Per prima cosa, trovo traccia della “censura” di cui si parla. Non nello stralcio sindacale del dispositivo ma nel testo del giudice. La frase inizia alla fine della pagina 11 e finisce in pagina 12. Viene poi ripresa a pagina 14. Ma questo è un elemento secondario, rispetto all'analisi che vorrei fare di questa sommaria sentenza. Il punto principale è proprio questo. Il giudice stesso premette (pag 2 e 3) che stante l'urgenza ha dato precedenza a celerità e sommarietà. Per questo non si è avvalso della facoltà di sentire tutti i testimoni (pur indicati dalle parti e da altri testimoni) e di fare un'ispezione il loco, pur chiesta dalla SATA. Il suo giudizio è quindi basato solo su un ristretto numero di testimonianze. La cosa che emerge dalla stampa è che FIAT contesta proprio il fatto che non siano stati ascoltate testimonianze (altri operai) che mostrano in modo “incontrovertibile” (a detta FIAT) il fatto che il carrello in questione fosse stato deliberatamente bloccato dai tre operai.
Noi che non sappiamo come sono andati realmente i fatti, perché non eravamo li', come possiamo farci un'idea se lo stesso giudizio che deve essere imparziale non si avvale delle testimonianze a difesa delle tesi di una parti? Mi sembra chiaro che se è vero che l'esigenza è di una giustizia celere, è ancora piu' importante una giustizia giusta (ben lo diciamo noi che siamo contrari al processo breve) che prenda in considerazione tutte le prove e le testimonianze. Il sospetto è che se le testimonianze di una parte, pur segnalate, non vengono registrate, il risultato sia sommario e di parte.
Ora noi non possiamo sapere esattamente cosa dicano quelle testimonianze mancanti e trovo corretto che il loro contenuto non venga per ora divulgato, dato che le prove vanno portate in tribunale. Il sospetto pero' è che le testimonianze scartate siano quelle che rendono comprensibile il mistero di un carrello che si ferma perché urta un ostacolo (tanto che non riparte da solo ma va resettato) mentre pero' l'assemblea è ad una distanza superiore al raggio di azione del radar (Pag 8: 2-3 metri per i 50 in assemblea, 80-100 cm per i tre operai oggetto del provvedimento). Il carrello, è scritto, era già fermo. Ovvero era già stato fermato. In effetti mentre nei primi giorni FIAT si limita a sospendere i tre operai, dopo alcuni giorni, raccolte le testimonianze interne, passa al licenziamento. È quindi verosimile che le testimonianze mancanti indichino chi, come e quando avevano fermato il carrello. Qualcuno ha visto e riferito, molto probabilmente. Lo sapremo, forse, dopo il secondo livello di giudizio ma intanto questo primo livello mi pare assai parziale e sommario, un po' come la giustizia del far-west. O sarebbe meglio dire: all'italiana.
Mancando alcune testimonianze, il provvedimento FIAT appare quindi “sproporzionato”, i lavoratori sono censurabili (per essere rimasti a bloccare il tutto fino alle 2 e mezza di notte) ma non abbastanza da meritare le sanzioni aziendali.
Ma c'è un ulteriore aspetto della sentenza che mi pare parziale. Si fa notare (pag 13) il contesto in cui è maturato il conflitto tra le parti. Si citano inizialmente gli aspetti economico-produttivi legati a Melfi, poi si cita il fatto che i licenziamenti colpiscano “attivisti e militanti della FIOM”. Si fa riferimento quindi alla “serrata critica sindacale” fatta dalla FIOM in seguito alle scelte di politica industriale FIAT nel paese e si cita l'accordo di Pomigliano. Da questo contesto generale (per me di origine pre-giudiziale) ne consegue secondo il giudice - che FIAT abbia voluto punire la FIOM “notoriamente fra le organizzazioni più attive in questo momento storico”. In pratica mentre vengono fatte mancare testimonanze su come sono andati realmente i fatti, vengono anche fatti pistolotti politici generali per dimostrare tesi generali, senza che esistano prove. L'aspetto di pregiudizio qui è notevole. I tre operai non sono innocenti o colpevoli in base alle scarse prove portate in dibattimento (anche perché alcune sono state scartate per celerità) ma sono innocenti o colpevoli perché sono della FIOM. Sarebbe come a dire che tre zingari, arrestati perché vicini ad un luogo in cui è avvenuto un furto, non sono colpevoli o innocenti perché le prove lo dimostrano, ma perché sono ROM e si sa che questa etnia (così direbbe un giudice parziale e prevenuto) è dedita al furto. Cosi' come tre poliziotti sarebbero sicuramente innocenti ed accusati ingiustamente, in quanto membri delle forze dell'ordine (dimenticando gravi eccezioni come la banda della Uno Bianca). Insomma, il giudice sembra dire qualsiasi cosa sia successa, le testimonianze non servono e quello che conta è che sicuramente la FIAT ha torto e la FIOM ha ragione perché cosi' è noto nel paese, perché lo dice il contesto.
Perché lui crede che sia così.
Diversamente da altri, che magari parlano di “giudici comunisti” (qualcuno seriamente, qualcuno per ironia) io non voglio porre il problema in questi termini. Dico pero' che una giustizia simile non è giustizia, in quanto di parte. La giustizia deve essere imparziale e solo cosi' possiamo accettare il giudizio. Se il giudice inizia a filtrare le testimonianze (quelle a sostegno di una tesi) e si avvale di pregiudizi sui conflitti tra FIOM e FIAT in Italia, esprime un giudizio di parte. Col rischio che poi se un successivo livello di giudizio dovesse ribaltare la sentenza, anche questa sarebbe percepita come speculare ingiustizia.
Per tutti questi motivi io trovo allucinante la sentenza. E la troverei allucinante anche se con le stesse argomentazioni, speculari, un giudice avesse dato (s)ragione alla FIAT/SATA. Poi magari qualcuno pensa che a parità di giustizia ingiusta, meglio dare ragione agli operai. E pensa con questo di fare un discorso di sinistra, che in realtà è un antiquato concetto di giustizia di classe. A mio avviso è invece uno dei motivi per cui la sinistra oggi è fortemente minoritaria nel paese, tanto da non avere piu' nemmeno una rappresentanza parlamentare. In effetti quello di Melfi è un caso così triste che capisco il silenzio.
Franz
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)