da Salemi il 12/11/2014, 19:50
E' la cronaca quotidiana che ci offre in continuazione spunti per dire: E a questo problema come si rimedia per ripartire?
LE SPESE HARD DELL’EMILIA ROSSA: UN VIBRATORE A CARICO NOSTRO
( Emiliano Liuzzi).
ALLA VIGILIA DEL VOTO 41 CONSIGLIERI INDAGATI: RIMBORSI PAZZI PER 2 MILIONI.
Quarantuno consiglieri regionali su cinquanta indagati per peculato, oltre a una segretaria. Un listino degli acquisti dove finisce di tutto: viaggi a Lampedusa (e non per gli sbarchi degli immigrati), un vibratore da 80 euro acquistato in un sexy shop, mangiate a base di aragoste, interviste a pagamento sulle tv locali, monetine per toilette automatiche che sarebberodovute rientrare anche quelle nell’attività politica. Parliamo dell’Emilia Romagna, regione che fu rossa, ma anche virtuosa, una delle più importanti d’Italia. Parliamo anche del Pd al quale i magistrati contestano la metà delle spese fuori controllo: un milione di euro sui 2 che sarebbero finiti in acquisti illeciti e pagamenti non giustificati.
Regione anche di Cinque stelle, perché è a Bologna, in viale Aldo Moro, che piazzarono i primi eletti: sotto inchiesta ci sono sia Andrea Defranceschi che Giovanni Favia e l’unica attenuante è che Grillo ha provveduto a espellerli, ma quando hanno speso 98 mila euro erano ancora nel Movimento. Non va meglio per quella che fu l’Italia dei Valori: due consiglieri (Liana Barbati e Sandro Mandini) hanno speso, secondo l’accusa, 423 mila euro. Ottimi i piazzamenti del Pdl, 205 mila euro e della Lega Nord, 123 mila. MA PIÙ CHE l’ingordigia colpisce la velocità con la quale i soldi venivano bruciati: l’indagine copre un periodo di 16 mesi e non è detto che ai magistrati non siano sfuggiti altri soldi. Due milioni in sedici mesi può essere un record e a poco le parole del sindaco di Bologna, Virginio Merola, che a nome del Pd ha detto che “loro (intesi come partito, ndr) hanno già fatto pulizia”. Quella era una delle regioni del buongoverno della sinistra e finisce in tribunale insieme al suo presidente, Vasco Errani, già condannato a un anno nel processo d’appello per falso ideologico, accusato di falso per la storia di un finanziamento regionale alla cooperativa del fratello Giovanni, al quale finì un milione di euro. Attenuante è che Errani non solo si è dimesso, ma ha anche rifiutato un posto da viceministro che Matteo Renzi gli aveva già promesso. È quasi uscito di scena dall’indagine (al contrario di Matteo Richetti che rimane indagato), Stefano Bonaccini, che è il candidato del Pd alle prossime regionali in programma tra due settimane: per lui la Procura ha chiesto l’archiviazione, ma il gip deve ancora esprimersi. Gli resta addosso comunque la responsabilità di essere stato il segretario regionale di un partito al quale i consiglieri rispondevano sul piano politico. Niente di personale, ma non si è mai accorto di tutti i quattrini che anche i suoi spendevano in maniera quantomeno disinvolta. Una storia già letta e raccontata quella delle spese pazze nelle Regioni. Possibile che una donna eletta col Pd, Rita Moriconi, che guadagna oltre diecimila euro al mese, senta la necessità di fare acquisti in un sexy shop (lei nega tutto, dice di non esserci mai entrata) a spese dei contribuenti? E che dire di quei signori che, a leggere le ricevute dei ristoranti presentate all’incasso, avrebbe dovuto mangiare tre volte a sera? E tale Thomas Casadei che presenta due scontrini da cinquanta centesimi l’uno per farsi rimborsare l’uso della toilette pubblica? Possiamo proseguire con i consiglieri del Pdl: a Natale del 2010 andavano a fare acquisti da Tiffany, sempre a spese dei contribuenti, per regali che non si capisce bene dove siano finiti, oppure con le cene di beneficenza della consigliera Udc, Silvia Noè, che poi è anche la cognata di Pier Ferdinando Casini. Tutte persone che raccontavano di “lavorare per il bene del Paese”. I magistrati Antonella Scandellari e Morena Plazzi, coordinate dal procuratore aggiunto Valter Giovannini sotto la supervisione del procuratore Roberto Alfonso, hanno chiuso ieri l’indagine. La loro accusa, oltre alle ricevute, si basa anche su una serie di conversazioni che durante le riunioni dei capigruppo l’ex grillino Defranceschi aveva registrato e consegnato in Procura. Non gli sono valse però la richiesta di proscioglimento. E TRA 12 GIORNI in Emilia Romagna c’è il voto, proprio per rinnovare il consiglio regionale. Bonaccini, candidato più forte, almeno secondo i sondaggi, sa che il suo nemico può essere l’astensione. E sarà difficile anche per lui portare le persone a votare. Nonostante si tratti della Regione virtuosa, del centro strategico e finanziario del Pd, il partito più importante secondo i risultati delle elezioni europee, lo stesso che governa il cambiamento.
Da Il Fatto Quotidiano del 11/11/2014.