da ranvit il 28/07/2009, 11:28
dal corriere.it :
Dal «patto del pistacchio» alla sfida autonomista, ormai è «tutti contro tutti»
Silvio-Carlomagno, ribelli e traditori
In Sicilia va in scena l’opera dei pupi
Alfano e Schifani nel mirino dei «contestatori». Miccichè guida i rivoltosi. La cautela di Dell’Utri
2009 - Nasce l’alleanza tra Gianfranco Micciché (Pdl) e il governatore della Sicilia Raffaele Lombardo sulla nuova giunta regionale e il partito del Sud
Chi sia Nofriu e chi Virticchiu, chi Rusidda e chi Peppinino non è facile da stabilire. Perché, certo, Luigi Pirandello fa dire al cornuto Ciampa «pupi siamo, caro Signor Fifì! Lo spirito divino entra in noi e si fa pupo. Pupo io, pupo lei, pupi tutti ». Ma perfino un 'oprante' straordinario come Mimmo Cuticchio faticherebbe a calare Lombardo e Micciché, Dell'Utri e Martino e gli altri Paladini di Trinacria in rivolta nel nome del Sud nei panni di questo o quel personaggio. Poche volte, però, la politica siciliana ha dato l'impressione come oggi di seguire gli antichi copioni della grande opera dei Pupi. Quella dove va in scena 'la più invisibile delle guerre invisibili'.
Dove Beltramo e Malagigi, Cladinoro e Gandellino, 'agìti' dal puparo che invisibile li sorregge, si muovono avanti e indré in un tale strepito di grida e sbattere di spade da spingere gli spettatori a sentirsi 'arizzari li carni'. Dove si affollano momenti epici: «Cadde Grandonio / ed or pensar vi lasso / alla caduta qual fu quel fraccasso / Levosse un grido tanto smisurato...». Dove non sai mai fino a che punto l'eroe sia davvero un eroe e il traditore davvero traditore. L'unica parte certa è quella che i ribelli siciliani di quella che era la Casa delle Libertà hanno cucito addosso a Silvio Berlusconi. La parte di «Carrumagnu cu lu pugnu chiusu », cioè Carlomagno col pugno chiuso. Onorato sì, perché potentissimo. Ma avaro. Così tirchio da non volerne sapere di scucire quei famosi fondi europei per le aree sottosviluppare «che spettano al mezzogiorno ». Da avere abolito l'Ici, stando all'accusa dell'economista Gianfranco Viesti, «togliendo un miliardo e mezzo alle infrastrutture di Sicilia e Calabria». Da avere finanziato tutte le misure anticrisi «togliendo soldi al Sud» per un totale, secondo lo Svimez, di 18 miliardi. Di qui la rivolta, che non si placa. E che divide il centro-destra isolano come mai prima. Da una parte, additati dai rivoltosi quasi come fossero dei traditori al pari dell'odiato Gano di Magonza, ecco quelli che dicono che no, non è vero che il governo è succubo della Lega Nord e non è proprio il caso di creare problemi e addirittura minacciare secessioni. Come Renato Schifani, il presidente del Senato che sei anni fa scommetteva su un futuro trionfale ('Nel 2006 consegneremo al Paese un nuovo Mezzogiorno: il Mezzogiorno del benessere') e oggi è così inviso a Raffaele Lombardo da subire a fine maggio l'affronto più insolente: il mancato invito da parte del Governatore ('Minchia, m' u scurdai...') alla cena offerta a Napolitano in visita.
O Angelino Alfano, lui pure quella sera «dimenticato» (insieme al sindaco Diego Cammarata e al presidente dell'Ars Francesco Cascio) ma soprattutto imputato dai ribelli di essere «più vicino ad Arcore che ad Agrigento» fin da quando lasciò trapelare una confidenza che oggi gli viene rinfacciata sulla sera in cui aveva conosciuto il Cavaliere. Il quale, per fargli un complimento, gli avrebbe detto: «Ma davvero lei è siciliano? La sento parlare in italiano... ». O ancora il coordinatore del Pdl isolano Giuseppe Castiglione, presidente della Provincia di Catania, che aveva stretto con Schifani e Alfano ('Renatino e Angelino', li chiamano i nemici) il 'patto del pistacchio' e non aveva fatto mistero di puntare alle europee alla mitica soglia (poi clamorosamente fallita) del 51%, che avrebbe consentito al partito di mettere in riga Lombardo e perciò bollato da Gianfranco Micciché come «un farabutto che racconta minchiate a Berlusconi». Per non dire di Totò Cuffaro, che spara sì contro il Nord dicendo che «Malpensa vale dieci Casse del Mezzogiorno » e che i fondi per le aree sottosviluppate «sono finiti al Parmigiano e non alla vite», ma si è schierato contro ogni ipotesi del partito del Sud ('Un grande flop') e in ogni caso pare avere oggi un obiettivo solo: farla pagare a Lombardo. Reo d'avere detto di volere 'decuffarizzare' la Sicilia. Al che 'Vasa vasa' sibilò gelido: «Non è più mio amico». Dove quel 'più' sottolineava un odio che manco Mandricardo verso Orlando dopo la morte di Manilardo.
Quanto a Silvio «Carlomagno» Berlusconi, i ribelli che si agitano sulla scena con sbatacchiar di spade e quelli che se ne stanno apparentemente un po' in disparte come Marcello Dell'Utri che forse più di tutti, a ragione o a torto, sembrerebbe adatto alla parte del puparo, pare non accettino su tutte due cose. Una è il modo in cui ha liquidato i problemi posti come frutto di inquietudini di uomini frustrati e insoddisfatti, una parte che Antonio Martino (che per anni ha sbandierato di avere 'la tessera numero 2 di Forza Italia' e oggi appare malinconicamente ai margini) e Gianfranco Micciché (il quale aveva a suo tempo puntato al posto di governatore mettendo per iscritto che 'nessun sogno potrà essere oggetto di trattativa, altrimenti diventa incubo') respingono con stizza. L'altra è l'uso di «due pesi e due misure» verso gli alleati. Se il Cavaliere rivendica il diritto di decidere a Roma o a Milano come vanno spesi i soldi dei Fas destinati al Sud, perché mai la tanto sbandierata bontà del federalismo dovrebbe valere per il Nord leghista e non per il Mezzogiorno? Eppure dietro le minacce, gli strappi, le ricuciture, gli avvertimenti, le manovre, resta anche agli osservatori più attenti l'impressione di qualcosa di non detto. Qualcosa che sfugge... Come se i protagonisti usassero il 'paccaglio', quel linguaggio incomprensibile ai non iniziati usato un tempo dai pupari per rappresentare storie 'proibite' di ribellione contro lo Stato senza mettere tutti in allarme. Così come sfuggono i 'tempi' di questa strepitosa vicenda politica e umana che sta andando in scena. Il ciclo completo dei 'Paladini', una volta, durava 555 giorni.
Cinquecentocinquantacinque giorni di colpi di scena, passioni, tradimenti, duelli e carneficine. Auguri. Ma va detto: forse sarebbe più facile capire la «limpidezza cristallina » di questa «seria battaglia autonomista » se anche di questi tempi non avessero continuato a uscire sui giornali locali notiziole come quella di qualche giorno fa. L'assunzione da parte della Regione di 160 precari per vigilare 24 ore su 24 il traffico dei quattro sottopassi pedonali della circonvallazione palermitana: 40 assunti a sottopasso...
Gian Antonio Stella
28 luglio 2009
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.