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Un processo costituente per unire tutti i riformisti
Fulvio Negri
Martedi`, 16 Febbraio 1999 ore 12:20
L'intervento sull'Unità del 15/02/99
ENRICO MORANDO
L’ iniziativa di Romano Prodi ha riproposto, nei Ds, I’esigenza
di una definitiva chiarificazione: l’obiettivo strategico è la
formazione del partito democratico, o la creazione di un vero partito
socialdemocratico? La mia risposta e chiara: sono tra coloro che ritengono che
il problema non risolto della sinistra italiana consista esattamente nella sua
incapacità di dare vita ad un partito - coerentemente collocato nella
tradizione e nelle organizzazioni del socialismo europeo - che svolga in Italia
la stessa funzione politica che, nelle principali nazioni, svolgono i grandi
partiti del Pse: asse dell’alternativa ai governi del centro-destra,
questi partiti sono forze a "vocazione maggioritaria", potenzialmente
in grado di candidarsi da sole alla guida del paese, anche se quasi dovunque
governano attraverso alleanze con altre formazioni minori. Cesare Salvi fa bene
a sollecitare che al prossimo congresso si discuta apertamente di questo. Dubito
però che abbia ragione quando mostra di ritenere il vero chiarimento tra
noi sia quello che si può organizzare attorno alla proclamazione o meno
del "progetto" socialdemocratico. Il nodo da sciogliere è
infatti un altro: accettata l’evidenza, secondo la quale oggi in Italia i
partiti del Pse (che sono ancora due, a dimostrazione che c'è un ritardo
drammatico da recuperare!) non sono in grado di svolgere la funzione politica
tipica dei partiti socialisti e
laburisti europei, quali scelte politiche,
quali innovazioni identitarie e organizzative, quali opzioni programmatiche,
quali soluzioni per la leadership debbono essere compiute per lavorare al
superamento di questo gap, così da poter costruire in Italia un
"vero" partito della sinistra europea?
Perché Tony Blair chiama il suo Labour "centrosinistra"?
Perché Schröder definisce addirittura la Spd "nuovo
centro"? Perché entrambi parlano di "terza" o
"nuova" via? So che c’e chi pensa a buone invenzioni popagandistiche.
Si tratta di ben altro: i leader del socialismo europeo mostrano di avere
perfetta consapevolezza dell’esigenza di rompere la continuità
politica e programmatica con la "vecchia sinistra" - quella dello
statalismo e del radicamento sociale nel conflitto di classe tipico del modo di
produzione fordista. Possiamo noi Ds, può la sinistra italiana sostenere
di essersi davvero messa sulla stessa lunghezza d'onda?. Qui non si tratta di
essere più o meno "moderati". Si tratta di diventare sinistra
"buona" per l’oggi, per il moderno conflitto sociale e politico:
1) Il mondo del lavoro di cui assumere la rappresentanza non
è più quello del lavoro dipendente, ma tutto il variegato mondo dei
lavori - da quello dipendente a tempo indeterminato a quello
"atipico", a quello autonomo tradizionale, fino a quello della
multiforme "autoimprenditorialità", 2) il lavoro
è quello che si crea nelle imprese (tutte, dalle private al no-profit),
non quello "creato" dallo Stato; 3) la liberalizzazione e
l’apertura alla concorrenza dei mercati sono la precordizione- per
lo sviluppo; 4) la formazione è lo strumento fondamentale per garantire
l’occupabilità, affermare l’uguaglianza e far ripartire la
mobilita sociale; 5) la collettività va tutelata senza ledere i diritti
dell’individuo; 6) lo Stato non deve "plasmare" la
società, ma esercitare una funzione di regolazione.
Un "vero" partito socialdemocratico, che svolga in Italia la
funzione politica propria dei partiti del Pse può formarsi per
"allargamento" progressivo dei Ds? La risposta a questa domanda non
può che essere negativa: il soggetto di centro-sinistra dell' alternativa
di governo non potrà che essere una stabile coalizione di forze diverse.
Di qui il valore "strategico" dell'Ulivo. Una cosa però mi
sembra altrettanto pacifica: questo soggetto unitario non potrà essere
neppure un partito democratico" che si sprigioni dal "nucleo"
costituito dai Democratici per l' Ulivo di Prodi e si collochi fuori dal Pse. In
Europa infatti, sono i partiti del Pse che tendono progressivamente a farsi
"centrosinistra. Dunque, né i Ds così come sono, né i
Democratici per l’Ulivo così come vogliono essere (né Pse,
né Ppe, ma un po’ di tutti e due, malgrado sia ormai chiaro che
sarà Forza-Italia il prossimo "partito leader" italiano del
Ppe!), possono domani diventare "tutto" il centro- sinistra. E' dalla
consapevolezza che in Europa il centrosinistra è il Pse e che in Italia
gli attuali membri del Pse, così come sono e da soli, non saranno mai
credibilmente "partiti a vocazione maggioritaria", che può
prende- re le mosse un cammino che conduce allo sbocco-superamento
dell’anomalia della sinistra italiana: l’unione di tutti i
riformisti - socialisti, cristiani, ambientalisti, radicali,-liberali - in un
plurale partito del socialismo europeo, frutto di un processo costituente.
Conosco il profluvio di obiezioni: Prodi non sarà il "Delors
italiano", il Ppi non rinuncerà mai ad essere parte del Ppe, i Ds e
lo Sdi non riescono nemmeno ad unirsi tra loro, ecc. Tutto molto
"realistico": ma se si vuole dare alla difesa dell’Ulivo il
carattere di una scelta strategica e se si vuol fare del prossimo congresso dei
Ds lo strumento per rilanciare, da sinistra, la sfida per l’innovazione
"europea" dell’Italia, bisognerà fare uno sforzo
per considerare ciascuna, di queste difficoltà figlie del
"ritardo" italiano, piuttosto che prodotti immodificabili della nostra
storia. ln fondo, un ragazzo di 18 anni, che voterà per la prima volta a
giugno, parla di Dc e Pci non dirò come di Cesare e Pompeo, ma quasi.
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