Sono rientrata ora, ho visto che il dibattito è molto acceso, ma non ho ancora fatto in tempo a leggere, però rispondo intanto alla tua risposta a me.
franz ha scritto:Quello che è stato dimostrato è appunto quello che hai riassunto e sono perfettamente d'accordo con la tua sintesi.
Essendo d'accordo posso eventualmente sollolinearare che forse hai travisato la lettura che secondo te io ho dato di quei dati scientifici. Forse per mie carenze espressive o cos'altro non so ma le conclusioni, date allora in quel thread e che intendo ribadire ora, sono identiche alle tue, che hai riassunto ora.
annalu ha scritto:Qui intervengono le scelte, e l'utilità di certe ricerche.
Sappiamo che, anche se le condizioni di partenza fossero realmente uguali per tutti, poi le casualità della vita porterebbero a differenze anche enormi: ad esempio, una carestia che distrugga i raccolti può portare alla fame una popolazione rurale, mentre la scoperta di una matreria prima importante può arricchire un'altra popolazione.
Dunque, sappiamo che il caso è importante.
E allora che facciamo? Stiamo a veder morire chi si è impoverito, ed arricchirsi chi ha avuto fortuna?
Appunto. Come sostenevo, lo sviluppo crea disegualianze e disparità (solo la mancanza di sviluppo lascia una povertà univorme e distribuita equamente).
Appunto cosa?
Dove mai trovi che io sia d'accordo col fatto che lo sviluppo (che tu intendi come sviluppo economico) crea disparità, mentre in assenza di sviluppo c'è omogeneità nella miseria?
Io ho detto che l'esperimento dimostra che il "tempo che passa" (e il caso) crea
comunque disparità. In una società povera, sarà una disparità tra meno poveri e miserrimi, in una società ricca le differenze saranno più ampie.
Quando parli di redistribuire, parli di uno dei modi possibili di porre un freno alle disparità, ma non l'unico.
La politica può anche limitare il crearsi di disparità ... ma questo a te suona socialismo, credo. E non più semplicemente regole sociali condivise.
franz ha scritto:Qualcuno è convinto che possa esistere un "modello di sviluppo" che non crea disparità già di suo, come caratteristica intrinseca.
Qualcuno spera che esita la possibilità di una società che "limiti" il formarsi di diseguaglianze eccessive, cosa ben diversa da un generico egualitarismo. E quello studio non dimostra nulla riguardo ad una simile possibilità.
Perché i fenomeni naturali sono una cosa, gli obiettivi che noi umani civili ci poniamo sono una cosa differente.
La civiltà, nelle società umane, è anche, se non soprattutto, un modo per imbrigliare e limitare gli effetti degli eventi naturali, che siano un terremoto od uno tzunami, oppure anche una situazione personale.
Perché una cosa è premiare dovutamente il merito, una cosa è pagare salari al di sotto della soglia della miseria a chi svolge lavori umili, ma utili. E chi sta morendo di fame, accetterà anche una paga misera, pur di comprarsi da mangiare. Quello che in una società civile dovrebbe essere vietato per legge, è proprio che qualcuno possa approfittare della miseria altrui, arricchendosi alle sue spalle.
franz ha scritto:Non ci voleva tanto a capire prima (ma è piu' facile dopo, quando te lo hanno spiegato) che il concetto stesso di rischio genera eventi diversi per cui alla fine a qualcuno è andata meglio ed altri è andata peggio. E che dopo migliaia di anni (o anche solo centinaia) questo genera disparità crescenti, anche se l'innovazione mischia costantemente le carte.
A me sembra invece sempre più acqua calda.
E dovresti ricordare che nulla è più rischioso di nascere e vivere: qualsiasi gesto, anche il più insignificante, comporta un pericolo potenziale difficile da quantificare.
Ora noi facciamo di tutto per ridurre il rischio delle nostre attività quotidiane, aggiungendo al gas di cucina una "puzza" che ci fa riconoscere una perdita di gas, allacciandoci le cinture di sicurezza in auto ... Poi c'è chi guida meglio e chi guida peggio, c'è chi si ricorda sempre di chiudere il gas e chi no. Il più bravo, il più prudente, rischierà di meno, ma le
regole della società
impongono a tutti di prendere un minimo di precauzioni.
E questo dovrebbe valere anche in campo economico. Il capitale di rischio è a rischio per definizione, ma gli ammortizzatori sociali e le regole del mercato (o di quello che ti pare) devono porre un freno al rischio, di modo che nessuno venga portato al di sotto della soglia di povertà, soprattutto quando non ha fatto personalmente alcuna scelta rischiosa.
E il lavoro che descrivi, che mi pare una quantizzazione di un fenomeno noto, non vedo proprio cosa dimostri nel sociale.
E soprattutto, se è certo che è sempre un bene liberarsi di schematismi e miti, non vedo il pericolo del "tumore" del marxismo. Un'idea economico-sociale molto innovativa, ormai in larga parte superata dalla storia.
Poi gli studiosi possono andare a separare gli elementi di progresso dalle utopie diciamo quasi-millenaristiche, con un mondo intero che si trasforma in un mondo di eguali senza conflitti sociali. Ovvio che questo non è e non può essere.
Ma resta, per fortuna, che chi è di sinistra aspira ad un mondo nel quale la disparità delle condizioni di vita tra le persone sia limitata, e tutti abbiano diritto a non essere "poveri".
annalu