13 aprile 2007
       Lettera del Presidente del Consiglio al Corsera  
     
     
       
         
         Caro Direttore, 
         nella breve parentesi pasquale ho portato avanti 
         qualche riflessione credo utile per prendere decisioni più efficaci e,
         possibilmente, più giuste sul futuro della nostra economia. Riflessioni
         che volentieri vorrei condividere con i suoi lettori. 
         Gli obiettivi sono
         semplici: sostenere la ripresa del Paese e alleviare alcune tra le
         maggiori ingiustizie che pesano sulla nostra società. E vorrei proprio che
         questi obiettivi fossero perseguiti nel modo più serio possibile, senza
         nessuna concessione ai calendari elettorali e senza mettere a rischio
         l'equilibrio dei nostri conti, elemento fondamentale per una ripresa vera
         e duratura. 
         Ho più volte ricevuto forti e comprensibili inviti perché le
         eventuali decisioni possano entrare in vigore prima delle elezioni
         amministrative, ma credo che questo sia incompatibile con il nostro
         programma elettorale, dedicato ad impiegare tutti i cinque anni della
         legislatura per risanare le finanze pubbliche e rilanciare con forza la
         nostra economia. 
         Per raggiungere questi obiettivi non abbiamo esitato a
         prendere misure impopolari, consapevoli che questo è il dovere di ogni
         buon governo e che è particolarmente un mio dovere, dato il conforto e la
         responsabilità che ho ricevuto dalle primarie. Una responsabilità che mi
         obbliga a tenere conto degli interessi particolari solo in quanto questi
         vadano in direzione dell'interesse generale. 
         Nella quiete pasquale ho
         potuto riflettere su alcuni dati di fatto che sarà bene mettere insieme
         per aiutarci a prendere le decisioni. 
         Il primo dato è che le buste-paga
         dei lavoratori dipendenti in Italia sono le più basse dell' Europa a
         quindici, escluso il Portogallo. Questo non significa che le imprese
         possano allargare senza limiti i cordoni della borsa perché abbiamo da
         recuperare tanta efficienza perduta, ma significa che, investendo nelle
         risorse umane, le nostre imprese hanno spazio per affermarsi nei mercati
         internazionali e, nello stesso tempo, che i lavoratori hanno il diritto di
         partecipare ai vantaggi di questa recuperata competitività. 
         Il secondo
         dato è quello che i dirigenti delle imprese italiane («Il Sole-24 Ore»,
         domenica di Pasqua, pagina 21) hanno goduto, durante il 2006, di aumenti
         medi di retribuzione del 17% rispetto all'anno precedente, cioè circa 8
         volte il tasso di inflazione. Paradossalmente, se non guadagnano almeno
         2,5 milioni di euro all'anno, essi non entrano nemmeno nella classifica
         dei primi cinquanta manager italiani.
         Accanto a questi due dati un ricordo
         e una ulteriore riflessione. Il ricordo è che quando ho cominciato i miei
         studi di economia (e in fondo non è un secolo fa) ci si scandalizzava
         giustamente se le differenze fra salario minimo e salario massimo in un'
         azienda erano di uno a cinquanta, mentre oggi, quando la differenza è tra
         uno e cinquecento, si alzano le spalle perché questa è considerata la
         regola del mercato. 
         La riflessione è che, pur avendo la ripresa e lo
         sviluppo come primi obiettivi, un buon governo non può certo pensare che
         questo risultato possa essere raggiunto in una società in cui si sono
         rotti tutti i vincoli di solidarietà.
         Ma c'è anche un terzo dato
         importante: sono esplosi anche i "costi complessivi della politica" sia a
         livello centrale che a livello locale. Ed essi sono nettamente superiori a
         quelli degli altri paesi europei. 
  È per questo, ed è un quarto punto
         fondamentale, che nei mesi scorsi il cammino verso il risanamento
         economico e finanziario è stato portato avanti con passo accelerato, sia
         per effetto delle misure di controllo della spesa che per le maggiori
         entrate dovute per una parte fondamentale ad una progressiva azione contro
         l'evasione fiscale. L'azione di governo ha quindi finalmente cominciato a
         liberare e a produrre nuove risorse, sia per mettere in equilibrio i conti
         sia per alleviare il peso del debito, sia per rilanciare lo sviluppo
         dell'economia. 
         Nel dibattito politico l'insieme di tali risorse è stato
         chiamato "tesoretto", ma è meglio chiamarlo la meritata "ricompensa" di
         quanto fatto dai cittadini, dai lavoratori e dalle imprese in questi primi
        undici mesi di legislatura.
 
        I dati e le riflessioni espressi in precedenza
     dovranno guidare la politica del governo anche se, come era naturale, si
     sono avanzate ipotesi di suddivisione e proposte di iniziative prima di
     conoscere esattamente l'entità che il governo, mantenendo come obiettivo
     di fondo il risanamento dei conti pubblici pattuito con l'Unione Europea,
     potrà investire sull'Italia nei prossimi mesi. Senza curarsi, come ho
     detto, del calendario elettorale, ma guardando solo all'irrobustimento
     della ripresa e al necessario sollievo delle categorie più disagiate. 
     Per
     raggiungere questi obiettivi abbiamo scommesso sul metodo della
     concertazione, strumento indispensabile per il rilancio del Paese. Di
     questo abbiamo discusso e ancora discuteremo nelle prossime settimane con
     tutti i ministri, ma mi sembra che i dati e le riflessioni spingano a
     dividere in tre parti la "ricompensa" di questi primi mesi di governo. 
     Due
     di queste tre parti (il 66%) andranno, in diverse forme, a favore di chi,
     lavoratore, pensionato o disoccupato, affronta con maggior difficoltà il
     cammino delle propria esistenza. Troppe sono le persone che non riescono
     ad arrivare alla fine del mese e troppe sono le famiglie che non riescono
     a costruire un futuro per i propri figli. E a loro va il primo e più
     corposo pensiero. 
     Il restante terzo (33%) andrà alle imprese e alle
     politiche per la crescita, lo sviluppo e gli investimenti in
     infrastrutture di un'economia che si sta risanando ma che ha ancora
     bisogno di stimoli e di incentivi, soprattutto alla ricerca,
     all'innovazione e al rilancio delle risorse umane. Stimoli e incentivi che
     si sommano al forte aiuto della riduzione delle tasse sul lavoro che
     comincerà a produrre i propri effetti già dal primo luglio di quest'anno.
     
     Sono certo che queste linee d'azione saranno valutate nella loro giusta
     luce da tutta l'opinione pubblica italiana, perché si fondano sui cardini
     della nostra politica economica e sociale: equità e crescita per le
     famiglie, crescita e sviluppo per le imprese. 
     Dovremo ancora lavorare per
     definire nei dati quantitativi queste linee d'azione, ma è bene che già da
     ora si sappia quali sono le priorità di equità e riconoscenza di un paese
     che ha in sé grandi capacità e grandi potenzialità.
     
     
     
Romano Prodi
     
     13 aprile 2007