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Temi Caldi" le dicussioni chiave degli ultimi 15 giorni.
In questa sezione vengono periodicamente messi in evidenza alcuni dei messaggi piu' interessanti estratti dalle nostre mailing list.

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28 Novembre 2001

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[Gargonza] WTO 2
Cari amici:
Riprendo il mio messaggio da dove l'avevo interrotto: abbiamo illustrato
il cammino che ha portato da Seattle a Doha, veniamo ora alle
conclusioni della conferenza ed al contenuto dell'agenda del nuovo
negoziato che si apre a gennaio.
Il risultato di Doha e' l'apertura della cosiddetto "Round per lo
Sviluppo", la cui durata e' prevista dal gennaio 2002 al dicembre 2004.
Le parti dovranno trovare un accordo sui vari temi in discussione per
quella data. In questo senso, Doha e' stata un successo perche' si e'
ottenuto l'obiettivo principale, proprio cio' che non era riuscito a
Seattle.
Se cosi' non fosse stato, la credibilita' del sistema multilaterale di
commercio sarebbe stata ferita a morte, portando probabilmente ad un
passo indietro nel processo di apertura dei mercati.
Ma cos'era davvero in gioco? In teoria, tutti i paesi del mondo e
perlomeno tutti i membri del WTO sono a favore del libero commercio.
Nella pratica, ognuno cerca di ottenere maggiori aperture nei settori
dove e' piu' competitivo e maggiori protezioni dove e' invece piu'
debole.
I vari Round del GATT dal 1945 in poi, sino all'ultimo (Uruguay Round
del 1993) hanno avuto come effetto la progressiva riduzione delle
tariffe doganali, che sono oggi in termini generali molto basse e non
costituiscono piú un ostacolo al commercio.
Ma rimane l'eccezione agricola: in quel settore, cosí importante per
molti paesi esportatori anche in via di sviluppo, i dazi sono diminuiti
molto meno, rimanendo ancora oggi a livelli altissimi.
A fronte della diminuzione dei dazi (misure tariffarie), sono poi emerse
tutta una serie di nuove barriere (misure non tariffarie) di
variegatissima natura che creano ostacoli molto seri al commercio
(misure sanitarie, regolamenti tecnici, certificati, standards etc.).
L'idea di fondo del WTO e' quella di creare dei regolamenti
multilaterali in maniera da evitare misure abusive od arbitrarie che in
realta' nascondono atteggiamenti protezionistici.
Il concetto - chiave e' quello di "non discriminazione": io posso
introdurre il regolamento tecnico che considero piu' opportuno, ma devo
farlo in maniera trasparente, giustificarlo su basi serie e soprattutto
applicarlo in maniera non discriminatoria nei confronti dei prodotti di
altri paesi.
Di esempi se ne potrebbero fare molti, ma basti uno: il primo caso
giudicato dall'organo del WTO che si occupa della risoluzione delle
controversie vide la condanna degli Usa che avevano proibito l'acquisto
di tonno messicano perche' esso era stato pescato (in Messico!) senza
rispettare i dettami della legge americana (cioe' con reti speciali che
impediscono la cattura di altre specie marine). Il WTO giudico'
pretestuoso l'uso di tale legge, che in realta' copriva un atteggiamento
protezionistico americano (protezione della flotta da pesca americana).
Un caso simile oppose piu' tardi Canada ed UE (soprattutto Spagna),
quando i canadesi vollero limitare unilateralmente l'accesso alla acque
canadesi di barche europee (spagnole), usando come argomento la
protezione del fletano. Intendiamoci: tutti gli accordi in materia di
pesca prevedono delle quote limitate di catture e tengono conto della
protezione delle speci ittiche, ma cio' che non posso fare e' emettere
leggi unilaterali e poi applicarle solo a sudditi stranieri. Questa e'
discriminazione ed e' illecita.
Il problema della minore liberalizzazione del commercio agricolo
rispetto a quello industriale fa si' che i paesi grandi esportatori
agricoli (Usa, ma anche Argentina, Brasile, Canada, Australia, Nuova
Zelanda e molti PVS) abbiano approfittato molto meno degli esportatori
di beni industriali e servizi dell'apertura dei mercati.
Certo, gli Usa hanno potuto compensare questo fatto in altri settori, ma
molti PVS ed emergenti sono fondamentalmente competitivi solo nel
settore agricolo o primario, e l'asimmetria del commercio internazionale
li ha penalizzati.
D'altro canto, questi paesi sono stati costretti ad aprire i loro
mercati ai prodotti dei paesi industrializzati, senza pero' ricevere in
contropartita l'apertura completa dei mercati agricoli.
La situazione dell'UE e' complessa: da un lato e' il primo compratore di
prodotti agricoli dei PVS e dei grandi esportatori agricoli, ma
dall'altro canto i meccanismi della PAC aumentano artificiosamente i
prezzi interni creando una barriera pressoche' insormontabile per i
prodottoi che competono con l'agricultura europea.
Il risultato sono i prezzi altissimi degli alimenti in Europa ed il
mantenimento di un' agricultura europea relativamente inefficiente.
Il dibattito sul tema potrebbe essere lunghissimo, e magari ci torneremo
se a qualcuno interessa, ma la nostra decisione, per molti versi
legittima, di mantenere in piedi, per ragioni non solo economiche, ma
piuttosto sociali e culturali, un settore agricolo inefficiente
contrasta, e di molto, con le nostre ambizioni libero cambiste.
Predichiamo il libero commercio ma non lo pratichiamo quando si parla
d'agricultura.
I problemi sono vari: da una parte precludiamo a molti paesi piu' poveri
un maggiore sviluppo, perche' riduciamo l'accesso dei loro prodotti
(meno cari) ai nostri mercati, pero' d'altro canto esigiamo da loro che
aprano i loro mercati ai nostri beni e servizi.
Un problema addizionale cui spesso non si pensa e' poi che il prezzo
finale degli alimenti in Europa e' molto piu' caro rispetto al resto del
mondo perche' i prodotti ricevono forti sussidi alla produzione. I
consumatori pagano quindi due volte i loro alimenti, una volta via
finanziamento del sussidio (tasse) ed un altra volta attraverso il
prezzo (alto) pagato al dettaglio.
Lo si puo' fare, se si decide che si e' disposti a questo sacrificio, ma
e' anche legittimo che i nostri partner commerciali si sentano
penalizzati da questo sistema.
Il meccanismo che e' realmente sotto accusa sono i sussidi
all'esportazione di prodotti agricoli, che consistono nel pagamento
all'esportatore europeo (od americano) della differenza tra il prezzo
interno ed il prezzo mondiale, naturalmente piu' basso, in maniera tale
che il prodotto possa venire esportato su mercati terzi nonostante il
suo prezzo sia superiore.
La cosa curiosa e' che per i prodotti industriali esistono severi
meccanismi di lotta contro il dumping, pero' in matiera agricola no. Nel
concreto, i sussidi pagati agli agriclotori dei paesi ricchi bruciano il
mercato alle potenziali esportazioni dei paesi produttori di alimenti.
In questo quadro, i paesi esportatori esportatori agricoli avevano
imposto come condizione per il lancio del round l'eliminazione dei
sussidi agricoli all'esportazione ed una riduzione sostanziale dei
sussidi interni alla produzione.
Una precisazione: in termini assoluti, chi paga piu' sussidi sono gli
europei, in termini pro capite sono gli americani.
La dichiarazione di Doha prevede che siano aperti negoziati tendenti a
questi due obiettivi anche se senza garanzia di risultato (frase fatta
aggiungere dall'UE; nella versione originale si prevedeva l'eliminazione
completa dei sussidi, adesso dipendera' dall'andamento del negoziato).
I paesi esportatori sono soddisfatti, perche' per la prima volta il
principio del libero commercio passa anche all'agricultura; i paesi che
concedono sussidi anche perche' riescono ad eliminare l'automaticita'
dell'eliminazione dal testo. Vi lascio immaginare la difficolta' di un
tale negoziato.
Gli altri punti principale del nuovo Round saranno:
1. Implementazione e revisione delle regole del WTO: i paesi emergenti
tenevano molto a che si lavorasse sul'approfondimento degli impegni
anteriormente presi piuttosti che aprire nuovi fronti negoziali.
Sono stati soddisfatti in parte: la revisione degli accordi precedenti
sara' effettuata, ed alcuni meccanismi esistenti (antidumping, crediti
all'esportazione, regimi interni di promozione degli investimenti)
giudicati oggi come sbilanciati a favore dei paesi ricchi saranno
rivisti;
2. Serviz: i negoziati partono subito su banca, assicurazioni,
telecomunicazioni e turismo. Dobbiamo far notare che i servizi
rappresentan oggi il 60% del P.I.B. mondiale, e la regolamentazione
della materia e' senza dubbio sfasata rispetto a tale realta');
3. Tariffe industriali: ulteriori abbassamenti sono previsti;
4. Soluzione delle controversie: revisione dei meccanismi per renderli
piu' equi e funzionali;
5. Ambiente: l'UE voleva l'introduzione di clausole ambientali nel
commercio internazionale. E' un principio utile, difeso da molte ONG e
che risponde ad una preoccupazione reale delle nostre opinioni
pubbliche, ma e' anche terribilmente a doppio taglio perche' apre la
porta a molti possibili abusi. I PVS erano quindi contro, soprattutto
sull'introduzione del cosiddetto principio di precauzione, che permette
la sospensione unilaterale dell'impotrtazione di un prodotto. Alla fine
il compromesso e' stato il seguente: entrano nel negoziato lo studio di
meccanismi tra le regole del WTO ed altre convenzioni internazionali in
materia ambientale, in maniera da evitare incoerenze e contraddizioni.
L'obiettivo e' la definizione di regole chiare e trasparenti appunto per
evitare unilateralismi.
6. TRIPS: accordo sulla proprieta' intellettuale. Grande vittoria dei
PVS (Brasile, India e Sudafrica in testa) che ottengono l'introduzione
del principio di flessibilita' in materia di rispetto dei brevetti. E'
l'effetto della battaglia sull'AIDS. In caso di emergenze di natura
sanitaria, il ripsetto di brevetti e patenti puo' essere sospeso;
introdotto anche il principio del legame con la Convenzione sulla
Diversita' Bilogica e la valorizzazione della biodiversita' e delle
culture tradizionali (lotta contro la cosiddetta biopirateria);
7 Altri temi: si trattava di una cesta di altre questioni sulle quali i
paesi industrializzati e specialmente l'UE hanno insistito molto.
Di fronte alla crescente complessita' del commercio internazionale, si
trattava di includere nel negoziato la definizione di regole
multilaterali su: investimenti, appalti pubblici, concorrenza,
facilitazione commerciale.
Alla fine i PVS l'hanno avuta vinta: per il momento ci si limitera' ad
ad effettuare studi tecnici in queste materie, per quanto riguarda
eventuali negoziati se ne parlera' tra due anni.
I paesi meno sviluppati temono infatti di essere sottomessi a nuove
raffiche di concessioni in questi campi, dove chiaramente sono di nuovo
i paesi ricchi a godere di un maggiore potenziale.
Bene, non e' tutto quanto deciso a Doha, ma un riassunto dei punti piu'
importanti.
Segnalerei due punti:
- si tratta dell'agenda negoziale piu' equilibrata della storia
dell'organizzazione: un insieme di fattori, gia' illustrati in
precedenza, tra cui non ultimi lo shock post - 11 settembre e le
proteste internazionali anti - globalizzazione hanno obbligato la
comunita' internazionale a prendere atto di un disagio largamente
diffuso cui si deve rispondere con fatti concreti;
- l'essere riusciti a fissare un' agenda e' gia' molto, ma adesso
comincia il difficile. Il negoziato sara' durissimo e come potete vedere
i temi sono molti e complessi. Le risposte non sono facili e le
soluzioni richiederanno molta ma molta ambizione e coraggio. Da parte di
tutti, non solo di chi negozia, ma anche delle societa' civili che
seguono questi processi sempre piu' da vicino.
Il dovere di tutti noi e' quello di informarci per poter esprimere
opinioni costruttive e non slogan: quelli si' che sono controproducenti.

Ciao a tutti.
Stefano Gatto
Brasilia D.F.



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