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Egemonia culturale del Centrodestra?

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Egemonia culturale del Centrodestra?

Messaggioda pierodm il 18/03/2009, 23:39

Qualcosa non torna.
Per diverse volte - credo più recentemente anche su questo forum - ho parlato di un "animo profondo dell'Italia" che era ed è rimasto fascista, anzi che era "fascista" ben prima dell'avvento del regime mussoliniano - tesi sulla quale ho trovato corrispondenza in un'analisi di Umberto Eco, che parla di Ur-fascismo. Un animo profondo che è corso sotto la pelle dell'Italia repubblicana, per così dire "dormiente", illudendo in questo modo le forze progressiste circa una fantomatica e universale "normalità" e democraticità finalmente raggiunta dal nostro paese.
Ogni volta che l'ho fatto, ho trovato regolarmente qualcuno che mi accusava di disprezzare l'elettorato, di avere la puzza sotto al naso tipica della sinistra, di scaricare sui cittadini le colpe della politica, e insomma delle solite cose.
Qualcosa non torna.

L'altra faccia della medaglia della situazione descritta era appunto un'egemonia culturale basata su sentimenti e idee esattamente contrarie a quell'animo profondo ed eternamente fascista: egemonia, cioè idee rese esplicite e sostenute con vitalità, tanto da essere quelle più in sintonia con il tempo e poco contrastate nella cultura diffusa, nelle sedi di discussione, nei principi che la politica traduceva in leggi. In alcuni casi queste idee erano anche adottate, sia pure in forma semplificata e superficiale, dalla gente che aveva una spontanea tendenza a destra, in quanto proprio nel qualunquismo di destra è insito il gene del conformismo di comodo, che induce all'aggregazione in un coro di maggioranza, insomma alla cultura del "branco".
Un'egemonia, in poche parole, che era tale e che è stata così definita per distinguerla da una cultura della maggioranza e dal potere tendenzialmente esercitato da classi e categorie sociali che non avevano la capacità di sostenere quel potere con una cultura in linea con le esigenze del tempo: il potere culturale di una minoranza - una grossa minoranza - che non tanto era "illuminata", quanto piuttosto era semplicemente interprete di un'onda della storia e dell'ineludibile necessità di democratizzazione.
Così intesa la questione, è chiaro che l'accento va posto sul "culturale" più che sulla "egemonia".

Parlare quindi di egemonia culturale della destra significa descrivere una situazione in cui da un lato la cultura democratica è diventata afona, dall'altro il fascismo "dormiente" ha ripreso vita, per ragioni di trasformazione sociale e non per dispettosi giochi psicologici.
Egemonia culturale che in sostanza ha un ruolo di sostegno del potere, più che una funzione di critica del potere stesso, com'era nella fase precedente "progressista", che proprio per questo era riuscita a rappresentare uno strumento di democratizzazione, cioè di corrosione di idee e di stratificazioni concettuali anticamente radicate.
La cultura di destra è infatti storicamente caratterizzata proprio dal suo ruolo di sostegno e giustificazione del potere, tanto più del potere esercitato a prescindere o contro il "caos democratico": la cultura di destra "popolare", più ancora di quella in bella copia dell'elite politica.
E' chiaro, in questo caso, che l'accento debba essere posto più sul concetto egemonico - ossia di sostegno del potere - più che sull'elemento culturale, che si esaurisce in sostanza sull'adozione di alcune idee-guida che sono poco più di slogan e sugli aspetti quantitativi di una massa critica che fa diventare queste idee-guida vere e proprie correnti d'opinione.
Infatti, tutta l'agenda politica e sociale si è spostata in questi anni su come esercitare il potere in modo più efficace e più rapido, e su come raggiungere la "massa critica" elettoralmente vincente - oltre che su argomenti e su valori di dettaglio, ma capaci di parlare a quel fascismo un tempo dormiente e oggi risvegliato, proprio perché numericamente decisivo per il mantenimento del potere.

Il punto cruciale di tutto questo itinerario sta in quelle "ragioni di trasformazione sociale" prima accennate: ma il discorso è lungo e complesso, e non è il caso di affrontarlo qui e ora.
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Re: Egemonia culturale del Centrodestra?

Messaggioda pierodm il 19/03/2009, 10:11

La valigia del trasloco è quasi una sorpresa, tanto è distante dalla biblioteca di famiglia. Non solo Julius Evola ma anche, nei testi dedicati al nascente Pdl, "La Grande Scienza" di Confucio; non solo il fascista Drieu La Rochelle ma anche il vecchio saggio di Francesco Alberoni su "Innamoramento e amore". E, al posto di Brasillach, la Dichiarazione dei Diritti dell'uomo e una poesia di Walt Whitman ("Io canto l'individuo"). Rossi dice: "Siamo di fronte a "un rompete le righe"".

Tratto dall'articolo appena letto sulla Repubblica di oggi, sul "trasloco culturale" della destra di AN.
Mi sembra un contributo importante al nostro discorso.
Sotto certi aspetti è perfino patetico questo tentativo di riempire la libreriola semi-vuota della destra, in una visione della "cultura" come rassegna di libri e d'intellettuali. Certo è che leggere libri - qualunque libro, a patto che non sia solo quello - fa sempre bene, specialmente se ha ragione Buttafuoco: "E' vero , gli elettori dell'ex Msi sono ignoranti come bestie, ..."

Devo dire, per esempio, che già questa idea per cui il patrimonio culturale di un'area politica si possa costruire con un catalogo della Rizzoli e della Mondadori in mano, quest'idea è già in se stessa "di destra" - un mio amico giornalista e "direttore di mestiere", figlio di uno dei fondatori dell'agenzia Stefani, precorritrice in epoca fascista dell'ANSA, fascista lui stesso e intimo di ambienti dell'aristocrazia nera vaticana, quando si studiava l'articolazione di una rivista diceva sempre, più o meno: " ...poi c'è la cultura, ci mettiamo le recensioni, le mostre di pittura, il teatro, insomma quella roba là ... ".

In quest'ansia da trasloco, ad AN non si accorgono nemmeno che sono ancora sotto l'influenza dell'egemonia culturale della sinistra progressista, e che ne sono incosapevolmente gli ultimi prodotti, sia pure estremamente semplificati e schematici.
E non si rendono conto nemmeno che il loro posto a destra è stato preso dalla Lega e da FI, che gestiscono l'egemonia come potere più che come fervore e autorevolezza culturale.
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Re: Egemonia culturale del Centrodestra?

Messaggioda Stefano'62 il 19/03/2009, 13:10

pierodm ha scritto:Devo dire, per esempio, che già questa idea per cui il patrimonio culturale di un'area politica si possa costruire con un catalogo della Rizzoli e della Mondadori in mano, quest'idea è già in se stessa "di destra".

Questo mi ha fatto tornare in mente un episodio cui ho assistito l'estate scorsa in una libreria in cui mi reco spesso.
Una 'signora',di quelle che alla teeria raccontano candide bestialità di matrice berlusconesca,si rivolse al libraio con fare malcelatamente altezzoso dicendo che aveva appena traslocato in una villa nelle vicinanze e che le servivano libri per riempire un buco di cinquantacinque centimetri nella sua libreria.
Il libraio non fece una piega,evidentemente abituato forse anche a qualcosa di peggio,si chinò dietro al banco ed estrasse un metro ripiegabile da manovale,lo porse alla 'signora' e le disse :'prego si accomodi'.
La signora rifiutò lo 'strumento di scelta culturale' fornitole manifestando il suo disappunto e sostenendo che toccava al libraio servirla (come se stesse parlando con il salumiere).
Allora il libraio decise che aveva perso anche abbastanza tempo e rispose che considerando il tipo di persona che ella dimostrava di essere non gli veniva in mente niente tra quello che lui vendeva che le si potesse adattare,e la mandò via.

Questa è l'idea di cultura del substrato sociale di questa destra,e quello del libraio è il modo più adeguato di confrontarsi con loro su questo campo.
Nella destra mondiale certamente sì,la cultura esiste,in quella italiana,perlomeno quella che non si scomoda a millantarsi moderata,la cultura non esiste;a meno di non accordare una valenza culturale alla cattiveria e all'egoismo.

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Re: Egemonia culturale del Centrodestra?

Messaggioda lucameni il 19/03/2009, 13:28

oddio pensare o spacciare l'idea che magari il 99% degli intellettuali italiani sia di sinistra mi pare francamente eccessivo.
Una cultura di "destra", intesa quanto meno come intellettuali non marxisti, cattolici o anche di area missina, c'era ben prima dell'avvento del berlusconismo; semmai aveva poco "mercato" ed era poco rappresentata dall'editoria e nelle università.
Prima di essere così sicuri di questa inesistenza, ammantandosi magari con un certo compiacimento di un monopolio della cultura (ma se monopolio - vedi università - volesse dire anche zittire le minoranze cosa ci sarebbe da rallegrarsi?), approfondirei la cosa.
I primi nomi che mi vengono in mente: Bettiza, De Turris, Sgorlon. Insomma mica gente di sinistra.
Oppure mi vengono in mente voci troppo a lungo dimenticate come Morselli.
Altro discorso è parlare del pubblico-elettore cui si rivolge la destra berlusconiana, che ha ereditato il disinteresse (detto generalizzando) della DC nel campo culturale.
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Re: Egemonia culturale del Centrodestra?

Messaggioda Stefano'62 il 19/03/2009, 13:38

No,forse non mi sono spiegato bene.
La cultura non è mai stata un'esclusiva della sinistra,nemmeno quando qualcuno lo proclamava.
Il punto è che quello che al mondo è considerato cultura dei conservatori o dei moderati,destra e centro,in Italia è tutto arbitrariamente considerato di centro,altrimenti ciò che stà più a destra di loro sarebbe automaticamente considerato,giustamente,come becero ed estremo.
La dimostrazione è che nessuna parte ideologica di una qualsiasi cosa che si possa definire culturale,riesce a rappresentarli.
Ho sentito dire per esempio che l'UDC è di centro.
Ma dove,ma quando ?
Sono conservatori di centrodestra,per fortuna che ci sono anche loro,ma così è.
Quì sta l'equivoco,cosa è destra e cosa non lo è.
Se Fini riuscirà ad affrancarsi da berlusconi forse riuscirà a costruire qualcosa che possa essere definito di destra,all'europea,che mai voterò per questione di pelle,ma che non mi toglierà la tranquillità se andasse al governo.
Oggi come oggi invece la destra non esiste,esiste un dittatore che le sta tarpando le ali.

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Re: Egemonia culturale del Centrodestra?

Messaggioda lucameni il 19/03/2009, 13:50

Ok, è chiaro che la nostra è una destra particolare, anomala rispetto la destra conservatrice e liberale europea (anche se qui si contesta che il liberalismo possa essere di destra). E nonostante anche in europa il populismo di destra abbia incrementato voti.
Tant'è parlando di cultura d'istinto si pensa agli intellettuali, a scrittori, musicisti, filosofi. Credo che il discorso in parte debba essere diverso se ci si riferisce ad una più generica "cultura politica", che peraltro ritengo qui in Italia, salvo eccezioni, sia piuttosto evanescente. C'è più che altro un sentimento di appartenenza, di rifiuto apparente della politica (da qui l'amore per uno pseudo non politico cui delegare responsabilità), ma non una grande consapevolezza di cosa voglia dire "cultura politica" e perciò sentirsi coerenti con un certo tipo di scelte politiche.
Ma questo, seppure forse in maniera meno evidente, vale anche per chi si definisce di sinistra.

"In Italia è tutto arbitrariamente considerato di centro,altrimenti ciò che stà più a destra di loro sarebbe automaticamente considerato,giustamente,come becero ed estremo."

E' quel "giustamente" che non mi convince affatto, non fosse altro che destra non vuol dire per forza di cose fascismo.
E gli artisti "di destra" o lì incasellati (spesso più anarchici che altro) a rigore allora dovrebbero essere tutti messi nel mazzo del becerume. Premesso poi che sarebbe il caso di distinguere le doti artistiche, l'opera dai limiti dell'uomo (altrimenti anche a sinistra si salverebbero pochi), non vedo - tanto per dire - come si possa definire becero un Pound, malgrado della sua figura si siano impossessati i militanti della destra più radicale.
Anche Montanelli, adesso iscritto d'ufficio a sinistra per il suo più recente antiberlusconismo, si dichiarava di destra.
Becero? O più beceri coloro che, senza sapere o meglio senza voler sapere nulla di lui, gli imputavano ogni nefandezza, intelligenza col capitalismo dei padroni etc etc etc?
Insomma il "giustamente" o "l'ingustamente" la ritengo una categoria politica ma che proprio non dovrebbe avere a che fare con la considerazione di un intellettuale e della sua opera.
Altrimenti - di rimando - troppo facile accusare di arroganza la sinistra cosidetta intellettuale.
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Re: Egemonia culturale del Centrodestra?

Messaggioda Stefano'62 il 19/03/2009, 15:53

Ma è proprio quello che ho inteso anche io che destra non vuol dire fascismo,e aggiungo che non vuol dire nemmeno 'peggio di quegli altri dal centro in là verso sinistra'.
Destra è un lato,come sinistra;quando in politica si parla di ultradestra (o ultrasinistra) ci si riferisce a qualcosa che và appunto oltre,in modo improprio,non consono,quindi che stravolge le idee di partenza e che non deve coinvolgerle nel disprezzo.
Per quello ho messo quel 'giustamente',che non era riferito al non-centro,ma agli ultra-destra mascherati da destra.

Guarda che secondo me stiamo dicendo la stessa cosa in modi differenti.
Quelle che io chiamo destra e sinistra,con connotazioni positive in ambito democratico seppure ideologicamente in antitesi,prescindono dagli estremismi che possano originarsi da loro.
La libertà di opinione,e quindi di idea politica,ha senso solamente fino al punto in cui in nome di questa libertà io non posso più dire,per esempio,che la libertà di opinione fa schifo,propugnando quindi implicitamente l'abolizione di quella democrazia dietro la quale mi nascondo per potere dire liberamente delle schifezze antidemocratiche.
Non è un limite alla libertà di pensiero,è un limite a chi la nega.
Quel giustamente è sacrosanto fino a che è riferito a idee antidemocratiche perchè totalizzanti,cioè ultra-,destra o sinistra (o anche centro) che siano.

Nello specifico italiano,in Italia la destra (democratica) non c'è.
O più precisamente:c'è,ma è divisa in due:
Quelli che vanno a rimorchio di berlusconi (nell'illusione di cavalcarlo) ma è evidentente che ci stanno stretti e a volte ne escono per disperazione;e la loro presenza nelle file del pdl non deve confondere le acque:il pdl non è un partito di destra,anzi insulta il concetto di destra,tanto è vero che i conservatori del mondo intero lo smentiscono e berlusconi poi li chiama comunisti.
Quegli altri,consapevoli del fatto che il pdl sta inzozzando il nome delle destre si mascherano da moderati di centro.
L'UDC ne è un esempio.

Il mio intento non era quello di insultare i destrorsi democratici (e notoriamente acculturati)nel nome di un mio sinistrismo.
E' berlusconi che li insulta;Ezra Pound infatti non c'entra un fico secco con berlusconi.

Ciao,
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Re: Egemonia culturale del Centrodestra?

Messaggioda pinopic1 il 19/03/2009, 18:00

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Re: Egemonia culturale del Centrodestra?

Messaggioda lucameni il 19/03/2009, 19:59

Stefano'62 ha scritto:Ma è proprio quello che ho inteso anche io che destra non vuol dire fascismo,e aggiungo che non vuol dire nemmeno 'peggio di quegli altri dal centro in là verso sinistra'.
Destra è un lato,come sinistra;quando in politica si parla di ultradestra (o ultrasinistra) ci si riferisce a qualcosa che và appunto oltre,in modo improprio,non consono,quindi che stravolge le idee di partenza e che non deve coinvolgerle nel disprezzo.
Per quello ho messo quel 'giustamente',che non era riferito al non-centro,ma agli ultra-destra mascherati da destra.

Guarda che secondo me stiamo dicendo la stessa cosa in modi differenti.
Quelle che io chiamo destra e sinistra,con connotazioni positive in ambito democratico seppure ideologicamente in antitesi,prescindono dagli estremismi che possano originarsi da loro.
La libertà di opinione,e quindi di idea politica,ha senso solamente fino al punto in cui in nome di questa libertà io non posso più dire,per esempio,che la libertà di opinione fa schifo,propugnando quindi implicitamente l'abolizione di quella democrazia dietro la quale mi nascondo per potere dire liberamente delle schifezze antidemocratiche.
Non è un limite alla libertà di pensiero,è un limite a chi la nega.
Quel giustamente è sacrosanto fino a che è riferito a idee antidemocratiche perchè totalizzanti,cioè ultra-,destra o sinistra (o anche centro) che siano.

Nello specifico italiano,in Italia la destra (democratica) non c'è.
O più precisamente:c'è,ma è divisa in due:
Quelli che vanno a rimorchio di berlusconi (nell'illusione di cavalcarlo) ma è evidentente che ci stanno stretti e a volte ne escono per disperazione;e la loro presenza nelle file del pdl non deve confondere le acque:il pdl non è un partito di destra,anzi insulta il concetto di destra,tanto è vero che i conservatori del mondo intero lo smentiscono e berlusconi poi li chiama comunisti.
Quegli altri,consapevoli del fatto che il pdl sta inzozzando il nome delle destre si mascherano da moderati di centro.
L'UDC ne è un esempio.

Il mio intento non era quello di insultare i destrorsi democratici (e notoriamente acculturati)nel nome di un mio sinistrismo.
E' berlusconi che li insulta;Ezra Pound infatti non c'entra un fico secco con berlusconi.

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vabbè messo così mi sta bene.
Tant' è non c'è dubbio, youtube o meno, che un Prezzolini, un Morselli siano stati poco "coccolati" dalla cosidetta accademia.
Il fatto di non essere schierati o schierabili qui in Italia è un handicap.
Il problema tipicamente italiano semmai è il fatto che l'eredità fascista è stata un forte condizionamento per la destra (che, come la sinistra, se non si specifica "quale", ha poco senso).
Definirsi di destra era difficile, infastidiva anche Malagodi che pure era un politico liberale, schiettamente conservatore.
Che questo poi abbia condizionato anche la cultura non di sinistra mi pare ovvio.
Adesso "uno" sdoganamento c'è stato, nel senso che si parla di più di alcuni autori, si sono creati altri "padri spirituali"; ma quello che noi chiamiamo genericamente sdoganamento secondo me oggi basato sull'incultura e proprio su quella destra che prima condizionava il definirsi tali. Per di più mostrando una sostanza politica che non ha nulla del "liberale".
Perciò siamo punto e capo. Anzi peggio.
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Re: Egemonia culturale del Centrodestra?

Messaggioda pierodm il 20/03/2009, 2:06

Mi sembra che proprio non ci siamo.
Come quando si fa la pasta, dalla fontanella di farina le uova sbattute colano fuori da tutte le parti e alla fine rischiamo d'impastare solo un grumetto frollo che ci bastano due dita.

Potrei far notare che, con tutta la buona volontà, in tutto il discorso non sono venuti fuori più di una manciata di nomi di autori "di destra" o cari alla destra, scorrendo un intero secolo di storia.
Ma - anche se questo è pure un elemento di qualche interesse - non è con i numeri di un elenco che bisogna fare i conti.
E nemmeno con le porcherie, piccole e grandi, dovute all'esistenza di circoli chiusi o al potere esercitato in modo censorio in qualche istituzione: non è questa esattamente una "egemonia", ma se anche fosse questa c'è stata in passato non solo quela di certe baronie universitarie o editoriali "di sinistra", ma anche quella demo-vaticana e quella agnelliana, assai più carsiche e mirate alla sostanza.

L'egemonia progressista si è manifestata nella lettura, nell'interpretazione, nella percezione di molti fenomeni e avvenimenti - non solo storici, ma anche quotidiani - che aveva un certo segno complessivo, che potremmo sintetizzare come "difesa del più debole". Non come pura e sola espressione morale, ma come elemento che cercava di farsi politica.
Per esempio, nella lettura della seconda guerra mondiale, del nazismo e del fascismo, della presenza colonialista nel terzo mondo, dell'aparthaid sudafricano, della discriminazione razziale negli USA.
Per esempio, nella lettura complessiva delle garanzie dei lavoratori, nel giudizio sulla condizione femminile, nel rifiuto tendenziale delle disuguaglianze di classe e di censo, nella crescita di una coscienza ambientale.
Nel progressivo disincanto verso rapporti sociali secolari centrati sulla sudditanza verso "i superiori" e sulla soggezione nei confronti dell'autorità.

In tutto questo ci sono state molte sfumature, molte posizioni diverse, ma questa era la "cultura" complessiva che trainava le società occidentali - quella che ho chiamato "l'onda lunga" della storia.
Un'onda che ha prodotto una quantità enorme di manifestazioni artistiche e intellettuali, molte delle quali da parte di ambienti, personaggi e autori che non erano "di sinistra" e non si sentivano di esserlo.
Una parte consistente della cinematografia italiana (e non solo italiana) del dopoguerra è stata fatta da sceneggiatori e registi che non erano né comunisti, né socialisti, e forse nemmeno si ponevano chiaramente in una collocazione politica.
Anche in quei casi - numerosi - nei quali l'autore non si è limitato ad una condanna o ad una visione schematicamente manichea di certi avvenimenti o di certi fenomeni, ma ha cercato - giustamente - angolazioni, sfaccettature in apparente controtendenza, si trattava di un tentativo di riflessione critica, che però non cambiava il giudizio sostanzialmente negativo verso fenomeni che apparivano superati dalla storia, o semplicemente ingiusti sul piano morale e sociale.
Riguardo, per esempio, alla discriminazione razziale, nel succedersi dei governi di segno diverso si è comunque arrivati alla sua abolizione politica e ad una forte riduzione anche in campo sociale, negli USA.
Questo "clima" ideale e sociale faceva sì che la gran parte dei giovani e meno giovani trovasse istintivamente difficile schierarsi su posizioni che apparivano "sbagliate", di destra, reazionarie nel senso originario del termine: conformismo? Certamente, in parte anche questo è un fenomeno di conformismo, ma ogni progresso consolidato è ugualmente conformistico - anche l'idea che non si possa andare in giro a sparare alla gente, o a prendere a calci un vecchio, o a buttare spazzatura dalla finestra.
Quello che distingueva questo livello di "conformismo progressista" era che si trattava nel suo insieme della realizzazione di principi che stavano alla base della democrazia, che per lungo tempo erano stati un miraggio, e per molti un obiettivo.

Tutto ciò è stato chiamato "egemonia della sinistra", perché era la sinistra farsene interprete più battagliera in sede politica, e anche perché a dare questa definizione erano quelle correnti di pensiero che poco accettavano questo genere di progresso e quindi tendevano a identificarlo con una ipotetica "faziosità": la "storia scritta dai vincitori", definizione accolta con fervore dagli allora militanti del MSI e dai reduci della X MAS, e con maggiore stizzita accortezza dai circoli vandeani che ancora non avevano fatto pace con la Rivoluzione dell'89 - vedi il caso di Lefevre, in seno alla Chiesa.
Certamente, durante questo periodo scorreva sotto la superficie - o meglio in un relativo silenzio - un groviglio di vecchie culture difformi.
Mia nonna usava dire, per esempio: "Ma 'ndo vanno tutte 'ste donne a fa' le puttane, a lavora' ! ". Brava donna, mia nonna, e pure simpatica.

Siamo arrivati ai giorni nostri: rovesciamo punto per punto le cose alle quali ho accennato prima, e abbiamo un quadro dei valori in cui consiste l'attuale "egemonia" della cultura di destra, mentre rimane valido il fatto di attribuirla soprattutto alla cultura diffusa della gente, più che ad un establishment di potere.
Le miserie che riguardano le lottizzazioni, gli arrivismi, le conventicole di comodo, etc, adesso come prima sono una spazzatura tutta italiana, che coinvolgono la struttura clientelare e corporativa della nostra società, che non caratterizza ma semmai cavalca l'egemonia.
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