Sono convinto che si tratti di un gravissimo
errore, per un motivo tecnico e uno politico. Quello tecnico
è che si tratta di un referendum fortemente manipolativo,
un tentativo piuttosto maldestro di ottenere risultati impossibili
da raggiungere con questa strada: non si elimina il 25 per cento
di quota proporzionale per i seggi della Camera, ma si cambia
semplicemente il modo con cui viene attribuito. Cancellando
qualsiasi riferimento a un partito, e di fatto anche a uno schieramento,
viene introdotto un elemento di casualità massima nella
distribuzione dei 155 seggi. Un sistema maggioritario deve prevedere
che chi vince nei collegi maggioritari abbia diritto ad avere
la maggioranza dei seggi per governare, con questo sistema invece,
se chi vince nei collegi uninominali non realizza altri quozienti,
rischia di non avere la maggioranza: un risultato paradossale.
Né è un deterrente contro le piccole liste, perché
basandosi sul recupero dei quozienti favorisce le candidature
fai da te: sono forte nel mio collegio, non voglio aggregarmi
a Polo e Ulivo, faccio la mia lista di scontenti.
E il motivo politico?
È il più importante: i referendum
elettorali hanno un significato di rottura con il sistema politico
vigente. Nel '91 e nel '93 ebbero il significato di denunciare
un sistema arrivato alla fine e l'incapacità delle forze
politiche di cambiare. Oggi siamo in una situazione completamente
diversa: c'è il tentativo di riformare la seconda parte
della Costituzione, c'è il governo dell'Ulivo. Il referendum
rischia di essere una bomba sotto questi due grandi obbiettivi
politici: è un attacco diretto contro il processo di
revisione costituzionale, perché si tenta di cambiare
la legge elettorale prima delle conclusione del percorso di
riforma e di influenzarne il cammino. E se falliscono le riforme
è evidente che ci saranno ricadute anche sul governo
di Romano Prodi. Invece c'è bisogno che il governo dell'Ulivo
duri tutta la legislatura, non per battere un record, ma per
avere il tempo di attuare il programma di trasformazione del
paese.
Gli "ulivisti" che appoggiano il referendum
replicano che solo con una nuova legge elettorale si farà
un deciso passo in avanti verso un vero bipolarismo e verso
l'Ulivo soggetto politico. Come risponde?
Penso che questo sistema vada modificato, migliorato,
ma non distrutto: si può cambiare legge elettorale ogni
due anni, perché questo finisce per tenere aperta la
transizione del sistema politico verso traguardi sempre più
vaghi. Questo bipolarismo ha molte imperfezioni, ma sta producendo
un vero confronto programmatico: il governo dell'Ulivo è
sicuramente più avanti della maturazione delle forze
politiche, ma noi dobbiamo fare in modo che la politica abbia
lo stesso passo del governo. In questo momento abbiamo una radio
che trasmette male una musica che ci piace: se diamo un calcio
alla radio, rompiamo l'apparecchio e rischiamo di non sentire
più la nostra musica preferita. Dobbiamo aggiustare la
sintonia, non sfasciare la radio.