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Il boomerang del dialetto obbligatorio

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: lost in translation

Messaggioda franz il 22/08/2009, 13:55

pagheca ha scritto:Franz spesso propone la sua forma di "federalismo", che non e' un'idea affatto assurda, anche se discutibile. Vorrei sapere da lui se vede il paese come divisibile realmente in 3-4 regioni (Nord, Centro, Sud e Isole) oppure se si tratta piuttosto di un continuum difficile da frazionare che e' poi l'obiezione principale che vedo a questa proposta.

"Anche se discutibile" significa poco, visto che tutto è discutibile. No, io non hai apprezzato l'idea delle macro regioni come elemento giurisidizionale del federalismo italiano ma giudico valida questa idea nell'ambito di un possibile federalismo europeo (europa delle macroregioni in luogo dell'europa delle nazioni).
Certo che ogni continuum è difficile da frazionare (perché esiste un confine tra Ventimiglia e Cannes, tra Trieste e e Capodistria, tra Como e Lugano) ma anche in UK come sai alla fine oltre alla storia è l'autodeterminazione ad essere, scusa il gioco di parole, determinante. Se il popolo sardo vuole una sua autonomia federale come isola, chi sono io, chi sei tu, chi siamo noi per discutere sul loro "continuum"? Se il trentino AA preferisce la soluzione della cantonalizzazione e si attrezza con province antonome, a cui conferisce tutti (sottlineo tutti) i compiti e poteri regionali, chi sono io, chi sei tu, chi siamo noi per discutere sul loro "continuum"? Ognuno deve trovare la sua soluzione e deve organizzarsi per raggiungerla. Non ritengo realistico un federalismo ad assetto fisso ma ne auspico uno ad assetto variabile, proprio perché la Sicilia non è il Piemonte ed il Veneto non è la Sardegna. La giurisdizione migliore per me è la provincia (dotata di ampi poteri come nel trentino) ma la mia è solo una opinione. In USA e CH ci sono grandi stati, grandi cantoni ed anche piccolissimi (e di solito i piu' piccoli sono diventati anche i piu' ricchi e meglio vivibili). Non esiste una giurisdizione ottimale studiabile a tavolino. Solo qualche dato di fatto, sul piano geografico e storico:
1) zone montuose implicano piccole giurisdizioni, come popolazione e come KM2
2) zone pianeggianti implicando giurisdizioni vaste, sul piano del kilometraggio e della popolazione.
Questo spiega come mai la germania abbia länder grandi mentre svizzera e austria piccoli cantoni.
Da noi la situaziona varia, tra alpi, appennini e grandi pianure (come quella padane e le vaste distese pugliesi) ma predomina un territorio frastagliato dai rilievi orografici. Tirate voi le somme.

Ciao,
Franz
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Re: Il boomerang del dialetto obbligatorio

Messaggioda pierodm il 22/08/2009, 16:07

Siamo, mi sembra, usciti un po' dall'argomento, con questa ultima virata verso il federalismo.
Ma l'ultimo post di Franz merita qualche riflessione, comunque.

Io non sono favorevole al federalismo, per ragioni che ho tante volte manifestato.
Quando Franz, però, dice "chi siamo noi per", credo d'interpretare correttamente ciò che intende, senza pregiudizi negativi: il suo è uno dei modi in cui si dimostra tolleranza e disponibilità verso le libere scelte di altri.
E' vero anche, d'altra parte, che quel "chi siamo noi per" non può diventare il fulcro sul quale far girare tutti gli argomenti, perchè è un concetto ambivalente: simbolo di tolleranza e libertà, ma anche possibile sintomo di indifferenza e di egoismo.

Faciamo qualche esempio.
Poniamo che in una macro o micro regione una maggioranza imponga leggi contrarie alla decenza democratica, sia pure forzando ai limiti la costituzione comune o aggirandola, e quindi rimanendo nel campo della "legalità costituzionale".
Vale anche in questo caso il principio del "chi sono io per"? Ce ne dobbiamo disinteressare?
Nota bene: non è solo un problema di generica "coscienza", ma anche un problema pratico.
La vicinanza o la diffusione di una pratica negativa è molto facile che abbia un'influenza perversa nella società tutta, a cominciare da quella limitrofa.
Inoltre c'è anche un problema politico-istituzionale.
Se il federalismo non è separazione assoluta, ma un'articolazione che serve a rafforzare o renbdere più efficiente uno stato, fino a che punto è valido il concetto del "chi siamo noi per"? La risposta potrebbe essere infatti: noi siamo cittadini della stessa nazione, membri della stessa società.

Se prendiamo per esempio gli USA, noi affermiamo legittimamente che "negli Stati Uniti c'è la pena di morte", ma in realtà questa esiste solo in alcuni stati, ormai. Eppure noi diciamo che esiste la pena di morte, punto e basta, ed è vero: punto e basta.
Probabilmente mi si può rispondere che, se non ci fosse la divisione per stati autonomi, la pena di morte potrebbe ancora esserci ovunque, invece che essere stata eliminata in molti stati. Forse che sì, forse che no, dipende dal peso elettorale dei vari stati, ma questo non centra il problema, che è quello di cui parlavo: i cittadini contrari alla pena di morte devono chiedersi "chi siamo noi per"?

Io credo che ci sia una discrasia grave tra due opposte tendenze: la globalizzazione, l'internazionalità, la "universalità" di certi principi, e il localismo, che possiamo però descrivere anche in modo assai diverso: l'imperialismo, il totalitarismo di certi sistemi, e la libertà e la diversificazione.
Imporre a tutti le stesse idee e gli stessi comportamenti è sicuramente negativo, ma anche la frammentazione e il disinteresse sono negativi.
Mi sembra che per grandi linee un equilibrio tra queste due dimensioni, entrambe ugualmente estreme, sia stata data dalla dimensione nazionale, e dalle aggregazioni degli stati nazionali realizzata su base storica, culturale, linguistica, economica o puramente geografica.
La dimensione nazionale consente, e anzi induce, un interesse di principio e di coscienza anche al di là del proprio particolare, senza la pretesa di spingersi a imporre le proprie scelte in situazioni esagaratamente lontane e diverse.
Che, insomma, ci sia diversità di vedute tra Lione e Milano è comprensibile. Che ci sia tra Terni e Rieti è forse ugualmente comprensibile, ma è assai meno desiderabile ed è anche foriero di innumerevoli complicazioni e di possibili paradossi - NB, tra le due città, poste l'una in Umbria l'altra nel Lazio, c'è un solo crinale di basse montagne, in pratica quindici minuti di macchina: nel medioevo, sufficienti a farne due feudi separati e impervi, ma oggi i ragazzi di Rieti vanno a Terni per comprarsi un gelato e viceversa.
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Re: Il boomerang del dialetto obbligatorio

Messaggioda franz il 22/08/2009, 16:33

pierodm ha scritto:Siamo, mi sembra, usciti un po' dall'argomento, con questa ultima virata verso il federalismo.
Ma l'ultimo post di Franz merita qualche riflessione, comunque.

Dovevo una risposta a pagheca (una domanda diretta a me) e mi sembrava opportuno rispondere, appena avevo tempo.

pierodm ha scritto:Faciamo qualche esempio.
Poniamo che in una macro o micro regione una maggioranza imponga leggi contrarie alla decenza democratica, sia pure forzando ai limiti la costituzione comune o aggirandola, e quindi rimanendo nel campo della "legalità costituzionale".
Vale anche in questo caso il principio del "chi sono io per"? Ce ne dobbiamo disinteressare?

Hai perfettamente ragione. Dovremmo interessarcene e dico ulteriormente che in una costituzione federale seria per evitare questi casi vengono scritte le regole da seguire per dipanare il problema e per prevenirlo.

Ma quella che hai posto è la classica eccezione chee conferma la regola (e che va regolamentata).
In tutti gli altri casi, che costituiscono la maggioranza dei casi, quando localmente non vengono approvate leggi contrarie alla decenza etc etc vale la considerazione del "chi sono io per ..."

Sul tema del dialetto avevo invece mandato queste considerazioni: viewtopic.php?p=16567#p16567 ma ora sono rimaste nella pagina predcedente a questa (la seconda)

Saluti,
Franz
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Re: Il boomerang del dialetto obbligatorio

Messaggioda mariok il 22/08/2009, 18:17

Poichè si parla di "costituzione democratica seria", dei problemi o dei rischi che un federalismo mal realizzato potrebbe comportare, mi sorge spontanea una domanda.

Ma siamo proprio sicuri che il federalismo sia una delle priorità dell'Italia? O non è un "assioma" che Bossi ha finito per imporci?

A parte il fatto che ci sono altri paesi, come la Francia, che mi sembra non ne sentano la mancanza, pensiamo che qui da noi, dove intere zone sono in mano a mafia, camorra e ndrangheta, con fenomeni di preoccupante infiltrazione anche in zone del nord, dare maggiori poteri e risorse ai politici locali sia la cosa migliore da fare?
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Re: Il boomerang del dialetto obbligatorio

Messaggioda chango il 22/08/2009, 20:33

mariok ha scritto:Poichè si parla di "costituzione democratica seria", dei problemi o dei rischi che un federalismo mal realizzato potrebbe comportare, mi sorge spontanea una domanda.

Ma siamo proprio sicuri che il federalismo sia una delle priorità dell'Italia? O non è un "assioma" che Bossi ha finito per imporci?

A parte il fatto che ci sono altri paesi, come la Francia, che mi sembra non ne sentano la mancanza, pensiamo che qui da noi, dove intere zone sono in mano a mafia, camorra e ndrangheta, con fenomeni di preoccupante infiltrazione anche in zone del nord, dare maggiori poteri e risorse ai politici locali sia la cosa migliore da fare?



direi che il federalismo è la priorità dell'Italia e Bossi più che imporci un "assioma" ci ha fatto perdere tempo e discutere male.

mafia, camorra e ndrangheta hanno acquisto potere anche in 150 anni si centralismo, non penso che con il federalismo la situazione possa peggiorare più di tanto.
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Re: Il boomerang del dialetto obbligatorio

Messaggioda franz il 22/08/2009, 20:50

mariok ha scritto:Poichè si parla di "costituzione democratica seria", dei problemi o dei rischi che un federalismo mal realizzato potrebbe comportare, mi sorge spontanea una domanda.

Ma siamo proprio sicuri che il federalismo sia una delle priorità dell'Italia? O non è un "assioma" che Bossi ha finito per imporci?

A parte il fatto che ci sono altri paesi, come la Francia, che mi sembra non ne sentano la mancanza, pensiamo che qui da noi, dove intere zone sono in mano a mafia, camorra e ndrangheta, con fenomeni di preoccupante infiltrazione anche in zone del nord, dare maggiori poteri e risorse ai politici locali sia la cosa migliore da fare?

Non possiamo essere sicuri di nulla, a parte che prima o poi si muore, per cui la domanda mi pare decisamente retorica.
Sulla percezione (sulle mancanze che si sentono o non si sentono) non credo si possa discutere oggettivamente ma solo soggettivamente ma questo è appunto l'ambito della politica. Da 150 anni abbiamo uno stato centralizzato, dove vaste zone sono in mano alla criminalità organizzata. Forse che sia il caso di provare strade diverse? Non vorrei paragonare la triste realtà italiana in merito alla criminalità organizzata con quella nei paesi federali europei, perché sarebbe una partita impari, ma forse un esame della realtà federale USA, dove "cosa nostra" (la nostra criminalità organizzata esportata) ha provato con forza ad attecchire e ci è riuscita per un bel po', ci fa capire che il complesso federale, la complessa triangolazione tra polizie e giustizia a livello di contea, statale e federale, riuscita alla fine vittoriosa, è molto piu' efficente nel combattere la criminalità organizzata del sistema centralizzato italiano, dove nel porto romano delle nebbie tutti i processi si insabbiano o arrivano alla completa assoluzione (ricordiamo Carnevale ed ammettiamo la realtà, pls!). La realtà sta nei fatti. da noi la mafia arriva a patti cono lo stato, dopio aver uccuiso giudici e poliziotti, in USA ha perso e gli espjenti sono in carcere (e da gli USA è partita la ventata dei pentiti tipo Buscetta che ben sappiamo cosa hanno raccontato).

Direi che usare Bossi come spauracchio per raddrizzare le nostre discussioni mi pare veramente autolesionistico.
Già si discute dell'antiberlusconismo (e qui oggettivamente ci puo' stare) ma se dobbiamo scartare i temi politici aperti (malamente) dalla Lega solo per fare un anti-leghismo allora veramente siamo alla frutta.

Ciao,
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Re: Il boomerang del dialetto obbligatorio

Messaggioda mariok il 22/08/2009, 21:36

Non voglio demonizzare Bossi, anche se va riconosciuto che prima di lui di federalismo non è che se ne parlasse tanto. Dire quindi che sia stata la Lega ad "imporre" il federalismo nell'agenda politica italiana mi sembra un dato di fatto, non necessariamente da considerare come un fatto negativo.

La seconda considerazione che pone obiettivamente qualche dubbio sull'opportunità di andare avanti per la strada del federalismo, è che negli altri paesi in genere la formula federale è servita ad unire in unico stato diverse realtà lasciando loro margini di autonomia per evitare o ridurre rigetti traumatici.

Qui da noi si sta seguendo una strada totalmente diversa. A 150 anni dall'unità nazionale oggi si cerca di fare marcia indietro ritenendo forse di porre riparo ad un eventuale errore d'origine.

Credo che sia un dato obiettivo che un'operazione del genere è alquanto più complicata ed espone a maggiori rischi di scollamenti o almeno di ridondanze di strutture e poteri.

Penso che il buon senso dovrebbe farci riconoscere i rischi che si corrono inevitabilmente ogni volta che si pone mano all'architettura istituzionale di un paese (soprattutto quando ciò accade senza una forte ed autorevole guida politica, di sicura ispirazione democratica) per cui l'opinione secondo cui occorre avere più che validi motivi per affrontarli non dovrebbe sembrare del tutto campata in aria.

Per la verità di forti e validi motivi in direzione dell'attuazione di un federalismo, oggi e con un processso a ritroso, non ne ho sentiti molti. Si dice che decentrando i poteri si affermerebbero automaticamente comportamenti più virtuosi e ci sarebbe un maggiore controllo democratico sulla gestione della cosa pubblica.Cosa tutta dimostrare e di cui mi permetto di dubitare, soprattutto in un federalismo come quello che va delineandosi, basato quasi esclusivamente sulle regioni, che non sono certo esempi di trasparenza, buon governo e partecipazione democratica.

Quanto al confronto con gli USA, l'accostamento tra un paese con oltre 350 milioni di abitanti e con il PIL più alto del mondo con un paese di 60 milioni e con un PIL di otto volte inferiore, mi sembra alquanto azzardato.

L'ultima considerazione mi deriva da un dubbio ed una preoccupazione. Sono perfettamente consapevole che il processo di costruzione "centralistica" dello stato nazionale ha avuto da noi molti difetti ed ha lasciato irrisolte molte contraddizioni e lacerazioni. Un esempio che può valere per tutti è quello della cosiddetta questione meridionale ben lontana dall'essere stata risolta malgrado i fiumi di denaro più o meno sprecati.

Difetti, contraddizioni e lacerazioni, che lungi dall'essere stati sanati, hanno minato la realizzazione di una forte e convinta unità nazionale. Oggi col federalismo probabilmente alcuni vogliono tentare di rendere più "sopportabili" tali contraddizioni, in modo da evitare guai peggiori sul piano inclinato della disgregazione nazionale e di qualche tentazione secessionistica.

E' possibile che col federalismo si possa evitare il peggio, ma non è escluso che possa aversi l'effetto radicalmente opposto. E comunque mi sembra un rimedio che non deriva certo da un'analisi convincente e condivisa delle cause dei problemi irrisolti, quanto dalla considerazione che cambiare è comunque sempre meglio che mantenere la situazione esistente. Cosa purtroppo non sempre vera, stando almeno alla saggezza popolare secondo cui "al peggio non c'è mai fine".
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Re: Il boomerang del dialetto obbligatorio

Messaggioda franz il 22/08/2009, 23:18

mariok ha scritto:La seconda considerazione che pone obiettivamente qualche dubbio sull'opportunità di andare avanti per la strada del federalismo, è che negli altri paesi in genere la formula federale è servita ad unire in unico stato diverse realtà lasciando loro margini di autonomia per evitare o ridurre rigetti traumatici.

Qui da noi si sta seguendo una strada totalmente diversa. A 150 anni dall'unità nazionale oggi si cerca di fare marcia indietro ritenendo forse di porre riparo ad un eventuale errore d'origine.

Evidentemente ho sbagliato a pensare che, discutendo di dialetti, potessi rispondere ad una precisa e puntale domanda di pagheca in merito a cosa ne pensassi sul federalismo, senza che per questo si cambiasse argomento. Ma evidentemente il tema federale interessa e quindi non ci posso far nulla. Mariok, conosci sicuramente il lungo processo che dal disfacimento del sacro romano impero ha portato alla nascita degli stati nazionali, seguendo due strade. L'accrescimento egemonico di uno staterello piu' grande, per assorbimento dei piu' piccoli, oppure l'unione federativa di starerelli piu' o meno alla pari.

È evidente data la storia passata che il processo federalista è stato da molti ad uno ma io lo preferisco alla espansione egemonica. Il processo federativo pero' ha anche visto (il caso del belgio non dovrebbe essere ignoto) la direzione inversa. Si tratta di capire che ad un errore del passato si puo' anche reagire cambiando. Si chiama politica, no?
Per la verità di forti e validi motivi in direzione dell'attuazione di un federalismo, oggi e con un processso a ritroso, non ne ho sentiti molti. Si dice che decentrando i poteri si affermerebbero automaticamente comportamenti più virtuosi e ci sarebbe un maggiore controllo democratico sulla gestione della cosa pubblica.Cosa tutta dimostrare e di cui mi permetto di dubitare, soprattutto in un federalismo come quello che va delineandosi, basato quasi esclusivamente sulle regioni, che non sono certo esempi di trasparenza, buon governo e partecipazione democratica.

Qui mi inviti a nozze, dato che da anni (12 o 13) vado dicendo che sono le province (oltre ai comuni) la base migliore per il nostro federalismo. Una cosa sperimentata positivamente con le due provincie autonome di trento e bolzano.

Quanto al confronto con gli USA, l'accostamento tra un paese con oltre 350 milioni di abitanti e con il PIL più alto del mondo con un paese di 60 milioni e con un PIL di otto volte inferiore, mi sembra alquanto azzardato.

Per quanto azzardato, USA e Svizzera, come anche l'Australia e l'Austria, come il Canada ed il Belgio, hanno una struttura federale molto simile, segno che sul piano del metagoverno l'estensione e la popolazione non hanno alcun significato. Soprattutto un governo federale, dato che per struttura intrinseca è adatto a governare il piccolo come il grande.

E' possibile che col federalismo si possa evitare il peggio, ma non è escluso che possa aversi l'effetto radicalmente opposto.

Ma che disorso fai? Tutto è possibile, nulla è escluso e quindi non facciamo nulla per paura?
Guarda che se l'umanità, di fronte ai rischi del futuro, avesse pensato in quel modo, staremmo ancora nelle caverne, a riscaldarci davanti al fuoco, a debita distanza. Dicendo "è possibile che ci bruciamo e muoriamo tutti, come è possibile che dal fuoco possiamo trarre l'energia per illuminare il futuro".
Intanto io vedo i 150 anni passati e vedo che molti non sono contenti e che piu' della metà degli italiani oggi vive all'estero.
Sarà un caso ma tanti vivono in paesi federali, nel sud america, in usa e canada, in germania e svizzera (per non parlare degli emigrati in australia) e perfino UK ha una struttura federativa .... ma no, non è un caso. Si scappa dalla miseria e si va a vivere dove si sta meglio, portandosi dietro la valigia di cartone e ... per tornare al tema, il proprio dialetto.

Franz
PS: per rispetto a chi aperto il tema sui dialetti, ora smetto di discutere di federalismo in questo thread.
Se ci sono discussioni da fare che si apra un altro argomento.
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Re: Il boomerang del dialetto obbligatorio

Messaggioda pierodm il 23/08/2009, 0:15

Condivido ogni parola del post di Mariok, perchè ha esposto ottime ragioni per dubitare della ricetta federalista, delle quali già in precdenza ci era capitato di accennare parlando dell'argomento.
A queste, che possiamo definire "realistiche", aggiungerei quelle più "storica", che mi sta particolararmente a cuore.

Molti dei mali - o comunque delle anomalie - italiane risiedono nel fatto che il nostro paese è stato diviso e frammentato per secoli, e che non ha avuto una grande monarchia, uno stato, che in qualche modo ne unificasse la nazione: anzi, è forse perfino arduo parlare di "una" nazione, proprio per questo motivo, invece che di una molteplicità di nazioni diverse.
L'Italia è sempre stata "diseguale", fin dall'èra romana: sud civilizzato secondo lo stile greco, nord che in parte nemmeno era chiamato Italia ma Gallia Cisalpina.
Il basso impero in decadimento, poi il medioevo hanno ancora di più separato le varie Italie, l'una aggregata ai destini dell'impero bizantino e poi al mediterraneo arabo e ottomano, e successivamente alla Spagna, l'altra congelata nei confini dello stato papalino, e il resto variamente palleggiata tra Longobardi e Goti, Francesi e Austriaci, e tutta intera comunque protesa tra la mitteleuropa e l'Africa, ossia terra di frontiera tra nord e sud, est e ovest, per definizione.
Lo stato unitario savoiardo, poi, è stato per molti versi uno stato quasi colonialista, per una grande parte del territorio.
Paradossalmente, il fascismo è stato il primo momento nel quale si è realizzata una qualche reale unificazione del paese, che è poi proseguita sull'abbrivio con il suo opposto, ossia la repubblica anti-fascista.
Questo excursus non è nemmeno lontanamente paragonabile a quello della Germania, per esempio, o a quello di qualunque altro paese occidentale ad ordinamento federale - un ordinamento cioè che ha articolato una sostanziale omogeneità culturale e storica attraverso autonomie amministrative locali.

Direi, quindi, che il problema di un federalismo italiano non sia quello di "preservare" l'unità nazionale, perché questa sarebbe semmai da costruire, al fine di dare all'Italia una certa omogeneità di base sui fondamenti della società civile, dopo di che è possibile pensare eventualmente a "decentrare" e articolare secondo localismi.
Stando le cose come stanno ora, una macroregione settentrionale scarroccerebbe inevitabilmente verso la mitteleuropa, mentre il sud diventerebbe rapidamente e definitivamente parte del terzo mondo mediterraneo più squinternato, governato senza più freni o infingimenti da mafia e camorra. Del resto, la Lega sa benissimo tutto questo, e questo vuole.
Possiamo decidere di volerlo anche noi: a me personalemente basta e avanza essere romano, e non sento il bisogno spasmodico di far parte di uno stato italiano, o di possedere uno status che non sia quello di civis romanus, dal punto di vista esistenziale e antropologico. Sul piano culturale mi basterebbe, per altro, far parte del mondo linguistico e della tradizione artistica italiani, come avviene per esempio agli anglosassoni che stanno di qua e di là dell'Atlantico, o ai tedeschi di Germania e d'Austria.

Anzi, confesso che in alcune mie fantasie sperimentali, concederei volentieri le regioni a nord di Roma allo "stato mitteleuropeo" e quelle a sud a quello mediterraneo, e concepirei uno stato romano limitato alla città e alla sua provincia: uno stato epurato dalle sovrastrutture ministeriali, e fondato economicamente sul turismo, la ricerca scientifica e tecnologica, l'industria culturale.

Ma questi pochi decenni di repubblica - che coincidono più o meno con i troppo pochi decenni di mia vita - mi hanno insegnato a desiderare, sia pure senza frenesie, un'Italia unita e intera - o forse è proprio la mia coscienza romana, che sente non solo l'Italia ma l'Europa come una estensione e una "creazione" di Roma, al di là di quanto si agitino certi provinciali in calore.
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Re: Il boomerang del dialetto obbligatorio

Messaggioda mariok il 23/08/2009, 10:21

franz ha scritto:
Per la verità di forti e validi motivi in direzione dell'attuazione di un federalismo, oggi e con un processso a ritroso, non ne ho sentiti molti. Si dice che decentrando i poteri si affermerebbero automaticamente comportamenti più virtuosi e ci sarebbe un maggiore controllo democratico sulla gestione della cosa pubblica.Cosa tutta dimostrare e di cui mi permetto di dubitare, soprattutto in un federalismo come quello che va delineandosi, basato quasi esclusivamente sulle regioni, che non sono certo esempi di trasparenza, buon governo e partecipazione democratica.

Qui mi inviti a nozze, dato che da anni (12 o 13) vado dicendo che sono le province (oltre ai comuni) la base migliore per il nostro federalismo. Una cosa sperimentata positivamente con le due provincie autonome di trento e bolzano.


E ti pare cosa di poco conto.Vedo che su un punto siamo d'accordo. Ed allora perchè lasciarsi condurre verso un federalismo basato sulle regioni, che con la tua ipotesi che condivido ha in comune solo il nome? Il rafforzamento dei comuni e la loro progressiva aggregazione in province o entità simili (aree metropolitane, comunità montane o altro) avrebbe un senso esattamente opposto a quello che si sta facendo, cioè frantumare lo stato centrale in 20 centralismi più piccoli (moltiplicando per 20 i problemi piuttosto che risolverli) che finiranno inevitabilmente per strangolare le vere autonomie locali (storicamente comuni e municipi) e a svuotare fino ad eliminarle per insostenibilità finanziaria province ed ogni altra forma di aggregazione.


Per pierodm.

Anch'io ho delle "fantasie sperimentali" simili alle tue, che dipingono forti autonomie locali ed un progressivo dissolvimento dello stato centrale. Nel mio scenario però c'è un altro elemento: quello di una parallela costruzione di uno stato federale europeo al quale delegare alcune funzioni ineliminabili, come sicurezza, ricerca e sviluppo in settori strategici, come energia, ambiente, fonti alternative ecc.,
che nè le singole realtà locali nè tantomeno l'attuale stato nazionale sono in grado di assolvere.
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