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la politica e l’usanza di accusare i giornali

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

la politica e l’usanza di accusare i giornali

Messaggioda franz il 14/06/2009, 10:47

IL COMMENTO
Parole fuori luogo: la politica
e l’usanza di accusare i giornali

Berlusconi dovrebbe indicare anche qual è l’Italia che, a suo giudizio, la stampa dovrebbe raccontare

Dice il presidente del Consiglio che la stampa «dipinge un’Italia che non è quella reale». L’affermazione è, come sem­pre, un po’ perentoria, ma contiene un elemento di verità: se mai un giorno venissero convocati, gli stati generali dell’infor­mazione italiana farebbero bene a rifletterci su. Non sarebbe male, però, se nel frattempo Silvio Berlusconi ci dicesse pure, anche per capire meglio di che cosa stiamo parlando, qual è l’Italia vera che i giornali dovrebbero, a suo giudizio, racconta­re. Perché quella che ha raccontato lui ai giovani industriali troppo vera non sembra. Almeno a prima vista. Nessuno si era accorto, per esempio, che, mentre il governo (secondo Berlu­sconi, uno straordinario consiglio di amministrazione del­l’azienda Italia) faceva miracoli, tra veline, Noemi, voli di Stato e caso Mills stesse prendendo corpo sui giornali, o su alcuni giornali, un complotto. Anzi, un «progetto eversivo» contro il premier, al fine di sostituirlo con qualcuno che, a differenza di lui, non è stato eletto dal popolo. Una specie di golpe bianco, fortunatamente sventato dal voto popolare. Come suol dirsi: urgono chiarimenti.

In ogni caso: nell’Italia che vorremmo, e dovremmo, raccon­tare ci piacerebbe non dover registrare appelli più o meno obli­qui agli imprenditori di un capo del governo, fa nulla se di de­stra di centro o di sinistra, perché neghino la pubblicità alla stampa «catastrofista», complice o magari mosca cocchiera(in altre occasioni Berlusconi aveva preferito definirla scendilet­to) di un’opposizione anch’essa malata di inguaribile disfatti­smo. È vero che poi Palazzo Chigi ha corretto il tiro, spiegando che lo strale polemico era rivolto a Franceschini e non ai gior­nali. Ma, anche a voler prende­re per buona la precisazione (peraltro smentita poche ore dopo), non ci siamo: il presi­dente del Consiglio intendeva forse dire che i giornali do­vrebbero concedere meno spazio o non concederne pro­prio, al leader del più grande partito di opposizione?

Non è solo questione di gaf­fe e, a guardar bene, non è nemmeno solo questione di Berlusconi. La politica (la politica di governo in primo luogo, ma anche quella di opposizione) non riesce a dimettere una volta per tutte l’usanza, antica e consolidata, di scrutare i gior­nali per scoprirvi più o meno ogni giorno ambigue trame, tor­bidi intrighi, oscuri complotti in suo danno; e di dividere i gior­nalisti in corifei da premiare e in nemici da stroncare. E fatica, oggi più di ieri, a tenere nel dovuto conto quelle libertà fonda­mentali di una democrazia moderna che sono la libertà di opi­nione e la libertà di informazione. Anche quando ha buoni mo­tivi per ritenere che vengano coscientemente esercitate in suo danno. Anche quando la tentazione di passare ai modi bruschi rischia di farsi irresistibile. Eppure da noi i giornali non fanno cadere i governi e, a quanto pare, non spostano nemmeno vo­ti: per quanto possano essere vicini all’opposizione, se questa è politicamente latitante non bastano a surrogarla.

Non è il caso di gridare al fascismo alle porte e alla stampa imbavagliata. Ma è il caso di ricordare che il clima è dei peggio­ri, e che il varo alla Camera del disegno di legge sulle intercetta­zioni, che la libertà di informazione senza dubbio la riduce, non lo migliora davvero. Proprio nelle stesse ore in cui Berlu­sconi parlava a Santa Margherita, ai valori fondamentali di cui abbiamo detto faceva aperto riferimento, a Napoli, intervenen­do al vertice Uniti per l’Europa, il capo dello Stato. Per esprime­re piena fiducia «nell’attaccamento delle opinioni pubbliche ai principi liberali, particolarmente a quelli della libertà e del plu­ralismo dell’informazione». Non sappiamo che cosa farà il ca­po dello Stato quando la legge sarà approvata definitivamente. Ma quella fiducia abbiamo il dovere di condividerla fino in fon­do.

Paolo Franchi
14 giugno 2009
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Re: la politica e l’usanza di accusare i giornali

Messaggioda franz il 14/06/2009, 10:58

GENTILONI: «VUOLE SPOSTARE LA PUBBLICITA' SUI SUOI MEDIA» - «Berlusconi con una mano cerca di intimidire l'opposizione e con l'altra di spostare più risorse dai diversi mezzi di informazione a quelli di sua proprietà. L'invito a non fare pubblicità ai media disfattisti non è altro che l'invito ad accentuare la tendenza già in atto: nei primi quattro mesi del 2009, rispetto ai primi quattro mesi del 2008, c'è stato uno spostamento massiccio di pubblicitá dalla stampa e dalla Rai verso Mediaset». Sono queste le osservazioni di Paolo Gentiloni, responsabile Comunicazione del Pd. «Il risultato - ha aggiunto - è che giornali e Tv pubblica perdono ricavi pubblicitari con una percentuale doppia rispetto a Mediaset e senza che questo abbia alcun rapporto con gli ascolti Tv. L'invito di Santa Margherita è dunque doppiamente grave sia sul piano politico sia perchè è l'esibizione del conflitto di interessi».
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Il Cavaliere e il suo fantasma

Messaggioda franz il 14/06/2009, 12:12

Il Cavaliere e il suo fantasma
di EZIO MAURO

Dunque siamo giunti al punto in cui il Presidente del Consiglio denuncia pubblicamente un vero e proprio progetto eversivo per farlo cadere e sostituirlo con "un non eletto dal popolo". Un golpe, insomma, nel cuore dell'Europa democratica, come epilogo dell'avventura berlusconiana, dopo un quindicennio di tensioni continue introdotte a forza nel discorso pubblico italiano: per tenere questo sventurato Paese nella temperatura emotiva più adatta al populismo che può dominare le istituzioni solo sfidandole, fino a evocare il martirio politico.

È proprio questa l'immagine drammatica dell'Italia che l'uomo più ricco e più potente del Paese porta oggi con sé in America, all'incontro con Obama.

Solo Berlusconi sa perché dice queste cose, perché solo lui conosce la verità, che non può rivelare in pubblico, della sciagura che lo incalza. Noi osserviamo il dramma di un leader prigioniero di un clima di sconfitta anche quando vince perché da quindici anni non riesce a trasformarsi in uomo di Stato nemmeno dopo aver conquistato per tre volte il favore del Paese.
Quest'uomo ha con sé il consenso, i voti, i numeri, i fedeli. Ma non ha pace, la sicurezza della leadership, la tranquillità che trasforma il potere in responsabilità. Lo insegue l'altra metà di se stesso, da cui tenta di fuggire, sentendosi ghermito dal fondo oscuro della sua stessa storia. E' una tragedia del potere teatrale e eccessiva, perché tutto è titanico in una vicenda in cui i destini personali vengono portati a coincidere col destino dell'Italia. Una tragedia di cui Berlusconi, come se lo leggesse in Shakespeare, sembra conoscere l'esito, sino al punto da evocare la sua fine davanti al Paese.

In realtà, come è evidente ad ogni italiano di buon senso, non c'è e non ci sarà nessun golpe. C'è invece un rapido disfacimento di una leadership che non ha saputo diventare cultura politica ma si è chiusa nella contemplazione del suo dominio, credendo di sostituire lo Stato con un uomo, il governo con il comando, la politica con il potere assoluto e carismatico.

Oggi quel potere sente il limite della sua autosufficienza. Ciò che angoscia Berlusconi è il nuovo scetticismo istituzionale che avverte intorno a sé, il distacco internazionale, il disorientamento delle élite europee, le critiche della stampa occidentale, la freddezza delle cancellerie (esclusi Putin e Gheddafi), lo sbigottimento del suo stesso campo: dove la regolarità istituzionale di Fini risalta ogni giorno di più per contrasto.

Il Cavaliere sente di aver perso il tocco, che aveva quando trasformava ogni atto in evento, mentre lo spettacolo tragicomico dei tre giorni italo-libici dimostra al contrario che le leggi della politica non sono quelle di uno show sgangherato.

Soprattutto, Berlusconi capisce che la fiaba interrotta di un'avventura sempre vittoriosa e incontaminata si è spezzata, semplicemente perché gli italiani improvvisamente lo vedono invece di guardarlo soltanto, lo giudicano e non lo ascoltano solamente. E' in atto un disvelamento. Questa è la crepa che il voto ha aperto dentro la sua vittoria, e che è abitata oggi da queste precise inquietudini.

Il Cavaliere ha infatti ragione quando indica i quattro pilastri che perimetrano il campo della sua recente disgrazia: le veline, le minorenni, lo scandalo Mills e gli aerei di Stato. Giuseppe D'Avanzo, che su questi temi indaga da tempo con risultati che Berlusconi conosce benissimo, spiega oggi perché siano tutt'altro che calunnie come dice il premier. Sono quattro casi che il Cavaliere si è costruito con le sue mani, che lo perseguitano perché non può spiegarli, che lui evoca ormai quotidianamente mentre tenta di fuggirli, e che formano insieme uno scandalo pubblico, tutt'altro che privato: perché dimostrano, l'uno insieme con l'altro, l'abuso di potere come l'opinione pubblica comprende ogni giorno di più.

E' proprio questo il sentimento del pericolo che domina oggi Berlusconi. Incapace di parlare davvero al Paese, di confrontarsi con chi gli pone domande, di assumersi la responsabilità dei suoi comportamenti, reagisce alzando la posta per trascinare tutto - le istituzioni, lo Stato - dentro la sua personale tragedia: di cui lui solo (insieme con la moglie che di questo lo ha avvertito, pochi giorni fa) conosce il fondo e la portata. Reagisce minacciando: l'imprenditore campione del mercato invita addirittura gli industriali italiani a non fare pubblicità sui giornali "disfattisti", quelli che cioè lo criticano, perché la sua sorte coincide col Paese. Poi si corregge dicendo che voleva invitare a non dar spazio a Franceschini, come se non gli bastasse il controllo di sei canali televisivi ma avesse bisogno di un vero e proprio editto. E' qualcosa che non si è mai visto nel mondo occidentale, anche se la stampa italiana prigioniera del nuovo conformismo preferisce parlar d'altro, come se non fosse in gioco la libertà del discorso pubblico, che forma l'opinione di ogni democrazia.

In realtà Berlusconi minaccia soprattutto se stesso, rivelando questa sua instabilità, questa paura. Se sarà coerente con le sue parole, c'è da temere il peggio. Cosa viene infatti dopo la denuncia del golpe? Quale sarà il prossimo passo? E se c'è una minaccia eversiva, allora tutto è lecito: dunque come userà i servizi e gli altri apparati il Cavaliere, contro i presunti "eversori"? Come li sta già usando? Chi controlla e chi garantisce in tempi che il premier trasforma in emergenza?

Attendiamo risposte. Per quanto ci riguarda, continueremo a comportarci come se fossimo in un Paese normale, dove la dialettica e anche lo scontro tra la libera stampa e il potere legittimo del Paese fanno parte del gioco democratico. Poi, ognuno giudicherà dove saprà fermarsi e dove potrà arrivare questo uso privato e già violento del potere statale da parte di un uomo che sappiamo pronto a tutto, anche a trasformare la crisi della sua leadership in una tragedia del Paese.

(14 giugno 2009)
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Re: la politica e l’usanza di accusare i giornali

Messaggioda ranvit il 14/06/2009, 18:30

Concordo pienamente con quanto dice Mauro.

Del resto proprio io che fin'ora nel ns forum ho, diciamo cosi', difeso questo ambiguo politico, ho posto in risalto la battaglia giornalistica della Repubblica. Arrivando anche a dire che è iniziata la parabola discendente (il primo fischio) di questo stramaledetto personaggio!

Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: la politica e l’usanza di accusare i giornali

Messaggioda franz il 23/06/2009, 17:44

da repubblica di oggi ...
Il secondo obiettivo delle sue critiche sono i giornalisti: "Non ho nulla di cui dovermi scusare con nessuno. Non c'è nulla nella mia vita privata - dice il premier - di cui io mi debba scusare. Sono invece in tanti, dagli editori ai direttori dei principali quotidiani italiani, che debbono vergognarsi e che dovrebbero scusarsi con me. Ma non lo faranno certo. Perderanno credibilità e lettori".

E Famiglia Cristiana si dovrà vergognare anche lei?
don Antonio Sciortino rispondendo alle lettere dei lettori sullo scandalo «escort»
Famiglia Cristiana contro Berlusconi
«Superata la decenza, la Chiesa parli»
Comportamento «indifendibile» del presidente e la Chiesa italiana «non può ignorare l'emergenza morale»


MILANO - Il «limite della decenza» è stato superato nel comportamento «indifendibile» dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, e la Chiesa italiana «non può ignorare l'emergenza morale»: è quanto afferma il direttore di «Famiglia Cristiana», don Antonio Sciortino, rispondendo alle lettere dei lettori disorientati di fronte allo scandalo delle cosiddette «escort».
23 giugno 2009
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Crisi, Berlusconi: chiudere bocca a chi sparge panico

Messaggioda franz il 26/06/2009, 18:25

Su repubblica:
Berlusconi: "Chiudere la bocca a chi continua a parlare di crisi"

ROMA - I media e le istituzioni economiche diffondono il panico: l'accusa viene dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che nella conferenza stampa tenuta per presentare le misure del decreto anticrisi si scaglia per l'ennesima volta contro i 'catastrofisti'. Suggerendo di "chiudere la bocca" a chi continua a parlare di "calo del Pil del 5% (il riferimento è all'ultima previsione della Banca d'Italia, ndr) o "di calo dei consumi del 5%".
(26 giugno 2009)


sul corriere della sera:
Berlusconi in conferenza stampa a PalazzoChigi per l’approvazione del Dl manovra
«La crisi? Bisogna chiudere la bocca
agli organismi internazionali
»
Il premier: «Danno incentivi alla paura. Lo fanno anche gli organismi internazionali»

ROMA - Per combattere davvero la crisi economica bisogna "chiudere la bocca a tutti questi organismi internazionali che ogni giorno dicono la crisi di qua e la crisi di là" e anche "agli organi di stampa che tutti i giorni danno incentivi alla paura e diffondono il panico". Lo dice il premier Silvio Berlusconi in conferenza stampa a Palazzo Chigi per l’approvazione del Dl manovra. "Gli organi di stampa - ha insistito Berlusconi - riprendono le posizioni del tanto peggio tanto meglio delle opposizioni e danno incentivi alla paura».

NO PUBBLICITÀ A MEDIA CATASTROFISTI - «L'ho detto a Santa Margherita anche se ha fatto scandalo e lo ripeto: gli imprenditori devono minacciare di non dare pubblicità a quei media che sono essi stessi fattori di crisi». Così il premier, Silvio Berlusconi, in conferenza stampa a Palazzo Chigi. Al G8 e G27 che «presiederò dirò agli imprenditori di non avere paura, di pubblicizzare i loro prodotti e di essere più convincenti con i direttori e i responsabili degli organi di stampa, incentivandoli affinchè non diffondano la paura».
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Re: la politica e l’usanza di accusare i giornali

Messaggioda pagheca il 26/06/2009, 18:30

adesso arrivano fino a qui a rompere i cosiddetti. Da The Economist:
http://www.economist.com/opinion/displa ... d=13899256

Jun 25th 2009
From The Economist print edition
Italy’s prime minister

SIR – Your article on Silvio Berlusconi and the press stated that “Italy’s prime minister campaigns against the foreign media”, and supported this theory with a series of affirmations and allusions bereft of names and dates (“Language problems”, June 20th). I would therefore like to specify that, first, an Italian newspaper, La Repubblica, wrote that “a foreign journalist in Rome was recently summoned to the foreign ministry.” But the very same journalist, Philippe Ridet of Le Monde, immediately denied this and the author of the article admitted his error. To whom is The Economist referring? Second, Mr Berlusconi’s staff have never tried to “get one foreign ambassador to bring journalists from his country into line”. To which ambassador is The Economist referring?

Third, it is not true that Mr Berlusconi often sues newspapers. Since his third election as prime minister he has not sued any journalist. (questa e' stupenda: ricordo che Berlusconi cito' in giudizio proprio l'economist per un semplice articolo. Giudizio finito con l'assoluzione e la condanna di SB a pagare le spese legali).

And finally, the legal action regarding a number of photographs is aimed at protecting the privacy of Mr Berlusconi’s guests and not his own. The right to privacy is guaranteed by the constitution. (questa pero' secondo me e' la migliore).
Paolo Bonaiuti
Undersecretary of state and spokesman for the prime minister
Rome
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