
"La
Repubblica" 9 marzo 97
IL
FRANTI DELL'ULIVO
di CURZIO MALTESE
GARGONZA
LE FAMOSE dieci idee per rilanciare l'Ulivo, fra tanti cervelli
in gita a Gargonza, non si sono purtroppo trovate. In compenso
D'Alema ne ha in testa una per affossarlo del tutto. E il bello
è che ha deciso di esporla a chiare lettere proprio qui, rovinando
la festa della rinascita ulivista. Davanti alle facce perplesse
di Prodi e Veltroni in prima fila e a quelle depresse degli
organizzatori, fra i quali il povero Omar Calabrese che s'era
tanto dannato per avere il lider Massimo in persona.
E VISTO che l'hanno fatto venire a forza, ha voluto rendere
la giornata indimenticabile. "Scusate se sarò un po' spigoloso..."
è stata la cortese ma già allarmante premessa alla gragnuola
di colpi menati all'alberello della coalizione e indirettamente
ai convenuti, trattati come una simpatica compagnia di perdigiorno.
L'Ulivo, ha spiegato D'Alema agli ulivisti, non esiste. Non
è un movimento né un progetto politico. Soltanto un'alleanza
elettorale, forse meno: un marchio, e neppure tanto efficace.
Il 21 aprile, ha infierito il gensek, il centro sinistra in
realtà ha perso le elezioni (e due milioni di voti). Ma ha vinto
il governo del Paese perché ha meglio interpretato la legge
elettorale e grazie alla campagna sbagliata del Polo. In conclusione:
non venite a seccarmi con le vostre trovatine e slogan buonisti,
la doppia tessera e la società civile, che ho altro da fare.
La politica sta tutta nei partiti, sopra! ttut to nel Pds e
in special modo nel suo capo, che poi sarei io, lui, D'Alema.
È stato bellissimo, arrivederci.
Questo in sintesi il contributo di D'Alema alla rinascita dell'Ulivo.
Al confronto, l'attacco al sindacato pronunciato dal palco del
congresso era un idillio a rime baciate.
Ma gli ospiti di Gargonza alla fine non si sono spellati le
mani come la platea del Palaeur. C'è chi ha parlato di inno
alla partitocrazia, come Flores, chi di sproloquio, come Petruccioli,
chi l'ha buttata al solito sul noto caratteraccio di D'Alema.
L'inevitabile Veltroni gli ha risposto con il solito sogno americano:
l'Ulivo come grande partito democratico. E D'Alema, che ha deciso
di recitare fino in fondo la parte del Franti nel Cuore ulivista,
ha sorriso.
È certo che ancora una volta è riuscito a occupare la scena
e a confinare gli altri nel ruolo di caratteristi. Giocando
d'attacco qui nella trasferta di Gargonza, come aveva fatto
in casa al Palaeur, il leader ! del Pds ha vinto la partita.
Quella vera, che si gioca sui media.
Prima dell'intervento di D'Alema la giornata di rifondazione
ulivista s'era segnalata per lo splendido paesaggio naturale
e artistico e il pittoresco corredo umano attratto dall'evento.
Le colline boscose e il poliziotto che spunta dal cespuglio
e intima: "Ma lei ce l'ha il by-pass per entrare?".
Il Gabibbo che sgambetta fra portali duecenteschi e lancia sapide
battute su Rosi Bindi. Don Mazzi vestito da jogger a passeggio
con le telecamere sulla salita del Longobardo: "Dentro
ho detto: ragazzi, qui bisogna coinvolgere i giovani...".
Ragazzi a chi? Omar Calabrese che fa capolino da Casa Guicciardini
per annunciare grave che "Maurizio Costanzo disgraziatamente
ha la febbre e non potrà partecipare ai lavori". Il conte
Guicciardini, padrone di casa, che s'offre da cicerone, distribuisce
depliants con le tariffe e insomma, com'era da aspettarsi, cura
lo particulare suo.
In breve, una serena scampagnata animata soltanto da una memorabile
gara di barzellette tra Umberto Eco e Gianni Vattimo sul sagrato
della torre.
Poi è arrivato D'Alema a rompere per sempre l'incanto del presepe
ulivista. Oggi tocca a Prodi la difficile replica. D'Alema è
già volato via circondato dai sosia. E persino Calabrese non
ha insistito perché rimanesse.
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