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Flexsecurity, ne parliamo?

Forum per le discussioni sulle tematiche economiche e produttive italiane, sul mondo del lavoro sulle problematiche tributarie, fiscali, previdenziali, sulle leggi finanziarie dello Stato.

Re: Flexsecurity, ne parliamo?

Messaggioda pianogrande il 08/05/2009, 18:19

pierodm ha scritto:Ranvit.
Il problema del Pd è che mancano le discussioni anche aspre tese a fare chiarezza.



............. vorrei solo chiedere a Franz: dopo aver a mano a mano sostituito i "pezzi" difettosi con quelli più efficienti, i meno preparati con quelli più preparati, con tutti questi scarti umani che ci si fa?
......................
.


Per me, la domanda che si pone pierodm, sta alla base del significato di "essere di sinistra".
Chi governa, non seleziona una elite (che poi diventa la sua corte e lo aiuta a mentenere il potere) o, almeno, non può limitarsi a quello.
Chi governa governa tutto il paese.
Governa anche gli incapaci, i fannulloni, gli immigrati, ; perfino i criminali.
Niente, del materiale umano, può essere buttao via (emarginato o peggio).
Aggiungo il pezzo più pesante: chi governa, governa anche il mercato.
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Re: Flexsecurity, ne parliamo?

Messaggioda franz il 08/05/2009, 18:37

pierodm ha scritto:Lasciando stare le tante implicazioni del discorso, vorrei solo chiedere a Franz: dopo aver a mano a mano sostituito i "pezzi" difettosi con quelli più efficienti, i meno preparati con quelli più preparati, con tutti questi scarti umani che ci si fa? .

Tutto puo' essere migliorato. Soprattutto le persone, come sappiamo, possono cambiare.
Lo scarto di oggi puo' diventare la crema di domani.
Se uno vive nell'illusione di essere inamovibile, difficilmente si impegnerà a migliorare.
A certe persone fa bene dire apertamente: guarda che cosi' come sei ora vali ben poco: o ti dai una mossa o finisci ai margini della società.
Poi deve essere la società stessa ad aiutarlo (es: corsi di riqualificazione) ma lo spunto iniziale viene dalla persona e dalla sua dignità sociale.
Se poi esiste un 1% che non si adegua, per limiti oggettivi, penso che una società degna di questo nome puo' trovare il modo per sostenerlo con un reddito di cittadinanza. Se poi uno non vuole sentirsi mantenuto, è suo compito trovare il ruolo della società ed è interesse della società aiutarlo in questa ricerca.

Ciao,
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Re: Flexsecurity, ne parliamo?

Messaggioda franz il 08/05/2009, 18:51

pianogrande ha scritto:Per me, la domanda che si pone pierodm, sta alla base del significato di "essere di sinistra".
Chi governa, non seleziona una elite (che poi diventa la sua corte e lo aiuta a mentenere il potere) o, almeno, non può limitarsi a quello.
Chi governa governa tutto il paese.

stavamo parlando di economia (e mercato del lavoro) non di governo.
sono cose diverse, altrimenti useremmo lo stesso termine in modo interscambiabile, senza problemi.

L'economia ha per definizione l'obiettivo di selezionare i processi ottimali e quindi di tendere al meglio.
Non esiste destra e sinistra. Esiste solo ottimale e sub-ottimale.

La politica ha altri obiettivi (altrimenti sarebbe come l'economia).
All'interno della politica, il governo ha compiti particolari, tra cui trovare equilibri tra economia e politica.
Qui si' che tra destra e sinistra ci sono differenze.
Rimane il fatto che se tu invece della ottimizzazione dei migliori nei processi produttivi avessi quella dei peggiori questo stesso testo dopo qualche mese diventerebbe cosi': fgdklvn dv 4554z z t54t34578)6<9mn )U)= iowekrjwe4wri ())=) ôooo.
La qualità è importante per tutto: per produrre ponti che non crollano, computer che comunicano, carne che non sia marcia.
Il che non vuol dire che ora vada tutto bene (anzi, dobbiamo fare meglio) ma che se vuoi migliorarlo non devi fare altro che fare in modo che per ogni cosa prodotta ci siano dietro gli elementi migliori. Qui la politica ha poco da dire. Caso mai puo' occuparsi di chi rimane indietro per aiutarlo a riposizioanarsi. In fondo, anche se puo' non piacere, esiste sempre un migliore ed un peggiore (siamo tutti diversi, per fortuna) e quindi esiste la necessità di scelta.

Senza scelta non esiste economia e non esiste politica.
Quindi dovremmo capirlo tutti.

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Re: Flexsecurity, ne parliamo?

Messaggioda pianogrande il 09/05/2009, 1:13

Franz
Evidentemente, mi viene difficile parlare di economia senza parlare di politica.
Il paracadute ai licenziati chi glie lo fa l'economia?
Se si parla di sicurezza sociale di chi si parla degli imprenditori?
Ma lo stato non può solo raccattare i dispersi.
Lo stato deve governare l'economia perché di dispersi non ce ne siano o ce ne siano meno possibile.
D'altra parte, anche l'economia condiziona la politica ed utilizza le strutture ed i servizi della collettività.
Non si può solo prendere.
Questo non significa, necessariamente, una classe lavoratrice di mantenuti.
Significa continuare la lotta per una meritocrazia vera e non fatta di puro asservimento socio politico.
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Re: art 18

Messaggioda ranvit il 18/05/2009, 12:12

Annullato da me....Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Flexsecurity, ne parliamo?

Messaggioda ranvit il 18/05/2009, 12:14

Da pietroichino.it :

IL MURO E’ CADUTOLA SERIE DI ARTICOLI E INTERVISTE PUBBLICATI DAL RIFORMISTA NELLE ULTIME DUE SETTIMANE MOSTRA COME IL TEMA DEL SUPERAMENTO DEL DUALISMO DEL NOSTRO MERCATO DEL LAVORO SIA DIVENUTO CENTRALE NEL DIBATTITO SINDACALE. E COME SI SIA ALLARGATO IL CONSENSO INTORNO ALL’IDEA DEL CONTRATTO DI LAVORO A STABILITA’ PROGRESSIVA

Articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 16 maggio 2009

Improvvisamente, nel giro di soli quindici giorni, il tabù dell’articolo 18 è crollato. Ne ha fornito una sorta di cronaca minuto per minuto il Riformista, a partire dal 1° maggio, con una serie impressionante di interviste e articoli di dirigenti nazionali dei sindacati maggiori, che, pur con diverse sfumature, hanno preso posizione a favore della sostituzione del vecchio modello di rapporto di lavoro con il “contratto a stabilità crescente” per tutti i nuovi assunti e nuove protezioni nel mercato per chi perde il posto.
Qualche avvisaglia del crollo imminente si era avuta già a marzo, con un articolo di Giorgio Santini (numero due della Cisl) e una presa di posizione pubblica molto netta del segretario della Uil Luigi Angeletti, in concomitanza con la presentazione in Parlamento di un disegno di legge sulla “transizione a un regime di flexsecurity”, firmato da 35 senatori dell’opposizione. Ma il vero e proprio crollo del tabù avviene ai primi di maggio, quando nel dibattito intervengono anche i dirigenti di vertice della Cgil: apre le danze Paolo Nerozzi (senatore Pd di provenienza Cgil) con un’opzione a favore della proposta di Tito Boeri e Pietro Garibaldi: ingresso al lavoro per tutti con un contratto a tempo indeterminato, con un periodo di prova di sei mesi, seguito da due anni e mezzo nei quali la protezione contro il licenziamento è data soltanto da un indennizzo in denaro; poi, dal quarto anno, la “stabilità reale” garantita dall’articolo 18. Il 6 maggio esprime un’opzione simile Carlo Podda (segretario della Funzione pubblica Cgil). A ruota, altri esponenti sindacali di primo piano si pronunciano per una riforma più incisiva, che punti a superare l’apartheid tra protetti e non protetti nel mercato del lavoro coniugando la maggiore flessibilità del rapporto con l’introduzione di un nuovo sistema di sostegno del reddito e assistenza al lavoratore nel passaggio da un lavoro a un altro: tra i vertici della Cgil Nicoletta Rocchi, Fausto Durante, Mauro Guzzonato e Bruno Pierozzi, cui si aggiungono le voci di due “grandi vecchi” della Cisl ora in Parlamento, Franco Marini e Pierpaolo Baretta.
Sull’altro versante del sistema di relazioni industriali, la presidente di Confindustria fin dal gennaio scorso, al Forum di Davos, aveva manifestato – con molto coraggio e lungimiranza – la sua piena disponibilità su questo terreno (tutti gli interventi e interviste si possono reperire attraverso il Portale della flexsecurity). Ora si incomincia a parlare della possibilità che il tema venga introdotto nelle “piattaforme” per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici: Fim-Cisl e Uilm ci stanno lavorando e anche la Fiom – a giudicare dall’intervista del suo segretario Durante – sembra interessata. Così, non è impensabile che il colossale nuovo piano industriale della Fiat possa diventare tra breve il banco di prova di una riforma promossa, una volta tanto, dall’accordo tra le parti prima che dal legislatore. I sindacati potrebbero fare a Cordero di Montezemolo e Marchionne questo discorso: “condizione per la ristrutturazione è che essa sia un grande gioco nel quale nessuno ha da perdere e tutti hanno qualche cosa da guadagnare. Facciamola, dunque, ma prima attrezziamoci per garantire a tutti i lavoratori che nella ristrutturazione dovessero perdere il posto una seria garanzia di continuità del reddito e un forte investimento sulla loro professionalità, che consenta la loro ricollocazione in tempi ragionevoli: più i servizi saranno efficaci e la ricollocazione sarà rapida, minore sarà il costo complessivo dell’operazione per l’azienda”. Per esempio, visto che si prevede un forte incremento dell’industria ferroviaria per effetto degli investimenti americani e cinesi in questo campo, perché non riconvertire i produttori di automobili trasformandoli in produttori di treni e impianti per farli funzionare?
Il sindacato sembra dunque voler scrollarsi di dosso l’immagine di forza conservatrice e assumere un ruolo di avanguardia. Se lo farà davvero, il sistema delle relazioni industriali potrà riprendere la guida del governo del mondo del lavoro, della quale si è lasciato da troppo tempo espropriare: un “avviso comune” dei rappresentanti dei lavoratori e degli imprenditori al legislatore sui modi della transizione a un regime di flexsecurity potrebbe costituire la base per un dialogo fruttuoso in Parlamento fra opposizione e maggioranza. Per il Paese questo sarebbe il migliore viatico per la fase di uscita dalla crisi.
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Re: Flexsecurity, ne parliamo?

Messaggioda franz il 18/05/2009, 13:26

pianogrande ha scritto:Franz
Evidentemente, mi viene difficile parlare di economia senza parlare di politica.
Il paracadute ai licenziati chi glie lo fa l'economia?

Certo. Tutta la ricchezza ed il reddito viene da li'.
In ogni paese occidentale avanzato, tranne Italia, Grecia e Portogallo (ma sugli ultimi due non sono aggiornato) il paracadute universale è a carico del mondo del lavoro (dell''economia) e corrisponde ad un reddito pari al 70~80% della media degli ultimi due anni (una specie di pensione). Comprende anche miusure di riqualificazione professionale e aiuti per chi si mette in proprio.
Ciao,
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