Liberare il mercato: le privatizzazioni
Uno "Stato leggero" persegue con determinazione e senza tentennamenti
la privatizzazione delle banche e delle imprese pubbliche italiane;
ma uno Stato che non è indifferente deve evitare che
dal monopolio legale pubblico si passi all'omologo monopolio
legale privato o che si rafforzino le solite "mani private".
Uno Stato leggero, ma non indifferente è uno Stato che
regola invece di gestire.
Si deve dunque cogliere l'occasione della privatizzazione per
allontanare i partiti politici dalla gestione dell'economia,
per creare nuovi mercati, per fare nascere nuovi imprenditori,
per dare una robusta dose di competitività alle industrie
e alle banche italiane, per accrescere il mercato dei capitali
privati. In sintesi, la privatizzazione costituisce l'occasione
propizia per allargare le ristrette basi del capitalismo italiano,
per accrescerne la pluralità di protagonisti.
Lo Stato italiano perde così il controllo diretto delle
sue imprese pubbliche per trasformarle in imprese private soggette
alle normali leggi del mercato, o - nel caso di quelle operanti
nel campo dei servizi pubblici - alla regolazione di apposite
agenzie indipendenti la cui vocazione è anche quella
di promuovere la concorrenza proprio nei settori ove essa stenta
a manifestarsi.
Questa delle privatizzazioni è indubbiamente una delle
decisive linee d'azione per far nascere il mercato. La proprietà
pubblica di imprese industriali o di servizio non si è
dimostrato uno strumento adeguato nè a favorire una maggiore
competitività del sistema produttivo italiano, né
a fornire servizi in modo efficiente ed equo. La peculiarità
italiana, rispetto agli altri paesi europei a questo riguardo
è stata quella di partire in ritardo nel processo di
privatizzazione e di portarlo avanti con estrema lentezza.
A questo bisogna ovviare rapidamente collocando le imprese
sul mercato usando modalità trasparenti ed in grado di
mobilitare la maggior quantità di risorse possibili.
La privatizzazione delle banche pubbliche sta al centro del
processo di riforma del mercato dei capitali.
Così riavviato, il sentiero delle privatizzazioni può
andare avanti in tutte le altre direzioni: imprese manifatturiere,
di servizio, e così via.
A quest'ultimo riguardo è però necessario introdurre
la fondamentale distinzione fra le imprese che operano in concorrenza
e le imprese che forniscono servizi di pubblica utilità
in condizioni di almeno parziale monopolio.
La privatizzazione delle imprese che già operano in
mercati concorrenziali può avvenire rapidamente, non
essendovi infatti ragioni strategiche che possano giustificare
la presenza pubblica in questi settori.
Non solo, queste privatizzazioni, costituiscono l'occasione
per irrobustire il mercato azionario e rendere più pluralistico
l'assetto proprietario dell'economia italiana. Possono altresì
essere l'occasione per accrescere la presenza di qualificati
operatori esteri, capaci di collocare in Italia la loro base
per una espansione produttiva (specie nel Mezzogiorno) o per
il coordinamento delle attività europee (nel caso di
imprese americane o asiatiche).
La privatizzazione delle imprese che operano nel campo dei
servizi pubblici. Gli obiettivi di liberalizzazione perseguiti
dall'Unione Europea costituiscono il quadro di riferimento per
una profonda ridefinizione degli attuali assetti regolamentativi
dei servizi pubblici nel nostro Paese.
A questo riguardo vanno privatizzate le imprese di produzione
e gestione dei servizi. Le modalità di privatizzazione
dovranno in questo caso tener conto della specificità
di queste imprese.
Data la natura di queste imprese la loro privatizzazione deve
cioè essere preceduta dalla definizione di regole che
tutelino i consumatori contro comportamenti dei nuovi soggetti
privati in contrasto con i criteri di accessibilità ed
equità.
Le imprese di servizio possono essere collocate sul mercato
coinvolgendo, nel loro capitale, anche le banche una volta privatizzate.
Se queste considerazioni e proposte valgono soprattutto per
le privatizzazioni di rilievo nazionale, va altresì segnalato
che ampi sono, nel nostro Paese, i margini di manovra per politiche
di privatizzazione di rilievo locale.
In ciascuna delle "cento città d'Italia" numerose sono
le attività economiche, i servizi di pubblica utilità,
le consistenti proprietà immobiliari che - in presenza
del necessario quadro di regole - possono essere privatizzate.