Le imprese senza profitto: un progetto di economia
civile
Non c'è da stupirsi che il settore non-profit americano
sia più grande di quello italiano, date le condizioni
legislative e culturali estremamente favorevoli che il settore
sperimenta negli Stati Uniti. Più sorprendente è
il divario che separa l'Italia da paesi con sistemi legislativi
non troppo lontani dal nostro, come la Germania e la Francia.
Esiste una grande varietà all'interno di questo settore:
fianco a fianco agiscono organizzazioni con una solida base
di lavoratori stabili ed organizzazioni prevalentemente basate
sull'impegno dei volontari; organizzazioni in grado di retribuire
i propri lavoratori ai livelli massimi del mercato ed organizzazioni
che possono permettersi solo dei modesti rimborsi spese; organizzazioni
che integrano le disponibilità e le capacità di
volontari con lavoratori retribuiti ed organizzazioni che si
basano solo su una delle due componenti.
Un settore così importante per la vita civile del nostro
Paese, tutt'altro che insignificante dal punto di vista economico
ed occupazionale, resta caratterizzato da una grande incertezza
normativa, da una regolamentazione assai frammentaria, da scarsi
meccanismi pubblici di incentivo allo sviluppo, da una ridotta
trasparenza sulle forme, l'efficienza e l'efficacia della sua
azione. Occorre porre mano, con urgenza, alla regolazione del
terzo settore nella sua globalità. Manca a tutt'oggi
una logica d'insieme da cui far discendere una politica pubblica
capace di garantire l'autonomia e l'indipendenza del terzo settore.
E' oggi unanime il consenso sulla necessità di passare
dal welfare state al welfare mix. Ma un sistema misto non può
fare a meno, pena la perdita di efficienza e di qualità
dei servizi, di un settore non-profit ben sviluppato. Per potenziare
il terzo settore occorrono quattro condizioni:
- ridefinire i meccanismi di contrattazione con le unità
di offerta private per la delega della produzione di servizi;
- introdurre nel codice civile la possibilità di
dar vita a forme organizzative imprenditoriali che escludano
la distribuzione di utili, sostituendo così la figura
dell'organizzazione non-profit a quella, ormai priva di senso,
degli "enti non commerciali";
- prevedere un regime fiscale specifico per le imprese non-profit
lungo le linee del disegno di legge predisposto dal Ministero
delle Finanze;
- prevedere la detraibilità a fini fiscali delle
spese sostenute dai consumatori privati, tenendo conto che dall'espansione
di questa domanda deriverà anche un consistente aumento
dell'occupazione.
Altre misure necessarie sono le seguenti:
- Mancando in Italia sia istituzioni riconosciute come punto
di riferimento nazionale per il terzo settore sia organizzazioni
intermediarie, occorre sostenere lo sviluppo della cultura d'impresa
nel terzo settore, costruendo un ponte tra due mondi finora
scarsamente comunicanti (rispondendo così alla elevata
domanda delle organizzazioni non-profit di collaborazione manageriale
relativamente alla qualità dei servizi per stare sul
mercato e all'efficiente impiego delle risorse per conseguire
l'autonomia economica).
- Va incentivata la costituzione di fondi e di strutture
creditizie finalizzati, esclusivamente o prevalentemente, al
finanziamento delle organizzazioni non-profit.
- Occorre rivedere la normativa relativa alle organizzazioni
non governative di volontariato internazionale per renderla
adeguata alle funzioni e ai compiti nuovi che oggi svolge il
non-profit internazionale.