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12
gennaio 2002 BORRELLI:
"RESISTERE COME SUL PIAVE"
Relazione integrale del procuratore generale di Milano Francesco Saverio
Borrelli
Signor Presidente,
Signori Presidenti di Sezione, Signori Consiglieri della Corte di Appello
di Milano adunati in Assemblea Generale; Colleghi Sostituti Procuratori
Generali; Signor Presidente del Tribunale per i Minorenni, Signor Procuratore
della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni, Signor Presidente
del Tribunale di Sorveglianza, Signori Presidenti dei Tribunali Ordinari
e Signori Procuratori della Repubblica del Distretto, Signori Magistrati
Onorari tutti; Signori Dirigenti, Funzionari amministrativi, impiegati
degli uffici giudiziari del Distretto; nell'accingerci a celebrare la
cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario 2002 nelle forme previste
dagli art.88 e seguenti dell'Ordinamento Giudiziario è doveroso
rivolgere anzitutto il nostro pensiero e il nostro ossequio al Presidente
della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, Presidente del Consiglio Superiore
della Magistratura, idealmente presente tra noi, instancabile cultore
e animatore di una coscienza civica che nell'ambito nazionale si allarga
alla patria europea e al mondo contro ogni particolarismo localistico;
virtuale altissimo garante della unità talvolta problematica tra
i poteri dello Stato tutti promananti e perciò legittimati, direttamente
o mediatamente, dalla volontà del popolo italiano; tutore dei meccanismi
e dei valori del progetto democratico tracciato nella Costituzione nata
- lo si ricordi - dalla Resistenza contro il regime del ventennio e dunque
anche presidio di resistenza contro ogni altro regime possibile o futuro;
esprimo, come già nelle occasioni precedenti, la devota riconoscenza
mia e del mondo giudiziario del Distretto a Sua Eminenza il Cardinale
Carlo Maria Martini, da ventidue e vorremmo augurarci per molti anni ancora
Arcivescovo di Milano, la cui costante presenza alle cerimonie inaugurali
riflette su queste una luce che, al di là delle dimensioni tecnica
e istituzionale, conferisce loro, o ne svela, una valenza di più
ampio respiro comunitario e spirituale;
Ringrazio altresì per la loro presenza il Vice Presidente del Parlamento
Europeo On. Guido Podestà, il Prefetto Dott. Bruno Ferrante, il
Generale della Squadra Aerea Giulio Mainini, Comandante della 1° Regione
Aerea e del Presidio Militare di Milano, il Generale di Corpo d'Armata
Mariano Ceniccola, Comandante Interregionale dei Carabinieri 'Pastrengo',
il Tenente Generale Bruno Viva, Comandante del Corpo d'Armata di Reazione
Rapida, il Generale di Divisione Angelo Ferraro, Comandante Interregionale
della Guardia di Finanza, l'avv. Giovanni Di Cagno, rappresentante del
Consiglio Superiore della Magistratura, di cui è componente, il
rappresentante del Ministero della Giustizia Giovanni Schiavone;
porgo il mio saluto, ancora, alla Vice Presidente della Giunta Regionale
On. Viviana Beccalossi, alla sempre deliziosamente gentile Presidente
della Provincia On. Ombretta Colli, al Vice Sindaco di Milano Sen. Riccardo
De Corato, al Questore Dott. Vincenzo Boncoraglio, al Presidente e all'intero
Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Milano, alle illustri Rappresentanze
degli Ordini Forensi di altri Paesi, ai Parlamentari presenti, al Presidente
del Tribunale Amministrativo Regionale, al Presidente della Sezione Giurisdizionale
e al Procuratore Regionale della Corte dei Conti, ai Magnifici Rettori
delle Università, ai Dirigenti delle articolazioni locali delle
Amministrazioni dello Stato, ai vertici delle Forze Armate e delle Polizie,
ai rappresentanti della cultura, del giornalismo, del mondo dell'economia;
porgo il mio saluto, infine, ai cittadini, anzi 'alle loro maestà,
i cittadini', come soleva dire il compianto Prefetto Carmelo Caruso, avvicinati
oggi da un lodevole interesse a questa cerimonia, del resto non esoterica
nonostante il paludamento, ma a loro destinata.
Come molti dei presenti già sanno, il limite di tempo assegnato
al discorso del Procuratore Generale non permette un consuntivo analitico
degli eventi giudiziariamente rilevanti né del lavoro svolto dai
vari uffici. Per una meno sommaria informazione rinvio i cortesi ascoltatori
alla lettura delle relazioni pubblicate nella seconda parte del volumetto
oggi distribuito. Quanto alle tabelle statistiche richiamo le consuete
riserve e avvertenze circa le incongruità derivabili dal non ancora
completato assestamento interno dei dati e circa l'inevitabile divario
tra i dati stessi, aventi carattere prettamente giudiziario, e la realtà
esterna, ben lungi dall'essere tuta visibile, o ugualmente visibile, o
tempestivamente visibile, nello specchio dell'attività della Magistratura.
Per il Tribunale di Milano, peraltro, un Ufficio delle Statistiche, recentemente
costituito sotto la guida di un magistrato, sta operando con esemplare
cura una integrale revisione critica dei dati e delle metodiche, che risulterà
utilissima per i fini dell'organizzazione generale del Tribunale stesso.
Per quanto riguarda in generale il livello di funzionalità degli
uffici, l'osservazione rivela un ventaglio alquanto diversificato di situazioni
locali. Ma anche dove la pressione dei carichi civili e penali è
molto rilevante in rapporto alle risorse umane, le situazioni vengono
fronteggiate dappertutto onorevolmente. Il bilancio globale si attesta
su valori di sostanziale equilibrio tra entrate e uscite, cioè
tra nuove iscrizioni e definizioni, sebbene il recupero di velocità
e il raggiungimento dell'obiettivo di una giustizia mediamente e non solo
saltuariamente rapida, o almeno ragionevole nei suoi tempi, siano ancora
abbastanza problematici. La lentezza dei processi davanti alle magistrature
ordinarie ,è, del resto, male comune a molti paesi anche europei,
e forse in alcuni persino più grave che da noi.
In qualche caso le statistiche ufficiali paiono delineare una diminuzione
delle pendenze vuoi civili che penali, che, se rispondente al vero, è
foriera di speranza nel progresso. Più di un capo di ufficio esprime
valutazioni positive circa gli effetti dell'unificazione dei giudici e
dei pubblici ministeri di prima istanza, dell'accresciuta area della competenza
monocratica, dell'aggregazione di giudici onorari alle sezioni civili
stralcio, del più frequente ricorso al rito penale abbreviato.
Prosegue, per la Corte d'Appello, un andamento positivo di riduzione delle
pendenze sia civili che penali, donde la legittima aspettativa di un miglioramento
della situazione. Comune a tutti i capi degli uffici è la lamentela
per le scoperture, in alcuni casi scandalose, negli organici del personale
amministrativo, che vanificano in parte gli sforzi dei magistrati, confondono
i profili professionali e generano disordine quando non autentici e gravi
disservizi negli adempimenti che precedono e che seguono l'udienza. Il
problema ha una delle sue concause nell'esiguità della componente
settentrionale nelle leve degli amministrativi, e anche in una certa proclività
del Ministero della Giustizia a favorire il ritorno di dipendenti nei
luoghi d'origine dell'Italia centro - meridionale. Comunque possa valutarsi
la situazione del Distretto in termini oggettivi, mi preme porre in evidenza
come da nessun ufficio provengano manifestazioni di sconforto né
opinioni di sconfitta, al contrario rilevandosi in tutti, a cominciare
dai capi, la ferma volontà di risolvere ad ogni costo le difficoltà
con l'impegno, il sacrificio, l'intelligenza nell'ottimizzazione delle
risorse disponibile. È questo un dato di carattere morale, ma con
un suo riflesso pragmatico, che fa onore ai Colleghi e alla civiltà
lombarda di cui tutti, per nascita o per adozione, ci sentiamo impegnati.
Particolare attenzione è stata dedicata negli ultimi tempi alla
formazione professionale sotto un triplice aspetto: la creazione, presso
sedi accademiche, delle scuole di specializzazione a partire da questo
mese di gennaio per laureati che aspirano alla magistratura, all'avvocatura
o al notariato, sotto la guida di docenti universitari, di professionisti
e di magistrati; il tirocinio degli uditori giudiziari senza funzioni,
nonché dei giudici di pace di nuova nomina; l'aggiornamento e l'arricchimento
culturale, o formazione permanente, a vantaggio di tutti i magistrati
togati e onorari, con iniziative tra l'altro di studio di tutte le più
importanti leggi civili e penali di nuova emanazione. Analoghe, e molto
ben concepite attività di formazione vengono svolte da funzionari
esperti presso la Scuola per la pubblica amministrazione a vantaggio del
personale amministrativo dei vari livelli.
Per quanto riguarda in particolare la giustizia penale, vari procuratori
della Repubblica del Distretto addebitano genericamente al vigente codice
di procedura penale e alle recenti novelle la causa della lentezza dei
procedimenti; mentre la riforma del giudice unico e l'ampliamento della
competenza monocratica ricevono valutazioni negative per l'accresciuto
numero di udienze che sottrae tempo alle indagini, positive invece per
l'incremento di produttività in termini delle sentenze. La posizione
più ottimistica trova concordi vari presidenti di tribunale, alcuni
dei quali sottolineano il notevole aumento della quota di definizioni
con rito abbreviato e il deciso avvio di una fase di riduzione delle pendenze.
Non condivido, se non per aspetti particolari, l'atteggiamento critico
e sostanzialmente misoneista di chi indiscriminatamente deplora le novelle.
Se alcuni appesantimenti potevano ragionevolmente evitarsi, il nucleo
delle innovazioni, e principalmente il diritto alle investigazioni difensive,
attua né più né meno che la parità delle parti
e costituisce mero sviluppo della concezione accusatoria che ha informato
il codice Pisapia Vassalli e alla quale personalmente ho plaudito fin
dall'inizio. È da dire, piuttosto, che ogni ampliamento di garanzie
e/o di poteri deve essere utilizzato linearmente per gli scopi cui il
legislatore l'ha destinato, non distorto a danno del procedimento e del
suo fine ultimo, e ciò non sarà possibile se non accettando
una deontologia professionale e una conduzione processuale a tolleranza
zero. Il codice civile conosce il divieto degli atti di emulazione. Un
moderno codice deontologico dovrebbe sanzionare come oltraggio alla giustizia
ogni esercizio di diritti all'interno del processo che abbia come unico
scopo quello di nuocere o recare ritardo al processo stesso: e mi astengo
dal citare gli esempi, pur clamorosi, offerti da esperienze in corso.
L'apparato della giustizia penale si è arricchito da pochi giorni
di una nuova articolazione, grazie all'entrata in vigore della legge che
ha attribuito un'area di competenza, appunto, penale al giudice di pace.
A questo stuolo di magistrati onorari, le cui benemerenze nel settore
della giustizia civile si rinnovano già da sei anni, formulo gli
auguri più fervidi per i loro nuovi compiti.
In ordine alla giustizia civile, le voci dei presidenti del tribunale
sembrano accordarsi su una nota di relativo ottimismo, giustificato da
un superamento più o meno marcato del numero delle causa definite
rispetto a quelle sopravvenute, sicché in quasi tutte le sedi le
pendenze risulterebbero in diminuzione. Le relazioni dei capi degli uffici
giudicanti, per vero, ad eccezione della relazione del Presidente del
Tribunale di Monza, sono alquanto parche di considerazioni sui temi della
giustizia civile, anche per quegli aspetti che nel divenire, nell'evolversi
della legislazione dovrebbero destare più vivo interesse negli
operatori e curiosità negli osservatori.
Una menzione particolare spetta al funzionamento della giustizia nel campo
minorile. Preme a questa Procura Generale segnalare l'impegno quantitativamente
e qualitativamente cospicuo del Tribunale e della Procura della Repubblica
per i Minorenni nei compiti di estrema delicatezza e formidabile rilevanza
umana e civica attribuiti loro dall'ordinamento. Tale impegno è
rispecchiato non soltanto dall'oggettività del lavoro svolto, che,
si badi, possiede una valenza virtuale oltrepassante i confini del settore
specifico con la sperimentazione di alcuni istituti suscettibili di transitare
utilmente dal laboratorio minorile al mondo della giustizia per gli adulti.
È rispecchiato anche dalla pregevole completezza delle relazioni
che i capi dei due uffici hanno elaborato, dall'accorata, generosa partecipazione
etica ed emotiva che gli autori hanno posto in tali documenti nell'affrontare
le vaste problematiche della loro attività quotidiana, dall'ampiezza
degli orizzonti strategici delineati, in definitiva dalla fortissima vocazione
professionale che ne traspare. Le difficoltà che la giustizia minorile
incontra provengono dalle caratteristiche di un contesto sociale, di estensione
distrettuale, in cui l'attenzione alla condizione dell'infanzia e in genere
dell'età evolutiva deve abbracciare uno spettro che va dalla povertà
avventurosa e spaesata delle famiglie degli immigrati alle isole esclusive
dei clan nomadi, dalle aree anarcoidi e violente delle periferie urbane
agli ambienti delle famiglie più o meno, ma neppure sempre in crisi,
appartenenti alle fasce piccolo - medio - borghesi della società,
e talvolta alto - borghesi. Il denominatore comune generatore del disagio
è rappresentato dalla carenza di un'autentica cultura dell'infanzia,
a volte necessitata dalle circostanze, a volte frutto di disattenzione,
spesso causata dall'incapacità negli adulti di trasmettere valori
che si discostino dall'ideologia di un'identità cercata, secondo
la nota espressione di Erich Fromm, nell'avere piuttosto che nell'essere.
I problemi dell'adozione e dell'affidamento sono spesso sollevati dai
media, ma per lo più con distorsioni finalizzate a mozioni affettive
di dubbia lega, che talvolta privilegiano una sorta di diritto proprietario
sul minore legato al sangue, talaltra l'aspirazione genitoriale delle
coppie sterili, talaltra ancora gli investimenti affettivi dell'adulto:
ben raramente valutandosi le situazioni con il criterio, enunciato a parole,
della centralità dell'interesse del minore.
La carrellata sul funzionamento degli uffici del Distretto non potrebbe
chiudersi senza la menzione più che lodevole dell'attività
del Tribunale di Sorveglianza, intorno a cui nella primavera scorsa erano
state suscitate polemiche abbastanza pretestuose e non del tutto limpide,
paradossalmente in coincidenza con il pressoché totale riassorbimento
dell'arretrato. Il T. di S., nonostante l'inadeguatezza del suo organico
anche in paragone con altri uffici omologhi, con un poderoso sforzo lavorativo
ha definito tra l'ottobre 1999 e il giugno 2001 ben 31.501 procedimenti,
riducendo la pendenza a 5390 numeri, pari ad un terzo circa delle sopravvenienze
annuali. E non vi è chi non comprenda quanto la messa a regime
giovi agli interessi stessi dei detenuti sotto il profilo della sollecitudine
nell'esame dei loro ricorsi.
Sulla situazione delle carceri non mi stancherò di stigmatizzare
come medievali la realtà e la sottostante, latente ideologia di
un sistema custodiale che alla privazione della libertà personale
aggiunge quote indebite di sofferenza psichica e fisica talvolta degradante
per i reclusi; a maggior ragione, la drammatica, assoluta intollerabilità
di una siffatta condizione per i ristretti in custodia cautelare.
Per quanto riguarda le tipologie dei materiali transitati attraverso i
meccanismi giudiziari, nel campo civile viene riscontrato in tutto il
Distretto un aumento del contenzioso lavoristico e previdenziale, in parte
dovuto all'affluenza di cause attinenti al rapporto di pubblico impiego
passate in tempi recenti alla competenza del giudice ordinario. Pesante
è tuttora il contenzioso in materia di locazioni, sebbene mostri
varianti legate a situazioni particolari di disponibilità di alloggi
sul mercato e a fattori socio - economici non uniformi nelle province.
Un complessivo incremento si registra nei numeri delle cause di separazione
e di divorzio. Stabile nell'insieme è il panorama delle dichiarazioni
di fallimento. Nei restanti settori non vengono segnalate variazioni che
caratterizzino il periodo in esame rispetto agli anni precedenti.
Con riferimento al campo penale mi limito a toccare alcuni argomenti (criminalità
minorile, delitti politici, mafia, reati contro la pubblica amministrazione,
reati sessuali), rinviando per il resto alla lettura della seconda parte
del volumetto.
La criminalità minorile appare preoccupante non tanto per il numero
dei procedimenti, che è diminuito, quanto per la natura e la qualità
dei reati, con apporto non trascurabile alle statistiche da parte di rampolli
di classi abbienti, totalmente insensibili verso il problema della legalità;
né ciò stupisce, considerando l'inclinazione, diffusa con
diverse connotazioni in diversi strati sociali e facilmente penetrabile
nella mente dei giovani, ad interpretare la libertà come franchigia
personale da ogni regola.
Sulla criminalità politica, risparmiando all'uditorio ogni riflessione
tragicamente ovvia sui fatti che hanno sconvolto il mondo nel settembre
scorso, segnalo una indagine sul terrorismo internazionale di matrice
islamica, che ha svelato l'esistenza di un'organizzazione per procurare
supporti ad attività terroristiche da compiersi non in Italia,
ma fuori, più recentemente si è indirizzata sulla ricerca
dei probabili flussi di finanziamento. Una seconda indagine riguarda gesta
di matrice eversiva anarchica da attribuirsi ad un movimento con obiettivi
transnazionali greco - italo - spagnoli. Una terza indagine punta su un
gruppo che si denomina NIPR (Nucei Iniziativa Proletaria Rivoluzionaria),
forse collegato con gli autori dell'omicidio D'Antona. Su tutt'altro piano
si colloca il procedimento instaurato contro promotori e componenti della
Guardia Nazionale Padana per violazione del divieto di associazioni a
carattere militare, conclusosi a Busto Arsizio con un'assoluzione piena
recentissimamente confermata dalla Corte d'Appello.
La Direzione Distrettuale Antimafia fa notare una drastica contrazione
delle iscrizioni di procedimenti per associazione di stampo mafioso, che
trionfalisticamente potrebbe interpretarsi come frutto dell'intenso lavoro
degli anni scorsi, più realisticamente come diminuita percezione
di un fenomeno in ripresa, conseguenza della parallela, drastica contrazione
del numero dei collaboratori di giustizia, disincentivati da convergenti
fattori: le reazioni violente anche trasversali delle organizzazioni criminali,
l'atteggiamento genericamente sfavorevole di ampi settori della classe
politica, la delusione provata dai collaboratori, e quindi lo scoraggiamento
di altri, per le difficoltà nell'approvazione dei programmi di
protezione, quanto dire per il mancato adempimento degli impegni da parte
dello Stato, infine il varo della nuova normativa sull'argomento. Donde
grossi problemi nelle indagini venendo meno la possibilità di conoscere
le associazioni dal loro interno ed i canali del riciclaggio, per non
parlare di quelli derivanti dai progressi della tecnologia al servizio
del crimine non sempre neutralizzabili con prontezza, dai tempi impiegati
perché le segnalazioni di operazioni bancarie sospette giungano
alle procure, infine di quelli derivabili da malintese applicazioni della
nuova legge sulle rogatorie. Nell'area di competenza della Direzione Antimafia,
come è noto, rientrano anche le associazioni comunque dedite al
traffico di stupefacenti, e le iscrizioni dei relativi procedimenti nel
periodo considerato sono aumentate ben dell'80% rispetto all'anno precedente.
Passando ai reati contro la pubblica amministrazione, è sempre
alta, checché scrivano i giornali da anni a questa parte sulla
'fine di mani pulite', l'attenzione delle procure sui fatti di corruzione,
nonostante l'insofferenza degli ambienti volta a volta toccati dalle indagini.
Meritoriamente sollecita, davanti al Tribunale di Milano che ha destinato
due sezioni penali a tale materia, è divenuta la fissazione dei
dibattimenti, con una favorevole ripercussione nell'aumento delle definizioni
con riti alternativi e nelle prevenzione dei troppo brevi termini di prescrizione.
Nella maggior parte dei circondari le iscrizioni per reati di violenza
sessuale risultano in aumento, con qualche sottolineatura per quelli che
si verificano in ambiente familiare. Per i fini di una efficace prevenzione,
ma anche di una investigazione seria, sagace e sensibile sulle notizie
di reato o sulle situazioni sospette, occorrono una raffinata preparazione
professionale degli addetti ai servizi sociali, una formazione possibilmente
specifica dei referenti di polizia giudiziaria, una particolare organizzazione
del primo intervento sulle vittime sotto il profilo psicologico e sotto
quello medico - legale, un'attenzione instancabile volta a neutralizzare
durante le indagini e nel giudizio tutti i fattori possibili di turbamento
e distorsione delle fonti di informazione, e quando negli episodi sono
coinvolti minorenni un coordinamento incondizionato con l'autorità
giudiziaria minorile.
Il fenomeno della pedofilia è estremamente insidioso perché,
a parte gli aspetti brutali di certo disgustoso turismo geografico o elettronico,
talvolta germoglia in contesti ambigui dove la vocazione socialmente apprezzata
a curarsi di fanciulli e giovinetti si mescola con inclinazioni meno confessabili,
o magari se ne nutre. E la sua insidiosità si manifesta anche nelle
velenose polemiche giornalisticamente sostenute che in determinate occasioni
si sono sviluppate attorno ad iniziative giudiziarie; quasi che, di fronte
ad un conclamato allarme su scala mondiale, la morbosità viziosa
stia dalla parte degli inquirenti e mai dalla parte degli inquisiti.
Mi consentirà il Presidente di spingermi un po' oltre il limite
prefissato. Un discorso sull'amministrazione della Giustizia non può
oggi, non potrebbe mai, senza rinunziare ad una dimensione civica, a una
dimensione etica, attestarsi dietro la barriera tecnica dell'esistente
e ignorare gli scenari, le negatività, le possibilità, le
probabilità, le doverosità che sull'oggi incombono e che
evocano le alternative del domani. Non c'è dubbio che la giustizia,
come servizio che il cittadino si attende, sia tuttora in crisi, quantunque
l'individuazione delle reali cause in un dominio della realtà così
complicato e complesso sia difficile ed opinabile, per la non linearità
dei processi di interazione che può far interpretare come causali
nessi che sono soltanto di correlazione, o farne fraintendere la freccia
di direzione. L'operatore del diritto, d'altronde, può indicare
all'interno del sottosistema questo o quell'elemento negativo, ma le vere
cause delle modalità di funzionamento, o di disfunzionamento, della
macchina risiedono spesso all'esterno, e forse occorrerebbe chiedere ad
economisti e sociologi se la miastenia della giustizia, in quanto persistente,
non sia per avventura funzionale a determinati interessi, e a quali. Ma
è crisi solo quantitativa, di tempi e di produttività, o
anche qualitativa? È pura e semplice insufficienza di risorse?
È inadeguatezza culturale degli operatori? Si è per avventura
generato un contesto che ha gradualmente marginalizzato la giustizia,
quale fino ad oggi l'abbiamo intesa? Il prestigio della magistratura,
diciamolo, è scaduto agli occhi dell'utente, l'imparzialità
viene più sovente posta in dubbio, le competenze in campi specialistici
a volte difettano, le oscillazioni giurisprudenziali sottraggono certezze
e quindi valenza al diritto, i gradi di giudizio si moltiplicano anche
per effetto di frequenti irruzioni della Corte di Cassazione nel merito
fattuale delle vicende, il rapporto tra operatori ed utenti è deteriorato,
talvolta, per difetti di comunicazione e perciò di comprensione
tra il mondo della giustizia ed il mondo esterno. A monte di ciò,
abbiamo una iper - normazione all'inseguimento spasmodico del mito della
completezza dell'ordinamento, laddove sarebbe saggio arretrare su una
legislazione per principi piuttosto che per regole e regolette.
Di tali aspetti negativi, e della non riducibilità della crisi
a un fatto di insufficienza numerica degli organici si va prendendo coscienza
nell'ambito dell'ordine giudiziario, purché la spinta alla modernizzazione,
per le mani di chierici di recente ordinazione, non scivoli verso concezioni
aziendalistiche e produttivistiche che con la giustizia, come con l'insegnamento,
come con la sanità pubblica, ben poco hanno da spartire.
Ma basterà?
La qualità del servizio giustizia reso ai cittadini dipende certo
dal livello intellettuale, professionale, morale degli appartenenti all'ordine
giudiziario, tuttavia dipende in pari misura dalla capacità e volontà
negli altri poteri di fornire alla magistratura gli strumenti necessari
per garantirne l'indipendenza e l'efficacia di azione, e dal clima di
fiducia e di rispetto che il contesto crea intorno ad essa nella comunità
nazionale, oggi anche in quella internazionale. Non sembra che gli scenari
attuali giustifichino, in linea generale, valutazioni ottimistiche, non
fosse altro per il continuo parlare e scrivere di riforme della giustizia,
quando in realtà il nostro mondo, dopo aver attraversato una stagione
di incisivi cambiamenti ordinamentali e processuali, avrebbe bisogno semmai
di una fase di assestamento ermeneutico e non del preannunzio di ulteriori
scosse telluriche, con il senso di precarietà di disimpegno, di
protratta incertezza che ne può derivare.
Ma c'è dell'altro. Le riforme annunciate, meglio minacciate ad
ogni piè sospinto con trasparenti intenti punitivi verso una magistratura
certamente non al massimo dell'efficienza ma altrettanto certamente indipendente,
ben poco hanno a che fare con l'efficienza. Si parla di separazione delle
carriere - più blandamente, ma ingannevolmente, delle funzioni
- tra requirenti e giudicanti, proprio mentre con le scuole postuniversitarie
di specializzazione si punta su una formazione culturale comune tra varie
categorie di operatori del diritto e con l'ampliamento della giurisdizione
onoraria si aprono occasioni di osmosi tra il mondo forense e quello giudiziario.
Una scelta, la separazione, che, se motivata dalla temuta arrendevolezza
dei giudici ai pubblici ministeri (ma non si citano, a disdoro di questi
ultimi, proprio le alte percentuali delle assoluzioni?) dovrebbe almeno
essere supportata da studi sul campo e da monitoraggi; ma che, per ferrea
analogia, dovrebbe portare a maggior ragione verso la separazione delle
carriere tra giudici di primo grado, giudici del riesame, giudici di appello,
giudici di legittimità. Se motivata invece dall'intenzione di vincolare
il pubblico ministero all'esecutivo, come con ingenua imprudenza si è
fatto capire in Parlamento, vulnererebbe indirettamente la stessa indipendenza
del giudice penale e la signoria della legge, tanto più quando
si realizzassero anche la ventilata distinzione organizzativa e funzionale
della polizia giudiziaria dal pubblico ministero, e la formulazione di
direttive di priorità nell'esercizio dell'azione penale che non
potrebbero non essere politicamente connotate.
Si afferma, ancora, la necessità di combattere il crimine transnazionale
senza l'impaccio delle frontiere, ma di fatto allo spazio giuridico europeo
si è tentato, per fortuna con mezzi tecnicamente inidonei, di frapporre
ostacoli, con la legge sulle rogatorie, e con le riserve unilaterali all'estradizione
semplificata - alias mandato di arresto europeo - e l'orchestrazione di
campagne di rabbiosa informazione. Si parla di riforma del sistema elettorale
del Consiglio Superiore della Magistratura, spacciando la soppressione
delle liste concorrenti come benefico strumento per emarginare le formazioni
interne all'Associazione Nazionale Magistrati, e si ignorano i ricchi
fermenti di riflessione che tutte queste hanno immesso nella vita della
magistratura, soprattutto si apre la strada a pratiche occulte di intesa
per il coagulo di voti su candidature di fatto.
Di altri fenomeni di questa sconcertata fase della nostra civiltà
giuridica deve farsi menzione. Le accuse generiche di parzialità
preconcette, formulate contro i giudici, con l'insistenza martellante
degli imbonimenti televisivi, da rappresentanti anche elevati della classe
politica; l'analfabetismo storiografico che ha indotto qualcuno a lanciare
come anatema contro i magistrati la parola 'giustizialismo', che nel secolo
XX ha indicato una certa ideologia di destra basata sull'interclassismo
e su un populismo demagogico dominato dal ruolo carismatico del capo;
la manipolazione della pubblica opinione italiana e straniera, cui uffici
giudiziari vengono indicati con il pronto e prono ausilio di media come
centrali rivoluzionarie promotrici di complotti internazionali o come
falsificatori di documenti (qualcuno ha rievocato recentemente il calunniato
'pretore rosso' di fascistica memoria, del quale parlava il mio maestro
Piero Calamandrei nell'Elogio dei giudici; ma già Adamo Smith,
centocinquant'anni prima, osservava che chi contrasta gli affaristi legati
al potere politico si espone ad accuse infamanti, accuse, minacce); la
reinvenzione della storia giudiziaria, quando pacchi interi di sentenze
di condanna, spesso patteggiate a seguito di confessione, vengono attribuiti
ad una guerra civile condotta da magistrati contro elites politiche della
prima Repubblica affossatesi in realtà da sole, tra l'esecrazione
anche di molti odierni convertiti, nelle sabbie mobili della corruzione
più sfacciata (ma forse la sentenza della Corte di Strasburgo sul
caso Craxi è già stata dimenticata); la minaccia di provvedimenti
disciplinari contro magistrati che esprimono su problemi generali e tecnici
il proprio libero pensiero di cittadini e di esperti; la volgarizzazione
di questioni giuridiche - costituzionali e procedurali - per slogan gridati,
con voluta ignoranza dei reali contenuti di testi normativi, sentenze,
ordinanze, anche da parte di firme autorevoli del giornalismo, per poter
demonizzare questo o quel magistrato o collegio giudicante magari poi
attaccandolo con esposti o denunzie; la riduzione infine delle protezioni
a magistrati esposti a rischi di incolumità personale per vendette
mafiose eo per rancori politici sapientemente attizzati, conseguente,
come è accaduto a Milano, a irremovibili determinazioni discendenti
per li rami dell'obbediente burocrazia. [Alludo, sì, alludo alla
riduzione o soppressione della protezione nei confronti di alcuni pubblici
ministeri, che per caso, per puro caso, sono gli stessi che sostengono
l'accusa contro il capo del governo]. Bene, tutto ciò procede in
direzione esattamente opposta alla valorizzazione del ruolo del magistrato
come scudo della legalità, alla cultura della fiducia nei meccanismi
talora laboriosi e complicati per la ricerca della verità, al mantenimento
di un clima di serenità che permetta al giudice di operare senza
timori e senza aspettative personali, alla solidale unità delle
istituzioni cui tanto spesso esortava il mio illustre predecessore Adolfo
Beria di Argentine.
Nessuna istituzione, nessun principio, nessuna regola sfugge ai condizionamenti
storici e dunque all'obsolescenza, nessun cambiamento deve suscitare scandalo,
purché sia assistito dalla razionalità e purché il
diritto, inteso come categorie del pensiero e dell'azione, non subisca
sopraffazione dagli interessi. Ai guasti di un pericoloso sgretolamento
della volontà generale, al naufragio della coscienza civica nella
perdita del senso del diritto, ultimo, estremo baluardo della questione
morale, è dovere della collettività 'resistere, resistere,
resistere' come su una irrinunciabile linea del Piave.
Ringrazio il Signor Presidente e l'inclito uditorio per avermi prestato
così prolungata attenzione e chiedo, con una personalissima nota
di profonda ammirazione, che venga aperto per il Distretto di Milano l'anno
giudiziario 2002.
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