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Tesi n° 23
La lotta alla criminalità organizzata


La criminalità organizzata rappresenta una minaccia per le fondamenta dello Stato democratico: attiva ed influente all'interno dell'economia legale e del mondo politico, con l'esercizio della corruzione e della violenza acquisisce posizioni di dominio; con le enormi risorse acquisite illegalmente altera il funzionamento del mercato e della libera concorrenza, non solo nelle regioni meridionali.

Soprattutto la mafia é stata in grande misura causa delle condizioni di mancato sviluppo economico e di emarginazione delle regioni meridionali: l'espansione per decenni pressoché indisturbata dell'impresa mafiosa, del racket, della corruzione politico-amministrativa hanno danneggiato profondamente l'economia delle regioni più colpite. Per ogni investimento e per ogni imprenditore di marca criminale, ne esiste almeno un altro di tipo non mafioso eliminato dalla competizione attraverso attentati, estorsioni, esclusione dai mercati e dagli appalti più redditizi; esiste poi il fenomeno della fuga di capitali "puliti" dalle aree meridionali che contribuisce ad accrescere il peso relativo del potere economico e politico della criminalità organizzata.

Nel biennio 1992-94 lo Stato ha condotto un'azione particolarmente forte di contrasto della mafia; é stata avviata un'azione incisiva di contrasto ai fenomeni dell'usura e del racket, grazie soprattutto alla coraggiosa denuncia di numerosi imprenditori.

Di fronte alla riduzione del numero degli attentati e degli omicidi che ha caratterizzato l'ultimo anno, non é tuttavia possibile alcuna diminuzione di impegno da parte delle istituzioni e della società civile.

Se infatti la criminalità organizzata appare meno violenta ed anche più debole nella capacità di acquisire consenso sociale, é sempre più potente in campo economico, più feroce e professionalizzata. Anche se non si tratta solo di un fenomeno italiano: Cosa Nostra, le mafie dell'Est Europa e dell'Asia condizionano ormai i mercati economico-finanziari internazionali.

Si pensa che in Italia venga riciclato un miliardo al minuto: il riciclaggio é un grande affare "lecito" che tocca ogni settore dell'economia. Cosa Nostra crea circuiti bancari paralleli; influenza il mercato dei cambi, penetra sui mercati borsistici. E dove arriva il denaro della mafia, arriva anche l'organizzazione e l'intimidazione mafiosa. Nessuna regione italiana può ritenersi immune dal rischio di inquinamento mafioso.

Le linee d'azione che proponiamo sono:

- Difendere l'economia legale, con un'azione di integrazione costante tra lo Stato e i privati, al fine di ridurre la vulnerabilità dei mercati legali, aiutando i soggetti economici in difficoltà sia nei "normali" momenti di crisi, sia sottraendoli agli attacchi magari mascherati da aiuti delle organizzazioni criminali. In quest'ottica sarà approvata una nuova legge sull'usura, sviluppando contemporaneamente una politica del credito che dia opportunità reali di non ricorrere all'usura stessa. Va inoltre affrontato il problema di un'economia illegale in quanto sommersa che corre il rischio di essere attratta dall'economia criminale piuttosto che di sfociare nell'economia legale.

- Colpire le organizzazioni criminali sotto il profilo economico: non basta catturare i soggetti criminali, bisogna "catturare" anche le ricchezze criminali. Le leggi vigenti - legge antiriciclaggio, disciplina della cessione di partecipazioni, composizione della base sociale delle società di capitali, cessione di terreni ed esercizi commerciali, sequestro preventivo, misure di confisca - sono efficaci per la lotta contro il riciclaggio.

Ma questi strumenti devono coniugarsi con indagini patrimoniali concatenate all'interno delle inchieste penali, per la realizzazione di accertamenti a tenaglia. E soprattutto le leggi sulla confisca e il sequestro dei beni vanno applicate sistematicamente, riorganizzando e professionalizzando gli apparati investigativi in modo adeguato.

- Mantenere due strumenti che si sono rivelati di grande efficacia nella lotta alla criminalità mafiosa: il regime carcerario duro per i capimafia e la legge sui pentiti. Va approfondita la possibilità di affiancare alla legge sui collaboratori di giustizia qualche ulteriore norma tesa a facilitare la diserzione dalle file della mafia, offrendo ad esempio, riduzioni di pena a chi, abbandonando l'organizzazione criminale, si limiti a denunciare i propri reati. E al tempo stesso va sviluppata un'azione tendente a sottrarre i figli e i parenti dei mafiosi da un destino criminale. In materia di collaboratori di giustizia la disciplina va rivista alla luce delle esperienze statunitensi, verificando la possibilità di distinguere le organizzazioni che gestiscono e assistono i collaboratori di giustizia dagli organismi di indagine.

- Ricostruire la macchina della giustizia civile, per garantire forme rapide e affidabili di tutela dei diritti (vedi "Accelerare la giustizia civile").

- Favorire strumenti di autonomo controllo degli imprenditori rispetto alle infiltrazioni della criminalità organizzata, ad esempio con l'intervento delle associazioni di categoria e con forme codificate di autoregolamentazione per le imprese, da sperimentare inizialmente con le imprese che lavorano con lo Stato, secondo i principi indicati dalla Commissione antimafia nell'XI legislatura.

- Rafforzare la lotta alla criminalità sul piano internazionale, sviluppando sinergie nazionali ed internazionali: con un dialogo tra banche dati, affinché sia possibile uno sfruttamento incrociato - tra amministrazioni di diversi stati - delle informazioni che emergono dai processi penali (come avvenuto per il terrorismo europeo); con l'ampliamento degli spazi di collaborazione giudiziaria all'interno dei diversi stati dell'Unione Europea sul riciclaggio e la correttezza degli operatori finanziari; in prospettiva, con formazione di un nucleo di diritto penale europeo (al contrario dei sistemi giuridici, la criminalità non "conosce" confini nazionali), con un'attenta valutazione dei rapporti con i paesi off-shore.

L'Italia e gli altri