incremento quantitativo dei sistemi democratici, la stabilità delle democrazie (almeno in occidente) non appare più in discussione. Tuttavia, nelle stesse democrazie liberali i fenomeni caratterizzati dalla sfiducia verso le istituzioni, pur non deflagrando in palesi contestazioni del sistema democratico, rischiano di minarne il consenso e di incidere così sul concreto funzionamento della democrazia. Per tale motivo, negli ultimi anni il tema della qualità della democrazia si è affermato nel mondo quale principale filone di ricerca politologia e ha caratterizzato anche il recente incontro di Roma.
Le analisi emerse dal convegno seguono almeno tre direttrici, che tendono a intersecarsi vicendevolmente. La prima, ripresa dal Presidente in carica della SISP, Mauro Calise, riguarda l’eclisse della democrazia come storia. Nel Novecento la democrazia si è rafforzata dopo aver pagato il pegno del sacrificio di 50 milioni di esseri umani in due guerre mondiali, a pochi anni di distanza. In seguito, la democrazia si è consolidata in occidente attraverso decenni di pace ed oggi si mostra ai nostri occhi disincantati con disfunzioni e difetti verso i quali siamo meno indulgenti rispetto alle generazioni che hanno vissuto la guerra. Immemori degli orrori causati dai nemici della democrazia, i cittadini delle democrazie contemporanee sono poco propensi a tollerarne le crepe.
La seconda spiegazione del “malessere democratico” riguarda la scarsa ricettività dei governanti rispetto alle richieste dei cittadini e gli ostacoli frapposti alla partecipazione diffusa dei medesimi. Donatella Della Porta, riprendendo l’analisi di Pierre Rosanvallon, si riferisce ad alcune pratiche eccedenti la democrazia procedurale (quali i comitati o i movimenti di protesta) definendoli provocatoriamente esempi di “controdemocrazia”. Al contempo, forme di contestazione della democrazia esistente e vettori del suo possibile rinnovamento. In questo scenario, ha ricordato Giovanni Moro, le istituzioni debbono riuscire a considerare i cittadini come “partner”, promovendo la partecipazione attraverso forme di sussidiarietà circolare.
Infine, è stata sottolineata l’importanza degli elementi che possono favorire la partecipazione per mezzo di corpi intermedi forti e strutturati, chiamando in causa il declino dei partiti. Ad esempio, Gianfranco Pasquino e chi scrive hanno ricordato l’opera di sedimentazione culturale diffusa delle élite italiane uscite dalla Seconda guerra mondiale e il ruolo svolto nel passato dalle scuole di partito, ribadendo la necessità di istituire nel futuro prossimo rinnovate forme di socializzazione politica.
La circolazione di informazioni e la condivisione di linguaggi risultano elementi decisivi per rafforzare la democrazia e sconfiggere le scetticismo diffuso. Dare la parola ai cittadini su questioni che li riguardano direttamente può concorrere a incrementare la qualità democratica, purché essi abbiano strumenti e accesso alle informazioni per contribuire al meglio al dibattito pubblico
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BERLUSCONI E IL REGIME PARTITOCRATICO
Tommaso Padoa Schioppa, sul Corriere della Sera del 20 settembre, ha scritto: “Non è un'esagerazione affermare che dei 150 anni trascorsi dal 1861 forse la metà sono stati consacrati alla costruzione dello Stato italiano; altrettanti a una vera opera di distruzione che si è fatta più intensa negli ultimi decenni e ancor più negli anni recenti.”.
Meraviglia che un moderato faccia un’affermazione che liberali immoderati, da anni inutilmente, sostengono. Affermare che l’ultimo sessantennio è stato consacrato ad una vera opera di distruzione dello stato italiano significa affermare la continuità dell’Italia berlusconiana con la cosiddetta prima repubblica, nonché quest’ultima in continuità con il regime fascista.
Prosegue Padoa Schioppa: “Sono ormai gravemente minacciati la democrazia, principi fondamentali dello Stato di diritto, la preservazione del patrimonio artistico, l'ambiente naturale, il fatto stesso di essere uno Stato unitario.”. Ohibò! Non è forse per questo che noi, liberali immoderati, avversiamo il regime partitocratico? (bl)