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La questione morale secondo De Mita

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Re: La questione morale secondo De Mita

Messaggioda pierodm il 18/12/2008, 11:17

E' bello vedere che la lettura orografica della storia incontra la simpatia del colto pubblico e dell'inclita platea: il mio amico hidalgo ne sarebbe fiero.

Probabilmente sarebbe utile, per capire le differenze tra il mondo mediterraneo e quello nordico, andare a scavare nei rispettivi trascorsi, che qui mi limito a elencare: il peso della tradizione germanica, l'influenza dell'arianesimo sfociata poi nella Riforma luterana, la consolidata esperienza degli stati nazionali sovrani, e altri aspetti conseguenziali a questi, per ciò che riguarda il mondo nordico, e la degenerazione dello statalismo romano nel tardo impero e nelle epoche successive, l'integralismo e l'autoritarismo connaturati al cattolicesimo, l'influenza araba e ottomana, la soggezione politica ai grandi "imperi" mitteleuropei dell'Italia, la marginalità economica successiva allo spostamento del baricentro commerciale nell'area atlantica, e infine - una faccenda che interessa gli ultimi quattrocento anni - gli effetti devastanti della Controriforma, per ciò che riguarda il mondo mediterraneo.
Non credo, però, che sia necessario ogni volta riandare ai nostri venti secoli di storia per trovarci d'accordo su alcuni punti fondamentali della nostra identità politica nazionale.

Tuttavia, è impossibile non vedere che c'è una storia della demagogia nel mondo mediterraneo, tanto quanto c'è una storia analoga nel mondo nordico e in quello mitteleuropeo.
Per quello che ci riguarda, anzi, io direi che sarebbe più giusto ripercorrere la nostra storia come una coesistenza tra due sfere troppo lontane tra loro, troppo divise: la sfera della razionalità esasperata - tipica di un popolo reso cinico dall'esperienza e non più innocente, portato come tutti i popoli mediterranei ad una visione "giuridica" e dottrinaria del mondo, più che a quella "mistica" - e la sfera della favola, che discende dal "credo quia absurdum" e che si materializza nella nomenklatura di santi e di madonne lagrimanti, di profeti e visionari d'ogni risma.
Più che la demagogia, in Italia, l'istrumentum regni è stata la favola, gestita con esasperata razionalità.

Per il mondo nordico, a me sembra che ci sia proprio tutto un impianto che è, esso stesso, demagogico alla radice.
La stessa democrazia anglosassone è una quintessenza della demagogia, con il suo perdurare del classismo, che è la negazione della democrazia: e pure il sistema, la cultura, le istituzioni riescono a diffondere l'idea di essere "democratici", anzi un modello di democrazia.
Lo stesso vale per l'american dream, che riesce a far digerire a milioni e milioni di cittadini un'esistenza grama, che sarebbe oggettivamente senza speranza se non ci fosse quel "sogno". Milioni di cittadini che si riconoscono nella Nazione, con la mano sul cuore, e se ne sentono padroni, perché ogni quattro anni vanno ad eleggere il loro "re".
La convinzione diffusa - diffusa, in questo caso participio passato del verbo diffondere - che sia bello scegliere se appartenere al partito dei Verdi o a quello degli Azzurri - come nella Costantinopoli di Giustiniano - e che questa sia l'apoteosi della demo-crazia, è una specie di "incarnazione" della demagogia, se con questo termine intendiamo un'idea opinabile fatta passare con arte per un dogma, un postulato, un assioma, una verità evidente.

Per tutto il resto, basta e avanza quello che dice Pino.
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Re: La questione morale secondo De Mita

Messaggioda guidoparietti il 18/12/2008, 16:10

Certo pierodm, se per te l'attaccamento ai valori democratici e l'orgoglio per la propria repubblica coincidono con la demagogia, allora diventa tutto chiaro il tuo discorso. Mi perdonerai se mi ero perso la chiave di lettura beceramente antiamericana. Sarei a questo punto curioso di sapere cosa NON è demagogico, cosa può distinguere la demagogia dalla non-demagogia, perché mi sembra che siamo finalmente arrivati alla classica notte in cui tutte le vacche sono nere... anche se temo risposte nella direzione degli "interessi reali" e cose del genere... ma speriamo di no.

Mi pare che per arrivare a sostenere che in USA (o GB) ci sia più demagogia che nelle instabili democrazie europee e mediterranee, tu ti spinga un po' troppo oltre nel costruirti una visione del mondo ad hoc che forse meriterebbe altre finalità.
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Re: La questione morale secondo De Mita

Messaggioda pierodm il 19/12/2008, 0:47

Guido
La furibonda colluttazione, l'incantevole panorama, il drammatico inseguimento, la vertiginosa scollatura.
Il becero antiamericanismo.
Aggiungiamo un grano al rosario delle cose che non si possono essere, e nemmeno (soprattutto) sembrare di essere, e che se mai si sia si può essere solo in modo "becero".

Francamente non ho nessuna voglia di riprendere da capo il discorso, per cercare di far capire il concetto percorrendo un diverso itinerario: data la reazione sarebbe necessario, ma non ne ho la forza - non sono un politico e non ne ho il talento, non essendo capace di ripetere la stessa cosa per anni con ostinata perseveranza.

Non riesco a capire perché la mano sul cuore degli americani è indotto da "amore" per la repubblica, mentre il pugno chiuso dei comunisti a piazza S. Giovanni era frutto della demagogia ideologica, tanto per fare un esempio pizzicoso.
Ma va be', libri, canzoni, film, articoli tutti rigorosamente a stelle e strisce sono a disposizione di chiunque abbia voglia di approfondire il tema della demagogia di cui è ricco il sistema americano - segno che gli americani hanno le idee più chiare di certi filo-americani di casa nostra.
E non era un bolscevico - se ricordo bene - colui che ha detto che "il nazionalismo è l'ultimo rifugio dei delinquenti", e se pure fosse un bolscevico chissenefrega.

Io però non avrei tirato in ballo gli USA, e nemmeno la GB, se non fossero stati portati come esempi virtuosi di sistemi politico-culturali esenti, o quasi, dalla demagogia in quanto bipartitici.

Cosa NON è demagogico? Praticamente niente: il regime democratico ha la "sua" demagogia, le dittature hanno la loro, le teocrazie la loro, e così via.
Ce ne sono forme e gradi diversi, e diverso è il peso della componente demagogica in sistemi diversi: in alcuni sistemi (per me, quello dei "partiti ideologici", per esempio) la demagogia ha un peso ridotto, formale e non strutturale.
Non solo ci ho ragionato sopra, ma ci ho vissuto dentro: non è una garanzia certa di verità, ma varrà pure qualcosa.
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Demagogia

Messaggioda franz il 19/12/2008, 8:17

Da wikipedia.it

Demagogia è un termine di origine greca (composto di demos, "popolo", e ago, "conduco / trascino") che indica un comportamento politico incline ad assecondare le aspettative della gente, sulla base della percezione delle loro necessità. Di frequente uso nel dizionario politico, con accezione dispregiativa indica il comportamento di colui che utilizza frasi retoriche ed esprime promesse inconsistenti per accaparrarsi il favore dell'elettorato, facendo spesso leva su sentimenti irrazionali, ed alimentando la paura o l'odio nei confronti del nemico o dell'avversario politico. In altri termini, la demagogia è l'attività del politico che, in vista del proprio favore, spinge il popolo a fare qualcosa contro il suo stesso interesse, sviando la percezione delle necessità reali.

Platone come anche Aristotele indicavano la demagogia come una forma di governo che deriva dalla degenerazione della democrazia e che sarebbe preludio della tirannide o dell'anarchia.

Esempio di demagogia
Ne I promessi sposi si può definire demagogo il personaggio di Antonio Ferrer, eroe della gente, il quale aveva dimezzato il prezzo del pane. L'effetto positivo imminente fu il fatto che tutti avevano il pane, anche fra la gente meno agiata; gli effetti negativi furono che i panifici lavoravano il doppio per avere gli stessi guadagni e, a lungo andare, la farina scarseggiò sempre di più. La conseguenza logica fu l'assalto al forno, descritto da Manzoni basandosi su un fatto avvenuto realmente.


Da Wikizionario:
Sostantivo
demagogia
(dispregiativo) modalità di parlare in pubblico in modo fazioso e con il manifesto scopo di convincere della propria opinione

Etimologia / Derivazione
dal greco antico δημαγωγία, derivato di δῆμος + ἄγω
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Re: La questione morale secondo De Mita

Messaggioda pinopic1 il 19/12/2008, 12:10

Da Wikizionario:
Sostantivo
demagogia
(dispregiativo) modalità di parlare in pubblico in modo fazioso e con il manifesto scopo di convincere della propria opinione


Non mi piace questa definizione. Qualsiasi politico parla al pubblico per convincere della propria opinione. Secondo me è demagogia quando utilizza l'opinione o la percezione che già il pubblico ha. Come per dire "Vedete? Sono uno di voi.La penso come voi. Voi avete ragione". Oppure quando utilizza espedienti retorici per convincere della propria opinione senza fare capire che si tratta della propria opinione.
O ancora quando promette qualcosa di impossibile a realizzarsi convincendo, sempre con artifici retorici, della realizzabilità.
Oppure quando il politico di governo fa qualcosa apparentemente utile che però produce effetti negativi anche per gli stessi beneficiari ma non immediatamente percepibili o la cui responsabilità le vittime non saranno in grado di ricondurre a lui. E' il caso del Ferrer dei promessi Sposi e del Berlusconi dell'abolizione dell'ICI.
O quando accresce di significato e di importanza una piccola cosa realizzandola in maniera plateale ed esibizionista. E' il caso del Berlsuconi-Tremonti della social card.
Inoltre fa demagogia chi sollecita il consenso vantandosi di aver fatto cose inesistenti presso un pubblico che non ha la possibilità di verificare. O appropriandosi della paternità di eventi positivi attribuibili a lui solo per pura coincidenza, per esempio temporale. E' sempre il caso di Berlusconi.
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Re: La questione morale secondo De Mita

Messaggioda franz il 19/12/2008, 13:27

pinopic1 ha scritto:Da Wikizionario:
Sostantivo
demagogia
(dispregiativo) modalità di parlare in pubblico in modo fazioso e con il manifesto scopo di convincere della propria opinione


Non mi piace questa definizione. Qualsiasi politico parla al pubblico per convincere della propria opinione. Secondo me è demagogia quando utilizza l'opinione o la percezione che già il pubblico ha. Come per dire "Vedete? Sono uno di voi.La penso come voi. Voi avete ragione". Oppure quando utilizza espedienti retorici per convincere della propria opinione senza fare capire che si tratta della propria opinione.
O ancora quando promette qualcosa di impossibile a realizzarsi convincendo, sempre con artifici retorici, della realizzabilità.

... in altri termini .... "in modo fazioso"? :-)

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Re: La questione morale secondo De Mita

Messaggioda pinopic1 il 19/12/2008, 15:09

No. Per me "fazioso" vuol dire fortemente e convintamente di parte; anche ottusamente di parte, ma senza ingannare, senza voler dare una impressione diversa. Molto spesso chi è fazioso e anche demagogico, ma si può essere demagogici senza apparire faziosi.
Piuttosto direi "in modo truffaldino" o "insincero". Anche "egocentrico" ma in maniera studiata, non un egocentrismo innato.
Anche il cucù, le corna, le false gaffes, una corsa lungo le vie di Pescara sono demagogia. Se uno avesse l'abitudine di correre lungo le strade anche in assenza di telecamere e giornalisti, potrebbe essere una semplice abitudine igienico-sportiva. Nel caso del nostro presidente è stata una trovata demagogica, perché studiata, falsa, esibita.

I supporter del nostro presidente non pensano che il loro amato sia fazioso, piuttosto pensano che abbia avuto la sfortuna di incontrare avversari faziosi, poverino.
Mi rendo conto di essere stato fazioso in questo post ... ma non me ne pento
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Re: La questione morale secondo De Mita

Messaggioda franz il 19/12/2008, 17:30

pinopic1 ha scritto:No. Per me "fazioso" vuol dire fortemente e convintamente di parte; anche ottusamente di parte, ma senza ingannare, ...

Domandina. Si puo' essere "fortemente e convintamente di parte", senza ingannare un po'?
Nel senso che una persona onesta (leggi "non faziosa") capisce secondo te che appartenere ad una parte non vuol dire per forza avere ragione su tutto?
Secondo me chi è fazioso è anche per forza demagogico, quando si rivolge ad un gruppo di persone.

Ciao,
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Re: La questione morale secondo De Mita

Messaggioda pierodm il 19/12/2008, 18:41

Avevo fatto bene a sfrondare la definizione che si rintraccia su wikipedia: le parti escluse sono quelle, infatti, sulle quali si manifestano ora le contestazioni, e che avevo considerato francamente fuorvianti.
Una definizione dovrebbe essere un "disegno di confini", mentre invece - se si mettono in mezzo concetti come la retorica e la faziosità - si entra nel merito, accennando a un discorso che non in realtà non ha seguito, e che se avesse seguito non darebbe luogo ad una "definizione" ma ad una trattazione vera e propria.

Il problema maggiore, in questo genere di definizioni, sta nel fatto che il significato di una parola rappresenta una storia.
In altri termini, ci sono molte parole che sono più chiare e comprensibili - proprio per la loro complessità e per la loro storia - della definizione che si riesce a darne, che è troppo "piccola" e troppo rigida.

Nel caso specifico della "demagogia", oggi si tende a darne una spiegazione fortemente negativa, isolandola come se fosse un atteggiamento nitidamente perverso. In realtà la questione è molto più sfumata, e le varie componenti della demagogia sono frammentate e disciolte in una serie infinita e sfuggente di comportamenti, di "intenzioni", di riflessi speculari tra soggetti attivi e soggetti passivi della comunicazione.

C'è una lettura del fenomeno, infatti - specialmente se risaliamo alla sua origine nel mondo della polis greca - che lo mette in relazione al concetto di "persuasione" e di "approvazione-acclamazione", che appartiene alla sfera della democrazia ateniese e ne rappresenta il rischio incombente di degenerazione. Degenerazione soprattutto "culturale", prima che istituzionale.
Molto meno diretto sembra invece il legame tra demagogia e autoritarismo, se non in quei casi in cui l'autocrate senta il bisogno di essere amato, oltre che obbedito: è il caso del peronismo argentino, per esempio, che appare assai più demagogico del totalitarismo hitleriano.

In questo meccanismo di "persuasione" ha molto più peso tutto ciò che sembra essere sentito, pensato e condiviso dal "popolo" - e che serve per un facile consenso - e che dunque si mescola in modo quasi inestricabile con quella "volontà popolare" intesa in senso virtuoso, che sta alla base della legittimità democratica.
Ma, se si parla di persuasione, alla fine tutti gli argomenti controversi, tutte le ragioni portate a sostegno di una tesi, tutte le soluzioni proposte possono essere giudicate "demagogiche": non perché false o sbagliate, ma perché persuasive.
Ciò significa che l'attenzione critica dovrebbe sempre tener conto non solo di chi persuade - le sue intenzioni, la forma dei suoi discorsi - ma anche di chi si lascia persuadere, e da che cosa si lascia persuadere.

Una faccenda complicata. La faccenda della quale in sostanza ci occupiamo, quando parliamo di politica.
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Re: La questione morale secondo De Mita

Messaggioda pinopic1 il 19/12/2008, 18:48

Si può ingannare se si nasconde il fatto di essere di parte. La demagogia sta nel nasconderlo. Puoi scegliere di stare dalla stessa parte, se ti sembra la parte giusta, ma scegli responsabilmente se lo sai. Non è detto che scegliere di stare da una parte sia una cosa spregevole.
Guarda, proprio in questo momento, in un'altra finestra, sto leggendo la storia della Repubblica Napoletana di Pietro Colletta (in Storia del Reame di Napoli dal 1735 al 1825). So che Colletta stava dalla parte dei repubblicani (e lo dice), era bonapartista, nemico acerrimo dei Borbone (e lo fa capire chiaramente). Racconta la storia come vista e interpretata da uno della fazione repubblicana e antiborbonica. Fazioso quindi. Però lo leggo volentieri.
Invece non leggo volentieri Arrigo Petacco, tanto per citarne uno. Oppure Bruno Vespa.
Più si è di parte più è difficile ingannare perché si vede che si è di parte.
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