mi interessava molto la riflessione sul tipo di partito adeguato alle esigenze contemporanee. Sono in linea generale d'accordo con Paolo65; cadute le ideologie non si può pensare ad un partito cui si aderisce a tempo indeterminato, per scelta odeologica.
A mio parere la riflessione, prima di arrivare alla forma-partito, dovrebbe incominciare dalla domanda "un partito per fare cosa?". Perché sentiamo il bisogno di avere un partito, qual è lo scopo cui si tende?
In passato, un partito era un'unità strutturata che cercava di conquistare quante più persone possibile alla propria ideologia. La finalità ultima, proiettata in un tempo quasi astorico, o comunque molto lontano, era il cambiamento del sistema; nel breve periodo ci si accontentava di conquiste parziali, in una prospettiva riformista. Alla diffusione dell'ideologia sono funzionali strutture sviluppate con modalità piramidali, attraverso una serie di livelli (comunale, provinciale, regionale, nazionale), e una comunicazione dall'alto verso il basso. Il partito è un'entità chiusa in cui, in genere, si entra o si esce una volta sola, e i cui adepti si sentono un'avanguardia chiamata a diffondere la verità attraverso il proselitismo (quante volte si sente ancora dire: "dobbiamo spiegare.." oppure "non abbiamo spiegato bene..." per motivare le sconfitte?).
La fine delle ideologie comporta la "liberazione" dai vincoli di appartenenza; la diffusione della scolarità e delle informazioni comportano la liberazione da una modalità di comunicazione gestita dall'apparato; e poiché i partiti non evolovno, risultano gusci vuoti che perdono contemporaneamente capacità di attrazione (tesserati) e capacità di fare politiche incisive, trasformandosi a mano a mano in strumenti di conservazione del potere.
Allora, a che ci serve un partito? Io sistengo che ci serve per governare. A tutti i livelli, dal locale al nazionale. La politica è allora un progetto di governo attorno al quale si raccolgono i cittadini elettori che vi si riconoscono, e la classe dirigente del partito è quella scelta dagli elettori per governare o che, all'opposizone, si attrezza per vincere le elezioni future.
Il discorso potrebbe continuare... ma mi limito a lanciare questa provocazione e mi ferno, in attesa delle vostre reazioni.
Considerazioni molto interessanti.
Si, sono d'accordo, dal cambiamento totale del sistema, dal cambiamento di società (un qualche "ismo") oggi siamo arrivati ad una forma di politica piu' concreta, meno guidata da grandi ideologie ma pur sempre tesa a gestire l'attuale migliorandolo. Il concetto di miglioria parte dalla presa d'atto delle cose che non vanno e devono essere modificate, migliorate. Poi si passa allo studio delle soluzioni ed alla loro proposta in ambito decisionale. In queste due fasi il partito è ancora l'organizzazione piu' adatta allo scopo. Poi vediamo con quali strumenti. La fase operativa (la messa in opera delle migliorie) invece non compete piu' ai partiti ma alla pubblica amministrazione. E qui come parentesi vale la pena di ricordare che invece i partiti tendevano (e tendono anche oggi), chi puiu' chi meno, a candidarsi come gestore della cosa pubblica, sia in quanto propugnatori di una società diversa (fatemi vincere che poi faccio io) sia come occupanti della cosa pubblica, nella sanità, nella scuola, nei ministeri.
Se il nucleo dell'attività di un partito è quello di studiare e proporre soluzioni migliorative ed organizzare il consenso dei cittadini attono a proposte, mi sembra chiaro che va studiata una organizzazione adatta a questo scopo. Non so cosa si voglia intendere come "forma partito"; io penso che la cosa piu' importante sia l'organizzazione, perché senza puoi avere ottimi obbiettivi, tante belle idee sulla forma e sulla sostanza ma si rimane al palo.
L'organizzazione comunque non basta. Per costruire e proporre soluzioni occorre avere anche dei principi guida (solidarietà, responsabilità, sossidiarietà, ...) una metodologia di lavoro, regole democratiche, strumenti di comunicazione adeguati.
Ciao,
Franz