L'idea di un'unione economico- monetaria europea non e' nata
a Maastricht, ma risale addirittura al secolo scorso. Il modello
ideale e' quello degli Stati Uniti d'America, che nel 1792,
quattro anni dopo la firma della costituzione, decisero con
il ''Coinage Act'' di adottare una sola moneta, cioe' il dollaro,
entrato poi in circolazione nel 1794, per diventare in seguito
l'elemento di forza di un mercato unico di 260 milioni di abitanti
e la principale valuta di riserva del mondo.
Nel Vecchio Continente il primo tentativo di dar vita ad una
moneta comune - dopo ovviamente l'impero romano - e' l'unione
monetaria latina (o ''convention monetaire''), creata nel 1865
da Francia, Italia, Belgio, Svizzera e successivamente Grecia.
La ''convention'' si basava su un sistema bimetallico di monete
d'oro e d'argento, convertibili tra loro al tasso fisso di una
moneta d'oro per 15,5 d'argento. I Paesi membri, inoltre, concordarono
tra di loro rapporti di cambio fissi al tasso di uno a uno.
Il progetto, pero', non riusci' mai a decollare, non solo perche'
il prezzo dell'oro inizio' a salire, rendendo indifendibile
il cambio fisso con le monete d'argento, ma anche e soprattutto
a causa del cambio paritetico arbitrariamente fissato uno a
uno malgrado le profonde divergenze economiche tra i Paesi membri.
Traballante fin dall'inizio anche per la molteplicita' dei
soggetti di politica monetaria (l'Italia all'epoca non aveva
una banca centrale unica, ma ben sei istituti di emissione,
mentre la Svizzera ne aveva addirittura ventisette), l'unione
monetaria latina subi' ben presto un primo scossone con gli
squilibri di bilancio causati dal conflitto franco-tedesco (1870)
e da quello italo-austriaco (terza guerra d'indipendenza). Il
colpo di grazia, pero', venne dalla prima guerra mondiale.
Un secondo tentativo venne fatto nel 1872 da Danimarca, Svezia
e Norvegia, che diedero vita alla Lega monetaria del Nord o
unione monetaria scandinava. Grazie ad una maggiore omogeneita'
economico-finanziaria di partenza tra i Paesi membri, il progetto
riusci' a funzionare con successo almeno per una ventina d'anni
fra il 1885 e il 1905. Ma anche la Lega monetaria del Nord non
riusci' a sopravvivere al terremoto della prima guerra mondiale.
Il progetto che piu' si avvicina all'unione economica e monetaria
europea cosi' come e' stata concepita con il trattato di Maastricht
e' il cosiddetto piano Werner, dal nome di Pierre Werner, ex
primo ministro lussemburghese, che nell'ottobre del 1970 presento'
un piano di unione monetaria in tre fasi, proprio come quello
messo a punto quasi vent'anni dopo da Jacques Delors, allora
presidente della Commissione europea.
Il piano, che sarebbe dovuto entrare nella terza e ultima
fase nel 1980, rimase pero' nel cassetto. A decretare il fallimento
precoce di quella che viene considerata la ''brutta copia''
dell'Ume fu una costellazione sfavorevole di fattori: le turbolenze
valutarie scaturite dal dollaro nel 1971/72; la crisi petrolifera
che innesco' un meccanismo di forte divergenza economico-finanziaria
tra i sei Paesi all'epoca aderenti alla Cee e l'allargamento
della comunita' da sei a nove Stati membri con l'ingresso di
Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca.
La storia moderna e contemporanea del Vecchio Continente conosce
poi altri due casi di unione monetaria: quella del 1921 tra
il Belgio e il Lussemburgo e quella del 1990 tra le due Germanie.
La prima e' tuttora in vigore e ha funzionato con successo per
quasi ottant'anni malgrado la divergenza politico- finanziaria
tra il Belgio molto indebitato e il Granducato, che quasi non
ha debito pubblico. Prima di aderire all'Ume, cioe' entro il
primo gennaio 1999, i due Paesi dovranno sciogliere formalmente
il loro regime di ''comunione della moneta''. Il secondo caso,
invece, fu dettato da considerazioni di carattere politico contro
ogni logica economica. Malgrado gli effetti traumatici, soprattutto
in termini di disoccupazione ad Est, l'unione monetaria intertedesca
e' stata infatti il preludio della riunificazione delle due
Germanie..