IL
PERCORSO CHE HA PORTATO ALL'INTESA DI NATALE.
La trattativa fra
governo e parti sociali ha l'obiettivo di raggiungere un'intesa
entro Natale; andra' cosi' in soffitta', ma per rinascere in
una nuova forma piu' avanzata, lo storico accordo del luglio
1993, il primo tentativo di 'politica dei redditi' avviato nel
paese. E' stato, per dirla con Carlo Azeglio Ciampi, presidente
del consiglio al tempo dell'accordo, ''l'architrave'' della
politica economica degli ultimi governi, poi ha rischiato di
essere la vittima sacrificale di uno scontro a tutto campo fra
governo, sindacati, aziende, forze politiche, incappati nella
'mina' delle 35 ore. Una crisi innescata, la scorsa estate,
dalla Confindustria che minaccio' di disdire l'accordo di luglio
proprio per protestare contro la decisione del governo di non
affrontare, contestualmente alla questione delle 35 ore, anche
i temi della flessibilita', del lavoro, della competitivita'
delle imprese. Sembrava cosi' profilarsi la fine della politica
dei redditi,della partecipazione, e della contrattazione regolata.
Una politica, sempre per citare Ciampi, che ha permesso di sconfiggere
l'inflazione e rinnovare i contratti quasi senza scioperi, introducendo
la novita' della concertazione sugli incrementi salariali, legati
all'andamento delle aziende. A decretare la fine dell'accordo
di luglio e la necessita' di concordare un nuovo patto e' stato
il segretario della Cgil Sergio Cofferati, nel settembre scorso.
In quell'occcasione
Cofferati considero' finita la ''autolimitazione salariale''
da parte dei lavoratori, a meno che non fossero espresse ''altrettante
coerenze'' da parte di Governo e imprese. Nacque cosi' la proposta
di ''un patto sociale che preveda meccanismi di redistribuzione,
una cosa molto utile anche nei prossimi anni per assicurare
stabilita' economica e coesione sociale, occasioni di lavoro
dove serve e equita' senza conflitto''. Il governo D'Alema ha
rilanciato la proposta della trattativa, stringendo i tempi
e, dopodomani, a Palazzo Chigi il governo presentera' a sindacati
e Confindustria la sua proposta sulla revisione dell'accordo
del luglio del '93
e per il nuovo patto sociale. Ma la Cgil, come peraltro le altre
confederazioni, chiede che l'accordo di 5 anni fa non sia stravolto,
in particolare nella struttura contrattuale, lasciando invariate
le funzioni dei due livelli (difesa del potere d'acquisto per
il livello nazionale e distribuzione della produttivita' per
quello aziendale).
I
5 PUNTI, PIU' PESO CONTRATTI SECONDO LIVELLO
Concertazione, regole
e assetti contrattuali, sviluppo e occupazione, formazione,
lavoro e imprese: sono questi i 5 punti su cui si basera' il
nuovo patto sociale. E' stato il portavoce della presidenza
del Consiglio, Pasquale Cascella, a illustrare sinteticamente
le linee guida del nuovo patto che saranno tradotte dal governo
in una piattaforma che sara' discussa prima della fine
del 1998.
- Concertazione:
puntera' sull'importante appuntamento di primavera per la messa
a punto del Dpef, con una successiva verifica a settembre, in
prossimita' del varo della Fianziaria.
In questo quadro,
saranno effettuati monitoraggi, a Palazzo Chigi, dell'azione
ministeriale e di cio' che e' stato concordato con le parti
sociali, anche con il coinvolgimento del Parlamento ( maggioranza
e opposizione).
La concertazione
verra' estesa anche a livello territoriale, con protocolli tra
comuni e regioni.
- Regole e assetti
contrattuali: saranno mantenuti due livelli contrattuali, il
primo riservato alla parte normativa e
alla composizione del salario di riferimento (durata 3 o 4 anni).
Tutti i contratti nazionali dovrebbero essere portati ad
un'unica scadenza il 31 dicembre. Il secondo livello (contrattazione
aziendale e teritoriale) e' legato alle condizioni organizzative
delle imprese ed avra' scadenza a meta' di quello nazionale
(uno degli obiettivi e' la sua valorizzazione).
- Sviluppo e occupazione:
tra i vari provvedimenti, la semplificazione delle procedure
dell'intervento pubblico, il completamento di alcune opere infrastrutturali
tra cui l'autostrada Salerno- Reggio Calabria e la pedemontana.
Ad aprile, inoltre,
sara' fatta una programmazione per gli investimenti cofinanziati
da realizzare; il governo ha confermato le scadenze previste
per la l'operativita' dell'Agenzia per il Mezzogiorno.
- Formazione: obbligo
formativo a 18 anni, stages e apprendistato: questi gli obiettivi
primari che prevedono una sorta di formazione continua. Oltre
400 miliardi di stanziamenti nel '99 ed impegni analoghi o superiori
anche per gli anni successivi.
- Lavoro e imprese:
il govero punta a mettere gli assegni familiari e quello per
l'indennita' di maternita' a carico della fiscalita' generale,
alleggerendo il costo del lavoro, senza pero' aumentare la pressione
fiscale. Per questo obiettivo saranno utilizzate nuove risorse
disponibili. Sono previsti anche nuovi meccanismi fiscali a
sostegno degli investimenti e per tutelare il lavoro e l'impresa
nel mercato.
Nuove formule sono allo studio per garantire che gli investimenti
si sviluppino soprattutto in una situazione di sicurezza territoriale
( lotta alla criminalita').
SINDACATI,
POSIZIONI DIVERSE MA AVANTI UNITI
Sui contratti Cgil,
Cisl e Uil hanno ''posizioni diverse'' ma nel confronto per
il patto sociale andranno avanti unite. E' quanto hanno affermato
i segretari generali Sergio Cofferati, Sergio D'Antoni e Pietro
Larizza dopo l'incontro con il governo ricordando che la trattativa,
soprattutto per la parte che riguarda gli assetti contrattuali,
e' delicata e che potrebbe chiedere tempi piu' lunghi di quelli
annunciati dal governo. Sui contratti la Cgil ricorda che e'
fondamentale la garanzia del salario reale e che dovranno essere
mantenute distinte le funzioni dei due livelli (nazionale per
la difesa del potere d'acquisto e decentrato per la distribuzione
della produttivita'). La riduzione del costo del lavoro per
le imprese va bene - afferma Cofferati - se nello stesso tempo
si garantisce la difesa del salario reale. Non accetteremo un
processo che tende a dare vantaggi ad alcuni e non ad altri.
Abbiamo interesse a una conclusione rapida del confronto - aggiunge
il segretario della Cgil - ci servono punti di riferimento certi.
L'ultima settimana del'98 iniziera' una trattativa serrata.
I tempi pero' sono dati dal consenso sui singoli punti
di merito. Si puo' prevede con certezza l'inizio di un negoziato.
E' difficile prevedere la sua conclusione. Siamo interessati
a una conclusione rapida ma se cio' sara' possibile dipendera'
anche dalla volonta' delle organizzazioni imprenditoriali''.
''Abbiamo posizioni
diverse sui contratti - dice D'Antoni - ma troveremo una sintesi
e andremo uniti alla trattativa con il governo perche' questo
aiuti l'esecutivo al rilancio delle politiche per lo sviluppo.
La settimana prossima capiremo - precisa - se ci sono o no le
condizioni per fare l'accordo. Noi abbiamo interesse che l'intesa
si faccia''.
D'Antoni ha ribadito
che i due livelli contrattuali vanno mantenuti ma che quello
nazionale dovra' solo garantire il recupero dell'inflazione
mentre quello territoriale (possibilmente provinciale) dovra'
distribuire la produttivita'.
''Bisogna allargare
il secondo livello di contrattazione, farlo non solo a livello
aziendale ma anche territoriale. Questa e' una condizione per
fare l'accordo. E' una delle carte di modernita' e dinamismo
del nostro sistema''.
Sulla possibilita'
reale di fare un'intesa in tempi brevi frena il numero uno della
Uil Pietro Larizza: ''Ho molti dubbi sulla volonta' della Confindustria
di fare accordi. Il loro problema sono ancora le pensioni mentre
hanno avuto tutto e continuano a chiedere al governo. Cosi'
si rischia di non andare da nessuna parte. Noi siamo disponibili
a fare un accordo - conclude - il problema pero' non e' l'orologio
ma i contenuti''.
CONTRATTI,
DEFINIRE REGOLE PRIMA DI NEGOZIARE
Per rimanere competitiva
l'Italia deve avviare una revisione ''non marginale'' dell'accordo
del luglio '93, necessaria per tenere conto del fatto
che i prezzi dei concorrenti stanno crescendo a ritmi
molto bassi e che, nell'industria, l'inflazione al consumo
e' assolutamente non rappresentativa dell'inflazione del
settore.
La Confindustria,
nell'analisi fatta dal Centro studi, e' chiara: ''Per
evitare conflitti e' opportuno che il quadro delle regole
sia definito prima dell'avvio dei negoziati sindacali''.
Il punto centrale,
secondo gli industriali, e' la coerenza fra i due livelli
contrattuali (nazionale ed aziendale). In linea generale
- sottolinea la confederazione - e' possibile depotenziare
il contenuto economico dei contratti nazionali, oppure
garantire la coerenza dei contratti aziendali rispetto
a quelli nazionali. Questa seconda soluzione - sostengono
gli industriali - richiederebbe essenzialmente di dare
piu' forza e rendere esigibile la clausola dell'accordo di
luglio in base alla quale le erogazioni aziendali devono essere
legate agli incrementi di produttivita' eccedenti quelli
eventualmente gia' utilizzati per riconoscere gli aumenti
retributivi a livello di contratto nazionale di categoria.
Ognuna delle soluzioni - spiega pero' la Confindustria - ha
vantaggi e svantaggi''.
Il mix che prevarra'
tra gli elementi dell'una o dell'altra soluzione avra'
un impatto non secondario sulla possibilita' di introdurre
differenziazioni salariali in funzione della produttivita'
e delle condizioni locali nel mercato.
Secondo la Confindustria,
infine, ''sembra improbabile che in tempi brevi il sistema
italiano possa fare quel salto verso una flessibilita'
legata ai risultati auspicata'' da piu' parti.
SINDACATI,
CONTRATTI TERRITORIALI ESTESI A TUTTI
Mantenimento dei
due livelli contrattuali ed estensione dei contratti territoriali
a tutti i lavoratori: sono queste le condizioni di Cgil,
Cisl e Uil per accettare l'allungamento da due a quattro
anni degli aumenti salariali definiti a livello nazionale.
Le posizioni tra le confederazioni sul patto sociale restano
comunque articolate.
La Cgil difende il
contratto nazionale e le ''funzioni distinte'' dei due
livelli (salvaguardia del potere d'acquisto per quello
nazionale e distribuzione della produttivita' per quello
decentrato) previste dall'accordo di luglio. La Cisl considera'
ridotto, di fronte al calo dell'inflazione, il valore
economico del contratto nazionale e punta di piu' sulla
negoziazione territoriale mentre la Uil ricorda le difficolta'
di stabilire gli aumenti salariali nazionali su quattro anni
di fronte a un Documento di programmazione economico-finanziaria
(Dpef) che fissa l'inflazione programmata ogni tre anni.
Il confronto si potrebbe
complicare di fronte alla difficolta' delle imprese di
estendere anche il secondo livello di contrattazione a
tutti i lavoratori. Al momento solo 5,5 milioni di dipendenti
su oltre 15 usufruiscono della contrattazione integrativa
(aziendale o territoriale). Quasi dieci milioni di lavoratori,
soprattutto nelle piccole imprese, non hanno aumenti salariali
legati alla produttivita'.
''Il mantenimento
dei due livelli con funzioni distinte - dice il segretario
confederale della Cgil Walter Cerfeda - e' pregiudiziale
alla trattativa. Se a questo si aggiunge la contrattazione
decentrata, autonoma rispetto alla nazionale, siamo disponibili
a discutere di soluzioni tecniche. Non si puo' prescindere
comunque - conclude - dalla salvaguardia del potere d'acquisto
delle retribuzioni che deve essere definita a livello
nazionale''.
Per il segretario
confederale della Cisl Natale Forlani ''con un'inflazione
vicina all'1,5% il ruolo del contratto nazionale e' limitato
e il problema vero diventa lo sviluppo del livello territoriale.
Si puo' decidere - spiega - di fare ogni quattro anni
una volta la contrattazione nazionale e una volta la decentrata
evitando le sovrapposizioni delle vertenze. Il secondo
livello dovrebbe essere esteso a tutti ma dovrebbe essere
prevista la possibilita' di scegliere se applicare il
contratto territoriale o quello aziendale dove esiste''.
''Noi crediamo -
afferma il segretario confederale della Uil Adriano Musi
- che la durata migliore per il contratto nazionale sia
di tre anni. Quanto al secondo livello la valorizzazione
e' necessaria. Il contratto territoriale o aziendale a
scelta delle categorie deve essere esigibile. Gli aumenti
di produttivita' vanno distribuiti''.