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questa sezione vengono periodicamente messi in evidenza alcuni dei
messaggi piu' interessanti estratti dalle nostre mailing list.
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26
Novembre 2003
Ahi ahi
Prodi....
A me sembra
che la decisione dell' ECOFIN sia molto
grave non tanto dal punto di vista politico ma
sistemico. Svelo l'arcano: il problema non e', come
spesso si dice, di credibilita' di Prodi come persona.
Spesso si semplifica un po' troppo quando si presenta
la Commissione come il "governo" o l' "esecutivo"
comunitario. Esecutivo forse si', nel senso che la
Commissione propone ed esegue (ma non decide, decidono
gli Stati Membri).
In realta'
il sistema decisionale europeo e' una
macchina estremamente complessa, finora non analizzata
abbastanza a fondo dalla letteratura: e' un complesso
gioco d'equilibri tra istituzioni europee, nazionali e
gruppi di pressione, nel quale i meccanismi abituali a
livello nazionale non si riproducono tal quali.
E' quindi
un errore attribuire successi od insuccessi
specifici ad una figura come quella del presidente
della Commissione: egli non ha affatto poteri
paragonabili a quelli d'un Primo Ministro, i suoi
"azionisti di riferimento" non sono degli elettori cui
rendere conto ma i governi (tutti assieme) che l'hanno
nominato. I margini di manovra politici di cui gode
sono estremamente limitati, e questo Prodi l'ha pagato
nel suo impetuoso primo anno a Bruxelles, quando aveva
pensato che il mandato unanime ricevuto nel 1999 dai
Quindici significasse carta bianca. Quelli stessi
governi che l'avevano nominato gli hanno subito fatto
pagare dazio, ed un Presidente il cui il bilancio non
puo' non definirsi positivo gode d'un immagine
sfuocata in Europa appunto a causa di quell' errore di
calcolo da lui fatto all' inizio. Pensava d'essere
"primus inter pares" rispetto ai capi di governo,
Chirac ed altri l'hanno invece voluto relegare ad un
ruolo di segretario tecnico (cui molti amerebbero
relegare la Commissione, commettendo a mio avviso uno
straordinario errore di lettura rispetto al
fondamentalissimo ruolo avuto da quest' istituzione in
cinquant' anni d'integrazione europea).
Prodi dispone
quindi d'un programma (essenzialmente
centrato su completamento dello spazio economico -
monetario, allargamento e riforme istituzionali) che
gli Stati Membri hanno avallato, ma non di un'
autonomia tale da permettergli di portarlo avanti
compiutamente. E cio' nonostante, i tre obiettivi
centrali di cui sopra sono stati centrati nel corso
del suo mandato.
Appena cerca
di volare piu' alto (riforme di terza
generazione, politica estera etc.) viene
immediatamente sabotato, perche' gli Stati Membri
giudicano che pensare agli scenari futuri spetti solo
a loro.
Andrebbe
pure bene, se poi davvero essi s'occupassero
di pensare a scenari europei: invece s'occupano solo
di quelli nazionali, ed a corto periodo (elezioni
prossime venture, piu' in la' la generazione di
politici attuali non va).
Il Patto
di Stabilita' dispone d'una certa
flessibilita': se considerata non sufficiente, si
sarebbe potuto serenamente discuterne e cambiarlo, ma
senza trasmettere l'immagine di sudditanza rispetto ai
grandi che emerge da questa vicenda. Portogallo ed
Irlanda si sono presi le loro reprimende (non
sanzioni), anche con Francia e Germania si sarebbe
dovuto adottare lo stesso criterio (non
necessariamente arrivare alle sanzioni, che non sono
automatiche).
L' economia
e' la grande forza dell' UE, che non puo'
permettersi di apparire disunita sul suo primo
pilastro. La politica estera e di sicurezza comune e'
in fieri: stiamo imparando dai nostri errori e dalle
nostre debolezze ma la stiamo costruendo, il mondo ce
lo chiede (anche se in qualche nostra capitale
preferiscono non vederlo), ma in campo economico
abbiamo gia' costruito qualcosa d'assolutamente unico,
uno spazio di prosperita', pace e progresso di cui
troppo spesso dimentichiamo l'importanza complessiva
quando ci perdiamo nei tecnicismi o nei tatticismi di
corto respiro.
Per questo
il problema non e' la forza politica del
Professor Romano Prodi, o di chiunque al suo posto, ma
la consapevolezza di cio' che abbiamo tra le mani: un
grande progetto che ai cittadini europei ha dato
molto, che rischiamo d'annacquare lasciandoci
condizionare da troppo provincialismo.
Lungi da
me il considerare il verbo europeo come un
vangelo inoppugnabile: in Europa, spazio democratico
per eccellenza, tutto si puo' discutere e modificare.
Ma sempre
tenendo in mente l' interesse collettivo
dell' Unione come soggetto, non quello particolare del
singolo Stato, regione o collettivo.
Per questo
credo che sarebbe stato opportuno
rispettare le regole, salvo poi trovare una soluzione
equilibrata per venire incontro ai paesi in
difficolta': la flessibilita' del modello europeo lo
permette.
Dispiace
che solo quattro stati membri su quindici la
pensassero cosi' (e' tra l'altro rarissimo che in sede
di Consiglio si arrivi ad un voto formale).
Non abbiamo
infatti nessun bisogno di dividerci la'
dove il mondo ci vede forti, semmai di rafforzarci la'
dove ci vedono piu' deboli (politica estera e difesa).
Non e' una
buona notizia per l' euro, la cui forza
attuale ha molto a che vedere con la debolezza del
dollaro. Ma la commistione tra considerazioni
politiche ed economiche e l'immagine di divisione
trasmessa non l'aiuta (per inciso, non esageriamo
sulla "non credibilita'" dell' euro rispetto al
dollaro: nessuno ha mai preteso che la valuta
comunitaria prendesse il posto del biglietto verde in
poco tempo. Non e' nemmeno la sua vocazione: l'euro
contribuisce invece al reequilibrio del sistema
monetario internazionale, e gli operatori extra -
europei lo stanno lentamente capendo ed apprezzando).
Giudichiamo
quindi Prodi in maniera realistica, sulla
base del programma che aveva e che ha realizzato; non
gettiamogli addosso delle colpe che non ha. Le
decisioni politiche in Europa si prendono in maniera
molto diversa rispetto agli Stati: se Berlusconi
promette due milioni di posti di lavoro e non li crea,
ne e' responsabile politicamente in prima persona. Se
i sussidi agricoli non vengono smobilitati anche se lo
dovrebbero, Prodi ne e' ne solo in minima parte
responsabile, perche' la ragnatela decisionale europea
limita molto il suo agire.
Anche per
questo l'apparizione d'un Presidente "forte"
e' uno scenario desiderabile, anche se io sarei
propenso a che tale Presidente "forte" lo fosse della
Commissione e del Consiglio al tempo stesso. Costui
si' avrebbe tutte le frecce al suo arco e potrebbe
essere giudicato per i suoi risultati.
Ciao a tutti.
Stefano Gatto
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