
Gli
Interventi
Due
ambizioni: Corrado Augias
I criteri
di Maastricht assorbono la maggior parte dellattenzione
sia nei media che nei circoli politici. Ma i temi di riflessione
e di inquietudine che lEuropa pone in questo momento,
quasi sempre decisivi per il nostro futuro, come nazione e per
noi come singoli, sono più numerosi, non più facili, in molti
casi più appassionanti.
Una
breve riflessione sul ruolo che gli intellettuali possono suggerire
a sé stessi oltre che alla classe politica parte da questa constatazione:
lopinione pubblica italiana parla dellEuropa, pensa
allEuropa, solo quando sono in ballo i parametri di convergenza
fissati in un Trattato per volere essenzialmente della banca
federale tedesca.
In Europa
cè molto di più. Questa visione parziale presenta due
rischi: quello del provincialismo e quello politico. Il mancato
aggiornamento su questi temi è un vizio costante dei media italiani
e quindi dellopinione pubblica per una serie di cause
che vanno dalla mancanza di un vera tradizione internazionale
alle preoccupazioni che ci procura lattuale fase del Paese,
Il secondo
rischio è politico, Concentrare tutto sulla convergenza finanziaria
porta a sottovalutare altri aspetti. LEuropa del sociale
e delloccupazione, certo, ma anche lEuropa della
cultura e dellinformazione.
LUE
è la più grande utopia politica concepita dai tempi di Carlo
Magno. Questa Ue non è né buona né cattiva. E servita
se non altro a non far sparare nemmeno un colpo di rivoltella
lungo uno dei confini critici del continente: quello tra Francia
e Germania.
Lazione
europea dellattuale ministro dei Beni Culturali ha smosso
qualche impaccio e suscitato molto interesse anche in relazione
alla sua proposta di istituire fondi organici per il finanziamento
della cultura vista anche come occasione per la creazione di
nuovi posti di lavoro.
La Conferenza
intergovernativa prenderà in considerazione questa ipotesi?
Questa
conferenza, aperta a marzo 1996 a Torino durante il semestre
italiano di presidenza, deve ridefinire il volto istituzionale
della Ue ridisegnando i Trattati. Si concluderà il 16 giugno
prossimo con un compromesso basato sul minimo comune denominatore
tra i Paesi che vogliono più Europa e quelli che preferiscono
lo status quo.
Questo
compromesso, per insoddisfacente che sia, ci salverà comunque
dal pericolo che si posa dire che la Conferenza è stato un fallimento
il che avrebbe conseguenze imprevedibili su tutto il resto,
compresa la terza fase della Eu ovvero la moneta unica.
In una
risoluzione approvata dal Parlamento Europeo lo scorso gennaio
non mancavano critiche allo svolgimento della Conferenza. Tuttavia
con la stessa cautela che si impiegherà per le conclusioni della
Conferenza, il Parlamento ha assunto un atteggiamento globalmente
positivo nellintento di far progredire i lavori della
Conferenza e di evitare che si potesse parlare di fallimento.
Dietro
a queste cautele cè in realtà la consapevolezza che la
Ue sta attraversando un periodo molto critico di crescita. Molto
dipenderà certo dalla moneta e dalleventuale rinvio di
scadenze previste per la sua introduzione.
Ma molto
dipenderà anche dal contesto generale che può essere riassunto
in queste domande: si vuole veramente unEuropa più unita
cioè con più istituzioni sovranazionali comuni? O succederà
che i fautori di unulteriore allargamento dei Paesi membri
useranno questa estensione per rinviare ogni necessario approfondimento?
Tra
pochi giorni a Roma si celebrerà il quarantennale della firma
dei Trattati di Roma.
La Commissione
istituzionale del Parlamento presieduta da Biagio De Giovanni
ha preparato una bozza di risoluzione che voteremo nella sessione
plenaria a Strasburgo che comincia lunedì dove si è deciso di
richiamare soltanto due punti fondamentali: i diritti di cittadinanza
e la limitazione della cosiddetta cooperazione rinforzata a
casi esplicitamente previsti e che comunque mettano in discussione
la sostanziale unitarietà delle Istituzioni europee.
Un altro
grande tema in discussione è la ventilata riforma dei fondi
strutturali di cui già circolerebbero i primi indirizzi nel
prossimo bilancio. Non si tratta tanto di ridurre gli stanziamenti
ma soprattutto, in questa fase, di cambiare il criterio di distribuzione.
In pratica adeguando le cifre stanziate dalla Commissione a
quelle effettivamente spese, o quanto meno impegnate, dagli
Stati membri e dalle Regioni.
Poiché
lItalia è tra i Paesi che meno utilizzano i fondi, per
le ben note ragioni, è chiaro che questo si risolverebbe in
un danno gravissimo tanto più che si vorrebbe accoppiare a questo
un secondo criterio: i soldi non spesi non verrebbero rinnovati
per lanno successivo come si è fatto finora.
Sarebbero
cancellati. Drastici risparmi che andrebbero a finanziare lampliamento
verso lest dellEuropa: Polonia, Ungheria, Slovacchia
e Cekia.
Lasse
europeo si troverebbe insomma spostato verso Centro-est a danno
ulteriore dellasse latino o mediterraneo che di recente
ha preso forma con la Francia di Chirac come capofila.
In realtà
queste note vogliono essere solo un piccolo assaggio della natura
(e del rilievo) dei temi in discussione a Bruxelles nel totale
disinteresse di quei particolari intellettuali che sono i redattori
dei media scritti ed elettronici.
Personalmente
trovo questo atteggiamento suicida. Si parla tanto di Maastricht
senza pensare che i criteri di convergenza lì previsti non vivono
nel deserto ma fanno parte di un contesto sul quale diventa
sempre più necessario intervenire certo con lazione di
governo ma anche con la pressione dellopinione pubblica.
La mia
impressione è che facciamo ancora poco sotto il primo profilo,
pochissimo sotto il secondo.
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