flaviomob ha scritto:Ma le transazioni sui generi alimentari, legate ai future, non dovrebbero avere un orizzonte temporale almeno annuale?
Le transazioni sono quotidiane, 22 ore al giorno, è un mercato globale. Noi andiamo al mercato periodicamente e compriamo pane, pasta, riso, carne ecc. La stessa cosa fanno i commercianti di alimenti e i produttori. Il future riflette il prezzo futuro (per questo si chiama future) di un dato bene ad una scadenza prefissata. Supponi di essere un agricoltore che produce grano e avrai il raccolto a giugno. Guardi il prezzo del future alla scadenza che ti interessa. Se il prezzo ti sembra buono puoi vendere un numero di contratti futures pari alla tua produzione e hai bloccato il prezzo di vendita. Supponi che a giugno il prezzo del grano sul mercato fisico sia crollato, anche il future sarà crollato in parallelo. Ma a te non interessa.Il prezzo che ricaverai dal tuo raccolto sarà quello fissato al momento della vendita dei futures. Al contrario se il prezzo è andato alle stelle ti mangi le mani.
flaviomob ha scritto:E qual è il rapporto tra i future e i derivati? Quali ricerche affidabili (diciamo accessibili anche ai "non addetti") ci sono riguardo a questi prodotti, relative al mercato dei generi alimentari?
E infine, l'ipotesi di speculazioni su questo mercato specifico sono peregrine o fondate?
I future sono derivati. Ogni strumento finanziario che deriva il proprio prezzo da un altro prodotto (sottostante) è un derivato (opzioni, futures, etf ecc.). I futures si muovono in parallelo al prezzo del prodotto che rappresentano. Vengono molto utilizzati a livello speculativo perchè al momento dell'acquisto versi solo una piccola parte del valore del contratto. Ad esempio con 7 mila dollari puoi comprare/vendere un contratto future che vale 100 mila dollari. I guadagni e le perdite si calcolano sui 100 mila. Quindi che ci siano speculazioni e investimenti nel mercato dei derivati finanziari sui prodotti agricoli nessuno lo contesta. Il mercato delle commodities agricole è il più antico del mondo e da quando esiste ci sono discussioni sull’argomento.
Quello su cui ci sono molti dubbi è che l’aumento dei derivati in circolazione provochi automaticamente un aumento o un calo dei prezzi dei prodotti sottostanti. Per come la vedo io, nella pratica ci sono momenti in cui il mercato può essere trainato principalmente dalle aspettative, e di conseguenza dalle operazioni sui derivati, e periodi in cui è trainato principalmente dalla disponibilità e dai costi di produzione agricoli. Ma i derivati da soli non riescono a indirizzare stabilmente i prezzi delle commodities agricole verso l’alto o verso il basso in contrasto con quanto avviene sul mercato spot (dei prodotti fisici).
Per fare un esempio. Nel 2011 l’India annuncia il blocco delle esportazioni di zucchero. In attesa di valutare le conseguenze reali della decisione, tutti (commercianti, aziende dolciarie, grandi aziende agricole, speculatori, investitori ecc. ) agiscono sul future facendo impennare i prezzi sia del derivato che dello zucchero fisico. La reazione dei prezzi sul mercato dei future in questi casi è istantanea, avviene nel giro di pochi secondi o minuti. Man mano che gli effetti di mercato della decisione dell’India diventano più chiari i prezzi trovano un nuovo equilibrio.
Di ricerche e dati ce ne sono tantissime in genere di natura statistica e piuttosto complessi.I mercati americani pubblicano una mole di dati giornalieri impressionante.
http://www.cmegroup.com/trading/agricultural/Sul sito del mercato di Chicago c’è un intervento interessante di SCOTT H. IRWIN “ WHAT WE’VE LEARNED ABOUT SPECULATION”
http://openmarkets.cmegroup.com/4520/wh ... peculationci sono riflessioni interessanti nel rapporto annuale della confederazione italiana agricoltori http://www.cia.it/svl/allegatiRead?reci ... allid=7888Anche questo di Agriregioni è interessantehttp://agriregionieuropa.univpm.it/dett ... ticolo=510Per comprendere i mutamenti strutturali in corso nel mercato, accanto alla domanda per consumi alimentari, conviene guardare la strategia dell’Europa verso la bioeconomia. Sostituire il petrolio con altre materie prime ha un costo, e i politici fanno errori, come è successo con i biocarburanti di prima generazione.
http://ec.europa.eu/research/bioeconomy ... wth_it.pdf[..]«L’Europa deve passare a un’economia ‘post-petrolio’. Un maggiore utilizzo di fonti rinnovabili non è più solo una scelta ma una necessità.
Dobbiamo promuovere il passaggio a una società fondata su basi biologiche invece che fossili, utilizzando i motori della ricerca e dell’innovazione. Si tratta di una mossa positiva per l’ambiente, la sicurezza energetica e alimentare e per la competitività futura dell’Europa", ha affermato Máire Geoghegan-Quinn, la commissaria responsabile per la Ricerca, l’innovazione e la scienza.
Il termine "bioeconomia" si riferisce a un’economia che si fonda su risorse biologiche provenienti della terra e dal mare, nonché dai rifiuti, che fungono da combustibili per la produzione industriale ed energetica e di alimenti e mangimi. La bioeconomia comprende anche l’uso di processi di produzione fondati su bioprodotti per un comparto industriale sostenibile. I rifiuti organici, ad esempio, rappresentano un potenziale notevole in alternativa ai concimi chimici o per la conversione in bio-energia, e possono coprire il 2% dell’obiettivo stabilito dall’UE per le energie rinnovabili.La bioeconomia europea vanta già un fatturato di circa 2 000 miliardi di euro e impiega oltre 22 milioni di persone, che rappresentano il 9% dell’occupazione complessiva dell’EU. Comprende i settori dell’agricoltura, della silvicoltura, della pesca, della produzione alimentare, della produzione di pasta di carta e carta, nonché comparti dell’industria chimica, biotecnologica ed energetica. Si calcola che per ogni euro investito in ricerca e innovazione nella bioeconomia la ricaduta in valore aggiunto nei settori del comparto bioeconomico sarà pari a dieci euro entro il 2025.