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In
questa sezione vengono periodicamente messi in evidenza alcuni dei
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7
Aprile 2002
[Gargonza]
Osservazioni mediatiche sparse sul M.O.
Mi sono accorto
che, nella capillare partigianeria di Paolo Luongo e tutta
la cricca radiotelevisiva sui fatti del Medio Oriente, tra le infinite
asimmetrie della finta equidistanza, ce n'è una in particolare
che spicca su
tutte.
E cioè
i funerali. Il trattamento riservato ai morti. Faccio degli esempi. I
funerali israeliani non si mostrano mai. La mamma israeliana che piange
disperata non la si mostra mai. I morti isareliana sono quasi sempre
ricondotti al loro numero: 6, 13, 27. Stop. Di quello palestinese si fa
sempre la storia: se era un martire si mostra la videocassetta, si fa
vedere
che in fondo era un bravo ragazzo, che fino al giorno stesso aveva lavorato
sodo per tirare avanti la baracca, che poi non si sono avute più
notizie,
poi si vede la mamma che piange, il padre che è orgoglioso, gli
amici che
appendono il poster sui muri, etc. Se il morto palestinese è un
innocente,
colpito per caso o comunque estraneo al terrorismo, allora c'è
la breve
biografia, cosa faceva qul giorno, la spiegazione dell'innocenza della
vittima (con il significato implicito che essa assume), e naturalmente
lo
strazio dei genitori e amici.
Al contrario,
dei morti isareliani si rimane sempre al dato numerico. La
notizia dell'attentato, anche nei resoconti, è coperta *istantaneamente*
dalla discussione sulla rappresaglia, anche se ancora non c'è stata
nessuna
nessuna rappresaglia.
Lo schema
è questo. Atto terroristico. Se ne dà notizia. Si parla
di "nuovo
drammatico fatto di sangue in Medio Oriente". Si parla di "kamikaze".
La
parola "palestinese" è pronunciata non più di
1 volta. 5 secondi sul numero
delle vittime. 50 secondi di ipotesi e commenti sulla imminente rappresaglia
israeliana e sull'"offensiva del giorno prima di Gerusalemme"
o sulle
dichiarazioni bellicose di Sharon o sul ferimento e l'uccisione di qualcuno
da parte dell'esercito israeliano. Non c'è neppure il tempo di
essere
vittima, che Israele torna già ad essere il carnefice. Mi sbaglio
? E
partono subito le immagini di repertorio dei carri armati israeliani.
Me ne
sono accorto. In occasione delle ultime esplosioni. Mentre si accennava
al
massacro di 22 isareliani scorrevano le immagini dei bombardamente degli
aerei palestinesi. Anche nei giorni successivi, di quei 22 morti si è
in
pratica persa traccia. Foto non se ne sono viste, neppure i funerali o
le
madri addolorate. Si sono visti solo i carri armati che accerchiavano
la
basilica di Betlemme con dentro i terroristi che "aevavno deposto
le armi" e
poi l'"escalation", Arafat confinato, etc. O sbaglio ?
Io sono troppo
malfidato per credere che le cose succedano per caso. Il caso
non si si muove sempre allo stesso modo. E' come per le cariche elettriche:
l'elettricità della materia non è normalmente avvertita
perché le cariche
delle molecole si orientano tutte a caso e si compensano a vicenda. Se
si
orientano in maggioranza nello stesso verso, si crea un effetto
macroscopico. Ma quando accade questo è perché c'è
un agente esterno che lo
provoca: è un fenomeno che spontaneamente non ha nessuna probabilità
di
realizzarsi. Lo stesso penso per l'informazione mediorientale in Italia:
c'è
chiaramente una visibile regia, una regia magari non unica, ma non è
possibile che *per caso* i dettagli si orientino sempre allo stesso modo,
in
un modo che peraltro appare attentamente studiato. Anche quando si cerca
di
manifestare una qualche obiettività, è percepibile che certe
frasi sono
messe lì solo per riempitivo, del tipo "questo lo dico così
non scocciate
più che siamo faziosi" (somiglia a quando Pannella fa gli
scioperi della
fame perché non se lo flano in TV, fa un casino della madonna,
va dal papa,
dal presidente, dalla commissione di garanzia, dal padreterno, fino a
che
qualcuno gli dà udienza e poi dice alle televisioni "ma cagateli
un po' sti
radicali", e allora il giorno dopo parlano 30 secondi dei radicali,
psiegano
della loro petizione di 89 firme sui referendum o sulle proposte di legge,
fanno vedere la foto di Pannella e Capezzone, 30 secondi in tutto, e solo
per una volta, poi dopo riscompaiono e ritornano nel nulla).
E così
in TV, dietro la mezza frase di circostanza, di equidistanza
politically correct, poi riparte subito la bordata anti-israeliana, spesso
sottile, magari annidata in un montaggio delle immagini che lancia messaggi
tutti in verso precisissimo, o magari annidata nel linguaggio, nella
simmetrica equiparazione Sharon-kamikaze (almeno nei costrutti verbali),
o
nello schema attentato-rappresaglia, che talvolta viene perfino capovolto,
tanto che l'attentato sembra la risposta all'ennesima nefandezza degli
israeliani. Io non ci vedo nulla di onesto in questo modo di fare
informazione.
Ultima cosa. Su "Repubblica" di sabato 6 aprile è apparso
un articolo di
Adriano Sofri, che scrive quasi sempre cose bellissime e profonde. Ma
quello
di sabato era di una bellezza che mi ha fatto trasalire, sconvolgente.
Il
titolo è "Il dovere di amare lo Stato di Israele". Credo
che quell'articolo
andrebbe letto da tutti e, anzi, mi piacerebbe che, se qualcuno ce l'ha,
lo
diffondesse, o almeno me lo spedisse.
Paolo Francini
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