Una politica industriale al passo con l'Europa:
il mercato unico e
l'innovazione tecnico-scientifica delle imprese
Nella Nuova Europa la costruzione del "mercato
unico" è la prima politica industriale.
La nostra crescita economica e sociale è destinata a
soffrire di qualunque forma di chiusura nei confronti degli
altri Paesi, di qualunque forma di protezionismo o di commercio
guidato.
Essa ha, piuttosto, bisogno di un salto di qualità nell'impegno
del governo italiano, della nostra amministrazione pubblica,
nel concorrere con gli altri governi europei a disegnare e nell'attuare
il processo di integrazione dei mercati.
La piena affermazione delle quattro fondamentali libertà
di circolazione - persone, merci, servizi e capitali - oramai
patrimonio comune dell'Unione Europea, rappresenta il punto
fermo da cui deve partire qualunque azione di politica industriale.
Nella nostra partecipazione a questo processo possono realizzarsi,
devono realizzarsi, le due aspirazioni che convivono oggi in
ogni cittadino europeo. Quella locale, che trova corrispondenza
nella stessa natura nazionale di questa programma. Quella globale,
cui ciascuno è proiettato dalla straordinaria circolazione
di idee, di immagini, di capitali, di uomini e donne che segna
la fine del secolo. Scaturisce dalla convivenza di queste aspirazioni
una nuova forma di competizione fra le nazioni: non più
solo competizione militare o mercantile ma competizione "istituzionale",
laddove per istituzioni intendiamo non solo le amministrazioni
pubbliche, bensì anche l'insieme delle norme che reggono
la vita sociale ed economica di un Paese.
E' in questa più ampia prospettiva che occorre inquadrare
tutto il ventaglio delle politiche microeconomiche: dalla politica
della concorrenza alla politica industriale, dagli interventi
sul sistema finanziario (banche e mercati) alle politiche per
il mercato del lavoro.
Negli anni '90, le nuove politiche industriali dell'Unione
Europea - sancite all'art. 130 nello stesso Trattato di Maastricht
- richiedono:
- l'innalzamento della capacità tecnologica delle imprese
europee che devono fronteggiare la "sfida asiatica" e i giganti
americani. La principale azione comunitaria riguarda quindi
lo sviluppo della ricerca e l'adozione di nuove tecnologie.
Vi è poi un'attenzione ad alcuni settori ritenuti rilevanti
per lo sviluppo dell'industria europea (come, ad esempio, le
biotecnologie, e l'industria elettronica e dell'informatica):
quei settori nei quali si generano e si diffondono le innovazioni
che avranno poi ricadute in una molteplicità di altri
settori industriali
- la capacità di innovare continuamente. La nostra capacità,
al pari di quella degli altri Paesi di storica industrializzazione,
di rispondere alla sfida rappresentata da una nuova divisione
internazionale del lavoro - a cominciare dalla "sfida asiatica"
- è eminentemente legata:
- alla diffusione dell'istruzione superiore fra i nostri
giovani: la cura nella formazione delle risorse umane è,
nel nostro tempo, la prima politica economica;
- a un deciso innalzamento dello sforzo che il Paese compie
nell'attività di "ricerca e sviluppo", nonché
a una profonda modifica del modello organizzativo della ricerca
che non consente, oggi, quell'organico e proficuo rapporto con
il mondo dell'industria;
- all'ampiezza ed eccellenza delle produzioni ad alto contenuto
tecnologico.
Il conseguimento di miglioramenti in tutte queste direzioni
fa da sfondo al nostro programma di politiche microeconomiche.