Infatti non mi riferivo a quello e tanto meno alle leggi elettorali.
Mi riferivo all'uso politco che è stato fatto delle leggi elettorali quali presunto elisir salvifico per l'Italia, pretendendo che "questo" bipolarismo ci sia toccato quasi per necessità divina (e io invece ritengo sia stato funzionale semplicemente alla nostra classe politica di riciclati).
Ripeto: "questo" bipolarismo.
Repetita iuvant.
Ne abbiamo parlato per anni e non mi pare sia il caso di farne un bignamino in questa sede.
Sicuramente una legge elettorale maggioritaria o proporzionale con sbarramento (alto) potrebbe essere la più funzionale; ma anche qui parlare di maggioritario e proporzionale in senso lato senza specificare altro è pura chiacchiera.
Sono "leggi" appunto quanto mai complesse e mi pare che fino ad ora se ne sia parlato in maniera quanto mai superficiale da parte dei nostri stessi "riformatori" che un giorno tirano fuori il sistema tedesco, poi passano allo spagnolo, poi al francese e via girando per il mondo.
No, io ritengo che la discussione sul bipolarismo da subito andava impostata in altro modo, senza raccontarci un'Italia immaginaria dove chi solo- e legittimamente - ipotizzava altri schieramenti (magari senza movimenti estremisti appresso) veniva additato a residuo della vecchia repubblica.
Poi con quelle ammucchiate, considerate dogmaticamente intoccabili anche grazie ad un malcompreso parlamentarismo, abbiamo visto com'è andata a finire.
A me pare tutto chiaro: 15 anni di martellate sugli zebedei parlano da soli (1998 in primis).
Ancora più chiaro se andiamo a vedere l'esperienza di quelle nazioni che - sempre a chiacchiere - i nostri presunti riformatori dicono di voler riprodurre.
http://www.astrid-online.it/Il-bipolar/ ... arismo.pdfPoi se si vuole rimanere fedeli all'idea che Berlusconi ha fatto un piacere a noi tutti scendendo in campo, che alle elezioni è morale presentarsi soltanto con due ammucchiate e chi ipotizza altro è un losco centrista, fate pure.
Io non ho alcun rimpiato e nostalgia di un "centro" che scegli a posteriori, malgrado sia in pratica l'unico argomento che mi sia sempre stato rinfacciato quando contesto/vo questa idea dogmatica di bipolarismo (ripeto: in argomento ne parla molto bene Sartori *, prendetevela anche con lui), che poi sa tanto di ricatto (vedi l'esperienza prodiana del '98 e del 2008).
Gradirei soltanto parlare di politica e non di fiabe.
*
"Intanto, quale bipolarismo? Non bisogna confondere tra una distribuzione bipolare a livello elettorale, e bipolarismo a livello di governo. Il primo lo abbiamo da sempre, dal 1948 in poi, e resta radicatissimo. Per tutto il corso della Prima Repubblica gli italiani si sono divisi, elettoralmente, tra comunisti e anticomunisti. Quando Giorgio Galli scriveva del nostro «bipartitismo imperfetto», intendeva che il nostro era un bipolarismo senza alternanza, e imperfetto per questa ragione. Ma la distribuzione dualistica del voto c’era sin da allora, e si è trasferita tal quale, e anche troppo, nella Seconda Repubblica: vedine i modestissimi trapassi di voto tra destra e sinistra. E il punto è che questo bipolarismo è fisiologico in tutte le democrazie «normali » e che non dipende, come sostiene la vulgata, dal sistema elettorale. Quasi tutti i Paesi europei sono, contemporaneamente, proporzionalisti e bipolari. Il che dimostra che non occorre un sistema maggioritario per creare e tantomeno per salvare una struttura di voto bipolare. Ergo, se cade il maggioritario non cade il bipolarismo di base. Passiamo al bipolarismo a livello di governo. Cosa vuol dire che è finito? Può voler dire che si possono dare distribuzioni di voto che rendono opportuno ripiegare su grandi alleanze, governi tecnici o anche istituzionali. Nel caso del sistema tedesco le «grandi coalizioni » sono state, in 60 anni, soltanto tre; e nessuno ha inteso che segnassero la fine del bipolarismo. Vengo alle urla di dolore dei fedeli di Prodi. Il loro argomento è che il ritorno alla proporzionale distrugge la via prodiana a un «bipolarismo perfetto» e che ci riporterebbe indietro alla Prima Repubblica. Questa poi. Anche volendo, alla repubblica di prima non possiamo tornare perché il Pci non c’è più, ed era il Partito comunista che creava l’anomalia di un sistema politico senza alternanza. Il punto è, però, un altro: è che il bipolarismo inventato da Prodi—e lietamente sfruttato da Berlusconi — è un bipolarismo insensato, un bipolarismo sbagliato. Il bipolarismo che funziona (e richiesto dal sistema parlamentare) deve essere flessibile e capace di autocorrezione. Invece Prodi teorizza e pratica un bipolarismo rigido e cementificato nel quale è poi doverosamente restato imbottigliato"
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Era il 2006.
"Il nostro è ancora un sistema parlamentare
Il bipolarismo frainteso
di
Giovanni Sartori
Ora che la Cassazione ha chiuso, si spera, il contenzioso sui brogli elettorali, di una cosa siamo certi: che Berlusconi lascia Palazzo Chigi e che Prodi subentra al suo posto. Ma per quanto? Prodi ha dichiarato: «Posso governare per cinque anni, la legge me lo permette ». Certo, la legge glielo permette; ma i numeri (i seggi in Parlamento di cui dispone) no.
Ripartiamo dalla domanda: chi ha vinto? Nel 2001 la risposta era indubbia. Ma questa volta si può rispondere che ha vinto Prodi ma anche che ha vinto Berlusconi, oppure che hanno vinto tutti e due, oppure ancora che hanno perso tutti e due. Sono tutte risposte plausibili. Prodi ha vinto l’elezione, ma Berlusconi ha vinto la campagna elettorale risalendo uno svantaggio iniziale di circa 5 punti percentuali (certificati dalle elezioni europee e amministrative). Pertanto in questa prospettiva hanno vinto entrambi. Ma alla stessa stregua hanno perso entrambi: Prodi perché taglia il traguardo con una risibile maggioranza elettorale di 24.755 voti su un elettorato di 38 milioni, e Berlusconi perché ha comunque perduto 5 punti percentuali (scendendo al 24 per cento) rispetto alla sua punta massima.
Potrei continuare a sottilizzare, ma il punto è che questa elezione è la più «indecisiva», la peggiore (nei suoi esiti) di quante ne possiamo ricordare. È vero che il Mattarellum ha prodotto una maggioranza «zoppa» nel 1994 per Berlusconi e, nel 1996, per Prodi, e che è soltanto nel 2001 che quel sistema elettorale ha prodotto un chiaro vincitore. Ma sino al 2001 il nostro bipolarismo era ancora abbastanza fluido. Nel ’94 la sinistra era traumatizzata dalla sua inopinata sconfitta, non fece quadrato, e fu Bossi a far cadere il governo Berlusconi. Nel ’96 Prodi riuscì a governare perché i voti glieli forniva, in politica estera, l’opposizione (altrimenti Bertinotti l’avrebbe affondato subito). Ma l’elezione del 2001, tanto apprezzata dai Mattarellisti, ha indurito la contesa e gli schieramenti. Con cinque anni a disposizione Berlusconi ha voluto lo scontro frontale (imposto tra l’altro dalla difesa dei suoi interessi) e ha così eretto, tra destra e sinistra, una sorta di linea Maginot, di frontiera corazzata. Oggi chi la varca è un «inciucista» e un traditore del bipolarismo. Ed è in questo contesto inedito di frontiere chiuse che l’insufficientissima vittoria di Prodi apre davvero la crisi del sistema di governo della seconda Repubblica.
In attesa del nuovo governo cerchiamo di guadagnare tempo cominciando subito a ripensare il bipolarismo all’italiana. Che si fonda sulla premessa che quando il popolo vota uno stallo, allora vota «male», e pertanto che deve essere costretto a rivotare finché non vota «bene». Ma perché? A parte l’eventualità che chiedendo nuove elezioni Prodi perda altri 5 punti percentuali, questa strana dottrina è democraticamente e costituzionalmente inaccettabile. Primo, il popolo ha diritto di votare come vota e, secondo, se vota «male» allora deve essere il Parlamento a rimediare. Dopotutto il nostro è ancora un sistema parlamentare nel quale e per il quale le linee di divisione tra destra e sinistra non possono essere rigide ma devono essere, occorrendo, flessibili. Il che non sciupa per nulla — l’ho spiegato più volte — la struttura dualistica del voto né una meccanica bipolare di governo. Questa volta o torniamo alle regole del sistema parlamentare, o rischiamo davvero di sprofondare nel nulla. Sia pure cantando l’«inno dell’inciucio ».
20 aprile 2006"
"D' Alema rischia di passare alla storia come il piu' accreditato rivale di Guglielmo il Taciturno" (I. Montanelli, 1994)