La famiglia come ricchezza civile
Nel nostro paese, se la famiglia è considerata una unità
di reddito dal punto di vista dell'accesso ai benefici, non
lo è dal punto di vista del trattamento fiscale. Ci sono
anche alcuni concreti paradossi: ad esempio, mandare un figlio
al nido costa, in termini di esborso diretto, di più
che mandarlo all'università.
La famiglia deve essere riconosciuta come un bene in sé,
che va tutelato come 'bene pubblico'. Affermare la cittadinanza
della famiglia vuole dire riconoscere e valorizzare le sue funzioni:
luogo prioritario di educazione e formazione, soggetto di rilevanza
economica, attrice e destinataria di solidarietà, produttrice
dell'investimento costituito dai figli.
Di contro, per oltre vent'anni la politica ha ignorato l'insostituibile
funzione sociale della famiglia e ha praticamente distrutto
gli istituti di sostegno ai redditi familiari. Ci si è
accaniti in particolare contro gli assegni familiari, per i
quali si spendeva nel 1975 il 16 per mille del PIL mentre oggi
ci si è ridotti al 3 per mille.
Per rimediare ai guasti del passato occorrerà un'intera
legislatura con l'attivazione combinata di una pluralità
di strumenti: dalle misure di sostegno economico ai servizi
sociali, dalle politiche abitative alla flessibilità
dei tempi di vita e di lavoro; dalle reti informali di solidarietà
e di mutuo aiuto alla valorizzazione dell'associazionismo familiare.
Le nostre proposte sono le seguenti:
- Estendere a tutti i cittadini (non solo ai lavoratori
dipendenti) l'assegno al nucleo familiare (con corrispettivi
contributi).
- Per i lavoratori dipendenti, ripristinare totalmente la
natura mutualistica, di reciproco supporto, dell'istituto dell'assegno
familiare (ponendo così fine al saccheggio della "Cassa
unica assegni familiari", che nel 1994 ha incassato 16.000 miliardi
di contributi e ne ha erogato solo 5.000) e soprattutto garantire
l'autonomia gestionale della "Cassa unica assegni familiari",
riservando ad essa almeno la metà del gettito della contribuzione.
- Differenziare più nettamente gli importi erogati
in relazione al numero dei figli minori e in relazione alla
presenza o meno di entrambi i genitori. Procedere ad una più
marcata riduzione dell'importo al crescere del reddito.
- Commisurare l'assegno al nucleo familiare al parametro
predicato dal 1985 in poi dalla Commissione povertà:
il reddito complessivo familiare rapportato, secondo una scala
di equivalenza, al numero delle persone da mantenere. L'istituto
dell'assegno al nucleo familiare ha inoltre bisogno di qualche
riforma, fra cui: modulare l'importo degli assegni prendendo
come base il numero dei figli minori presenti nel nucleo; maggiorare
l'assegno quando c'è un solo genitore; aumentare gli
assegni per i nuclei a più basso reddito; elevare le
soglie di esclusione per allargare la platea dei beneficiari.
- In aggiunta a misure di natura finanziaria e a una politica
dei servizi sociosanitari rivolti alla famiglia tra i quali
i Consultori familiari, intervenire con urgenza sulle modalità
di funzionamento del mercato del lavoro: rendere il mercato
del lavoro sufficientemente flessibile in modo da soddisfare
le esigenze familiari, soprattutto, ma non solo, delle lavoratrici
madri.
- Intervenire con nuovi criteri sul piano dei servizi e
delle politiche sociali: definire i servizi sociali che devono
essere garantiti dalla responsabilità pubblica e le quote
dei servizi sociali a carico degli utenti (le misure di redistribuzione
monetaria del reddito devono essere basate sul reddito complessivo
familiare correlato al numero dei componenti).
- Va completato l'attuale sistema di tutela della maternità
che, ad oggi, vede scoperte le casalinghe, le studentesse, le
disoccupate. Inoltre va affrontato il tema del valore del lavoro
casalingo (vedi "Una società di donne e di uomini) e,
più nello specifico, la questione della copertura assicurativa
dal rischio di incidenti domestici.