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La cura ha funzionato: il malato è morto

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

La cura ha funzionato: il malato è morto

Messaggioda flaviomob il 12/02/2012, 21:07

Le sofferenze dei greci in nome delle banche

di Marco Onado

La Grecia è in ginocchio: dopo tre anni di terapia intensiva per curare l’eccesso di debito pubblico, il reddito nazionale è crollato del 12 per cento, la disoccupazione ha superato il 20, la protesta dilaga e il governo di coalizione è in pezzi. Eppure, l’Europa non è soddisfatta e chiede ulteriore rigore.

I tempi stringono: i 130 miliardi della rata di prestito concesso dal Fondo monetario e dalle istituzioni europee sono indispensabili per le necessità correnti e soprattutto per pagare gli interessi in scadenza la settimana prossima (15 miliardi). Il Parlamento greco dovrebbe votare questa sera le nuove misure imposte dai creditori. E’ probabile che alla fine Papademos ottenga i voti necessari, ma non per questo la situazione sarà risolta.

Il fatto è che il problema fondamentale, quello dell’insolvenza dello Stato greco, continua ad essere affrontato in modo improprio e questo soprattutto per proteggere gli interessi delle banche internazionali e delle stesse banche centrali, Bce in testa. Il debito greco, che ha superato il 170 per cento del Pil (era il 106 cinque anni fa), non può essere ragionevolmente rimborsato e dunque i creditori devono accettare un taglio. Ma per compiere questo apparentemente ragionevole passo si sono costruiti non uno, ma tre pasticci.

Primo: la misura del taglio, quindi delle perdite sopportate dai creditori. Per non far troppo male alle banche, si sono concordate riduzioni nettamente inferiori a quanto la realtà avrebbe dovuto imporre: un micragnoso 21 per cento a luglio, 50 per cento a novembre e ovviamente nessuna di quelle proposte è andata in porto. Oggi si discute se arrivare al 70 per cento, ma l’accordo non arriva.

Secondo pasticcio: per non creare problemi alla Bce e agli altri organismi pubblici che detengono titoli greci, l’accordo deve riguardare solo il settore privato, cioè le banche.

Terzo pasticcio: sempre per evitare ulteriori problemi alle banche, il taglio viene spacciato come un accordo volontario, che non fa scattare l’assicurazione sul rischio di credito sottoscritto attraverso derivati chiamati credit default swap.

Un capolavoro di ipocrisia, dietro cui si celano tutti i problemi della finanza di oggi e che è motivato dal fatto che il mercato dei Cds è cresciuto, sotto l’occhio sonnacchioso dei regolatori, al di fuori di ogni controllo, tanto che nessuno è in grado di sapere chi dovrebbe pagare quanto a chi nel caso la Grecia cadesse in un default conclamato.

Nel dubbio, si preferisce non far scattare la protezione assicurativa e così le banche che hanno venduto l’assicurazione, cioè hanno incassato il premio, si tengono i soldi mentre quelle che l’hanno comprata possono utilizzare il contratto per l’uso che tutti immaginano. Chi ha avuto, ha avuto e amici come prima. Meglio così, del resto, che mettere in moto una reazione a catena forse inarrestabile, tanto più che le banche hanno svalutato in bilancio i loro crediti verso la Grecia e dunque l’operazione etichettata come “volontaria” non comporta ulteriori salassi per il bilancio.

Nel frattempo, le banche centrali, e la Bce in particolare, stanno inondando di liquidità il mercato e dunque consentono alle banche facili profitti: chi osa mettere in discussione gli interessi della gallina dalle uova d’oro? Ma chi ha comprato Cds, se solo avesse interesse a porsi al di fuori del sistema, avrebbe tutte le ragioni per considerarsi come quello che ha perso nell’incendio due terzi della casa e si sentisse dire che l’assicurazione non copre i danni perché la definizione che dà delle macerie fumanti non è esattamente quella dell’incendio.

Nessuno si sogna di dire che quanto sta succedendo è la dimostrazione lampante del fatto che il mercato dei Cds, come molti altri settori dei derivati, non solo è inefficiente, opaco e al di fuori di ogni controllo, ma soprattutto che è la dimostrazione di come le soluzioni della crisi dipendano sempre più non da considerazioni reali sull’economia dei Paesi e sulla loro capacità effettiva di sopportare i costi dell’aggiustamento, ma dalle esigenze del mondo della finanza.

Tutte queste considerazioni non fanno parte della real politik che guida le scelte del Fondo monetario e delle istituzioni europee nei confronti della Grecia. Spetta a Papademos che – guarda caso – fino a ieri sedeva nel consiglio direttivo della Bce, assicurare il consenso interno. Ma come dimostrano le cronache di questi giorni, non è detto che questa nuova tornata di sacrifici, ammesso che ottenga i voti in Parlamento, venga accettata da una popolazione sempre più esasperata.

Se così fosse, si apriranno due scenari molto inquietanti, che sono stati finora accuratamente nascosti sotto il tappeto. O un default conclamato che coinvolga tutti i creditori e non solo quelli privati, oppure una soluzione ancora più traumatica che associ il default all’uscita della Grecia dall’euro e forse anche dall’Unione europea. Scenari apocalittici, ma che diventeranno di drammatica attualità nei prossimi giorni.

Il Fatto Quotidiano, 12 febbraio 2012

NdR Il bolscevico autore di questo sinistro articolo è professore all'università Stella Rossa Bokkoni del Kolkhoz di Milano...


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Re: La cura ha funzionato: il malato è morto

Messaggioda franz il 12/02/2012, 21:43

ha perfettamente ragione ma tutte queste cose (gli errori dell'europa) non sono per nulla a discolpa dei greci.
La Grecia doveva fallire come ha fatto l'argentina e i greci starebbero oggi 100 volte peggio.
Anche le banche piene di debito greco dovevano fallire e come ha spiegato trilogy, solo 1% era protetta dai cds.
Il problema è stato il salvataggio, fatto male.

“Peggio el tacon del buso” come dicono in veneto.
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Re: La cura ha funzionato: il malato è morto

Messaggioda flaviomob il 12/02/2012, 23:50



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Re: La cura ha funzionato: il malato è morto

Messaggioda franz il 13/02/2012, 9:50

flaviomob ha scritto:http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/economia/2012/02/05/visualizza_new.html_74767276.html

Atene brucia

Ok, 100'000 tra illusi, velleitari, propagandisti di ogni risma e violenti, che non realizzano che con il default vero sarebbe stato molto peggio.
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Scalfari su grecia ed europa

Messaggioda franz il 13/02/2012, 11:32

Il paradosso di Atene
e le due sedie dell'Europa

di EUGENIO SCALFARI

Ci sono due temi di stringente attualità ai quali voglio oggi dedicare queste mie riflessioni: il probabile fallimento greco e le sue ripercussioni sull'Europa; i partiti e la democrazia italiana dopo Monti (e dopo Napolitano). Al centro di questa tenaglia c'è il paese Italia con i suoi vizi (molti) le sue virtù (poche) le sue contraddizioni (infinite).

Comincio dal primo: il fallimento greco e la sua uscita dall'euro è ritenuto pressoché inevitabile entro il prossimo marzo o al più tardi nel prossimo autunno. La società di quel paese ha dichiarato guerra al governo che ha tentato di attuare il piano di austerità impostogli dall'"Europa tedesca". Inutilmente. L'aumento del debito in rapporto al Pil è alle stelle (180 per cento) e altrettanto alle stelle i rendimenti del debito sovrano che il sistema bancario internazionale giudica ormai carta straccia tanto da accettarne (malvolentieri) una liquidazione solo con uno sconto del 70 per cento.

La situazione si è dunque avvitata e non si avvistano alternative valide, se ne può soltanto prolungare l'agonia.
La cancelliera Merkel ha detto due giorni fa che il fallimento della Grecia avrà rischi incalcolabili sull'Unione. Voce dal sen fuggita, si potrebbe dire, poiché proviene dalla stessa persona che si è finora tenacemente opposta ad adottare la sola misura che poteva mettere al sicuro la Grecia dal trauma e con essa il Portogallo che la segue a ruota e l'Irlanda, per non parlare della Romania e della
Bulgaria: la creazione degli Eurobond e la sostituzione dell'Eurozona nella titolarità dei debiti sovrani dei 17 paesi che ne fanno parte. Una soluzione di questo genere significava la nascita dello Stato federale europeo, almeno per quanto riguarda i paesi che hanno adottato la moneta comune. Ma né la Germania né la Francia sono ancora disposti a questo passo. Il loro obiettivo resta quello d'una Confederazione rafforzata da alcune parziali cessioni di sovranità dagli Stati nazionali: una via di mezzo che significa di fatto sedersi tra due sedie, cioè col sedere per terra.

* * *
Francamente non so valutare se l'economia greca, una volta che sia uscita dall'euro e tornata alla dracma, riuscirà a sopravvivere e perfino a riprendersi. Probabilmente sì, una svalutazione "selvaggia" della dracma, un sostanzioso slancio del turismo, la vendita di alcuni formidabili asset culturali migliorerebbero la situazione patrimoniale. Potrà bastare? Oppure precipiterà il paese in una vera e propria guerra civile e nella sua frantumazione politica e geografica? Le previsioni sono quanto mai azzardate su temi di questa natura.
Meno azzardate sono le previsioni su quanto potrebbe accadere agli altri membri dell'Eurozona, rimasti in 16 o magari in 14 se anche Portogallo e Irlanda arrivassero al "default". Abbiamo già ricordato che la Merkel parla di danni incalcolabili per il resto dell'Eurozona e anzi di tutta l'Unione. Certo non sarebbe una passeggiata amena gestire una crisi di quella natura, non tanto per le dimensioni dei debiti sovrani in questione quanto per il fatto che alcune grandi banche, soprattutto tedesche e francesi, ne possiedono una notevole quantità nei loro portafogli. A loro volta le obbligazioni di quelle banche tedesche e francesi sono in ampia quantità possedute da banche importanti in tutto il mondo.

Insomma, il fallimento di due o tre paesi dell'Eurozona avrebbe ripercussioni molto serie sul sistema bancario internazionale obbligando gli Stati nazionali a nazionalizzare totalmente o parzialmente una parte notevole dei rispettivi sistemi bancari. Con quali strumenti? Stampando moneta attraverso le rispettive Banche centrali: Federal Reserve, Bce, Banca d'Inghilterra, Banca nazionale svizzera e probabilmente anche le Banche centrali della Cina, India, Giappone, Russia.

Gli effetti generali d'un salvataggio bancario di queste dimensioni in tempi di recessione già in corso, ne prolungherebbe la durata producendo al tempo stesso inflazione. Si chiama "stagflation" che è quanto di peggio possa capitare specialmente in Europa e in Usa. Forse la Merkel è questo che aveva in mente. Per farvi fronte l'Europa ha due strade (che sono state indicate nell'articolo del direttore del "Times" che il nostro giornale ha pubblicato venerdì scorso): marciare dritti verso la costituzione d'un vero e proprio Stato federale europeo oppure ritrarsi in una Confederazione europea di libero scambio senza più moneta unica. Due scenari densi d'incognite.

Personalmente continuo ad essere moderatamente ottimista. Credo cioè che l'eventuale crisi bancaria non sarebbe di dimensioni ingestibili; credo che - Grecia a parte - non ci sarebbero altri "default" e credo anche che il fallimento della Grecia produrrebbe un'accelerazione verso un'Europa federale. Credo infine che dal male possa venire un bene e che l'Italia, se Monti potrà proseguire nel suo programma di modernizzazione dello Stato e della società, possa contribuire al bene dell'Europa e al proprio. Probabilmente questi risultati avranno bisogno d'un tempo più ampio che vada oltre la scadenza elettorale del 2013 e questo mi porta ad esaminare il secondo tema di queste riflessioni: la democrazia italiana del dopo-Monti.
[...] http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... -29737119/


Taglio il resto, che non parla di grecia.
Veniamo al dunque: Scalfari per me fa errori notevoli, prigioniero come è (e non è il solo, è in buona compagnia) di alcuni paletti che sono artificiali e sbagliati. Come anche indicato qui: viewtopic.php?p=44138#p44138 non è affatto vero che il default greco (o di altri) significhi l'uscita dall'euro. È una fantasia che non sta in cielo e nemmeno in terra. È successo che alcuni dei 50 stati americani hanno fatto fallimento (pur in modo diverso, perché li' le regole sono diverse) e non sono certo usciti dal dollaro. Dovrebbero uscire solo se la cura suggerita (e sbagliata) fosse quella della svalutazione e della conseguente iper-inflazione. Ma abbiamo imparato già in Italia (negli anni 70 e 80) che questa non è una cura; piuttosto aggrava la malattia e la fa durare piu' a lungo.
Altra soluzione prevista e presentata come miracolosa: gli eurobond. Come a dire che se il problema è l'eccesso di debito, la soluzione è emettere nuovo debito? Ci credo che Francia e Germania sono contrari. Sarebbero loro a garantire la credibilità di questi Bond.
E allora quale potrebbe essere la soluzione? Semplice, se un'azienda deve fallire, fallisce. Idem gli Stati, come è successo all'argentina e l'islanda. Piuttosto allora si fanno regole per minimizzare il danno, sia nel caso di fallimenti privato sia nel casi di fallimento di un debito pubblico. Queste regole non sono state fatte. Anzi si è lasciato che il veleno del debito pubblico inquinasse le banche, in modo tossico. Quindi si deve ricorrere al "salvataggio" sia della grecia sia delle banche coinvolte. Ma siamo sempre in tempo per farle le giuste regole (ed infatti il rigore di bilancio è al centro del nuovo patto "fiscale"). Il salvataggio è fatto proprio per salvare capra e cavoli (anzi, i termini sono tre: grecia, banche, euro) ma è chiaro che tutti prenderanno un bel colpo. La Grecia pagherà per le sue colpe (che sono innegabili) le banche pagheranno perdendo gran parte dei soldi prestati alla grecia, l'euro perderà parte della sua credibilità sul mercato. Venendo agli scenari prospettati, credo che sia piu' verosimile un terzo: si andrà avanti cosi' per un bel po', con la moneta unica ma con regole piu' stringenti per evitare che le cicale facciano debiti e le banche li comprino senza tutelarsi dal rischio.
Rigore e regole per le banche quindi sono preferibili ad una unità federale che pur auspicabile (per me) vede contrarie le economie piu' forti (regno unito, germania e francia).
Tornando alla Grecia, il paziente non è affatto morto (non si danno 130 miliardi ad un morto) e per sapere se la cura funzionerà bisognerà aspettare qualche anno.
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Re: La cura ha funzionato: il malato è morto

Messaggioda pianogrande il 13/02/2012, 17:15

Manca qualcosa nel ragionamento.
La libertà per politici ed affini di combinare impunemente questi disastri.
Finché ci sarà questa libertà e finché i responsabili ne usciranno con le tasche strapiene, il rischio rimarrà.
Il meccanismo di spremitura non si fermerà.
Manager e politici straricchi e superprivilegiati ed alla testa di aziende e stati ridotti a un colabrodo sono la prima e vera contraddizione del nostro tempo.
Fotti il sistema. Studia.
pianogrande
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Re: La cura ha funzionato: il malato è morto

Messaggioda franz il 13/02/2012, 17:45

pianogrande ha scritto:Manca qualcosa nel ragionamento.
La libertà per politici ed affini di combinare impunemente questi disastri.
Finché ci sarà questa libertà e finché i responsabili ne usciranno con le tasche strapiene, il rischio rimarrà.
Il meccanismo di spremitura non si fermerà.
Manager e politici straricchi e superprivilegiati ed alla testa di aziende e stati ridotti a un colabrodo sono la prima e vera contraddizione del nostro tempo.

Hai perfettamente ragione. Non ci sarebbe nulla da aggiungere, se non che mi pare doveroso indicare la via d'uscita mastra:
il fallimento. Manager incapaci alla testa di aziende decotte? Che falliscano. Selezione naturale. Al loro posto nasceranno aziende migliori. Basta una sola regola del codice civile: quando i debiti messi a bilancio superano il 50% del capitale sociale si portano i libri in tribunale e o gli azionisti ricapitalizzano l'azienda (aumentando) oppure si innesca l'amministrazione controllata ed il fallimento.
Una casta politica che riduce uno stato al colabrodo? Non vedo perché non avere la stessa regola. Qundo il debito supera una certa soglia (60% del PIL), commissariamento sotto il FMI oppure fallimento. Vuoi vedere che allora anche gli elettori (e gli azionisti) diventano piu' saggi a scegliere i rispettivi manager e politici?
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La grecia prende per i fondelli?

Messaggioda franz il 13/02/2012, 18:22

La Grecia bluffa ancora e l’Europa ormai ha perso la pazienza
Fabrizio Goria - 9 febbraio 2012

Dalla tragedia alla farsa. La crisi in cui è entrata la Grecia ormai ha una trama degna dei migliori palcoscenici. Nella notte, più precisamente alle 5:30 italiane, è arrivato il via libera del piano d’austerity richiesto dalla troika per il secondo piano di salvataggio. Oggi, in queste ore, si sta svolgendo l’Eurogruppo, ma non sono attese risposte concrete, come ha specificato il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble. «Mancano diversi dettagli ai documenti che ci sono arrivati», ha detto Schäuble. Come dire, potrete anche aver lavorato tutta la notte, ma questo non è un piano. Una farsa, insomma.

Ormai, il destino di Atene è appeso a un filo. Non è quello della troika, ma quello dei politici greci. Ma se nemmeno i funzionari di Fondo monetario internazionale, Banca centrale europea e Commissione Ue credono che ci siano margini di operatività, il quadro è destinato a complicarsi in breve tempo. Parlando con diversi gestori di hedge fund coinvolti nelle trattative per tenere in vita la Grecia, il mood è sempre lo stesso. «I politici greci stanno prendendo tutti in giro, dai cittadini che dovrebbero rappresentare alla troika all’Ue agli investitori», mi ha scritto stanotte un gestore inglese. L’ultimo affronto c’è stato nella serata di ieri, quando il documento della troika è stato prodotto: dalle 16 pagine in greco alle 50 in inglese. Un po’ troppo. Forse perché, come raccontano i maligni, nella prima stesura i politici greci avevano tralasciato tutte le parti sulle pensioni.

Il tempo, intanto, scorre. Tutti sanno che il 20 marzo scade un mega bond da 14,5 miliardi di euro. Tutti sanno che la recessione in Grecia è irrefrenabile e che le prospettive di ritorno alla crescita economica nel 2013, come detto ieri dal Fmi, sono tanto pretenziose quanto improbabili. Tutti sanno che le nuove misure di austerity getteranno la popolazione ellenica in un pozzo senza fondo. E tutti sanno che, forse in aprile forse più tardi ma sicuramente entro il 2013, ci sarà la tornata elettorale. In quell’occasione i tre partiti politici (Nea Dimokratia, Pasok, Laos) utilizzeranno il populismo, il nazionalismo e l’anti-europeismo per vincere alle urne.

Quello che preoccupa di più è che la pazienza degli euroburocrati sembra finita. L’altro giorno è stato il vice presidente della Commissione Ue, Neelie Kroes, a lanciare il sasso nello stagno. «La zona euro può anche sopravvivere senza la Grecia», ha detto la Kroes. Sebbene sia stata immediatamente ripresa dai vertici di Palazzo Justus Lipsius, l’impressione è quella dell’olandese sia un’opinione sempre più comune. Tastando l’umore degli sherpa presenti oggi all’Eurogruppo e ascoltando le critiche piovute sul “documento” greco, è facile capire il motivo.

fabrizio.goria@linkiesta.it

Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/blogs/congiuntu ... z1mHOdSk99
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Grecia, risparmiate le lacrime: ha ragione la Merkel

Messaggioda franz il 13/02/2012, 18:26

Opinione di Michele Boldrin*
Grecia, risparmiate le lacrime: ha ragione la Merkel

In Italia si è convinti, sopratutto i media, che la situazione della Grecia sia figlia delle decisioni di Merkel e Sarkozy, causa di tutti i mali di cui l’Europa soffre. Ma è proprio così? In realtà si tratta di un paese che per più di un decennio ha vissuto su una spesa pubblica impazzita ed in continua crescita, prendendo a prestito da chiunque, per consumare e non per investire, mentre alterava i propri conti per ingannare i creditori.

13 febbraio 2012 - 12:02

L’incongruente reazione della stampa nazionale alla situazione greca rappresenta la persistente incapacità – che affligge una buona parte dell’opinione pubblica italiana – di accettare la realtà della crisi economica in atto e le colpe nazionali (ossia: nostre) nella determinazione della medesima. La malintesa solidarietà ad una “Atene ferita da scontri ed austerity”, come incredibilmente titola oggi il Corriere della Sera in rete, ci fa ritrovare di fronte a (quasi) un intero paese che sembra incapace di fare i conti sia con la realtà dei fatti sia con le proprie responsabilità storiche. E la cosa preoccupa assai.

Il titolo del Corriere è sintomatico dell’opinione apparentemente dominante in Italia: che i tagli richiesti dal resto d’Europa e dal Fmi al governo greco, dopo un decennio di raggiri e due anni di ulteriori prese in giro, siano una violenza paragonabile al terrore urbano di cui ieri Atene è stata testimone! L’editoriale di Guido Rossi, sul Sole 24 Ore di oggi, ne è un altro esempio. L’autore si scatena contro il cattivo “Merkelzy”, causa di tutti i mali di cui l’Europa soffre, attribuendo ai nuovi nemici del Bel Paese (i tedeschi con i francesi al loro seguito: peccato che olandesi, danesi, finlandesi, estoni, polacchi e quant’altri, sino agli inglesi e gli irlandesi che le riforme se le sono votate da soli, siano tutti concordi) una qualche subdola alleanza con, o servitù a, un mitico “capitalismo finanziario” di cui, evidentemente, le banche italiane non sono parte mentre ne sono quelle di tutti gli altri paesi.

O forse solo le franco-tedesche, visto che anche la Spagna di BBVA e Santander viene dal nostro annoverata fra le vittime del “merkelzismo”. Il delirio sembra inarrestabile: su La Repubblica, tal Giorgio Odifreddi scrive che “è chiaro che le banche hanno una buona parte di responsabilità nella crisi mondiale, avendola fomentata con una manovra di strozzinaggio in due tempi: dapprima, finanziando e comprando una larga parte dei debiti sovrani degli stati, e poi, minacciando di chiederne la restituzione.” Si noti la miscela d’ignoranza (la crisi del debito sovrano NON è dovuta ad alcuna richiesta di restituzione, anticipata o meno, di credito ma al fatto che nessun risparmiatore al mondo, il signor Odifreddi per primo sospetto, è oggi disposto a prestare anche un solo euro al governo greco!) ed assurdità. Dovrebbero forse le banche prestar soldi senza mai chiederne la restituzione? Forse che chi presta i soldi alle banche li presta per sempre, non ne richiede la restituzione e non pretende interessi? E chi presta i soldi alle banche, se non i cittadini comuni?

Gli stessi argomenti si ritrovano quasi ovunque sulla stampa “indipendente” italiana. Ad oggi, l’unica eccezione documentata che m’è capitato di leggere (ve ne saranno altre, per certo, ma devono essere ben nascoste) è apparsa l’altro giorno su questo stesso giornale [Vedere l'articolo qui sopra, NDR]. Della stampa di partito meglio non occuparsi: sia a destra che a sinistra, la folle teoria secondo cui Merkel e Sarkozy sono i responsabili sia dei disastri greci che delle nostre ristrettezze domina incontrastata. Tutto questo si regge sulla totale non conoscenza di quanto è avvenuto ed avviene in Grecia, un paese che per più di un decennio ha vissuto su una spesa pubblica impazzita ed in continua crescita, prendendo a prestito da chiunque, per consumare e non per investire, mentre alterava i propri conti per ingannare i creditori.

Un paese dove, sino all’altro giorno, le figlie nubili dei dipendenti pubblici ottenevano uno stipendio dal governo e i barbieri vanno in pensione, pubblica e sussidiata, a 50 anni perché maneggiano sostanze pericolose! Impressiona la continua falsificazione della situazione greca sulla stampa italiana “indipendente” mentre persino Claudi Perez, uno dei giornalisti economici spagnoli più quotati ma anche più dichiaratamente schierati a sinistra e vicino al movimento de los indignados, riporta su El Pais che i partners europei si sono stancati oramai delle continue bugie e dei subdoli trucchi dei politici greci e che «Hasta ahora, la métrica del rescate griego ha sido crédito a cambio de promesas».

Perché qui sta il punto: per qualche ragione misteriosa gli italiani sono convinti che in Grecia siano lacrime e sangue, in termini di tagli ed austerità, da decine di mesi, mentre son quasi tutte chiacchere. Come lo stesso Claudi riporta, delle sbandierate multe per evasione fiscale pari a 8,6 miliardi di euro emesse durante gli ultimi due anni, il governo greco è riuscito a farsi pagare sino ad ora ... 80 milioni circa!

L’Italia è di fatto l’unico paese europeo in cui l’opinione pubblica vive nella credenza che la Grecia sia una innocente vittima dei caimani finanziari internazionali per i quali i Merkelzy lavorano (un certo, malinteso, nazionalismo suggerisce ai più di non nominare il nome di Mario Draghi invano ...) e che la Grecia risolverebbe i propri problemi facendo default ed andandosene dall’euro. Vogliano gli dei dell’Olimpo che questo mai succeda e ringrazino Merkel per averglielo impedito.

D’altro canto, l’Italia è anche l’unico paese europeo dove l’intera classe politica concorda sull’utilità degli “eurobonds”, di un sistema bancario controllato da fondazioni controllate da politici, di una compagnia aerea sussidiata purché di bandiera, di una banca pubblica che gioca a fare da venture capitalist, di un duopolio pubblico-privato nel settore televisivo e di tante altre cose molto greche, fra cui una bella e rinnovata politica industriale pubblica. Auguriamoci che l’opinione, già maggioritaria negli spettacoli televisivi di “approfondimento” (sic), secondo cui il default è buono e fa bene non si aggiunga a questa lunga lista di insensatezze. Perché, allora, il salatissimo prezzo della disinformazione dovremmo pagarlo piangendo lacrime amare che le elucubrazioni confuse del signor Guido Rossi, di certo, non asciugherebbero.

*Department of Economics – Washington University in Saint Louis

Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/grecia-tagli-de ... z1mHP51swr
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Re: La cura ha funzionato: il malato è morto

Messaggioda flaviomob il 14/02/2012, 2:02

Dunque anche il Corriere ed il Sole24Ore sono caduti nelle mani dei cosacchi.

Bene... allora occorre armarci di tutto punto! :lol:

---

Mettete i soldi nei vostri cannoni

L’ignobile ricatto dei Merkozy alla Grecia: comprate le nostre armi o niente aiuti – L’ex premier Papandreou costretto a comprare 2 sottomarini (1,3 mld €) e 223 carri armati (403 mln €) dalla Merkulona – 6 fregate e 15 elicotteri (4 mld €) da Sarko – Papademos (con l’acqua alla gola) ha dovuto sbloccare i finanziamenti: per il 2012 si prevede una spesa superiore ai 7 mld (18,2% in più rispetto al 2011, il 3% del pil)…

Marco Nese per il “Corriere della Sera”

I greci sono alla fame, ma hanno gli arsenali bellici pieni. E continuano a comprare armi. Quest’anno bruceranno il tre per cento del Pil (prodotto interno lordo) in spese militari. Solo gli Stati Uniti, in proporzione, si possono permettere tanto. Ma cosa spinge Atene a sperperare montagne di soldi? La paura dei turchi? No, è l’ingordigia della Merkel e di Sarkozy. I due leader europei mettono da mesi il governo greco con le spalle al muro: se volete gli aiuti, se volete rimanere nell’euro, dovete comprare i nostri carri armati e le nostre belle navi da guerra.

Le pressioni di Berlino sul governo di Atene per vendere armi sono state denunciate nei giorni scorsi da una stampa tedesca allibita per il cinismo della Merkel, che impone tagli e sacrifici ai cittadini ellenici e poi pretende di favorire l’industria bellica della Germania.
Fino al 2009 i rapporti fra Atene e Berlino andavano a gonfie vele, il governo greco era presieduto da Kostas Karamanlis (centrodestra), grande amico della Merkel.

Gli anni di Karamanlis sono stati una vera manna per la Germania. «In quel periodo – ha calcolato una rivista specializzata – i produttori di armi tedeschi hanno guadagnato una fortuna». Una delle commesse di Atene riguardò 170 panzer Leopard, costati 1,7 miliardi di euro, e 223 cannoni dismessi dalla Bundeswehr, la Difesa tedesca.

Nel 2008 i capi della Nato osservavano meravigliati le pazze spese in armamenti che facevano balzare la Grecia al quinto posto nel mondo come nazione importatrice di strumenti bellici. Prima di concludere il suo mandato di premier, Karamanlis fece un ultimo regalo ai tedeschi, ordinò 4 sottomarini prodotti dalla ThyssenKrupp.

Il successore, George Papandreou, socialista, si è sempre rifiutato di farseli consegnare. Voleva risparmiare una spesa mostruosa. Ma Berlino insisteva. Allora il leader greco ha trovato una scusa per dire no. Ha fatto svolgere una perizia tecnica dai suoi ufficiali della Marina, i quali hanno sentenziato che quei sottomarini non reggono il mare.
Ma la verità, ha tuonato il vice di Papandreou, Teodor Pangalos, è che «ci vogliono imporre altre armi, ma noi non ne abbiamo bisogno».

Gli ha dato ragione il ministro turco Egemen Bagis che, in un’intervista allo Herald Tribune, ha detto chiaro e tondo: «I sottomarini della Germania e della Francia non servono né ad Atene né ad Ankara».

Tuttavia, Papandreou, alla disperata ricerca di fondi internazionali, non ha potuto dire di no a tutto. L’estate scorsa il Wall Street Journal rivelava che Berlino e Parigi avevano preteso l’acquisto di armamenti come condizione per approvare il piano di salvataggio della Grecia.

E così il leader di Atene si è dovuto piegare. A marzo scorso dalla Germania ha ottenuto uno sconto, invece dei 4 sottomarini ne ha acquistati 2 al prezzo di 1,3 miliardi di euro. Ha dovuto prendere anche 223 carri armati Leopard II per 403 milioni di euro, arricchendo l’industria tedesca a spese dei poveri greci. Un guadagno immorale, secondo il leader dei Verdi tedeschi Daniel Cohn-Bendit.

Papandreou ha dovuto pagare pegno anche a Sarkozy. Durante una visita a Parigi nel maggio scorso ha firmato un accordo per la fornitura di 6 fregate e 15 elicotteri. Costo: 4 miliardi di euro. Più motovedette per 400 milioni di euro.

Alla fine la Merkel è riuscita a liberarsi di Papandreou, sostituito dal più docile Papademos. E i programmi militari ripartono: si progetta di acquisire 60 caccia intercettori. I budget sono subito lievitati. Per il 2012 la Grecia prevede una spesa militare superiore ai 7 miliardi di euro, il 18,2 per cento in più rispetto al 2011, il tre per cento del Pil. L’Italia è ferma a meno dello 0,9 per cento del Pil.

Siccome i pagamenti sono diluiti negli anni, se la Grecia fallisce, addio soldi. Ma un portavoce della Merkel è sicuro che «il governo Papademos rispetterà gli impegni». Chissà se li rispetterà anche il Portogallo, altro Paese con l’acqua alla gola e al quale Germania e Francia stanno imponendo la stessa ricetta: acquisto di armi in cambio di aiuti.
I produttori di armamenti hanno bisogno del forte sostegno dei governi dei propri Paesi per vendere la loro merce. E i governi fanno pressione sui possibili acquirenti. Così nel mondo le spese militari crescono paurosamente: nel 2011 hanno raggiunto i 1800 miliardi di dollari, il 50 per cento in più rispetto al 2001.

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