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7
Aprile 2002
Oggetto:
[Gargonza] no, il girotondo no !
Data:Sun, 7 Apr 2002 13:28:23 +0200
La faccenda
dei girotondi e del suo
saldarsi con la protesta sociale-sindacale.
Ci trovo molto di inquietante nelle forme e nei contenuti della recente,
vasta, sollevazione di massa contro l'esecutivo Berlusconi da parte
dell'opposizione di sinistra.
Trovo pericoloso
che una minoranza attiva di cittadini voglia negare la legittimità
di un governo eletto democraticamente e voglia impedirgli di governare.
Trovo pericoloso
quando si parla di "regime" e si lanciano appelli a
"resistere". L'Italia è un paese libero e rimane libero.
Chiunque, in
questo paese, ha la possibilità di esprimere liberamente il proprio
pensiero
senza commettere reato. Chiunque può liberamente muoversi nel territorio
o
entrarne o uscirne, senza essere soggetto a controlli speciali o a
particolari autorizzazioni. Ci si può liberamente riunire o associare,
si può usare internet. Si può apertamente manifestare la
propria
religiosità o il prprio ateismo o quant'altro. Si può aderire
od opporsi a qulunque
sistema filosofico senza incorrere in reati o impedimenti (dal marxismo
al tantrismo, dallo strutturalismo ai fiori di Bach). Si possono fare
spogliarelli maschili e femminili. Ci si può fidanzare, sposare
e
separare.
Si può far sesso tra adulti, con chi si vuole e come e quanto si
vuole,
senza infrangere leggi o essere accusati di niente. Gli imputati vengono
processati e godono di precise garanzie durante le indagini ed il
processo.
Sono bandite la tortura e la pena di morte. Vengono realizzati film e
programmi televisivi e libri dove si manifesta liberamente il pensiero
di chiunque voglia farlo. Molte di queste opere sono senza dubbio
contrarie all'attuale governo, forse in maggioranza. E allora, vorrei
che si
spiegasse in cosa consiste il regime. Non possiamo ululare a vuoto contro
un
regime inesistente. Se si parla di regime servono i fatti. Quando la lista
delle libertà e dei diritti che ho elencato verrà ridotta
o abolita, allora si
potrà discutere dell'avvento di un qualche regime, con un concreto
fondamento.
Si intende
forse la straordinaria concentrazione
politico-economico-editoriale nelle mani di un unico soggetto ? Si
tratta senza dubbio di una brutta anomalia da risolvere. Ma non ha a che
fare con la restrizione delle principali libertà. Non tocca le
garanzie ed i
diritti democratici. Tocca l'economia e la lotta politica e l'informazione.
E'
un'altra cosa. O
si intende per "regime" la concreta realizzazione di atti di
governo
ai quali si è contrari ? (come, ad esempio, la modifica di alcune
leggi o
la modifica di istituti sociali). Se così è, siamo fuori
da ogni logica. Il
sistema democratico contempla che si possa governare anche in
disaccordo,
anche in forte disaccordo, da chi si oppone al governo. Non a caso, si
parla di "opposizione". Non a caso, l'opposizione ha ricevuto
una minoranza di
voti, mentre la maggioranza acquisisce, dopo la prova elettorale, il
diritto e il mandato di governare.
Trovo pericoloso
che in molti neghino al governo il diritto di
governare, agitando il vessillo del "regime" per ogni decisione
del governo che non
si condivide. In verità, l'accettare che la maggioranza democraticamente
eletta decida per tutti è l'essenza stessa della democrazia. Vale
a dire, che
la maggioranza prenda le decisioni, anche antitetiche a quelle preferite
dalla minoranza, e che queste decisioni possano anche danneggiare gli
interessi rappresentati dalla minoranza parlamentare ed elettorale. Perché
la
democrazia è anche questo, anzi è soprattutto questo: è
rappresentanza,
alleanza e conflitto fra interessi contrapposti e non sempre
conciliabili.
Non accettare questo dato di fatto, pretendere che la maggioranza possa
assumere decisioni solo in accordo con l'opposizione, pretendere che
l'opposizione abbia una sorta di diritto di veto su gran parte delle
materie di governo, non accettare che chi vince possa governare in un
modo che
non piace all'opposizione, vuol dire, più o meno implicitamente,
negare la
democrazia. La democrazia non è il governo esercitato all'unanimità,
o
il governo che fa tutti felici. La democrazia è il governo di una
maggioranza che viene esercitato in un mandato limitato nel tempo.
Trovo singolare quando leggo che il regime consisterebbe nel fatto che
"la maggioranza parlamentare è una fotocopia del governo".
Chi pensa queste
cose e le scrive dovrebbe riflettere sul fatto che questa circostanza,
che in
Italia si fatica tanto a contemplare, è la normale prassi di quasi
tutti
i
sistemi democratici. Che è normale che le decisoni del governo
vengano
approvate dalla maggioranza parlamentare, che è un'assoluta eccezione
il
contrario, e che altrimenti difficilmente si potrebbe parlare di
"governo".
Certo, In Italia rimane difficile accettare questo dato di fatto. Che
chi vince le elezioni e forma una maggioranza governa per il suo intero
mandato.
In Italia, forse per una malintesa eredità culturale cattolica
(quando
non si sa bene di chi è la colpa di qualcosa, siamo sempre d'accordo
che è
un'eredità cattolica, in linea di massima), c'è l'equivoco
che,
comunque, l'opposizione conserva un certo "diritto di veto"
sugli atti di chi
governa.
Secondo questo sottointeso, le decisioni devono, nella sostanza, essere
condivise e contrattate fra chi governa e chi no, che le nomine ai vari
incarichi debbano essere spartite e comunemente cooptate. In sostanza:
che chi perde le elezioni non ha davvero perso, ma verità ha più
o meno
pareggiato. Che ci sia comunque un tavolo in cui si può governare
anche
stando all'opposizione. Niente di più sbagliato.
Per avere un'idea di quanto sia sbagliata questa aspettativa, prendiamo
un caso recente, in America. Bush ha vinto le elezioni presidenziali in
maniera senz'altro paradossale. Ha preso molti meno voti in assoluto,
e questo
è fuori discussione. Si è aggiudicato la presidenza grazie
al successo in
Florida: un successo ottenuto con pochissimi voti reali di scarto, ma
che ha determinato una gran quantità dei voti simbolici a favore
di Bush, che
così ha prevalso su Gore per 2 o 3 dei voti simbolici. Insomma,
potrebbe
sembrare che Bush, più che in delle elezioni, abbia vinto in una
specie di
lotteria.
Oltretutto, pesa il dubbio, o forse più che un dubbio, che nel
collegio
decisivo della Florida vi siano state delle irregolarità, forse
brogli,
errori di conteggio. Le operazioni di riconteggio non sono state né
limpidissime né sistematiche. Come tutti hanno osservato, si è
trattato
di un gran pasticcio. In Italia, un presidente eletto così sarebbe
stato
debolissimo. Ci sarebbero stati tumulti. Se anche fosse nato, un governo
con questi presupposti sarebbe durato pochissimo. E invece, che succede
in
America ? Niente. Succede che, dopo le forti polemiche durante la fase
del
conteggio, poi c'è stato un verdetto definitivo e la proclamazione
ufficiale. Lì si sono arrestate le polemiche e le accuse, senza
strascichi.
Adesso Bush è nel pieno delle sue facoltà di governo; non
ha nessuna
sovranità dimezzata o limitata, come peraltro la stampa italiana
aveva
subito prospettato (forse per abitudine nazionale). Il governo non è
frastornato o particolarmente condizionato dall'opposizione. L'argomento
della conta elettorale, che pure un qualche valore avrebbe potuto
averlo,
neppure fa parte del frasario corrente dell'opposizione.
E' proprio
della democrazia accettare che, in ogni caso, chi governa
possa governare davvero, come crede. Non accettare questo principio è
infine
nocivo non solo per il governo, ma in generale per il paese, per la vita
democratica, e, in ultima analisi, per l'opposizione stessa che si
appresta a sostituire il governo al termine del mandato.
Il proposito
di abbattere il governo, impedirgli di governare, non
accettare che l'altro da sé possa decidere, è anti-democratico.
La competizione
democratica si basa sul costruire alleanze politiche e sociali o
campagne di opinione o iniziative popolari che possano modificare il risultato
elettorale alla scadenza successiva. Aggirare questa dialettica politica
cercando di sostituire i governi durante il mandato è dannoso per
la
vita democratica. Chi governa deve poter governare per tutta la durata
prevista, e deve poterlo fare con la tranquillità che deriva da
questa
consapevolezza.
Se chi governa non governa, o rinuncia nei fatti a governare, mentre chi
si oppone non costruisce un'alternativa di governo, ma mira ad amplificare
una protesta e ad ostacolare l'azione di governo in corso, il danno è
grande
per tutti.
Sostengo
che debba sempre prevalere il progetto politico, il programma
di governo, il confronto fra le idee di società, la razionalità,
e non la
protesta distruttiva, in negativo, disaggregata, magmatica,
anti-politica.
L'esponente dei Socialisti Democratici Italiani e Massimo D'Alema, che
hanno sostenuto opinioni simili a queste sono stati pesantemente contestati
dalle piazze dei progressisti. Questo genere di contestazioni sono un
sintomo
di regresso della cultura politica della sinistra a uno stadio immaturo,
pre-politico, non razionale.
Ho la sensazione
che, in questo momento, si stia cercando da più parti
di reagire al disorientamento della sconfitta elettorale del maggio 2001,
cercando una convergenza sul terreno che ho indicato, ovvero il terreno
della strenua avversione al governo in carica: sul piano morale, sul
piano sociale, sul piano, civile, sul piano culturale, sul piano della
legittimazione a governare. Forse si vorrebbe una convergenza che possa
ristabilire qualche solido tratto comune, dopo le fratture realizzatesi
durante la fase di governo, che faccia da bussola verso un nuovo inizio,
una riscossa della sinistra nella lotta politica.
Se nel sentire
comune della sinistra dovesse consolidarsi e saldarsi
questa analisi, credo che la sinistra si porrebbe in una posizione senza
nessuna speranza di risalita. Sarebbe l'affermarsi di una visione limitata
e
miope, perdente, superficiale fino alla rozzezza.
Il nodo che
non si vuole affrontare è l'incomprensione di base verso i
motivi profondi del successo elettorale del centro-destra. Un analisi
della sconfitta che o denota il disprezzo verso lo stesso elettorato (e
il
compiacimento di sé di tutta una classe di piccola borghesia
intellettuale attualmente espressa nella sinistra) o una mirabolante faciloneria
nell'attribuire un potere ineluttabile alle risorse mediatiche di
Berlusconi.
Ma ciò,
oltre che sbagliato, è un'altra fonte di enorme debolezza.
Voglio dire che il miglior guerriero è quello che rispetta il nemico.
Fino a
quando non verranno risolti i nodi che hanno legato l'azione del governo
di
centro-sinistra, non ci sarà la possibilità di una alternativa
di
governo credibile e lungimirante. E nessuno di quei nodi è stato
dipanato. Li si
è nascosti ed ignorati, per trovare una compattezza rassicurante
nel
vessillo anti-berlusconiano. Ma non si sono risolte le contraddizioni
strutturali
che segnarono il governo di centro-sinistra, non sono state risolte sul
piano del progetto politico. Se il centrosinistra tornasse al governo,
quelle
contraddizioni tornerebbero facilmente a prevalere ed a paralizzarlo.
Se
così fosse, è bene che la sinistra non torni a governare,
non è bene che
sia chiamato a governare chi non vuole farlo, è bene che governi
chi vuol
governare, se così fosse sarebbe bene attendere, e forse questo
non
significa altro che la sinistra deve ancora attendere, attendere che
qualcosa nel profondo si modifichi e apra una situazione differente,
fuori e dentro la sinistra. Così accadde per i laburisti inglesi
e per i
socialdemocratici tedeschi. Non è detto che sia male, le vicende
hanno
delle
loro dinamiche intrinseche che non sempre è possibile modificare.
Anche quando viene agitata una questione morale contro Berlusconi (il
quale non potrebbe governare per via dei poco limpidi affari finanziari)
si
porta avanti una linea che è, in definitiva, anti-politica e anti-democratica,
pur sotto i vessilli della giusta indignazione morale. L'indignazione
morale
e l'accusa dell'altrui indegnità a governare non sono argomentazioni
davvero laiche e democratiche. Appartengono anch'esse al pre-politico.
La
democrazia non è la manichea eliminazione delle ombre e dei dubbi,
non è il regno
del perfetto e del perfettamente lucido. Chi sostiene questo, porta avanti
una tesi potenzialmente totalitaria. Sostiene, implicitamente, che la
propria superiore moralità possa essere a fondamento della legittimità
a
governare,
e che questo giudizio etico possa essere a tal punto infallibile, da
prevalere sulla volontà popolare. La democrazia ammette difetti
ed
imperfezioni, e si caratterizza nel poter accettare questi difetti e
queste imperfezioni come espressioni del popolo che ne viene rappresentato.
Nel
sistema democratico, tutte le eccezioni e le obiezioni
sono -momentaneamente- superate dal responso delle urne, che viene al
di
sopra di tutto il resto. Non esiste altra fonte di legittimazione o di
magistero morale che sia paragonabile con il responso delle urne. Chi
non crede questo, in ultima istanza non crede alla democrazia.
Il responso
elettorale è pur sempre momentaneo, ma la sua validità è
piena fino a quando non ne segue un altro. Tutto è provvisorio
nella forma
democratica, ma, quando è in carica, il governo ha il diritto e
il
dovere, la legittimità e il mandato di governare.
Questo diritto
non è modificato o attenuato o amplificato da fattori
esterni, come il favore o le rimostranze dell'opinione pubblica rispetto
all'azione del governo. Casomai, questi fattori possono essere un
elemento del quale i governanti possono tener conto in vista di una loro
rielezione al termine del mandato. Ma spetta solo a loro decidere se e
come tener
conto delle opinioni, ed eventualmente esserne avvantaggiati o danneggiati
nelle elezioni seguenti. Non spetta all'elettorato o a porzioni
dell'elettorato eserciate alcun tipo di veto. Credere che sia diritto
dell'opposizione
ostacolare o arrestare o anche solo modificare l'iniziativa del governo,
a causa della propria stessa volontà, è un sentimento non
democratico.
E' naturalmente
diritto dell'opposizione il manifestare il proprio
pensiero o il proprio disaccordo, e l'appoggiare o il cercare di modificare
la
linea di governo, come del resto è diritto di qualunque singolo
cittadino. E'
diritto di ciascuno cercare di influenzare il governo, esprimendo il
proprio appoggio o la propria disapprovazione. Ma è sbagliato ritenere
che
questo diritto conduca al diritto di influenzare le decisioni del governo.
Addirittura, qualcuno ha anche detto parole come "Il messaggio della
piazza al governo è chiaro: "Siete circondati, arrendetevi".
Questo concetto esprime bene lo stato d'animo e il pensiero di molti
italiani. E' un concetto intimamente violento e pericoloso, un pensiero
di gran debolezza. I democratici dovrebbero respingerlo con energia,
altrimenti si esporranno a una condizione sempre più debole, pericolosa
per sé e
gli altri. Il miglior guerriero è quello che rispetta il nemico.
Paolo Francini
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