L'Italia e i Paesi deboli: come aiutare lo sviluppo
La politica di cooperazione allo sviluppo rappresenta un principio
essenziale nella politica estera di un Paese civile e democratico.
L'Italia non può rinunciare a questo strumento, neppure
in ragione degli scandali di passate gestioni e delle ristrettezze
di bilancio.
L'azione di risanamento è necessaria e urgente, ma vanno
rimessi in moto subito gli strumenti operativi.
Contemporaneamente va varata una riforma del settore che doti
il nostro paese di strumenti adeguati alla gestione di questo
delicato aspetto della nostra politica estera.
Questa revisione implica:
- la destinazione delle azioni di cooperazione non ai singoli
governi, ma alle popolazioni ed in particolare ai gruppi più
svantaggiati e a maggiore rischio;
- la scelta di criteri di identificazione delle aree geografiche
determinata dagli interessi dei beneficiari e non da quelli
dei donatori;
- l'attivazione di processi di sviluppo umano e sostenibile
delle aree e delle popolazioni svantaggiate, piuttosto che il
semplice trasferimento di beni o la realizzazione di opere;
- l'inserimento, ove possibile, delle iniziative di cooperazione
nel contesto delle politiche e dei piani nazionali di sviluppo,
in stretto coordinamento con quanto realizzato da altre agenzie
e organismi internazionali;
- il collegamento e scambio di esperienze tra realtà
locali ed istituzionali italiane e quelle dei paesi in cui si
coopera. In questo contesto troveranno spazio anche le iniziative
volte a favorire il coinvolgimento dei cittadini immigrati provenienti
dai paesi in via di sviluppo e delle loro organizzazioni.
Sotto il profilo organizzativo, l'unica soluzione possibile
è quella di separare il momento politico dell'attività
di cooperazione da quello programmatico-operativo.
Va favorito il coordinamento fra agenzie internazionali e organismi
nazionali, nonché la progressiva comunitarizzazione della
politica di cooperazione a livello dell'Unione, in particolare
per gli aiuti di emergenza e per la politica mediterranea.
Inoltre va posto l'accento sulla rivitalizzazione del rapporto
con il mondo del volontariato e con tutte le altre strutture
che all'interno della società civile hanno dimostrato
interesse e capacità a partecipare alle attività
di cooperazione (Regioni, Comuni, università, fondazioni
e centri di ricerca).