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Prodi: "Gli Stati siano arbitri del mercato..."

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Prodi: "Gli Stati siano arbitri del mercato..."

Messaggioda annalu il 26/05/2009, 11:13

Gli Stati siano arbitri del mercato e cooperino per isolare i paradisi fiscali.

Mercato, etica e necessità - Ecco perchè non tornerà il dominio dello Stato
di Romano Prodi, Il Messaggero,25 maggio 2009

La crisi economica non ha cambiato solo le cose ma ha cambiato anche le teste. A cominciare da quelle degli economisti e dei politici. Per anni ci era toccato di leggere che il mercato era un regolatore perfetto, capace sempre di ritornare in equilibrio e che lo Stato non solo doveva essere meno invasivo possibile (cosa che ho sempre condiviso) ma che dovesse anche regolare il meno possibile (cosa che ho sempre combattuto).

Poi è successo quello che è successo e i governi, a cominciare dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna, hanno dovuto gettare palate di soldi nelle banche e nelle imprese in difficoltà. Molto privato è perciò diventato pubblico e mi sono trovato in dibattiti e discussioni nelle quali serpeggia la paura di uno sbandamento in senso opposto, verso uno stato onnipresente.

A mio parere questo non avverrà perché non esiste nel mondo alcun paese che abbia scelto in modo deliberato di ritornare verso un dominio dello Stato nell’economia.

Persino nei sei o sette paesi che ancora si definiscono comunisti il processo di affiancare alle imprese pubbliche un crescente numero di imprese private prosegue regolarmente, seppuere rallentato dalla crisi economica.

Anche in Cina e in Viet Nam, dove il grande sviluppo economico si è fondato soprattutto su un allargamento del mercato, non appaiono all’orizzonte cambiamenti nella politica economica adottata negli ultimi anni.

Siamo cioè di fronte a fenomeni di pubblicizzazione avvenuti per necessità e non per dottrina: nessuno mette in discussione il ruolo del mercato come fondamento del sistema economico.

Lo Stato è stato costretto ad intervenire per avere mancato alla sua funzione di regolatore e di controllore, rendendo quindi possibile una continua e grave violazione dell’etica degli affari. Ed è proprio questa mancanza di etica che è alla base della profonda crisi economica in cui ci troviamo ora.

Una mancanza di etica che è stata messa in rilievo soprattutto nei confronti di alcune banche internazionali senza scrupoli, che hanno inondato i mercati mondiali di titoli che esse sapevano essere senza valore, ma che è stata condivisa anche da chi aveva l’obbligo di sorvegliare il corretto funzionamento dei mercati. Le società di “rating,” che esistono solo per dare la garanzia che i titoli immessi nel mercato corrispondono a quanto viene dichiarato, hanno regolarmente dato la tripla A (che sarebbe il dieci e lode) anche alle banche che sono poi fallite poche settimane dopo.

E la stessa mancanza di senso della propria missione hanno dimostrata alcune banche centrali, a cominciare da quella degli Stati Uniti.

La prima condizione perché lo Stato possa ritirarsi dalla proprietà delle imprese è quindi quella che esso eserciti la funzione di arbitro e regolatore del mercato, impedendone le deviazioni e gli eccessi che sono alla base dell’attuale disastro.

Serve poco consolarci per il fatto che nel nostro paese queste deviazioni siano state meno intense che in altri: il mercato è ormai globale e le sue malattie si diffondono ancora più rapidamente della febbre suina.

La seconda condizione per fare riprendere dignità al mercato è quindi quella di iniziare finalmente una stretta collaborazione fra le diverse autorità statuali aumentando in modo progressivo il ruolo e la forza degli organismi internazionali. La lotta contro gli stati senza regole e i paradisi fiscali è la migliore difesa del mercato.

Per fugare del tutto la paura di uno Stato onnipotente bisogna che si verifichi una terza condizione, che nascano nuovi e sani protagonisti della vita economica . Troppe volte le privatizzazioni sono state impedite, ritardate o sono state fatte male per la mancanza di sani ed efficienti protagonisti privati Passare dalle mani di uno Stato eccessivamente influente nell’economia per cadere nelle mani di imprenditori fasulli o di fondi di investimento pronti solo a fuggire non appena si presenti l’occasione di profitto non è certo un grande guadagno per noi e per i nostri figli.

Cominciamo quindi a preparare la ripresa con nuovi contenuti etici, con nuove iniziative e con una nuova politica economica, senza paura dei comunisti, perché ormai non ci sono più.
annalu
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Re: Prodi: "Gli Stati siano arbitri del mercato..."

Messaggioda pianogrande il 26/05/2009, 16:14

Un primo esempio positivo e non comunista della "invadenza" dello stato nell'economia sarebbe l'antitrust (che esiste ma non si danna l'anima più di tanto).
Lo stato potrebbe poi addirittura pretendere il libero mercato e proteggerlo (le liberalizzazioni).
Via via si potrebbe fare un elenco di azioni dello stato per regolamentare (e far rispettare le regole) senza diventare lo stato padrone ma lo stato "arbitro" quello sì.
Ecco perché quando "il padrone" va al governo (come nel caso dell'Italia) si parla di conflitto di interessi.
Noi non abbiamo lo stato padrone, abbiamo il padrone stato.
Fotti il sistema. Studia.
pianogrande
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Re: Prodi: "Gli Stati siano arbitri del mercato..."

Messaggioda franz il 26/05/2009, 16:38

pianogrande ha scritto:Un primo esempio positivo e non comunista della "invadenza" dello stato nell'economia sarebbe l'antitrust (che esiste ma non si danna l'anima più di tanto).
Lo stato potrebbe poi addirittura pretendere il libero mercato e proteggerlo (le liberalizzazioni).
Via via si potrebbe fare un elenco di azioni dello stato per regolamentare (e far rispettare le regole) senza diventare lo stato padrone ma lo stato "arbitro" quello sì.
Ecco perché quando "il padrone" va al governo (come nel caso dell'Italia) si parla di conflitto di interessi.
Noi non abbiamo lo stato padrone, abbiamo il padrone stato.

Condivido ampiamente.
Da noi pero' l'invadenza dei politici è enorme e loro vorrebbero fare da arbitri, mentre la funzione arbitrale spetta istituzionalmente alla magistratura.
Ma come sappiamo da noi il vizio è quello di occuparsi deipoteri altrui, lasciando scoperto il proprio dominio di competenze.
Da noi funziona male l'economia, ancora corporativa, e funziona male - ancora peggio - la politica, come sappiamo.
Pensare alla politica che sostenga e rilanci l'economia è possibile per quei paesi in cui la politica funziona e l'economia ha un temporaneo inghippo.
Da noi la politica non è nemmeno capace di riformare se stessa e di controllare se stessa (vedi il caso Berlusconi) e quindi mi pare fantapolitica l'ipotesi di una "invadenza" dello stato nell'economia.
Piu' realistico invece il contrario (piano cita le liberalizzazioni) e cio' un ritiro dello stato dall'economia, per dare spazio all'economia privata, senza per questo allentare i controlli, anzi migliorandoli.

Franz
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