Per tutto L'Ulivo


Dieci idee per L'Ulivo

IL GIORNALE - DOMENICA 9 MARZO
Gli intellettuali della sinistra riuniti nella tenuta toscana di Gargonza per discutere di "orizzonti valoriali della politica"
SCONTRO AL CASTELLO
TRA ECO E D'ALEMA

Il segretario del Pds parla di partiti e il semilogo minaccia di lasciare il convegno

Gargonza - (Arezzo) - Dal nostro inviato

I confusi anche cromaticamente con l'unico vero intellettuale italiano, il Gabibbo, politici che parlano come intellettuali e intellettuali che fanno discorsi politici si riflettono nelle loro parole, convinti "di avviare un aggiornamento dell'orizzonte valoriale nella riflessione politica contemporanea". Immagini perfettamente speculari al cartoncino d'invito al pensatoio ulivista del castello di Gargonza, discutono per ore "mirando a ridefinire i reciproci ruoli in un'epoca in cui sembrano tramontate le tradizionali funzioni configurate nei maggiori sistemi ideologici". Si continua così per ore ed ore, con replica prevista per oggi, mentre l'organizzatore Omar Calabrese passa la giornata fuori dal castello a raccontare ai giornalisti quello che gli raccontano i suoi collaboratori a cui qualcuno ha raccontato quello che sta succedendo dentro. Ennesima matrioska dialettica di un convegno la cui ultima bambolina è desolatamente vuota. Come la prima. Che ci sia qualcosa che non va lo si capisce definitivamente quando 27 (ventisette) giornalisti si accalcano attorno a Don Mazzi che parla della "crisi della parola" o quando 41 (quarantuno) esemplari della stessa categoria appuntano diligentemente sui loro taccuini il confronto firmato da Umberto Eco fra il pensatoio di Gargonza e quello organizzato dal Pds a Pontignano un anno e mezzo fa: "A dire il vero, a Pontignano io non c'ero, quindi non saprei". E sui notes finisce anche la frase con cui Eco chiude la querelle sulla sua volontà di espatriare dopo la vittoria del Polo alle elezioni del 1994: "Non posso non essere orgoglioso di un Paese che mi ha dato i natali".

Circondato da veltroniani, il professore si esibisce in virtuosismi di Walter-egocentrismo, perfetto riassunto di un dibattito di cui resta solo un forte rumore di niente: chili di lanci di agenzie di stampa che informano che il presidente dei senatori pidiessini Cesre Salvi ha regalato un mazzetto di mimose al ministro della sanità Rosi Bindi o che ai partecipanti al convegno, come secondo piatto, è stata servita arista di maiale al forno con cipolline in agrodolce. Come in un film di Nanni Moretti, il dibattito - quello vero - è dominato dalla domanda: "mi si nota di più se vengo o se non vengo?". E il volto di Massimo D'Alema è la migliore risposta: il leader pidiessino arriva a Gargonza scuro in volto, opponendomi solo un "fatemi passare altrimenti me ne vado" ai giornalisti che lo circondano. Perfetta nemesi dei tanti sgarbi ricevuti dal presidente della Bicamerale, la muraglia dei cronisti si apre facendo passare D'Alema e costringendolo a rimanere tutto il giorno fra gli intellettuali del castello: a fine giornata il suo blocco di fogli per appunti è ricco di pensiero debole (anche se il filosofo vattimo arriva in ritardo) e povero di concetti forti, ma in compenso il leader pidiessino dà il meglio di sè nell'origami, la difficile arte giapponese di piegare la carta. D'Alema se ne va accarezzando con il pensiero la migliore battuta di Umberto Eco: "Per scrivere un altro "Nome della Rosa" ambientato qui, dovrei iniziare a far fuori almeno un paio di relatori". E dal suo staff arriva la conferma che Massimo oggi non ci sarà, assenza necessaria e sufficiente ad alimentare l'ennesimo giallo di due giornate politicamente grigie: la voce che, in caso di pernottamento nella zona, la delegazione pidiessina sarebbe stata ospitata in un albergo di Arezzo e non all'interno del castello come gli ulivisti doc. Presunta distanza fisica fra partito democratico dell'Ulivo che si traduce in distanza dialettica nell'intervento di D'Alema, il cui inizio dice tutto: "Scusate se sarò spigoloso". Massimo, pensando a Bertinotti, concede la replica del suo intervento congressuale sugli eccessi dello Stato sociale: "Le ragioni della sinistra non sono quelle della cassa integrazione". Poi difende di nuovo il ruolo della politica attaccando Berlusconi perchè Prodi e Veltroni intendano: "Pensare alla società civile "buona" contrapposta ai partiti "cattivi" è una visione tardosessantottesca". Sembra il requiem sull'Ulivo e Umberto eco non gradisce: "Sono venuto qui a parlare di dieci idee per l'Ulivo. se invece la discussione va dove l'ha portat D'Alema io prendo e me ne vado". Di solito lo dice e poi resta. ma.lu.


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