La Serbia fa il pieno di imprese italiane
investimenti per due miliardi in 10 anni
Fiat, Intesa San Paolo, Generali e Fondiaria. Sono i quattro principali big player italiani che fanno affari dall'altra parte dell'Adriatico. Ma le nostre aziende che operano nei Balcani sono oltre 400. Le fonti non ufficiali parlano addirittura di 1.100. I settori più in espansione sono l'automobilistico, il bancario, il tessile e l'assicurativo. Il business impiega 20mila i dipendenti e muove 2,5 miliardi di euro annui
BELGRADO - "Un censimento ufficiale delle aziende italiane presenti in Serbia non esiste". Le istituzioni del nostro Paese che operano nella zona (ex Ice - Camera di Commercio Italo-Serba) lo ammettono con grande onestà. Anche perché, ci dicono, stilare una statistica del genere competerebbe agli omologhi serbi. E la conferma arriva sfogliando i bollettini del settore, che oscillano sensibilmente tra un minimo di 200 e un massimo di 500 compagnie italiane attive in Serbia. Una delle ragioni di questa variabilità dipende sicuramente dalla quota detenuta: che si tratti di semplici partecipazioni o di reali maggioranze. Chi ha provato (ufficiosamente) a fare un conto globale riferisce, addirittura, di 1.100 aziende registrate in Serbia in cui è presente, a vario titolo, capitale italiano. Proviamo, in questa panoramica, ad attenerci ai numeri che ci fornisce la Siepa (Serbia Investment and Export Agency), durante la nostra visita a Belgrado.
Due miliardi di euro di investimenti. Secondo gli ultimi dati dell'agenzia governativa, il valore complessivo degli investimenti provenienti dal nostro Paese negli ultimi 10 anni (e in netta crescita dal 2006) è superiore ai due miliardi di euro (su un totale di investimenti stranieri di 19,5), sommando anche progetti in corso d'opera e non interamente contabilizzati. Quattro big player da soli mettono assieme 1,5 miliardi: Fiat, Intesa San Paolo, Generali e Fondiaria. In totale, sempre secondo l'ente governativo serbo, sono più di 400 le compagnie italiane che operano nel Paese, impiegando poco più di 20mila dipendenti e generando un giro d'affari stimabile in 2,5 miliardi di euro annui.
Secondi per valore complessivo e numero di progetti. Il trend degli ultimi anni dice che il numero di aziende italiane che hanno deciso di internazionalizzare in Serbia è triplicato. In uno studio comparato (Fonte Siepa) nel decennio 2001/2011, l'Italia come paese investitore figura al secondo posto per valore complessivo, dietro l'Austria, con una quota dell'11,1%. Stessa posizione anche per numero di progetti (con il 14%). Così anche il volume di scambi commerciali tra di loro si è rafforzato: il nostro Paese globalmente nel 2011 è stato il terzo partner della Serbia, il secondo (dietro la Germania), considerando soltanto l'export. Analizzando la presenza nei vari settori per numero di imprese attive, la fetta principale, più di un terzo, spetta a tessile e abbigliamento (36,60%), seguito da metallurgia (12,20%), finanza (9,80%) e automotive (9,80%).
Più di un terzo nel tessile. Nell'industria della maglieria e dell'intimo tra i nomi di maggior peso si segnalano Pompea, Golden Lady, Benetton e Calzedonia. Proprio il gruppo di Sandro Veronesi, presidente di Calzedonia, ha inaugurato, a settembre 2010, la sua seconda fabbrica a Sombor in Vojvodina, che a pieno regime dovrebbe impiegare 700 nuovi dipendenti (al momento in cui la visitiamo sono circa 500). Mentre, a novembre 2011, è stata annunciata la creazione del terzo sito produttivo, a Subotica (20 milioni di euro di investimento per mille posti di lavoro). Quanto a Pompea, a febbraio 2011 il Governo serbo ha sottoscritto con l'azienda, a Zrenjanin, un contratto che prevede incentivi per 1,5 milioni di euro per 300 nuovi assunti. Attesa in questo 2012 per l'avvio, a Nis, della produzione di Benetton, che ha rilevato l'azienda locale Nitex, con un investimento di circa 43 milioni di euro, che dovrebbe portare all'assunzione di 2.700 lavoratori.
Banche e assicurazioni di casa nostra. Con i suoi 3.000 dipendenti e una rete di 207 filiali Intesa-San Paolo è la prima banca della Serbia. Assieme a Unicredit (940 dipendenti per 71 filiali) possono contare oggi su una quota di mercato di circa il 25% del settore. Un valore che sale addirittura al 44% nelle assicurazioni, grazie alle acquisizioni fatte tra il 2006 e il 2007 dal Gruppo Generali e da Fondiaria-Sai.
Fiat. Con un progetto contabilizzato dalla Banca Europea degli Investimenti in un miliardo e 86 milioni di euro (di cui 500 milioni già finanziati con la firma del 16 maggio 2011) la creazione di Fas (Fiat automobili Serbia), al 67% proprietà della Fiat e al 33% dello Stato Serbo, è l'operazione industriale più importante conclusa in Serbia negli ultimi anni. Gli accordi siglati e perfezionati tra il 2008 e il 2009 hanno portato all'acquisizione da parte della nuova società degli impianti Zastava di Kragujevac e prevedono a pieno regime l'occupazione di una forza lavoro pari a 2.600 addetti: attualmente sono 1.100. A questi andranno aggiunti quelli delle aziende dell'indotto che sono in allestimento nella zona dell'ex caserma militare di Grosnica. Oltre ai noti investimenti di Iveco (che detiene il 30% di Zastava Kamioni) e Magneti Marelli (accordo di maggio 2010 con il governo serbo), nel 2011 hanno dato il via ai lavori Johnson Controls, Proma, Sigit e HT&L fitting.
Gli altri. Altri nomi italiani di rilievo in Serbia sono Progetti Ad nel calzaturiero, Stg nell'acciaio, Fantoni nel legno-arredamento, Fantini e Ferrariplast nelle costruzioni e prodotti per l'edilizia, Amadori nell'agro-industria, Applicazioni Elettriche Generali nell'elettromeccanica, Dytech nella componentistica per auto, Mondadori e Giunti nell'editoria.
12 marzo 2012
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