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Per un dialogo Occidente-Medio Oriente

Discussioni su quanto avviene su questo piccolo-grande pianeta. Temi della guerra e della pace, dell'ambiente e dell'economia globale.

Re: Per un dialogo Occidente-Medio Oriente

Messaggioda ranvit il 22/03/2009, 10:56

Caro stefano, grazie per la lezioncina su sionismo e ebraismo...non era necessaria ma, per carità, fa sempre bene rinfrescarsi la memoria.
Non mi pare pero' che per Roxsas la cosa sia altrettanto chiara....nel senso che ho la sensazione che per lui l'idea dialogo e convivenza dei due popoli sia lasciare mano libera agli arabi in Palestina.
A scapito di Israele (e dell'occidente cristiano).

Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Per un dialogo Occidente-Medio Oriente

Messaggioda pinopic1 il 22/03/2009, 14:28

Mi pare che stiamo confondendo i protocolli di Sion con il sionismo. Il sionismo è un movimento nazionalista, patriottico, paragonabile al nostro Risorgimento. I protocolli di Sion sono una invenzione per screditare non soltanto il sionismo, ma il liberalismo, la democrazia, il capitalismo, l'illuminismo, il comunismo. Roba da destra preilluministica (la vera destra).
Che gli arabi non gradiscano il nazionalismo israeliano mi sembra una cosa comprensibile. Che i fondamentalisti islamici facciano riferimento ai protocolli di sion si spiega con il fatto che non si oppongono soltanto al sionismo, ma anche a tutto il resto sopra elencato.
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Re: Per un dialogo Occidente-Medio Oriente

Messaggioda Stevin il 22/03/2009, 23:39

Rosario Amico Roxas ha scritto:x Paolo 65

Non sono d'accordo e per diretta esperienza.
Mi trrovavo da tempo ma Tunisi, dove ho vissuto e lavorato oltre 15 anni; lì avevo incontrato una comunità di profughi palestinesi di sabra e Shatila, ospiti del governo tunisino a Hammam Liff,a 15 km. a sud di Tunisi. Fra di loro c'era il prof. Ibrahim Slimane (http://www.famvin.org/it/modules.php?na ... e&sid=2582), già direttore dell'Istituto di filosofia araba a Beirut, scampato alla strage dove perse due figli; successivamente sarebbe stato chiamato a dirigere l'istituto di filosofia araba ad Al Hanneba (Algeria, l'antica Ippona)
Stante gli eccellenti rapporti che si instaurarono mi invitò a partecipare al Convegno annuale dei filosofi arabi che quell'anno (2001) si teneva a Il Cairo e lo stesso Ibrahim ne sarebbe stato il presidente. Al termine della tre giorni di discussione, dove lo scontro tra occidente e mondo arabo la fece da padrone, fu stilato un documento sottoscritto da tutti i presenti, ivi compresi gli intellettuali ebrei provenienti da Israele, nel quale si auspicava "Un popolo (semita) in DUE Stati confederati: Stato Semita Ebraico e Stato Semita Palestinese" a condizione che gli americani abbandonassero le posizioni usurpate e occupate militarmente e disarmasse lo Stato Sionista delle testate nucleari che ne facevano la terza potenza nucleare mondiale. I rappresentanti dell'Arabia, Iran, Siria, Giordania ed Emirati del golfo, nonchè i 49 paesi aderenti al Patto Maghrebino, garantivano i mezzi per equilibrare il Gap economico tra i due popoli.
Quel documento arrivò anche all'ONU, dove non potè essere nemmeno valutato o discusso per il vetro posto dagli USA.
Quindi fu l'11 settembre e tutto il resto.


Già. Sarebbe la cosa più giusta, e sarebbe la condizione per cui Hamas si è detto disposto finalmente a riconoscere Israele.
Peccato che sia impossibile. La Cisgiordania non potrà mai essere liberata dai 250.000 coloni che vi si sono impiantati.
Una soluzione "a due stati", in queste condisioni, consisterebbe in uno stato (Israele) e in una specie di riserva indiana ("Stato Palestinese") in cui il 10% degli abitanti (coloni) distrugge le case del restante 90% (palestinesi) e impedisce loro di spostarsi liberamente da una parte all'altra del "loro" stato.
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Re: Per un dialogo Occidente-Medio Oriente

Messaggioda Stevin il 23/03/2009, 0:15

franz ha scritto:Mah, su questo farei chiarezza.
I moderati sono quelli, per fare un esempio, che riconoscono Israele, come Egitto e Giordania.
Come tra mille difficoltà ed esitazioni ha fatto l'OLP di Arafat. E non è poco. Mica gli hanno dato il Nobel per altro.
Gli altri non lo fanno perché sono ancora ostaggio delle logiche feudali o dell'integralismo religioso e problemi di equilibrio interno impediscono loro questo fondamentale passo ufficiale. Qualcuno teme anche di fare la fine di Sadat.

In questo loro essere ostaggio pero' sono in una condizione intermedia, di stallo, che impedisce loro interventi in un senso ma anche nell'altro. Ed infatti quando l'Iraq di Saddam è stato attaccato dall'occidente, in occasione sia della prima sia della seconda guerra del golfo, nessun stato arabo o islamico ha mosso un dito.
Eppure le occasioni c'erano, con il tentativo di coinvolgere tutti usando l'esca del lancio di Skudd su Israele.
Come nessun dito si è mosso quando Israele ha attaccato il Libano o recentemente Gaza.

Mi pare un segno che le posizioni moderate siano nettamente prevelenti rispetto all'estremismo.
Un estremismo che fa molto rumore, fa molta scena e viene usato per far vedere che in qualche modo ci si agita.
Una foglia di fico per nascondere l'immobilismo assoluto.

Diverso il caso di Iran e Siria, che invece sono quelli meno moderati e piu' attivi nel finanziare i movimenti armati e terroristici. Essi pero' sono sempre piu' isolati, soprattutto rispetto agli altri stati della regione.
La Siria , che dal Libano ha dovuto ritirarsi, mi pare piu' attenta a non scoprirsi ulteriormente.
La Libia ha abbandonato ogni velleità e si è autodenunciata, per quanto riguarda i progetti nucleari e chimici.
Il Pakistan ha fatto una scelta di campo netta, nella lotta al terrorismo.
L'Iran si agita ma credo che siano tutte manovre per distogliere sul fonte esterno i gravi problemi interni, di una nazione giovane (metà della popolazione ha meno di 27 anni) che mal sopporta lo stapotere delle tonache degli Ayatollah della "repubblica islamica".
Dovrebbe apparire chiaro che l'antiamericanismo e l'antisionismo da quelle parti sono solo artifici demagogici finalizzati alla gestione del potere interno e che quando il popolo sarà stufo di essere preso per il culo quei personaggi finiranno in un lampo appesi in piazza, come accadde da noi con Mussolini. A me pare chiaro che ad Ahmadinejad di Israele non gliene frega niente: deve solo gestire 68 milioni di abitanti e per farlo i nemici esterni sono sempre stati qualcosa che funziona.
Il vicino Pakistan, paese nucleare, non ha problemi diversi (con 158 milioni di abitanti di cui metà con meno di 20 anni)) ma ha il conflitto con 'India e per il Kasmir da gestire. Israele è lontana. L'Afghanistan molto piu' vicino.

Il dialogo con l'occidente per me diventerà serio e costruttivo quando i paesi del medio oriente smetteranno di usare la propaganda contro paesi esteri ai fini del mantenimento del potere interno.

Ciao,
Franz


Quanti salti mortali... Intanto, definire l'Iran un paese isolato, il giorno dopo che le televisioni di tutto il mondo hanno trasmesso il messaggio agli Iraniani del Presidente USA, sottotitolato in Farsi, è abbastanza disinvolto.

Stessa disinvoltura nel definire estremisti i paesi arabi che non riconoscono Israele, stato dalle frontiere non definite, senza neanche menzionare l'estremismo del neo-ministro degli esteri israeliano, Liebermann, che ha dichiarato pubblicamente che ucciderebbe tutti i Palestinesi.

Divertente poi ridurre antiamericanismo e antisionismo a strumenti di propaganda, dopo la distruzione dell'Iraq da parte degli Americani e i ripetuti massacri di civili da parte dei Sionisti.

La realtà è che persino l'amministrazione Obama apparentemente sta cercando di scaricare i Sionisti, e dopo il caso Freeman, l'apertura di dialogo diretto con l'Iran ne è una significativa dimostrazione.

Moltissimi analisti internazionali ed anche Israeliani prevedono la fine dello stato Ebraico proprio per l'impossibilità di realizzare la soluzione a due stati. Il tempo gioca in sfavore di Israele, e soltanto il permanere di uno stato di guerra sempre più allargato può consentire di perpetuare le violenze e rimandare la fine del progetto sionista.

Vedo che molti continuano a fare il tifo per quest'ultima soluzione, anche se il mondo ha solo da perderci.

Non capisco, e non mi adeguo ...
Stevin
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