da pierodm il 01/08/2009, 15:22
Noto che la mia obiezione sul fatto che non esiste un cattolicesimo scisso dalla sua storia e dalla sua essenza ecclesiale, vaticana e dottrinaria, viene ignorato.
Ci torniamo sopra dopo: prima voglio rispondere a Luca, che si pone delle domande comprensibili, ma che suonano un po' ingenue, laddove lo stesso Luca ingenuo non sembrerebbe.
Il cattolico non deve necessariamente essere silente, non più di chiunque altro, almeno, se questa fosse caso mai la sua indole personale.
Semplicemente, sui temi che sono in discussione il cattolico dice la sua, sostenendo la validità della sua posizione in punta di ragione e di dialettica, di logica e di opportunità: come chiunque altro, del resto.
Ciò significa che deve rinunciare a fare del suo cattolicesimo una specie di "valore aggiunto", o meglio ancora, un'aura di legittimazione superiore, tale che la sua tesi sia ex officio quella che dev'essere confutata: una posizione, insomma, simile a quella del defender della Coppa America, che sceglie il dove, il quando, il come, e le regole d'ingaggio.
I "valori", l'educazione, la cultura del cattolico equivale ai valori, all'educazione e alla cultura personale di chiunque altro: la sua validità, la sua efficacia, dipendono dai risultati che si vedono nelle discussioni e nelle decisioni, e non c'è alcun bisogno che in queste discussioni o decisioni venga dichiarata la provenienza "cattolica" di quella cultura e di quelle idee, tanto quanto chiunque altro non-cattolico non sta sempre a presentare il proprio pedigree intellettuale ogni volta che si affronta un qualunque tema, "eticamente sensibile" o meno.
Se, quindi, un cattolico dice la sua e questa sua è discutibile, se ne discute. Ma se, dicendo la sua, allega come lasciapassare il suo cattolicesimo, è possibile che riceva una risposta "a tono", del genere "embè?".
Veniamo a ciò che dicevo all'inizio, che risponde all'altro dubbio di Luca.
Il problema non è quello che il singolo individuo cattolico debba portarsi sul gobbo le malefatte di venti secoli, personalmente.
Ma è che, come appunto dicevo, non ha senso dichiararsi cattolici scindendo questa appartenenza dalla storia e dalla natura della chiesa, perché il cattolicesimo in sé non esiste al di fuori della dimensione ecclesiale: fuori da questa esiste il cristiamesimo, non il cattolicesimo, e meglio ancora, esiste la religiosità - come molto saggiamente ben sapevano nell'antichità, dove veniva rispettato "l'uomo pio" indipendentemente da quale fosse l'altare al quale sacrificava.
Quindi, nel momento in cui uno si dichiara cattolico, automaticamente sottoscrive una dottrina, una storia e un'appartenenza che sono ecclesiali e temporali, e come tali assolutamente relativistici, confutabili, apprezzabili o disprezzabili nei modi e nei termini in cui si apprezzano o si disprezzano le posizioni, i vezzi, i miti di chiunque nelll'ordnaria dialettica delle idee.
Capisco bene che questa condizione di ordinarietà possa dare fastidio: lo capisco, dato che mi tocca la mia parte di fatica nel discutere e nel sopportare tante tesi che accomunano me, la sinistra italiana, quella occidentale, il progressismo, con i regimi sovietico e maoista, con i gulag e il KGB, e magari con Pol Pot.
E credo che lo capiscano bene anche quelli che, alla Teodori,amano la democrazia statunitense e debbono fare i conti con gli eccidi e le malefatte sulle quali si fonda la nazione americana.
Ma, a differenza del cattolicesimo, la democrazia, il liberalismo, il socialismo, esistono a prescindere da questa o quella realizzazione storica in questa o quella nazione, e comunque tutte queste varie evenienze storiche sono discutibili per l'appunto in sede storicistica, relativistica e politica, legata al tempo e al luogo: in ogni caso, è destino e compito primario di chi si dichiara liberale o socialista quello di farsi carico del male fatto in nome del liberalismo e del socialismo, e di capire le ragioni di questa "devianza". Le ragioni non genricamente legate all'imperfezione umana, ma storiche, politiche e ideologiche.
Un destino analogo spetta al cattolico, se proprio sente di doversi definire tale, anche se per fare questo deve prendere atto della propria "odinarietà".
PS
Leggo, in sede d'invio, il post ultimo di Luca, nel quale si parla tranquillamente di "incrostazioni" - un termine nemmeno tanto crudo, rispetto alla normalità del dibattito politico.
Se però si usa un termine simile verso il cattolicesimo, apriti cielo: laicismo, blasfemìa, anticlericalismo viscerale !
Come disse poco tempo fa un mio amico, mentre sul teleschermo appariva Ibrahimovic con la sua solita espressione:"... e poi si meraviglia se tutti lo trovano antipatico".