Una Repubblica fondata davvero sul lavoro
Nell'Unione europea vi sono oltre 18 milioni di disoccupati
(il 12% delle forze di lavoro); il tasso di disoccupazione giovanile
è del 22%; aumenta la quota di disoccupati di lunga durata;
i recuperi occupazionali nelle fasi espansive del ciclo sono
insufficienti a far discendere il tasso di disoccupazione ai
livelli, pur elevati, precedenti le fasi recessive.
In Italia, pur se il tasso di disoccupazione è in linea
con la media europea (intorno al 12% delle forze di lavoro pari
a 2.700.000 disoccupati) la situazione presenta caratteri strutturalmente
più gravi: vi è divario nei tassi di disoccupazione
regionali non paragonabile ad analoghe differenze in altri paesi
europei; il 30% della popolazione compresa tra 25 e 54 anni
non è produttiva, cioè non rientra nella forza
lavoro; la disoccupazione italiana presenta caratteristiche
ormai croniche che rendono il problema ancor più drammatico
che non in altri paesi; i giovani italiani hanno poche probabilità
di trovare un lavoro, con un tasso di disoccupazione giovanile
del 31%; sul mercato del lavoro c'è ancora una sostanziale
differenza tra sessi sia in termini di tassi di partecipazione
che in termini di tassi di disoccupazione.
Le cause di questi sviluppi sono complesse in tutti i paesi
europei. La situazione del nostro Paese è resa ancor
più complicata dalle debolezze della struttura produttiva,
segnata da una pesante carenza di infrastrutture e da un accentuato
dualismo territoriale, da un modello di specializzazione industriale
che soffre la crescente concorrenza internazionale, da un settore
dei servizi ormai in affanno perché gravato da ampie
zone di inefficienza, da un sistema di formazione e di riqualificazione
professionale estremamente carente.
Non esistono pertanto, né in Italia né in Europa,
soluzioni semplici e sicure: sia una crescita più elevata,
sia una maggiore flessibilità sul mercato del lavoro
sono condizioni necessarie, ma non sufficienti.
La strategia per l'occupazione e lo sviluppo fa leva su una
batteria di strumenti, che possono essere classificati in tre
gruppi.
Politiche dal lato dell'offerta, per aumentare la capacità
dell'individuo di cercare lavoro, innanzitutto attraverso l'istruzione
e la formazione professionale; per aumentare la capacità
delle persone di trovare lavoro nei momenti di crisi aziendali
e di passaggio da un'occupazione ad un'altra.
Ristrutturare i sussidi e gli ammortizzatori sociali, per collegarli
a un'effettiva disponibilità a lavorare e per facilitare
mobilità e flessibilità. La Cassa integrazione
guadagni deve essere ricondotta ai suoi compiti propri, di ammortizzatore
per le sole crisi aziendali di natura temporanea, offrendo alle
parti sociali anche la possibilità di ricorrere al contratto
di solidarietà (con onere pari al risparmio che ne deriva
in conto CIG).
Nel caso di crisi aziendali non temporanee, la cassa integrazione
viene sostituita da un Fondo per la mobilità: i lavoratori
posti in mobilità riceverebbero un sussidio pari al trattamento
di cassa integrazione per un periodo di tempo predeterminato;
avrebbero l'obbligo di accettazione della prima chiamata al
lavoro o di svolgere lavori socialmente utili, promossi dall'Agenzia
per il lavoro (v. oltre). Al lavoratore in mobilità può
essere lasciata la possibilità di trasferire il sussidio
all'impresa che si offra di occuparlo. Ai lavoratori che rilevano
in cooperativa l'azienda, il sussidio può essere dato
in unica soluzione come contributo in conto capitale.
Interventi sulla domanda, per facilitare la creazione di nuove
opportunità imprenditoriali e per stimolare la domanda
di lavoro da parte delle imprese.
Creare nuove possibilità di lavoro: una nuova domanda
di lavoro può derivare dalla promozione dei servizi alla
persona nel "terzo settore". E soprattutto una nuova politica
ambientale può generare nuovi posti di lavoro, con una
concentrazione di sforzi, pubblici e privati, sul riassetto
idrogeologico del territorio, nella incentivazione di produzioni
energetiche di utilizzo diffuso e non inquinanti; nel recupero
e valorizzazione del paesaggio, del patrimonio artistico, dei
parchi e delle coste; nella ricostruzione della "città
costruita".
Diminuire il costo del lavoro, riducendo il cuneo fiscale tra
salario per il lavoratore e costo del lavoro per l'impresa attraverso
una fiscalizzazione dei contributi sanitari che li sostituisca
con una nuova imposta regionale (vedi "Federalismo fiscale").
Differenziali salariali, che rispecchino differenziali di produttività
tra settori produttivi e zone del Paese, possono essere realizzati
in modo economicamente corretto e socialmente controllabile:
non imponendo la ''camicia di forza'' delle gabbie salariali,
ma ampliando il ruolo della contrattazione aziendale e territoriale.
Non si tratta di concedere deroghe ai contratti nazionali ma
di sollecitare le parti sociali, attraverso nuove figure di
raccordo istituzionale, a contrattare accordi specifici, per
obiettivi mirati di promozione di nuova occupazione in nuovi
insediamenti e per un periodo predeterminato.
Promuovere l'innovazione e le piccole e medie imprese. La politica
industriale deve concentrare le risorse sul finanziamento di
pochi programmi di innovazione tecnologica e sul sostegno alle
capacità autonome di sviluppo delle piccole imprese e
deve sviluppare forme flessibili di intervento pubblico. Va
sostenuta in particolare la creazione di distretti industriali,
che richiedono infrastrutture, incentivi alla specializzazione
e regole che stimolino la flessibilità funzionale del
lavoro.
Interventi nel mercato del lavoro, per favorire l'incontro
fra domanda e offerta e per aumentare la flessibilità.
Favorire l'incontro tra domanda e offerta: le strutture del
mercato del lavoro possono essere migliorate con l'istituzione
di una Agenzia pubblica, che sostituisca le attuali strutture
del collocamento. L'Agenzia, con statuto autonomo dalla pubblica
amministrazione, promuoverà l'incontro di domanda e offerta
di lavoro, migliorando e diffondendo l'informazione necessaria
e sostenendo la mobilità territoriale; e potrà
inserire i disoccupati nel sistema di formazione e riqualificazione
professionale riformato.
Aumentare le possibilità di gestire i tempi di lavoro
e di vita, con due obiettivi di fondo: una progressiva riduzione
dell'orario, settimanale o annuale, di pari passo con l'aumento
della produttività; una maggiore possibilità di
scelta del singolo circa la gestione del proprio ciclo di vita.
L'intervento legislativo non può essere troppo rigido,
perché la ridefinizione dei regimi di orario deve essere
un processo caratterizzato dalla massima flessibilità
di adattamento alle esigenze sia dei lavoratori interessati
sia delle aziende.
Si tratta perciò di definire un sistema di incentivi
volto a rendere conveniente per le parti sociali redistribuire,
in sede di contrattazione, i frutti dell'aumento di produttività
non solo sotto forma di aumenti salariali ma anche, in alternativa,
di riduzioni di orario; a dare ai cittadini più ampi
diritti di gestione flessibile dei propri tempi e percorsi lavorativi,
prevedendo la possibilità per il lavoratore di usufruire
di periodi di congedo autofinanziati, e rendendo più
flessibile l'età di pensionamento, sia in aumento che
in riduzione.
Favorire maggiormente la flessibilità nel mercato del
lavoro, con una riforma che:
- favorisca il movimento dei lavoratori all'interno dell'impresa,
rendendo più elastica la determinazione delle mansioni
all'interno di qualifiche definite, anche per rendere il lavoratore
partecipe di tutto il processo produttivo; consenta l'interscambiabilità
tra lavoratori in modo da evitare blocchi, anche parziali, del
processo quando venga a mancare uno degli addetti, promuovendo,
in conseguenza, i processi formativi interni;
- adotti una disciplina dei cosiddetti "contratti atipici",
per regolamentare il lavoro interinale, ampliare l'ambito di
applicazione del lavoro a termine, incentivare, anche con opportune
innovazioni sul modo di calcolo degli oneri sociali, il lavoro
a tempo parziale;
- favorisca una flessibilità salariale per l'inserimento
delle fasce deboli (giovani, adulti obsoleti).