La lotta alla criminalità organizzata
La criminalità organizzata rappresenta una minaccia
per le fondamenta dello Stato democratico: attiva ed influente
all'interno dell'economia legale e del mondo politico, con l'esercizio
della corruzione e della violenza acquisisce posizioni di dominio;
con le enormi risorse acquisite illegalmente altera il funzionamento
del mercato e della libera concorrenza, non solo nelle regioni
meridionali.
Soprattutto la mafia é stata in grande misura causa
delle condizioni di mancato sviluppo economico e di emarginazione
delle regioni meridionali: l'espansione per decenni pressoché
indisturbata dell'impresa mafiosa, del racket, della corruzione
politico-amministrativa hanno danneggiato profondamente l'economia
delle regioni più colpite. Per ogni investimento e per
ogni imprenditore di marca criminale, ne esiste almeno un altro
di tipo non mafioso eliminato dalla competizione attraverso
attentati, estorsioni, esclusione dai mercati e dagli appalti
più redditizi; esiste poi il fenomeno della fuga di capitali
"puliti" dalle aree meridionali che contribuisce ad accrescere
il peso relativo del potere economico e politico della criminalità
organizzata.
Nel biennio 1992-94 lo Stato ha condotto un'azione particolarmente
forte di contrasto della mafia; é stata avviata un'azione
incisiva di contrasto ai fenomeni dell'usura e del racket, grazie
soprattutto alla coraggiosa denuncia di numerosi imprenditori.
Di fronte alla riduzione del numero degli attentati e degli
omicidi che ha caratterizzato l'ultimo anno, non é tuttavia
possibile alcuna diminuzione di impegno da parte delle istituzioni
e della società civile.
Se infatti la criminalità organizzata appare meno violenta
ed anche più debole nella capacità di acquisire
consenso sociale, é sempre più potente in campo
economico, più feroce e professionalizzata. Anche se
non si tratta solo di un fenomeno italiano: Cosa Nostra, le
mafie dell'Est Europa e dell'Asia condizionano ormai i mercati
economico-finanziari internazionali.
Si pensa che in Italia venga riciclato un miliardo al minuto:
il riciclaggio é un grande affare "lecito" che tocca
ogni settore dell'economia. Cosa Nostra crea circuiti bancari
paralleli; influenza il mercato dei cambi, penetra sui mercati
borsistici. E dove arriva il denaro della mafia, arriva anche
l'organizzazione e l'intimidazione mafiosa. Nessuna regione
italiana può ritenersi immune dal rischio di inquinamento
mafioso.
Le linee d'azione che proponiamo sono:
- Difendere l'economia legale, con un'azione di integrazione
costante tra lo Stato e i privati, al fine di ridurre la vulnerabilità
dei mercati legali, aiutando i soggetti economici in difficoltà
sia nei "normali" momenti di crisi, sia sottraendoli agli attacchi
magari mascherati da aiuti delle organizzazioni criminali. In
quest'ottica sarà approvata una nuova legge sull'usura,
sviluppando contemporaneamente una politica del credito che
dia opportunità reali di non ricorrere all'usura stessa.
Va inoltre affrontato il problema di un'economia illegale in
quanto sommersa che corre il rischio di essere attratta dall'economia
criminale piuttosto che di sfociare nell'economia legale.
- Colpire le organizzazioni criminali sotto il profilo economico:
non basta catturare i soggetti criminali, bisogna "catturare"
anche le ricchezze criminali. Le leggi vigenti - legge antiriciclaggio,
disciplina della cessione di partecipazioni, composizione della
base sociale delle società di capitali, cessione di terreni
ed esercizi commerciali, sequestro preventivo, misure di confisca
- sono efficaci per la lotta contro il riciclaggio.
Ma questi strumenti devono coniugarsi con indagini patrimoniali
concatenate all'interno delle inchieste penali, per la realizzazione
di accertamenti a tenaglia. E soprattutto le leggi sulla confisca
e il sequestro dei beni vanno applicate sistematicamente, riorganizzando
e professionalizzando gli apparati investigativi in modo adeguato.
- Mantenere due strumenti che si sono rivelati di grande
efficacia nella lotta alla criminalità mafiosa: il regime
carcerario duro per i capimafia e la legge sui pentiti. Va approfondita
la possibilità di affiancare alla legge sui collaboratori
di giustizia qualche ulteriore norma tesa a facilitare la diserzione
dalle file della mafia, offrendo ad esempio, riduzioni di pena
a chi, abbandonando l'organizzazione criminale, si limiti a
denunciare i propri reati. E al tempo stesso va sviluppata un'azione
tendente a sottrarre i figli e i parenti dei mafiosi da un destino
criminale. In materia di collaboratori di giustizia la disciplina
va rivista alla luce delle esperienze statunitensi, verificando
la possibilità di distinguere le organizzazioni che gestiscono
e assistono i collaboratori di giustizia dagli organismi di
indagine.
- Ricostruire la macchina della giustizia civile, per garantire
forme rapide e affidabili di tutela dei diritti (vedi "Accelerare
la giustizia civile").
- Favorire strumenti di autonomo controllo degli imprenditori
rispetto alle infiltrazioni della criminalità organizzata,
ad esempio con l'intervento delle associazioni di categoria
e con forme codificate di autoregolamentazione per le imprese,
da sperimentare inizialmente con le imprese che lavorano con
lo Stato, secondo i principi indicati dalla Commissione antimafia
nell'XI legislatura.
- Rafforzare la lotta alla criminalità sul piano
internazionale, sviluppando sinergie nazionali ed internazionali:
con un dialogo tra banche dati, affinché sia possibile
uno sfruttamento incrociato - tra amministrazioni di diversi
stati - delle informazioni che emergono dai processi penali
(come avvenuto per il terrorismo europeo); con l'ampliamento
degli spazi di collaborazione giudiziaria all'interno dei diversi
stati dell'Unione Europea sul riciclaggio e la correttezza degli
operatori finanziari; in prospettiva, con formazione di un nucleo
di diritto penale europeo (al contrario dei sistemi giuridici,
la criminalità non "conosce" confini nazionali), con
un'attenta valutazione dei rapporti con i paesi off-shore.
L'Italia e gli altri