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Premiare il merito

Forum per le discussioni sulle tematiche economiche e produttive italiane, sul mondo del lavoro sulle problematiche tributarie, fiscali, previdenziali, sulle leggi finanziarie dello Stato.

Premiare il merito

Messaggioda Robyn il 30/04/2011, 16:27

Un paese che non premia il merito e blocca la scala sociale deprime le migliori energie che non possono esprimersi.Deprimendo le migliori energie,il paese deprime se stesso,perche non premiare il merito ha ricadute negative per lo sviluppo.Se il paese non si sviluppa,non cresce,neanche il gettito fiscale cresce,e se non cresce il gettito non ci sono soldi per la famiglia italiana.Quindi il familismo amorale è il primo nemico della famiglia italiana ciao robyn
PS Il problema di fondo è la cultura della destra berlusconiana che è antimeritocratica.Prodi provocatoriamente disse:i nostri ragazzi devono fare anche gli impiegati.La destra berlusconiana rispose con un buuu
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Re: Premiare il merito

Messaggioda franz il 30/04/2011, 17:44

Ecco i temi che veramente dovremmo discutere.
E lo abbiamo fatto in passato, avvitandoci per mesi tra sostenitori e detrattori della cultura del merito.
E come spesso accade la critica alle idee si è trasformata in offese di lesa maestà per chi si è sentito criticato, in personalismi. Anche per questo, ritengo, la cultura del merito non avanza in Italia.
Prevale il familismo, il clientelismo, ma anche il personalismo, lo scontro personale.
Ho assistito, come consulente esterno, anche a questo genere di scontri personali nelle aziende tra chi aveva posti di responsabilità. Dove magari uno stava al suo posto perché aveva sposato la figlia del capo. Ed essendo sotanzialmente incompetente e inadeguato, si difendeva con critiche personali, non certo con critiche di merito.
Dici: "premiare il merito" ed hai ragione, ma vediamo perché non avviene, o avviene troppo poco.
Immagina che uno abbia bisogno di ottenere un risultato. Puoi impegnarsi a fondo per riuscirci oppure, se ha uno che gli deve un favore, chiede a lui. "Tu che sai come fare e che conosci le persone giuste....". Ora sarà costui a dovere un favore ad altri e cosi' funziona. La catena dei favori, raccomandazioni, è piu' potente e rapida del merito (che richiede sudore) ma è chiaro che deprime le energie. Inoltre chi è entrato in un posto di lavoro o in una situazione di responsabilità, lotterà con le unghie e coi denti per impedire che quelli piu' bravi di lui possano emergere. Eventualmente farà favori ad altri in modo che altri poi debbano rendere il favore. Così il sistema si perpetua.

Come se ne esce?
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Re: Premiare il merito

Messaggioda Robyn il 30/04/2011, 19:56

Se ne esce senza aver paura della competizione.Se veramente quello è più bravo di te vada avanti ,tanto una strada per te c'è sempre.Inoltre non aver paura della competizione significa anche non essere gelosi di quello che si sà o dell'esperienza del lavoro che si ha.Bisogna sempre dare la formazione a chi ne sà meno di te.Se per esempio c'è qualcuno che è momentaneamente in difficoltà nell'espletare un lavoro e non sà come muoversi basta semplicemente spiegargli come si fà e questa è una cosa che riguarda soprattutto i giovani.Infatti se nessuno tramanderebbe il mestiere i mestieri scomparirebbero,ma non tutti si comportano così
ciao robyn
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Re: Premiare il merito

Messaggioda trilogy il 01/05/2011, 12:04

RITARDI NAZIONALI
Il passaggio inevitabile (e necessario) alla società delle competenze

M olti auspicano un ritorno ai valori dell' economia italiana del secolo scorso. Non ce n' è bisogno: siamo già fermi agli Anni 50. Nel Novecento le società più avanzate hanno vissuto una grande rivoluzione sociale ed economica. Le società anglosassoni erano classiste, e in qualche caso anche razziste: negli Anni 30, negli Usa, ad Harvard le ammissioni di ebrei e indiani erano contingentate. Poi è esplosa una grande ricerca di eguaglianza, che si è però tradotta nella richiesta di pari opportunità, non di uguaglianza di risultati. La creazione del Sat (il test nazionale standard alla maturità) e l' assegnazione di borse di studio per chi aveva i risultati migliori, indipendentemente dal nome che portava, innescò una rivoluzione dei meccanismi di ammissione alle migliori università americane che si completò nel 1965.

Intanto, nel 1954 Michael Young, un socialista britannico, coniava il termine «meritocrazia». Questa rivoluzione sociale fu accompagnata da una altrettanto significativa rivoluzione economica: il passaggio da una società «industriale» a una «post-industriale», come la definì Daniel Bell nel 1971 (The Coming of a Post-Industrial Society), nella quale contavano sempre meno gli operai e sempre più i lavoratori con competenze avanzate (professionisti, manager, tecnici). Creare idee era divenuto più importante che creare prodotti. Avevano sempre più peso i servizi e le grandi imprese che assumevano la maggioranza dei laureati. Questa profonda trasformazione non toccò l' ideologia del libero mercato, ma ne modificò le condizioni: i servizi sono in gran parte locali e dunque hanno bisogno di più regole del manifatturiero per garantire la concorrenza (un' auto straniera si può acquistare, un abbonamento telefonico di un operatore estero no). E quando le regole sono sbagliate, come è oggi il caso della finanza, portano a catastrofi economiche globali. Ma non si tratta di un «capitalismo anglosassone senza regole». È piuttosto la finanza globale che non sa ancora regolare le grandi banche che «non possono fallire». Ed è cambiata la natura del capitalismo, da famigliare basato sulla ereditarietà a capitalismo e ricchezza basati sull' education e sul lavoro. Il numero dei laureati negli Usa esplose, dal 7 per cento negli Anni 60 al 26 per cento nel 1996. Anche la scuola si è trasformata: i sistemi educativi non hanno più il compito di formare lavoratori per il modello fordista-manufatturiero ma giovani con le giuste «competenze della vita» per l' economia post-industriale: ovvero la capacità di individuare, analizzare e risolvere i problemi, di lavorare con persone diverse, di dibattere e comunicare. Test come il Sat o Pisa e dell' Invalsi misurano proprio queste competenze.

Nel Sud Europa si è seguito un percorso diverso che ha preso forme più radicali in Italia (la Spagna ha spinto la libertà economica e la Francia ha mantenuto i suoi antichi valori della meritocrazia). La ricerca di eguaglianza ha preso la forma della ricerca di «eguaglianza di risultati» invece che delle «pari opportunità». L' antiliberismo economico ispirava la politica e il capitalismo di stampo anglosassone veniva ritenuto incompatibile con la ricerca dell' eguaglianza sociale. Il paradigma economico è rimasto quello dell' era «industriale», favorendo le imprese manifatturiere che esportavano, ma la ricerca della pace sociale ha portato a un' alleanza di ferro Confindustria-Stato-sindacati che in cambio richiese la protezione delle imprese. E il servizio pubblico diventava il più grande datore di lavoro. La scuola seguì un percorso coerente: le scuole e le università dovevano garantire il «diritto allo studio», la didattica era tarata sugli studenti meno dotati e con maggiori difficoltà, al termine «meritocrazia» si associava un' ideologia poco sensibile al sociale. L' utopia di questo paradigma è finita con la globalizzazione che ha messo a nudo la poca competitività delle troppo piccole imprese industriali italiane e con l' ingresso nell' euro che non ha più consentito di svalutare la lira per aiutare le imprese a esportare e allo Stato di spendere per creare lavoro.

Questo paradigma lascia oggi gli italiani con la società più ineguale del mondo occidentale perché il gap tra ricchi e poveri è a livello del mondo anglosassone ma la mobilità sociale è molto inferiore: i poveri non hanno le opportunità di diventare più ricchi. La ricchezza basata sul capitale (gli italiani sono più ricchi degli americani e dei tedeschi) si erode perché i figli non lavorano. L' antiliberismo ci ha fatto scivolare all' 88° posto nella classifica della libertà economica, dopo Thailandia e Turchia e, anche quando si attenuava, il libero mercato non poteva nascere perché mancava la cultura del rispetto delle regole. Il libero mercato non nasce in un' economia con un sommerso record di milioni di piccole imprese inefficienti che sopravvivono facendo concorrenza sleale alle altre. Il capitalismo famigliare italiano è restato quello dell' inizio del secolo scorso: basato sulla ereditarietà e non sull' education e dove la famiglia conta più dell' impresa.

Mancando le grandi imprese, la domanda di laureati non si è sviluppata come nelle società post-industriali: ecco perché siamo il fanalino di coda per numero di laureati. La ricerca dell' egualitarismo e la paura della concorrenza hanno fatto un' altra vittima illustre: l' eccellenza italiana. Mancano le università eccellenti e i giovani con livello 5 e 6 ai test Pisa sono la metà della Francia e un terzo della Finlandia. La nostra società è incapace di selezionare i suoi giovani migliori: le borse di studio, essendo basate su voti falsi e su un reddito anch' esso falso, vanno spesso a mediocri figli di evasori. A soffrire non è solo l' eccellenza ma anche la qualità media del nostro sistema educativo.

Il sistema scolastico è ancora basato sulla riforma Gentile, adatto al modello «industriale», ma inadeguato per un' economia che richiede le «competenze della vita»: in un terzo delle regioni italiane (in maggioranza al sud), i test Pisa sono un disastro. E, secondo un test sulle «competenze della vita» sulla popolazione tra 16 e 64 anni, l' 80 per cento degli italiani sono risultati «analfabeti». Perché sanno leggere, ma non capiscono ciò che leggono. Siamo in ritardo di 50 anni per trasformarci in una società post-industriale. Per farlo, è necessario farne nascere i due valori chiave: meritocrazia e libertà economica basata su regole giuste rispettate da tutti. http://meritocrazia.corriere.it RIPRODUZIONE RISERVATA

Abravanel Roger

(30 aprile 2011) - Corriere della Sera
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Re: Premiare il merito

Messaggioda Robyn il 01/05/2011, 14:21

In realtà come scritto sul messaggio precedente la paura della competizione ha fatto come vittima illustre il merito.Ma c'è da dire che l'Italia è il paese dei furbi e i furbi hanno fatto di tutto per far sembrare che emergere,non adattarsi,fosse un modo per sfuggire ad una condizione quando non è così,ed è per questo che bisogna combattere i furbi che dopo aver fatto la vittima illustre del merito deridono anche chi non è riuscito ad emergere.In realtà il desiderio di uguaglianza e di emergere non può essere visto come una semplice autorealizzazione di se stessi o peggio sfuggire da una determinata condizione,ma emergere è soprattutto un <<dovere>>,perche se non emergono i capaci e i meritevoli non emerge il paese nel suo complesso.Quindi emergere è soprattutto un <<dovere>> al quale non ci si può sottrarre e che ha come scopo far emergere il paese nel suo complesso,per migliorare la condizione dei più deboli.In merito agli operai,questi ci saranno sempre e dovranno sempre avere dignità e giusta considerazione e mai dire che dal momento che la forza lavoro è più debole diventa debole la sua forza contrattuale ciao robyn
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Re: Premiare il merito

Messaggioda Robyn il 03/05/2011, 11:34

Franz-In realtà le aziende dove ci sono i raccomandati sono le peggiori che ci sono.C'è gente capace di tutto anche di annientare la personalità ciao robyn
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Re: Premiare il merito

Messaggioda franz il 03/05/2011, 12:10

Robyn ha scritto:Franz-In realtà le aziende dove ci sono i raccomandati sono le peggiori che ci sono.C'è gente capace di tutto anche di annientare la personalità ciao robyn

Non lo metto in duibbio, anzi sono portato a supporre che il criterio della raccomandazione li' non sia solo pratica interna ma soprattutto esterna, per avere lavori, appalti, aggiudicarsi posti di primo piano e rendite di posizione. A scapito naturalmente degli altri.
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Re: Premiare il merito

Messaggioda Robyn il 04/05/2011, 11:10

E per quale motivo se il mio progetto a parità di prezzo è migliore del tuo,il tuo viene aggiudicato ed il mio no?la meritocrazia manca anche qui e quindi servono metodi più trasparenti,per la selezione,magari utilizzando l'università.Inoltre bisogna allungare i tempi di esecuzione di un lavoro ed aumentare i costi.Infatti con il massimo ribasso e tempi troppo brevi,sono i lavoratori a rimetterci,o con il lavoro nero o con ritmi di lavoro umanamente insostenibili ciao robyn
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Re: Premiare il merito

Messaggioda franz il 04/05/2011, 11:15

Robyn ha scritto:E per quale motivo se il mio progetto a parità di prezzo è migliore del tuo,il tuo viene aggiudicato ed il mio no?

Beh, se c'è corruzione (che va di pari passo con nepotismo e familismo) e scambio di favori, il prezzo nominale conta poco.
Purtroppo. Non sto dicend che è giusto ma solo che probabilmente è per questo che in un sistema corrotto il merito stenta ad essere premiato. Sono premiate altre cose.
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Re: Premiare il merito

Messaggioda Robyn il 04/05/2011, 12:15

Se non c'è selezione,nel senso che il mio progetto viene approvato non perchè sono più bravo,ma perche rappresento un potenziale bacino di voti per quel politico,non sarò invogliato ad assumere un perito o un ingegnere capace,e quindi anche la selezione del personale sarà incentivata da criteri clientelari e i capaci non emergeranno.Ma poi ci si ritrova con un palazzo che crolla,con un impianto che và in cortocircuito,con un arredo urbano deturpato,con beni poco competitivi sull'export oppure con servizi di scarsa qualità.Bè si potrà rispondere che per mantenere gli attuali costi a ribasso e tempi strettissimi di escuzione bisognerà molto investire in innovazione,per far sì che il lavoro sia umanamente accettabile e che non ci sia l'evasione contributiva.Ma il merito è un tema che và affrontato a tutto campo ciao robyn
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