Da ilmattino.it :
Le regole e i valori / di Francesco Paolo Casavola
Le dimissioni irrevocabili del direttore de l’Avvenire segnano il punto di massima gravità raggiunto nella crisi attuale della vita civile nel nostro Paese, frutto amaro di una escalation di opposte azioni mediatiche in cui la dignità e l'intimidazione delle persone vengono da troppo tempo sistematicamente violate.
Una delle regole inviolabili del conflitto di opinioni e di comportamenti in una società civilizzata è che non si deve odiare e far odiare il proprio avversario fino a farne desiderare la scomparsa dalla scena pubblica. Comunità arcaiche conoscevano la prova delle ragioni dell’uno o dell’altro attraverso lo scontro fisico, e il duello sopravvissuto in Europa fino agli inizi del secolo scorso ne è stata, benché vietata, una pratica tragicamente residua.
Ma oggi la convivenza mediatizzata ha inventato un’altra sagoma da bersaglio. Non la vita del corpo, ma quella della persona. Si mira a quel cuore della vita privata che si disloca tra le relazioni dello spazio domestico e la coscienza personale, luoghi che, ormai da secoli, una più avanzata civiltà etica e giuridica sanziona come inaccessibili al potere pubblico e alla dissacrante curiosità sociale. Il diritto ad essere lasciati soli, nella formulazione americana ottocentesca, meritava di essere rievocato a fondamento dei diritti umani, meglio che nella discussa nozione odierna della privacy.
E tuttavia siamo al di fuori anche di questo quadro, descrivibile con qualche razionalità. Siamo, nel caso di Boffo, com’egli ha scritto, ad una guerra di parole che parte da una controversa vicenda giudiziaria e si scaglia contro di lui, la sua famiglia, le sue redazioni, e, aggiungiamo, il mondo cattolico, il Vaticano che avrebbe i propri servizi segreti al servizio di interne contese, e tutto presumibilmente sotto la spinta di uno scontro politico, sottratto a sedi istituzionali e demandato alla irresponsabilità. E magari i media disponessero della egalité des armes. Anzi, nella disparità delle forze, si mette a dura prova la libertà di opinione, prima ancora che con interventi autoritativi, intimidendo e minacciando le persone singole, costringendole al silenzio, a sgombrare il campo.
Così i confini tra pubblico e privato si aboliscono, i limiti tra interessi della politica e principi della morale sono abbattuti, si stimano i valori della religione alla pari dei propri istinti egoistici, e tutto si schiaccia in un campo di battaglia, in cui vince chi ha più forza ed astuzia insieme. Secondo una tale logica barbarica, l’uscita di scena del direttore de L’Avvenire vale la sconfitta sua e della sua parte. E così sarebbe anche in altri casi.
Occorre reagire a questa rappresentazione richiamando l’intangibilità della coscienza personale, che non va privata della libertà di manifestare le proprie convinzioni con la ritorsione di accuse, che si riverberano su altre persone del tutto estranee alla esca della contesa. Così un cittadino libero è costretto al silenzio, alla collusione, per non danneggiare se stesso, il proprio lavoro, i familiari, coloro che hanno avuto relazione con lui.
Una condizione simile di impaurimento, sul piano psicologico, è peggio che entrare formalmente in un regime di abrogazione delle libertà costituzionali. Lasciamo ad altri il ruolo di Cassandra quanto al futuro politico della democrazia italiana. Noi fidiamo nelle risorse morali della stragrande maggioranza delle famiglia e dei giovani che fa la realtà, vera non virtuale, del popolo italiano. Il caso Boffo potrà essere ricordato come l’avvio di una riflessione delle coscienze, che saprà trovare i modi umani e civili da dare a ciascuno il suo.