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23
Novembre 2001
[Gargonza]
WTO: da Seattle a Doha
A solo due anni dagli strepiti di Seattle, la Conferenza Ministeriale
di Doha (Qatar) e' riuscita a trovare un accordo sull'agenda di un nuovo
ciclo di negoziati commerciali, che dovranno iniziare nel gennaio 2002
per concludersi entro il 31 dicembre 2004. Il nuovo round si chiamera'
"Agenda per lo Sviluppo", ed avra' come obiettivo fare un nuovo
passo
avanti nel processo di liberalizzazione del commercio internazionale.
Il nuovo
round segue l'ormai famoso "Uruguay Round', chiusosi nel 1993
con la Conferenza di Marrakech, che aveva tra l'altro supposto la
trasformazione del GATT in OMC.
Mi pare assai
significativo che, a fronte dell'enorme attenzione che
aveva suscitato Seattle, l'OMC sia riuscita oggi, a solo due anni di
distanza, a trovare un accordo (consensuale) su un progetto che era
allora fallito, ed a farlo nella sostanziale indifferenza dei media e
dell'opinione pubblica.
Cerchiamo
di capire cosa successo tra Seattle e Doha:
1. A Seattle,
e' definitivamente morto un certo modo di fare politica
internazionale e diplomazia ignorando l'opinione pubblica. Per molto
tempo, la politica internazionale e' stata un ridotto per specialisti,
sottoposta ad uno scarso controllo dei poteri legislativi (in quanto
"domaine réservé") ed ignorato dall'opinione pubblica
(salvo in caso di
guerre). Il giorno per giorno della politica estera e' sempre stato
ignorato dal grande pubblico, specie quando si trattava di questioni
commerciali, tecniche e complesse;
2. Le proteste
di Seattle hanno messo in evidenza perlomeno due cose:
2.1 Nell'opinione
pubblica mondiale esiste, tanto nel Nord come nel
Sud, un oggettivo disagio nei confronti degli effetti perversi della
globalizzazione e della "mercantilizzazione" dei rapporti sociali
da
essa derivata;
2.2 Gli
effetti della liberalizzaione commerciale a scala mondiale sono
ineguali, venendo beneficiati molto di piu' i paesi industrializzati che
quelli piu' poveri, anche se persino nei primi si diffonde una
percezione di "star perdendo qualcosa".
3. Il fiasco
di Seattle dimostro' anche se il metodo di creazione del
consenso internazionale che aveva prevalso negli ultimi decenni in
materia commerciale non era piu' valido: Usa, UE e Giappone, le grandi
potenze in campo, non possono piu' permettersi di concludere accordi tra
di loro obbligando nella pratica tutti gli altri a seguirle. Per le
ragioni di cui sopra, e' necessario prendere seriamente in conto gli
interessi dei paesi in via di sviluppo, ascoltare la loro voce e
definire nuove regole del gioco piu' equilibrate per tutti.
4. Tra Seattle
e Doha, l'Unione Europea, sotto la direzione del
Commissario francese Pascal Lamy, ha portato avanti uno sforzo capillare
di "consensus building", con l'obiettivo di riuscire a lanciare
un nuovo
ciclo di negoziati commerciali dal contenuto il piu' ambizioso
possibile: e' quello che e' riuscito a Doha.
Perche' il
ciclo doveva essere ambizioso? Proprio per rispondere ai
nuovi stimoli che vengono dalle societa' e dal Sud del mondo: quanto
piu' ampia l'agenda di discussione, tanto piu' possibile sara'
identificare proposte e soluzioni che possano interessare ai diversi
membri dell'OMC.
Ed anche
perche' il commercio internazionale si e' incredibilmente
trasformato nel corso degli ultimi 10 anni: non solo il commercio in
servizi e' molto piu' significativo (e molto meno regolato) di quello
tradizionale in beni, ma una molteplicita' di altre dimensioni si sono
venute ad aggiungere alla materia, creando un quadro realmente
complesso: pensiamo alle questioni legate alla proprieta' intelletuale
ed alle conseguenze in materia sanitaria, alle questioni di salute
pubblica e protezione dei consumtori, ai legami con la protezione
dell'ambiente, con le regole in materia lavorativa ed altre ancora.
Il nuovo
ciclo non poteva quindi limitarsi a prevedere ulteriori quote
di liberalizzazione, ma doveva per forza tener conto di questo quadro
piu' complesso.
Con un avvertenza:
le soluzioni non sono affatto univoche. Quando José
Bové si erge a paladino dell'agricoltura protetta europea (e dei
sussidi
che gradiva ricevere come esportatore di formaggi sovvenzionati) sta al
tempo stesso proponendo soluzioni ch mortificano le possibilita' di
sviluppo, tramite esportazioni agricole, proprio di quei paesi emergenti
cui dichiara (a parole) grandi simpatie.
O quando
Brasile, India e Sudafrica sfidano (giustamente) le
multinazionali mediante la produzione locale di medicine, si pone il
problema del rispetto della proprieta' intellettuale e dei potenziali
effetti negativi (per tutti) sul futuro della ricerca farmacologica.
Bando quindi
ai banalizzatori ed ai fornitori di verita' assolute e
parziali: trovare soluzioni equilibrate non e' affatto facile.
Per cercare
di rispondere a questa sfida, l'Unione Europea ha quindi
cercato di coinvolgere nel processo di creazione del consenso alcuni
paesi considerati chiave tra gli emergenti, rompendo quell'asse
privilegiato Washington - Bruxelles che ha fatto ormai il suo tempo.
Per informazione
questi paesi sono, grosso modo: Brasile, Messico,
Sudafrica, India, Indonesia, Egitto, Malaysia, oltre a Canada e
Australia. Questo nucleo duro si e' quindi venuto ad aggiungere ai
tradizionali UE, Usa e Giappone nella preparazione, durata due anni,
della nuova Conferenza. Del gruppo hanno comunque anche fatto parte
altri paesi, soprattutto come rappresentati regionali, ma i "key
-
players" erano chiaramente quelli elencati.
Infatti,
sarebbe stato impossibile definire un agenda di lavoro a 142,
non c'e' bisogno di essere un grande diplomatico per capirlo. L'agenda
la definisce un gruppo ristretto, anche se ora allargato, l'insieme dei
membri dell'OMC l'approva o no.
Se il processo
e' andato avanti con successo sino all' 11 settembre, gli
attentati hanno per un attimo distolto l'attenzione dalle questioni
commerciali. La prima impressione fu che di negoziati commerciali non
si
sarebbe piu' parlato per un po', guerra oblige.
Ed invece
la catastrofe dell' 11 settembre e' servita come input
positivo: tra le altre cose, gli attentati sono venuti a rinforzare
l'idea che il mondo e' strutturato su base ingiuste (anche se questo
naturalmente non vuol dire che gli attentati siano per questo
giustificabili). Un nuovo round di negoziati che permetta un rilancio
del commercio su basi piu' giuste puo' quindi servire ad alliviare le
tensioni che attanagliano l'umanita'.
Ecco quindi
che le condizioni per il raggiungimento di un consenso sono
aumentate notevolmente, dopo Seattle e dopo l'11 settembre.
Com'e' avvenuta
questa costruzione consensuale dell'agenda del WTO? Da
una parte, i contatti tra i Commissari europei ed i loro omologhi,
Ministri dei paesi scelti come riferimento, sono stati molto piu'
frequenti che in passato. Ogni riunione aveva per scopo quello di
avanzare passo passo sull'insieme della'agenda, eliminando pregiudiziali
o tabú. E' chiaro che in quadro di questo tipo tutti devono fare
concessioni, non siamo piu' in un mondo dove i forti possono disporre
a
loro piacimento dei piu' deboli.
Sono poi
stati organizzati molti seminari regionali tipo
"brainstorming", ai quali sono stati invitati i funzionari dei
vari
paesi che avrebbero concretamente portato avanti i negoziati. Io stesso
ho partecipato a vari di qusti eventi in America latina: queste
iniziative, sponsorizzate dalla Commissione, sono sono state utilissime,
perche´ hanno permesso alle persone che successivmente sarebbero
state
coinvolte nel negoziato di discutere in liberta' sui temi oggetto dei
negoziati, creando tra l'altro vincoli di familiarita' sempre molto
utili.
E poi l'UE
ha lanciato alcune iniziative che andavano oggettivamente
incontro alle esigenze dei paesi in sviluppo: l'iniziativa EVERYTHING
BUT ARMS, che apre i mercati europei alla pratica totalita' dei prodotti
dei PVS e ACCESS TO MEDICINES che, appoggiando l'iniziativa
brasiliana e sudafricana di sospensione dei brevetti di alcune medicine
in casi d'emergenza apriva la via al raggiungimento di un consenso
internazionale su questa delicata materia.
Da notare
infine un'ultima, importantissima differenza di metodo tra
Seattle e Doha: a Seattle si falli' anche perche' si pretese di fissare
nel documento iniziale del negoziati quali sarebbero stati i risultati
finali. A Doha, piu' modestamente, si e' fissata un'agenda iniziale, che
sara' oggetto di negoziati nei prossimi tre anni.
Con tutte
queste premesse, Doha e' stato un successo, ma arrivare in
fondo e' stato comunque difficilissimo, ed il round sara' molto, ma
molto impervio.
Ma da Doha
sono usciti soddisfatti quasi tutti i paesi, e questa e' una
bella novita' rispetto al passato.
Per non esagerare
nell'uso del kB, continuero' prossimamente con
l'analisi dei
risultati tema per tema.
Ciao a tutti.
Stefano Gatto
Brasilia D.F.
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