da pierodm il 05/08/2009, 22:56
Luca, dei tuoi post ultimi ho capito poco: soltanto che ti lamenti perché si fa di ogni erba un fascio, e non si distingue a sufficienza.
Evidentemente ti riferisci alle polemiche personali, o a critiche che da individuali si trasformano in generalizzate.
Ma su queste questioni la polemica personale vale poco, e in fondo è anche piuttosto rara, anche se il dialogo ovviamente si svolge tra singoli individui e questo può facilmente generare l'equivoco.
Hai ragione però su un punto: che si critica il cattolicesimo in quanto tale, e con questo implicitamente si criticano in una qualche misura anche tutti coloro che si riconoscono in questa confessione.
Questo è il destino di tutte le critiche che riguardano filosofie, costumi, punti di vista che hanno un seguito largo, che comprende milioni di persone: ognuna di queste persone può a buon diritto rivendicare di non essere identificabile in toto con quella filosofia o quella confessione.
Il problema, semmai, è capire: in toto no, ma abbastanza per dichiararsene seguaci o sostenitori sì, altrimenti il caso non sussisterebbe.
Rimane però il fatto che lo scopo delle critiche non è quello di spulciare i casi personali, ma la filosofia o la confessione in se stessa.
Nel caso nostro, quello che tu chiami "laicismo" non è intollerante, ma è una legittima critica all'impianto stesso del cattolicesimo nel suo insieme: d'altra parte, qualunque rifiuto complessivo d'un punto di vista può essere considerato "intollerante", a meno di non voler ad ogni costo cercare qua e là un compromesso che serve a smussare la critica.
Per quanto riguarda il cattolicesimo - ma anche tutte le religioni monoteiste abramitiche con grandi ambizioni temporali, in pratica anche l'Islam - l'estensione della sua giurisdizione, la sua perenne pretesa di sovrastare qualunque potere costituito, i suoi dogmatismi, sono tali da richiedere una opposizione ferma e intransigente su più fronti, così che facilmente ogni critica può apaprire arcigna e "intollerante": è il cattolicesimo stesso che, per sua natura e per atteggiamenti conseguenti, non lascia spazio ad un confronto aperto, ad una reciproca tolleranza.
Non è un caso che questa asprezza di posizioni non riguarda solo i rapporti tra ateismo/laicismo e Chiesa, ma quelli tra Chiesa cattolica e altre chiese cristiane, tra Chiesa e movimenti cosiddetti "eretici", Chiesa e Islam, Chiesa e giudaismo, e Chiesa e poteri statali anche quando questi erano rappresentati da Re cristiani che avevano il solo torto di non farsi incoronare dal Papa o di mettere tasse sui beni ecclesiali.
E' di oggi l'emanazione papale che, condannando il relativismo, parla di un ritorno all'epoca della "rivoluzione francese": irriducibilmente, la Chiesa, il cattolicesimo, non ha fatto ancora pace con l'illuminismo, e mai la farà.
Come si può trovare un punto d'incontro, se si hanno idee, posizioni, filosofie che appartengono allo stesso filone dell'illuminismo, com'è il caso del liberalismo e del socialismo?
Ma - come dicevo - come si fa a dichiararsi cattolici, anzi ad "essere" cattolici, se per indole personale o scelta ideale non si aderisce al dettato della Chiesa nella sua interezza e ufficialità? Un "cattolicesimo altro" non esiste, perché il cattolicesimo esiste solo in quanto emanazione della Chiesa e come dottrina fondata sui suoi dogmi, sulla sua versione del cristianesimo.
Dal mio punto di vista, questa non è intolleranza, ma una semplice constatazione storica e ideologica: il problema spinoso è per quei cattolici ai quali piace definirsi tali, ma non se la sentono di condividere molte posizioni - vecchie o nuove - della Chiesa.
Il problema, poi, dei cattolici in politica è un altro e diverso capitolo della questione: diverso, soprattutto se si tratta di cattolici/laici, ossia non confessionali, non "obbedienti", quelli cioè che portano nella politica i propri valori personali comunque elaborati, la propria cultura senza fare battaglie di religione, ma semmai battaglie d'intelligenza e di confronto nel merito.
Meno diverso, però, se si tratta di cattolici che si portano dietro per intero la propria appartenenza e obbedienza, ossia la vocazione della Chiesa alla supremazia su ogni altro potere e che nel confronto esibiscono l'appartenenza come gagliardetto che spiega la propria posizione al di là delle ragioni di merito.
In questo caso, anche al di là dell'intenzione, si finisce subito a dover dare un altolà, perché entrano in gioco i fondamenti stessi del confronto civile in una società democratica e laica.