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26 Febbraio 2002

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archivio gargonza >>

Oggetto: Re: [Gargonza] la crisi del centrosinistra

Vogliamo divertirci con la ricostruzione? E con un tenativo di scenario
futuro?

Ebbene, una semplice e grossolana (a memoria) cronologia:

1. 1994 Occhetto costretto alle dimissioni. Comincia il periodo D'Alema.
2. 1994-95 fine del primo governo Berlusconi sotto l'impatto delle
manifestazioni pro-Mani Pulite e sindacali
3. 1996 Costituzione dell'Ulivo e vittoria di Prodi e del nascente
movinento
dei comitati per L'Italia che Vogliamo
4. 1996. Insediamento di Prodi e primo "niet" di D'Alema su primarie
nell'Ulivo e su un movimento organizzato (ricordi Valerio? eravamo a
fondare Cpu allora...). Prodi sbagliando ripiega su un "movimentino" guidato
dalla sua fida Magistrelli, eletta da lui medesimo e basta
5. 1997. D'Alema lancia il congresso della "cosa 2". Flop clamoroso.
Non se lo fila praticamente nessuno. Cominciano i mugugni tra di noi. Ma
soprattutto cominciano i mugugni tra i prodiani e i pidiessini.
6 1997. D'Alema lavora alla Bicamerale. Boato promette pesanti
concessioni sulla Giustizia. Berlusconi gioca alla trattativa. Prende tempo. Prodi e
Ciampi lavorano con priorità assoluta all'Euro. E cercamo a tutti i
costi di tenere fermo Bertinotti che comincia a scalpitare. Intanto comincia la
privatizzazione e qualche barlume di liberalizzazione dei mercati.
La tanto attesa fase costituente dell'Ulivo viene prima ridimensionata a
ridicole primarie "sul programma". Poi non si fanno manco quelle. Il
mercato partitico resta oligopolistico...
7. 1998. Dentro 'Ulivo c'è maretta forte. Calabrese e i prodiani doc
(Eco....) organizzano Gargonza per "stanare" D'Alema e aprire la fase
"costituente" del movimento-partito. Lui rinforza l'alleanza partitica
con Marini, tratta con Cossiga, apre alla Confindustria. Poi va a Gargonza e
liquida Flores D'Arcais e Calabrese. Il Corriere pubblica integralmente
il suo intervento. L'Ulivo-movimento-partito è morto (nasce questa lista,
che fissa quel punto cruciale, molti di noi qui gridano). Nasce la
coalizione che poi, poche settimane dopo, si muterà nella fase due.
1998, estate. Crisi di Governo nel momento perfetto per i sostenitori
della coalizione di partiti, a egemonia Ds. Quasi impossibili le elezioni a
causa sia del semestre bianco che della guerra. Nessuno, (io compreso),
protesta.
Berlusconi e Fini appoggiano D'Alema sulla guerra. Clima idillico di
concordia nazionale. Bertinotti, depauperato da Cossutta, ha in cambio
il monopolio dell'anti americanismo.
1999-2000. Il Governo D'Alema manca il suo autentico obiettivo: far
ripartire l'Italia dopo la "cura Ciampi-Prodi". Alcuni settori (new
economy) hanno uno sviluppo artificialmente accelerato, la "banca d'affari" di
Palazzo Chigi lavora ma il grosso della piccola e media impresa è sotto
il peso delle tasse. Idem per i salari, a cominciare da quelli operai.
Mercati trainanti come le telecomunicazioni restano sotto monopolio di fatto. E
così la Tv, dove la Rai nessuno la tocca. Invece D'Alema punta su Colaninno-
la Sette. Il popolo dell'Ulivo vede svanire il suo sogno. C'è un ceto di
funzionari di partito al potere, tutti autonominati o cooptati dal
"lider maximo". Mastella impazza. Prodi è un ricordo lontano.
Regionali 1988: tonfo inatteso (per le dimensioni) dell'Ulivo. Comincia
la disgregazione, politica, umana e finanziaria dell'apparato Ds. D'Alema è
a braccetto con Blair. I Popolari sono ai minimi termini. Mediaset si
quota in Borsa trionfalmente. Nessuno alza alcun cartellino rosso. Berlusconi ha
di nuovo risorse abbondanti, per la prossima campagna elettorale. I partiti
dell'Ulivo manco una lira. Viene accantonata qualsiasi strategia sul
conflitto di interessi, per paura della macchina propagandistica di
Berlusconi.

2000-2001. Si avvia il processo automoltiplicativo di sconfitta. Come se
qualcuno avesse deciso di passare la mano. D'Alema si ritira e Amato
tiene pro-tempore il governo. L'Ulivo non ha una guida. Segue sciattamente il
percorso elettorale, non si gioca alcuna alleanza. Sembra voglia
perdere.
Ricaccia Di Pietro e Bertinotti nell'angolo. Alla fine, pur ottenendo
una sommatoria di voti delle forze anti berlusconi superiore al Polo, perde
e consegna l'Italia per una (o più) legislature al Polo.

2001 (seconda metà). Per sei mesi nanche una parola, nemmeno
un'autocritica sensata. Un congresso ds senza esito e senza contenuto, che conferma D'Alema
e lo status quo. Il vuoto. Depressione generale.

2002. Il Governo Berlusconi comincia ad attuare il suo programma:
giustizia (rogatorie, falso in bilancio), scuola, mercato del lavoro. La Cgil fa
muro, ma deve calibrare con attenzione le mosse, di fronte a Cisl e Uil per
nulla accodate. Poi comincia, prima con l'episodio di Firenze, il fai-da-te.
Moretti: è il grande e plateale schiaffio in faccia ai protagonisti
della mancata autocritica e della mancata nuova strategia. Poi i Girotondi e
sabato il Palavobis. Flores D'Arcais ha la sua rivincita da Gargonza:
parla a 40mila milanesi (e dintorni) spontaneamente convenuti. Dieci volte di
più di quanti ne contino i Ds, come reali militanti attivi, nell'area.

Non pretendo che questa ricostruzione sia perfetta. Ma, per rispondere a
Valerio e Lorenzo, mi pare sufficiente dare il senso di direzione di
tutto ciò. Una strategia è fallita, e non solo D'Alema ne è responsabile
(persino Prodi che nel 96 e poi nel 98 non volle andare allo scontro sull'Ulivo,
in nome della priorità-Euro, ne ha una piccola parte).

Oggi, nel baratro della disperazione, emerge spontaeamente il "pattern"
(il modello) di allora: un movimento di massa, per la fuoriuscita
dell'Italia dal giogo della doppia morale, della corruzione, delle appartenenze
asfissianti. Per una Italia diversa e nuova, equilibrata e affidabile.

Non vi è più a sinistra, come nel 1996-97 la presenza paralizzante
dell'apparato ds motivato da una strategia egemonica (oggi finita). Vi
sono solo persone e compagni, c'è spazio, anche se coperto di rottami è
comunque spazio aperto.
C'è Di Pietro, il meraviglioso e sanguigno tribuno, ma tutti sanno che è
e sarà solo parte del futuro. Non di sola legalità si vive, ma anche di
un progetto.
C'è Cofferati, ma restiamo un paese che, di riffa o di raffa, ha un
welfare sbilenco, senza una piattaforma reale di serenità collettiva, per noi e
per i nostri nuovi cittadini (lo si voglia o no) di altre parti del pianeta.
Serenità non è solo reddito di cittadinanza, ma anche formazione,
ri-scommessa continua su se stessi.
C'è un 40% del paese fatto di imprenditori, piccoli, brutti e cattivi,
ma che il conto economico devono comunque farlo quadrare a fine trimestre,
per sè e per gli altri. E che per lunghi decenni, sotto la Dc, hanno pagato
poche tasse, tradotte in debito pubblico. Poi, da dieci anni a questa
parte (pena la bancarotta del sistema) le hanno digrignando pagate. E oggi
vorrebbero tornare ai bei tempi d'oro. Ma Tremonti, temo per loro, non
potrà molto di più di Visco, stando almeno il patto di stabilità. Potrà nelle
intenzioni caricare un pò più i poveri per alleggerire i ricchi. Ma
questa Supply Side non ha funzionato in nessun paese, compresi gli Usa di
Reagan.
Se non come propaganda fiscale. Non certo come sviluppo.
C'è una Pubblica Amministrazione complicata, che potrebbe costare meno.
E di qui finanziare il Paese, invece di assorbirne il 40% dei redditi. Ma
una piattaforma di serenità in gran parte automatica e universale qui deve
passare attraverso cambiamenti profondi. E la sinistra, con il suo
elettorato sindacalizzato nel pubblico, deve al proposito affrontare una
profonda riflessione. Inproponibile ai tempi sia di Prodi che di
D'Alema.

Insomma: il Palavobis può essere l'inizio per porre un argine (ai liberi
istinti dell'altra parte) ma deve essere anche l'avvio di una effettiva
discussione politica. Abbiamo perso, in realtà, perchè esausti da dieci
anni di risanamento del Paese non abbiamo un programma. E così abbiamo
lasciato campo libero alla gestione a vista dei D'Alema, razionalmente suicida.
Perchè "l'Italia che vogliamo" è ormai obsoleta, in parte realizzata e
in parte superata (salvo il suo spirito, quasi risorgimentale) e ci vuole
il "passo avanti", il "next level".
L'Italia come primo paeseal mondo del modello equilibrato. Della libertà
nella legalità fondata su una piattaforma universale minima (ma
aggiornabile) di serenità e di fiducia reciproca. Su regole ragionevoli,
non vendicatorie (o grida manzoniane e processi infinitamente inconcludenti)
e la possibiltà per tutti di creare di continuo "giochi in cui tutti
guadagnano", materialmente e non.
Io questo Paese vorrei oggi per mio figlio.
ciao
beppe

P.s. e non vorrei invece una ennesima stagione di radicalizzazione, di
strategia della tensione, e di odio e quindi di rancore.




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