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Bagnoli (Napoli) una storia infinita

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Bagnoli (Napoli) una storia infinita

Messaggioda mariok il 29/07/2015, 13:31

Napoli. Sì del Senato, Invitalia ricostruirà Bagnoli. Via alla cabina di regia, più poteri al Comune

http://www.ilmattino.it/NAPOLI/CRONACA/ ... 9450.shtml

Dunque, "soggetto attuatore" una società a controllo pubblico, "cabina di regia" con dentro governo, comune, regione... ma a me sembra di averla già vista questa storia...

Si tratta di una delle coste più belle d'Italia, dove nel 1911 fu inopinatamente insediata un'acciaieria (la famosa Italsider).

Nel 1993 venne chiusa definitivamente

Vennero stanziati dallo Stato circa 25 miliardi, poi 340 e aumentati ancora di 50 miliardi in modo tale da bonificare l’intero territorio suddiviso in lotti; la legge del 1996 prevedeva di bonificare il primo lotto ed entro il 1997 bisognava concludere i lavori di bonifica di Coroglio, tuttavia, i lavori non vennero mai conclusi e non si arrivò ad alcun risultato.

Si costituì la Società Bagnoli S.p.A strumento ad hoc dell'IRI per l'attuazione del "Piano di recupero ambientale dell'area di Bagnoli" predisposto e finanziato dal CIPE con la delibera del 20 dicembre 1994. Il progetto prevede lo smantellamanto delle strutture industriali e il risanamento ecologico-ambientale dell'area. Viene inoltre istituito, a norma di legge, un Comitato di Coordinamento ed Alta sorveglianza, supportato da una commissione di esperti tecnico-scientifica, per vigilare sulle attività di bonifica della Bagnoli S.p.a. :lol:

Al termine di sei anni di lavori, finanziati per un totale di 400 miliardi di lire, la bonifica totale è al 30,35% (rispetto all'83% citato dalla Bagnoli S.p.a.) e le operazioni in tal senso si limitano alla sola "messa in sicurezza" della colmata a mare, considerata di estrema pericolosità per la preservazione dell'ambiente marino e litoraneo di Bagnoli; una messa in sicurezza criticata per le procedure messe in atto.

I lavori l rilento della Società Bagnoli S.p.a. convincono il Comune di Napoli a procedere a un'operazione di maggiore impatto: vengono così nel 2001 acquistati in toto gli spazi dell'area ex Italsider ed ex Eternit. Diventato proprietario degli spazi su cui dovrà sogere la Bagnoli Futura, il Comune dà via alle operazioni per la nascita della Società di trasformazione urbana (STU). La STU prenderà il posto della Bagnoli s.p.a. e sarà controllata interamente da capitali comunali, provinciali e regionali. Il 24 aprile 2002 nasce dunque la nuova società che in aprile opera il passaggio di consegne: la nuova società "Bagnolifutura s.p.a. società di trasformazione urbana" subentra alla precedente e assume l'incarico di portare a termine la bonifica dei suoli e la realizzazione definitiva del PUE ( Piano Urbanistico Esecutivo). Scopo della STU è quello di gestire i suoli ora di sua proprietà, bonificarli, edificarli laddove previsto dal Piano con opere pubbliche e quindi vendere i restanti lotti ai privati, che realizzeranno le restanti opere previste.

Contestualmente alla società, viene istituita una Commissione di Vigilanza sulle attività della Bagnolifutura la cui presidenza è affidata a un esponente dell'opposizione comunale, Mariano Malvano di Forza Italia. :lol:

Nel giugno 2005, un mese dopo la definitiva approvazione del PUE da parte degli enti locali, la Bagnolifutura avvia le sue attività operative. Inizia dunque la nuova fase di realizzazione.

Il 18 febbraio 2014 sono stati inviati a giudizio ex amministratori e dirigenti di BagnoliFutura con l’accusa di disastro ambientale e truffa ai danni dello Stato. I 19 imputati, sono finiti sotto in chiesta, in quanto secondo la procura di Napoli, la cosiddetta bonifica di Bagnoli non è mai avvenuta, ma pare fosse solo un progetto scritto. In giudizio vanno anche gli ex vicesindaci ed ex presidenti della società Rocco Papa e Sabatino Santangelo e tanti altri.

Le analogie con l'inizio di questa nuova storia sono impressionanti...

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Re: Bagnoli (Napoli) una storia infinita

Messaggioda mariok il 29/07/2015, 13:48

Una storia totalmente diversa... dall'inizio alla fine.

Eppure queste esperienze (la prima, totalmente fallimentare, la seconda, di successo) continuano a non insegnarci nulla.

Così 50 anni fa nacque la Costa Smeralda

L'Aga Khan e cinque amici fondarono il Consorzio il 14 marzo 1962 a Olbia dopo aver comprato 1800 ettari a Monti di Mola

di Guido Piga

PORTO CERVO. Quella mattina, esattamente 50 anni fa a oggi, si ritrovarono seduti attorno a un tavolo in un palazzo di corso Umberto, civico 193, a Olbia. Avevano davanti decine di atti di compravendita che in un anno avevano fatto cambiare proprietà a 1800 ettari, e un notaio, Mario Altea di Tempio, chiamato a suggellare la nascita di un consorzio che trasformerà l'Unfarru dei pastori nel paradiso dei turisti, Monti di Mola in Costa Smeralda. «Tutto chiaro?» chiese Altea. «Tutto chiaro» risposero, senza bisogno dell'interprete, Karim Aga Khan, Patrick Guinness, Felix Bigio, Andrè Ardoin, John Duncan Miller e René Podbielski. Per i sei soci fondatori, il meno era fatto. Il cammino verso la costruzione della Costa Smeralda, cominciato tre anni prima con la "scoperta" di Capriccioli, era solo all'inizio, e la sua percorrenza si annunciava tortuosa e anche pericolosa. Come realizzare un investimento in una zona, Monti di Mola, in cui non c'erano strade, acqua, luce elettrica? I soldi non mancavano di certo. Dietro l'Aga Khan e le sue società, sede a Vaduz, c'erano tra le famiglie più ricche d'Europa, dai Rothschild ai Furstenberg. Avevano trovato un'isola così simile ai Caraibi, e così vicina a Londra e Parigi, che potevano permettersi anche di perderci qualcosa.

Ma come muoversi? La politica non poteva, e neppure voleva, dare una grande mano. I finanziamenti della Regione, attraverso la Cassa del Mezzogiorno prima, il Piano di Rinascita poi, erano destinati tutti all'industria. Il turismo era un oggetto sconosciuto, su cui nessuno voleva scommettere. La politica non metteva neppure paletti, per la verità. L'Italia e la Sardegna non avevano una legge urbanistica, non esistevano i piani urbanistici comunali. L'Aga Khan avrebbe potuto fare quello che voleva. Poteva dire: "Questa terra è mia, ci costruisco quello che voglio, dove voglio". Decise di non farlo. L'investimento ne avrebbe risentito, il suo buon nome nel mondo pure.

Il Consorzio, che si rifaceva a una lettera d'intenti tra i proprietari firmata nel settembre del 1961, voleva pianificare un investimento edilizio ed economico, voleva realizzare profitti privati e dare benessere pubblico. E infatti in principio la Costa Smeralda è stata quasi un principato autonomo dentro la Repubblica.

Perché avvene questo? La storia aiuta a capire. La Gallura era allora una provincia isolata, un'enclave dentro la Sardegna. Quasi deserta alla fine del Medioevo, aveva cominciato a ripopolarsi alla fine del 1500. La colonizzazione la fecero degli stranieri, i còrsi, che cominciarono a occupare le terre dei feudatari di Tempio, il cui dominio si estendeva verso le coste. Monti di Mola venne occupata dagli Orecchioni, dagli Azara. Presero quei terreni improduttivi, malsani, e ci realizzarono gli stazzi, ci piantorno vigne, orti, grano, e ci allevarono mucche e capre. Quelle terre furono privatizzate: le abbiamo curate noi, sono nostre. Tutti i galluresi hanno l'anima proprietaria, scrisse un socialista di Tempio a metà Ottocento. Per loro lo Stato era del resto qualcosa di incomprensibile. A che cosa serviva? A nulla. La loro vita andava avanti senza aiuti esterni. Tutto quello che era necessario per vivere, se lo producevano. Anche per questo, quando si presentarono i primi compratori stranieri su suggerimento di Miller, quelli di Monti di Mola non si fecero problemi. Vendettero, accumulando in un anno qualcosa come 2 miliardi di lire. Potevano chiedere di più i pastori di Monti di Mola, abituati a una vita dura ma dignitosa? Chi non si sarebbe comportato come loro?

«Lo Stato dovrebbe darci un premio perché viviamo in questo posto, invece di farci pagare le tasse» sintetizzò un Azara alla Rai. Lo Stato chiedeva solo, non dava. C'era una sola opera pubblica in costruzione, la diga del Liscia. Il grosso dei finanziamenti pubblici era andato a Cagliari, a Sassari, le aree forti della Sardegna. Olbia era ancora una delle città più povere dell'isola: il porto parzialmente distrutto, l'aeroporto chiuso, la strada per Arzachena ancora sterrata. L'Aga Khan era visto come un'occasione unica per recuperare il ritardo rispetto al resto della Sardegna, come il vero autore della rinascita, scrisse la "Nuova Sardegna".

La politica entrò in campo. Un consigliere regionale di Arzachena, Giovanni Filigheddu, ebbe un ruolo di primo piano. Fu lui a volere la diga e fu lui a sostenere la decisione controcorrente del Comune di Olbia. Che disse di no all'installazione di una raffineria di petrolio nel suo golfo, e sì alla Costa Smeralda, nel gennaio del 1962. L'Aga Khan aveva il minimo necessario per avviare le sue opere. Furono aperti i cantieri del Cala di Volpe, del Pitrizza, e cominciarono a spuntare le ville, prima fra tutte quella della modella Bettina, l'ultima fiamma del padre di Karim. Poi arrivò la costruzione di Porto Cervo, nel 1964, anno dell'inaugurazione. Senza un piano urbanistico pubblico, a dettare le regole ci pensò quello privato del consorzio. Il comitato d'architettura, con Vietti, Couelle, Busiri Vici, stabiliva dove si poteva costruire, e come. Non sempre evitò le speculazioni, né fermò alcune brutture, ma comunque fece ciò che né la Costa Azzurra né la Costa del Sol né la riviera adriatica fecero: mise dei vincoli.

Se non un modello, termine su cui la disputa è ancora aperta, la Costa Smeralda divenne un sistema. Dietro lo sviluppo delle ville, arrivò quello degli alberghi, e a ruota le infrastrutture, dalle strade all'acqua all'aeroporto di Olbia.

L'Aga Khan costituì una serie di società per creare una nuova economia dal nulla, come l'Alisarda. La Gallura cambiò, la Sardegna anche. I figli dei pastori andarono a studiare, altri trovarono lavoro nel Consorzio, altri ancora si inventarono imprenditori turistici. Olbia e Arzachena esplosero demograficamente. La Costa Smeralda generò nuovi bisogni, accelerando quelli nati sull'onda del boom economico nazionale. Ma fermò in parte l'emigrazione dei sardi. L'occupazione divenne solida, ben retribuita, anche tutelata sindacalmente. Nuove professioni si affermarono.

Quel sistema, nel bene e nel male, 50 anni dopo è ancora vivo. La Costa Smeralda sarà anche un principato, ma non è una cattedrale nel deserto come sono diventate le industrie della chimica, quelle che la Gallura non ebbe e non volle avere.
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Re: Bagnoli (Napoli) una storia infinita

Messaggioda flaviomob il 30/07/2015, 9:29

In realtà con i costi esorbitanti dei traghetti e il microinquinamento di tante piccole baie ormai "infestate" da porticcioli pieni di yacht riusciranno ad affossare anche la Costa Smeralda.


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Re: Bagnoli (Napoli) una storia infinita

Messaggioda mariok il 30/07/2015, 9:57

Già, forse la Costa Smeralda un giorno sarà affossata dai prezzi dei traghetti (ma non è un problema di tutta la Sardegna, a riprova della incapacità delle istituzioni pubbliche di assicurare anche i servizi essenziali?).

Ma almeno intanto sta reggendo alle crisi (contrariamente a tante cattedrali nel deserto) e soprattutto non sono stati buttati al vento centinaia di miliardi di denaro pubblico.
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