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20 Novembre 2001

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archivio gargonza >>

Oggetto: Re: [Gargonza] L'Ulivo e la politica

>Francesco Paolo Forti ha scritto:
>>
>>Francesco Forti propone di discutere...dell'Ulivo pensando in proiezione a cio' che
>>puo' e deve essere un Ulivo di governo alternativo alla Casa delle
>>Liberta' e credibile per il Paese.
>

credo che prima di pensare all'Ulivo di un governo che non c'e' si debba
invece pensare ad un ULivo di opposizione che latita fortemente.

Pensare di essere molto piu' responsabili nelle cose del governo, che la
banda della maggioranza occupa gia' purtroppo, vuol dire negare il ruolo
di opposizione che il Paese ha assegnato all'Ulivo.

La mia profonda preoccupazione nasce dal fatto di accorgermi che
l'opposizione "nel Paese" a questo regime si va allontanando
dall'opposizione che e' al Parlamento. Varie correnti di pensiero dei
giovani e meno giovani non trovano piu' espressione nel Parlamento
Italiano se non nel tentativo paradossale di Bertinotti di stendere la sua
stretta coperta su tutto cio'.

La questione in atto, a mio avviso, va oltre il problema degli
schieramenti politici. Il famoso "scollamento" della gente dalla politica sta
diventando un fatto "politico", e c'e' gia' un grosso "partito" che si radica nella
societa' che fa politica "vera" senza dover entrare nei palazzi e
sperando Iddio senza "volerlo" fare.
La nostra democrazia, mai stata forte, e' oggi in serio pericolo. Si
accetta come normale un regime che delegittima alla base tutte le idee e
le azioni che dissentono dal suo operato e sistema di pensiero.
La magica parola e' "comunista" e "comunismo". Un nano (l'ottavo)
intellettuale come Berlusconi, che ha costruito la sua fortuna con mille
azioni di cui la meta' hanno portato a pendenza giudiziarie, che e'
stato beneficiato dallo scellerato regime del CAF e che ne rappresenta
l'eredita' in senso peggiorativo, questo indegno personaggio rappresenta la
"incultura" dominante di questo sciagurato Paese. Tutto questo con la
complicita' di quell'Ulivo che noi vogliamo resuscitare.

Sinceramente, non so piu' quale societa' rappresentino oggi i partiti
che hanno costituito l'ULivo nel 1996. Il 50% degli Italiani e' contro la
guerra ma non e' rappresentato in Parlamento. In Germania, in cui si
trovano persone che hanno ancora un midollo, parte della "maggioranza"
oltre l'opposizione vuole votare "contro" la guerra a rischio di far
cadere il "Governo". Da noi Rutelli e Fassino vanno a supportare le truppe che
partono per una guerra assolutamente non necessaria a cui ci ha
obbligati il Governo quando il popolo dell'opposizione manifesta "contro" la
guerra.
Il disastro politico e' imminente. I nani dell'Ulivo e' da tempo che
asfitticamente si rotolano in problemi di schieramenti e poltrone e
hanno lasciato il Paese in mano agli sciacalli.

Ma quali le cause. Primariamente la crisi di identita' del PCI-PDS-DS. E
molti da questo Congresso vogliono far uscire ancora un partito nuovo.
Con il trasformismo pensano di tamponare le continue sconfitte e non si
accorgono che e' il trasformismo la causa delle continue sconfitte. Con
tutti i suoi difetti il PCI era un partito che rappresentava parte di
una societa', era un riferimento che interagiva con la gente, che cambiava e
ne era cambiato.
Ho appoggiato in toto il tentativo di Occhetto di "modernizzare" il
partito per farlo adattare alla sfida di cambiamento che emergeva dalla
societa', ma gia' allora l'indebolimento elettorale dato dalla scissione di
Rifondazione fu un colpo duro. Proprio per questo apprezzai il coraggio
di Occhetto ad andare comunque avanti.
Ma andare avanti non vuol dire borbandare i ponti del dialogo con quelli
che in maniera sofferta hanno deciso la scissione. La guerra a sinistra
ha disorientato gli adulti e allontanato i giovani.
Alla sinistra "moderata" la possibilita' di diventare "di governo" e'
stata fatta pagare troppo salata, con lo snaturamento, per cui i padri
parlavano ai figli di una sinistra che nel Paese non c'era piu' e i figli ne hanno
preso atto.
Diciamoci la verita'. La "gioiosa" macchina da guerra di Occhetto subi'
una sconfitta "solo" per l'ingegneria elettorale di Berlusconi che si alleo'
con i fascisti al Sud sdoganati per l'occasione e con la Lega al Nord,
il cui "antifascismo" allora si identificava nella lotta al centralismo di
AN.
Che le cose non potevano durare era ovvio. Allora D'Alema si invento' la
candidatura di Prodi, ex-DC e manager di Stato, perche' era
elettoralmente opportuna in un Paese che era ancora timoroso del comunismo. Per
intenderci i clericali e l'esercito dei preti non avrebbe mai votato per D'Alema. E
ottenne la neutralita' della Lega che non poteva allora riallearsi con
chi definiva un giorno si' e l'altro pure "il mafioso" Berlusconi. Grazie
alla "desistenza" di RC l'Ulivo vinse le elezioni. Non avere l'acume politico
di non sfilacciarsi da RC che sosteneva il governo fu colpa di Prodi,
insieme alla rigidita' di RC. Da quell'unico voto di scarto con cui cadde il
Governo e' cominciata la vera odissea del centro-sinistra.

Dare tutta la colpa a RC di questo disastro politico e' una soluzione di
comodo. Berlusconi e' riuscito a coagulare interessi e mondi lontani
anni luce come gli ex-fascisti e i populisti indipendentisti della Lega.
Prodi e il suo entourage non riuscirono ad "illudere", se vogliamo, Bertinotti
che valeva la pena appoggiare il governo. Con qualche concessione sulle 35
ore e i ticket e qualche altra cazzata, Prodi avrebbe assicurato al Paese un
Governo serio, senza i Mastella e i Cossiga, ed evitato il precipizio di
credibilita' che da allora ha accolto il centro-sinistra in Italia.
Questa e' la grande responsabilita' dell'Ulivo: non si governa con le fobie
ideologiche ma con acume, qualche volta scaltrezza se necessario se
volta ad assicurare benessere al Paese. Doveva Prodi respingere le ingerenze
dei gran ghiottoni della Confindustria per il benessere del Paese
dimostrando agli italiani nei 3 anni che ancora gli restavano che il Paese non
sarebbe andato in malora se l'asse del Paese si fosse spostato di un minimo piu'
a sinistra. Il problema e' che Prodi ragionava come la Confindustria e
D'Alema gia' faceva le prove di Governo. Tutti e due sono poi andati a
puttana.

Il 2° capitolo e' il riformismo di cui ci riempiamo la bocca. Due grandi
riforme mi ricordo a memoria: la sanita' e la scuola e l'Universita'.
Ricordo i due ministri Bindi e Berlinguer. Ricordo che essi sono stati
le due prime vittime del riformismo del centro-sinistra alla prima
sconfitta elettorale.
La prova del riformismo dell'Ulivo sta nella defenestrazione dei
rispettivi ministri e nella negazione delle due sole grandi riforme al primo
stormir di fronde delle infinite lobbies italiane. Si e' messo su' e acclamato
come Dio il barone e lobbista Veronesi solo perche' rispetto alla Bindi
diceva che lo spinello e il metadone non fanno male. La riforma della Bindi che
colpiva parte del potere baronale si e' rovesciata, abbandonata,
dimenticata. Non parliamo dell'Universita' e Ricerca di cui con Zecchino
si e' fatto carne da porco. Alle aspettative di democrazia si e' risposto
nello stile e natura e provenineza politica del ministro con il baronato
piu' bieco nell'Universita' e quel concetto tra becero aziendalismo e
lobbismo piu' spinto negli EPR, a detrimento della ricerca, per cui gli
sciacalli della destra ora possono dar fiato alle loro trombe.

Non ci siamo cari ulivisti col discorso di qualche intellettuale della
lista, che rivolto a me e qualche altro dicono: "lasciamoli da parte e
costruiamo la nuovissima DC in alternativa alla nuova DC di Berlusconi".
Se l'Ulivo non portera' dentro di se' i valori magari radicali della
sinistra e il riformismo vero e non di maniera dei vari Mastella, Dini,
Parisi, Boselli, e perche' no la spinta morale di un Di Pietro e la
domanda sociale dei no-global, si sgretolera' assieme al suo inseguimento del
centro ormai pesantemente occupato dai Panzer di Berlusconi, dal furbo
Fini e dal jolly Bossi.

Sergio Molinari

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