I referendum: pochi, ma buoni
Il referendum abrogativo previsto dalla Costituzione ha svolto
una utile funzione di arricchimento della dialettica e del dibattito
democratico, di critica e di stimolo nei confronti delle forze
politiche operanti nelle istituzioni. Ma l'uso eccessivo e agitatorio
dello stesso, in funzione di disegni politici generali anziché
per porre questioni specifiche, e taluni improvvidi indirizzi
giurisprudenziali della Corte Costituzionale in tema di condizioni
di ammissibilità dei quesiti, hanno spinto verso un uso
"manipolativo" del referendum, in contrasto con l'originario
suo carattere abrogativo, e hanno prodotto una distorsione dell'istituto.
Noi proponiamo una revisione della sua disciplina, realizzabile
in parte con legge ordinaria e in parte con legge costituzionale,
secondo le seguenti linee:
- innalzamento del numero di sottoscrizioni necessario per
proporre il referendum;
- divieto di raccolta contestuale di sottoscrizioni per
più referendum;
- limitazione del numero di referendum che possono svolgersi
contemporaneamente;
- anticipazione del giudizio di ammissibilità ad
una fase anteriore alla raccolta delle sottoscrizioni, sulla
base di una iniziativa qualificata appoggiata da un certo numero
di elettori;
- abolizione delle norme che vietano lo svolgimento contemporaneo
di referendum e di elezioni e delle relative campagne;
- divieto di quesiti "manipolativi" che richiedono l'abrogazione
di parti di leggi prive di autonomo significato;
- revisione dei casi di inammissibilità del referendum.
Per altro verso può essere considerata l'eventualità
di introdurre nella Costituzione la previsione di forme di referendum
"propositivo" collegate all'iniziativa popolare, con tutte le
regole e le cautele necessarie in tema di condizioni dell'iniziativa,
di formulazione dei quesiti e di disciplina della consultazione.