ROMA - Da ''ambizioso'' a ''insufficiente'':
cosi' si alcuni economisti riuniti si dividono nel valutare
'a caldo' il Dpef varato dal governo.
L'occasione per il confronto e' stato un incontro
organizzato dal Ceis-Tor Vergata e dalla Fondazione Brodolinia
che si e' svolto il 27 aprile nella sede della seconda universita'
romana.
''Il Dpef e' eccessivamente ottimistico nel
prevedere tassi di sviluppo che difficilmente si relizzeranno''
ha detto Antonio Marzano, responsabile economico di Forza Italia.
Secondo Marzano bisognerebbe ricorrere ad una ''riduzione drastica
della pressione fiscale'' e comunque il Dpef e' ''inadeguato
per quanto riguarda il problema della disoccupazione''.
Secondo Nicola Rossi della direzione dei Democratici
di sinistra si tratta invece di ''un documento ambizioso che
si propone risultati non facili che pero' possono essere raggiunti''.
Rossi ha quindi ricordato che era ambiziosa anche la scelta
del governo di entrare nel primo gruppo dell'unione monetaria
ma l'obiettivo ''e' stato raggiunto''.
''Condivisibile negli obiettivi ma insufficiente
per gli strumenti'': e' il giudizio di Giampaolo Galli (Confindustria)
secondo cui il Dpef ''rinuncia perfino a porre la questione
della flessibilita' e del contenimento della spesa''.
'Tiepido' quindi il giudizio di Giorgio La
Malfa secondo cui il problema nel prossimo futuro piu' che gli
obiettivi da raggiungere indicati dal governo sara', ad esempio,
nel rapporto di cambio tra euro e dollaro da cui dipenderanno
le sorti della crescita della nostra economia. Critico invece
il giudizio sull'occupazione per il quale La Malfa parla di
''calcoli troppo ottimistici''. Per far crescere l'occupazione
- ha detto - occorrerebbe una crescita del reddito superiore
al tre per cento.
Piuttosto che il Dpef, secondo La Malfa, occorrerebbe
quindi un 'libro bianco' su come l'Italia puo' massificare i
vantaggi e minimizzare i costi della partecipazione all'euro.
Secondo Renato Brunetta, docente di Tor Vergata,
infine, il Dpef serve solo a ''compattare la maggioranza; non
accetta le sfide dell'Europa e non e' sufficiente a risolvere
i problemi strutturali del Paese''. Anche Brunetta parla quindi
di ''eccesso di ottimismo sulla crescita'' e precisa che la
riduzione della pressione fiscale e' una ''presa in giro perche'
- spiega - se si prende il dato tendenziale e quello programmatico
si vede che sono uguali. Questo vuol dire che, senza far nulla,
la pressione fiscale diminuisce ma solo perche' vengono meno
le una tantum, ovvero solo quello che era provvisorio''. La
riduzione della disoccupazione e, infine, per Brunetta una ''pia
illusione''.