http://italiopoli.ilcannocchiale.it/201 ... uscio.htmlI barbari sull'uscio La settimana era cominciata alla grande in Puglia, con gli squilli di tromba da Avetrana e un magnifico omicidio: una ragazza assassinata dallo zio orco che poi l’avrebbe anche violentata da morta. Un giulebbe televisivo a tutte le ore, per l’orrore, la morbosità e il bisogno di riempire di qualcosa i nostri gusci emotivi, evidentemente vuoti. Di seguito poi tra inarrivabili cervelli nazionali la querelle se la tv e le persone che la fanno si fossero comportati bene oppure no, con la madre della vittima “informata in diretta con supremo tempismo”.
Ma a Milano non dormivano: ecco il tassista che investe il cane e il teppista che riduce in coma il tassista medesimo e poi l’auto di un testimone bruciata come in certe belle occasioni specie del Sud e, ancora, il fotografo dell’auto incenerita picchiato ben bene. Ed ecco a Roma, forse per non far torti geografici a nessuno dopo la “pace alla vaccinara” tra Alemanno e Bossi, un ragazzo rispondere con un altro squillo: un pugno che all’Anagnina, in una zona periferica sufficientemente pasoliniana, in una stazione della metro manda in coma una donna, secondo il sindaco nell’indifferenza dei passanti. Potrei continuare...
Barbari, stiamo diventando barbari, stiamo ritornando barbari in un modo e in dosi che la vita tecnologica rende intollerabili. È sparito il prossimo dal nostro orizzonte, scrive Luigi Zoja ne “La morte del prossimo” che segue a un centinaio d’anni di distanza la morte nietzschiana di Dio. Siamo soli. Il risultato è che ormai è un’impresa da Lancillotti scambiare sguardi con gli altri, sentirli vicini e farci sentire vicini a loro. E sembra che questa vistosissima e rapidissima disumanizzazione sia semplicemente un fatto di cronaca, o una questione di difficoltà amministrativa delle metropoli, o devianze urbane o provinciali che “ci sono sempre state ma di cui prima non si parlava”. Perché non c’era un sistema mediatico onnivoro che tutto ingoia e tutto rivomita, una specie di “nuovi mostri” che nella barbarie ci si trovano benissimo. È anche così, certamente. E il rapporto di causa-effetto-causa è davvero sotto gli occhi di tutti, soltanto a volerlo vedere. Ma non basta. Tutto l’insieme soffre di un vuoto, di un baratro, di una voragine che ha come aggettivo riassuntivo “culturale” declinabile in varie direzioni e livelli: deficit culturale quindi politico, quindi economico, quindi antropologico ecc., in una barbarie regressiva non avvertita come tale.
Per rimanere nei confini, vorrei che qualcuno mi dicesse e mi dimostrasse che questo non è sul piano “culturale” il peggior periodo del dopoguerra, quello più svuotato di senso e di senso del futuro. Persino il ministro competente, Bondi, dà segni di accorgersene quando minaccia dimissioni per i tagli dei finanziamenti alla cultura. Qui ovviamente siamo alla pochade, al teatro sul teatro, ma è un elemento in più di una crisi generalizzata che vede coinvolti tutti, specie coloro che non ne sono al corrente. Non è un paradosso: perché chi protesta nei vari settori interessati che non sto ad elencare qui nella loro specificità, dalla scuola all’università, dall’editoria al cinema ecc., protesta per un qualcosa di cui sente la mancanza. E questo sentore malgrado tutto può ancora tenerlo in vita, come un fine cui tendere, un obiettivo da raggiungere: “Trovate i fondi” è sacrosanto e insieme per certi versi supplente, voce vitale.
Sono gli altri, i barbari di cui parlavo all’inizio che ormai da generazioni sono privi di qualunque cultura “bassa”, popolare, che renda la vita qualcosa più di un contenitore temporale. Loro non vogliono più cultura, non collegano questa recessione imbarbarita dei cervelli e della sensibilità con gli estremi della cronaca nera e immediatamente dopo (tra un po’ in contemporanea) i suoi sfiatatoi televisivi. Il loro disagio sociale da tenore di vita a gambero non ha alcun tipo di mediazione culturale, perché questo termine è ormai “passato di moda”. Convivere con la barbarie guardandosi alle spalle?
da Il Fatto Quotidiano del 13 ottobre 2010
Oliviero Beha