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Respingimenti

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Respingimenti

Messaggioda franz il 23/05/2009, 9:28

pinopic1 ha scritto:Naturalmente rimango convinto che il sentire nazionale è fortemente influenzato dalla qualità dell'informazione e che i sondaggi dipendono da come vengono poste le domande.

Vero anche che il sentire nazionale ed il livello di istruzione influenza la qualità dell'informazione.
È un circolo vizioso.
Sul fatto che le risposte siano influenzate da come sono poste le domande questo è vero e noto da tempo ma nel nostro caso noti qualche problema?
Immagine
Piero fa notare che si parla di un respingimento di un "barcone". Vero che è un "barcone di immigrati" ma a parte questa immagini altri modi (piu' giusti o piu' sbagliati) di fare quella domanda ottenendo risposte molto diverse?

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Re: Respingimenti

Messaggioda pinopic1 il 23/05/2009, 11:35

Noto che se ne potrebbe dedurre, in mancanza di altre indicazioni, che il 67,5% degli intervistati ritiene che non si debba dare asilo politico a chi ne ha titolo. (Ma se anche così fosse non dovrebbe avere alcuna importanza per chi governa). Io mi meraviglio che non siano il 100% quelli che ritengono che i clandestini si debbano respingere. Almeno tra le persone che conosco, che frequento, che mi capita di incontrare, questa percentuale mi sembra assai vicina al 100% anche tra chi ha la badante etiope e la colf Ucraina regolarmente clandestine. Per questo quindi non ho bisogno di sondaggi.
Il risultato del sondaggio implica una serie di considerazioni, che non tu, ma esponenti del governo e della maggioranza e giornalisti fanno ricavandone risposte anche a domande non fatte, come sull'asilo politico. Ne ricavano una legittimazione popolare del loro operato e della filosofia che lo sostiene.
Il sondaggio viene fatto dopo la grande propaganda seguita al respingimento di qualche centinaio di immigrati dalla Libia e dopo un martellamento continuo in tutte le sezioni televisive del PDL. E ripeto, nell'ignoranza dei dati reali del fenomeno; forse anche nell'ignoranza della carta geografica del mediterraneo.
Ripeto, che i clandestini debbano essere respinti se non hanno titolo a rimanere non è neanche una opinione, è una cosa semplicemente ovvia, naturale. E le autorità preposte dovrebbero farlo normalmente, nel rispetto delle norme vigenti e dei diritti umani senza un giorno spaventare la gente con le loro dichiarazioni e il giorno dopo rassicurarla con la messa in onda dei respingimenti. Anche la pubblicazione di sondaggi su questo tema, fatti dopo il battage propagandistico ha un effetto (non so se voluto o se voluto in tutti casi) di rafforzamento delle convinzioni e delle paure.
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Re: Respingimenti

Messaggioda franz il 23/05/2009, 15:39

pinopic1 ha scritto:Io mi meraviglio che non siano il 100% quelli che ritengono che i clandestini si debbano respingere. Almeno tra le persone che conosco, che frequento, che mi capita di incontrare, questa percentuale mi sembra assai vicina al 100% anche tra chi ha la badante etiope e la colf Ucraina regolarmente clandestine. Per questo quindi non ho bisogno di sondaggi.

C'è una bella differenza tra i respingimenti fatti dal governo prodi ed il "respingimento in mare" fatto ora dal governo Berlusconi. Nel primo caso si esamina ogni singola posizione, si accettà l'asilo politico di chi ne ha diritto, si respingono i non aventi diritto. Nel secondo si rimandiano indietro tutti, senza discriminare, riportandolo dove sono partiti: un paese come la Libia che non riconosce il diritto d'asilo.

Interessante questo testo, a 4 mani, di D'Alema e Amato.

COME SI GOVERNA L’ARRIVO DEGLI STRANIERI
Una strategia (che funziona)
per fermare i clandestini

Immigrati, combattere la clandestinità con gli accordi di riammissione

di GIULIANO AMATO e MASSIMO D’ALEMA

Proviamo a immaginare l’impossibile. L’Italia privata all’improvviso dei cinque milioni di cittadini immigrati residenti nelle nostre regioni, città, borgate. Sarebbe la paralisi. Lo sbandamento di milioni di famiglie dove spesso una tata o una badante fanno andare avanti le cose e la vita. Migliaia di piccole imprese del Nord non aprirebbero i battenti. E l’agricoltura, l’edilizia, mille altre attività entrerebbero in debito d’ossigeno, come succede all’atleta quando non ce la fa più.

Perché questa è l’Italia oggi. Una grande società «aperta», plurale, multietnica. Una comunità qualitativamente diversa da prima, da com’era venti o dieci anni fa. Abbiamo imparato ad accogliere, questa è la verità. E per fortuna. Dopo aver tanto «ceduto» nel passato — si sono calcolati venticinque milioni di partenze, non tutte definitive, dall’unità d’Italia agli anni Settanta del secolo scorso — siamo divenuti terra di riferimento. Di approdo. Di sbarchi e di speranze. Possiamo dolercene a parole, ma nei fatti questa nuova realtà è un patrimonio già oggi essenziale e del quale non potremmo, neanche volendolo, fare a meno. Il problema allora — perché un problema c’è — è dotare lo Stato, la comunità, di un sistema di regole certe, capaci di superare la logica dell’emergenza costante dove la propaganda di parte, o ideologica, maschera l’inefficacia della politica.

L’immigrazione, questo dovrebbe esser chiaro da tempo, non è un malanno passeggero, ma uno dei tanti attori di un mutamento epocale destinato a durare a lungo. Tra poche decine d’anni, un miliardo e mezzo di persone vivranno «altrove». Lontano dal loro Paese.

Allora non solo è legittimo ma doveroso chiederci se basta proteggere il nostro fortino assediato o se non stiamo rinunciando a governare cambiamenti della società destinati a compiersi, spesso in un contesto di conflitti e paure. La sfida vera è fondare un modello di convivenza in grado di reggere l’urto del futuro.

Un modello valido per noi e per chi verrà dopo di noi. Si va invece sulla strada sbagliata se si sceglie — come si è ora scelto in Italia — di gridare all’Europa e al mondo l’intenzione di contrastare l’immigrazione illegale, anche al prezzo di penalizzare quella legale, di rendere più difficili i ricongiungimenti, l’accesso alla cittadinanza, aumentando i costi del soggiorno e paralizzando i flussi di ingresso degli immigrati regolari.

Per combattere la clandestinità si è puntato sulle forze di Polizia, sui militari e sulle ronde, fino al coinvolgimento di presidi e insegnanti, medici, infermieri, ufficiali dell’anagrafe, nell’idea scomposta di una rimozione di tutele e diritti essenziali come leva securitaria per fermare ovunque gli immigrati senza permesso. Tutto questo, si dice, agisce nelle corde dei cittadini che non sopportano più l’invasione disordinata di persone «fuori legge». Può darsi che i sondaggi confortino questa tesi. E tuttavia, attenzione. Perché chi esercita responsabilità pubbliche ha il dovere politico e morale di non parlare soltanto alle emozioni.

Dati alla mano, «il re è nudo», nel senso che esasperando la paura, si produce un nemico ma non si risolve il problema. È un fatto che nell’ultimo anno gli sbarchi sulle nostre coste siano notevolmente aumentati. Né la voce grossa, né la durezza delle misure hanno impedito gli arrivi via mare: 36.951 nel 2008 rispetto ai 20.455 del 2007 e ai 22.016 del 2006. Con una ulteriore crescita nei primi mesi del 2009. È una tragica contabilità, lo sappiamo. Ma spiega perché non basta una logica repressiva a governare quei flussi. E conferma l’assurdità delle critiche di «buonismo» rivolte al precedente governo. I due anni di Prodi sono stati pochi, troppo pochi, per condurre il Paese fuori dall’emergenza con una legge sull’immigrazione strutturale, fatta di regole praticabili sugli ingressi e sul soggiorno regolari.

In quella fase però non è mai stata in discussione la durezza contro i criminali. Con risultati importanti che hanno sgominato bande e organizzazioni attive nello sfruttamento della prostituzione, del lavoro nero, di traffici illegali. Il tutto anche attraverso interventi tesi a dare più strumenti di indagine e intervento alle forze dell’ordine. L’impegno contro il traffico degli esseri umani tra la Libia e l’Italia ha prodotto un aumento degli arresti e dei mezzi sequestrati. Sono state adottate nuove procedure per identificare lo straniero criminale ancora in carcere ed espellerlo appena espiata la pena. Insomma due anni, per quanto pochi, sono serviti ad avviare un progetto di governo dell’immigrazione in linea col resto dell’Unione Europea.

Un «approccio globale», un’offerta di politiche integrate condivise con i Paesi di origine e anche di ritorno dei migranti. Una collaborazione inedita dei ministeri dell’Interno e degli Esteri ha avuto riflessi positivi sul contrasto all’immigrazione illegale. Forse sono aspetti non inutili da rammentare oggi.

Il 29 dicembre 2007, il ministro dell’Interno italiano siglò, a Tripoli, con il suo corrispondente libico, un Protocollo di cooperazione tra i due Paesi «per fronteggiare il fenomeno dell’immigrazione clandestina».

Quell’accordo prevedeva un pattugliamento marittimo congiunto davanti alle coste libiche per contrastare la partenza dei natanti e bloccare il traffico degli esseri umani. Il Trattato di amicizia tra Italia e Libia, del 30 agosto scorso e di recente ratificato dal Parlamento, ha assunto quel Protocollo tra i contenuti necessari della collaborazione nella lotta all’immigrazione clandestina. Bisogna però ricordare che né il Protocollo né il Trattato contengono disposizioni per rimandare in Libia gli immigrati soccorsi dall’Italia in acque internazionali: a riguardo, il governo italiano ha strumentalmente usato quegli accordi per rifiutare il proprio aiuto a donne, uomini e minori che avrebbe comunque potuto respingere dopo avere verificato la presenza tra loro di vittime di tratta o di richiedenti asilo in possesso dei requisiti necessari. Come del resto previsto dal diritto internazionale e dalla Convenzione di Ginevra sui rifugiati. E ancora, l’approccio globale di cui si è detto, ha prodotto nel gennaio del 2007 la firma di un accordo di riammissione tra l’Italia e l’Egitto. Ne sta ricevendo vantaggio il Governo attuale che può operare con voli diretti verso il Cairo per il rimpatrio dei cittadini egiziani sbarcati sulle nostre coste. Gli accordi di riammissione servono, dunque, al Paese di destinazione degli immigrati e al Paese d’origine. In un quadro integrato di azioni accelerano le procedure di accertamento e di rilascio dei documenti degli immigrati espulsi o respinti alla frontiera.

Fino al 2007 l’Italia ha firmato trenta accordi di riammissione. Ventuno di questi recano le firme di ministri del centrosinistra. Nel gennaio scorso, la massiccia presenza a Lampedusa di migranti irregolari provenienti dalla Tunisia e le difficoltà del loro rimpatrio hanno evidenziato che l’accordo di riammissione con quel Paese non sta funzionando. È credibile che questo possa accadere, che la collaborazione, nel tempo, vada aggiornata, verificata, rifinanziata, che si debba giungere alla firma di nuovi accordi per garantire la sostenibilità dei percorsi migratori.

Parallelamente devono procedere gli aiuti per lo sviluppo economico, bisogna concordare gli ingressi per motivi di lavoro, le azioni congiunte contro la criminalità e lo sfruttamento, il ritorno degli immigrati overstayers che rappresentano i due terzi delle presenze irregolari sul nostro territorio.

Questa, a nostro avviso, rimane la sola seria strategia da perseguire se l’obiettivo è un contrasto dell’immigrazione clandestina fondato sulla legalità, sulla sicurezza e sul rispetto fondamentale dei diritti umani.

Sempre, in qualunque emergenza o contesto. Nella consapevolezza che dinanzi a problemi di tale complessità e rilievo, l’impegno pubblico delle leadership e dei governi deve puntare non già a vellicare l’umore del pubblico ma a rasserenare il Paese indicando con saggezza la via migliore da seguire.

23 maggio 2009
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Re: Respingimenti

Messaggioda pinopic1 il 23/05/2009, 17:27

Appunto.
Il fatto è che la paura è una reazione istintiva e chiede rassicurazioni visibili; il rispetto dei diritti umani, della dignità delle persone non è una reazione istintiva. E quindi non fa spettacolo e non porta consensi al governo che vi si attenga anche a costo di perdere più tempo e spendere di più. Inoltre con i metodi sbrigativi, veloci e praticamente impersonali, si eliminano anche i meccanismi che possono stimolare il senso di pietà che sono legati al rapporto, al contatto con la singola persona reale. Si può provare pietà per la sofferenza di un uomo, anche di colore, ma non per un "barcone di extracomunitari" peraltro ormai respinto in Libia quando arriva la notizia nelle sezioni televisive del partito.
Il far parte di una schiera numerosa che la pensa allo stesso modo elimina poi ogni altra remora verso comportamenti che singolarmente eviteremmo. Come allo stadio.

Ma ancora non ho capito perché i libici non li fermano mentre attraversano tutta la Libia per arrivare al mare. Forse in quella fase valgono di meno?
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Re: Respingimenti

Messaggioda franz il 23/05/2009, 17:41

pinopic1 ha scritto:.. il rispetto dei diritti umani, della dignità delle persone non è una reazione istintiva...

Non è piu' - oggi - una reazione istintiva.
Credo di ricordare che in tempo di pace nel mondo greco l'ospite, il viandante, anche sconosciuto, fosse ritenuto sacro.
Vi era un implicito diritto di asilo ed un dovere di ospitalità.
Non so se questo "istintivo" ma sicuramente frutto di una cultura diversa dalla nostra.

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Re: Respingimenti

Messaggioda pinopic1 il 23/05/2009, 17:47

franz ha scritto:
pinopic1 ha scritto:.. il rispetto dei diritti umani, della dignità delle persone non è una reazione istintiva...

Non è piu' - oggi - una reazione istintiva.
Credo di ricordare che in tempo di pace nel mondo greco l'ospite, il viandante, anche sconosciuto, fosse ritenuto sacro.
Vi era un implicito diritto di asilo ed un dovere di ospitalità.
Non so se questo "istintivo" ma sicuramente frutto di una cultura diversa dalla nostra.

Franz


Certo frutto di una cultura e forse anche di una convinzione che potesse esserci reciprocità.
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Re: Respingimenti

Messaggioda Stefano'62 il 24/05/2009, 0:58

franz ha scritto:Sarebbe come a dire che tutto quanto contribuisce a creare una opinione è pericoloso?

Forse 'pericoloso' non è il termine più corretto,potrei sostituirlo con subdolo per esempio.
Sarebbe a dire che tra la 'gente' ci sono moltissime pecore,e andare a raccontargli che una determinata idea,magari campata in aria,è verità accertata dalla massa ha facilmente l'effetto di renderla 'vera'.
In altre parole,sarebbe a dire che ci sono modi legittimi per trasmettere opinioni,e modi sleali subdoli e a volte pericolosi.
Sì,pericoloso,esattamente come può esserlo la demagogia,solo per fare un esempio.
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Re: Respingimenti

Messaggioda franz il 24/05/2009, 9:57

Stefano'62 ha scritto:
franz ha scritto:Sarebbe come a dire che tutto quanto contribuisce a creare una opinione è pericoloso?

Forse 'pericoloso' non è il termine più corretto,potrei sostituirlo con subdolo per esempio.
Sarebbe a dire che tra la 'gente' ci sono moltissime pecore,e andare a raccontargli che una determinata idea,magari campata in aria,è verità accertata dalla massa ha facilmente l'effetto di renderla 'vera'.
In altre parole,sarebbe a dire che ci sono modi legittimi per trasmettere opinioni,e modi sleali subdoli e a volte pericolosi.
Sì,pericoloso,esattamente come può esserlo la demagogia,solo per fare un esempio.

Comprendo ed hai ragione ma vorrei chiarire che per me "pecore" sensibili alla "demagogia" sono presenti in tutti gli schieramenti politici e quindi la cosa è neutra. A meno di non voler dimostrare che le pecore ed i demagoghi sono tutti nello schieramento avverso mentre dalle nostre parti siamo tutti istruiti, consapevoli, informati.
Ritengo invece che ci siano tante persone in tutti gli schieramenti che ragionano "a prescindere" dai dati oggettivi e sono sensibili quindi ad una certa retorica, demagogia compresa. Pochi coloro che ragionano su base puramente dialettica.

Franz
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Re: Respingimenti

Messaggioda pinopic1 il 24/05/2009, 10:50

franz ha scritto:
Stefano'62 ha scritto:
franz ha scritto:Sarebbe come a dire che tutto quanto contribuisce a creare una opinione è pericoloso?

Forse 'pericoloso' non è il termine più corretto,potrei sostituirlo con subdolo per esempio.
Sarebbe a dire che tra la 'gente' ci sono moltissime pecore,e andare a raccontargli che una determinata idea,magari campata in aria,è verità accertata dalla massa ha facilmente l'effetto di renderla 'vera'.
In altre parole,sarebbe a dire che ci sono modi legittimi per trasmettere opinioni,e modi sleali subdoli e a volte pericolosi.
Sì,pericoloso,esattamente come può esserlo la demagogia,solo per fare un esempio.

Comprendo ed hai ragione ma vorrei chiarire che per me "pecore" sensibili alla "demagogia" sono presenti in tutti gli schieramenti politici e quindi la cosa è neutra. A meno di non voler dimostrare che le pecore ed i demagoghi sono tutti nello schieramento avverso mentre dalle nostre parti siamo tutti istruiti, consapevoli, informati.
Ritengo invece che ci siano tante persone in tutti gli schieramenti che ragionano "a prescindere" dai dati oggettivi e sono sensibili quindi ad una certa retorica, demagogia compresa. Pochi coloro che ragionano su base puramente dialettica.

Franz


E' vero che "pecore" sensibili alla demagogia ci sono in tutti gli schieramenti. E' anche vero che non tutti gli schieramenti sanno (o vogliono o possono) sfruttare questo dato. Il PD un pò non vuole (giustamente), un pò non sa e un pò non può.
Le persone che ragionano ci sono ovviamente anche nello schieramento di CD. Ma a questo punto interviene la convenienza, l'interesse. Le persone che nel CD comprendono, ragionando, le stesse cose che comprendiamo noi, a proposito della strategia politico propagandistica del CD e di Berlusconi, si chiedono cosa a loro conviene o meno. E si comportano di conseguenza. Magari per la stessa logica del "turiamoci il naso" di montanelliana memoria (però sto scoprendo in questi momenti che qualcosa di analogo diceva perfino Don Sturzo molti anni prima o quantomeno prevedeva che sarebbe avvenuto).
Il problema del PD e del CS non è l'impopolarità su una questione specifica come l'immigrazione, ma la sua scarsa credibilità generale nella percezione della maggioranza degli elettori.
Un partito credibile, autorevole, saprebbe convincere gli elettori della bontà della sua posizione anche sul tema degli immigrati.
Quel 40 e passa percento di nostri elettori del sondaggio non ha confrontato il metodo del CD con quello del PD, ma la forza dell'azione del CD con la debolezza generale del PD e non ha scartato la politica del PD su questo tema, semplicemente non l'ha tenuta in considerazione, come se non esistesse. In gran parte non la conosce neppure.
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Re: Respingimenti

Messaggioda franz il 24/05/2009, 11:35

pinopic1 ha scritto:E' vero che "pecore" sensibili alla demagogia ci sono in tutti gli schieramenti. E' anche vero che non tutti gli schieramenti sanno (o vogliono o possono) sfruttare questo dato. Il PD un pò non vuole (giustamente), un pò non sa e un pò non può.
Le persone che ragionano ci sono ovviamente anche nello schieramento di CD. Ma a questo punto interviene la convenienza, l'interesse. Le persone che nel CD comprendono, ragionando, le stesse cose che comprendiamo noi, a proposito della strategia politico propagandistica del CD e di Berlusconi, si chiedono cosa a loro conviene o meno.

Guarda che il discorso sugli interessi e le convenienze riguarda anche noi e chiunque palesemente difenda interessi di certi settori. Ogni schieramento manifesta a parole (raramente nei fatti) la difesa di certi interessi e sostiene (almeno a parole) determinati valori. Anche questo discorso quindi è neutro. Tutti mischiano interessi, propaganda, demagogia, ideologia, ognuno con la sua miscela particolare, adatta al pubblico di riferimento.

Io rimango colpito, per tornare al tema, che una fetta cosi' grande dell'elettorato nostro consideri giusta la politica del respingimento in mare. Che poi le cause di questo orientamento siano la non conoscenza del problema o altro lo vedremo ma non giudico perocloso o subdolo un sondaggio solo perché mi sbatte in faccia una realtà che non mi piace.

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