Da L'Unità di martedì 3 novembre
La terza via? No, meglio la 2 e
mezzo
Alain Touraine
Copyright "El
Paìs"
(traduzione di Cristiana Paternò)
Le
nostre teorie e opzioni politiche vanno completamente riviste. Non è
più possibile contrapporre capitalismo e socialismo, dato che il
socialismo, come sistema di gestione economico statale, non esiste più da
nessuna parte, e se riduciamo il primo all'economia di mercato, allora il mondo
intero è capitalista.
Anche l'idea di socialdemocrazia ha scarso
significato poiché corrisponde all'accesso al potere da parte del
movimento sindacale, ovunque in declino. Solo qualche ideologo, oggi, conserva
una visione manichea del mondo e del resto l'opinione pubblica non li ascolta
più. Dobbiamo dunque giungere alla conclusione che il pensiero unico ha
trionfato e che non c'è più differenza tra destra e
sinistra?
L'idea è altrettanto assurda della dicotomia che intende
superare. Non dobbiamo vedere differenze là dove vedavamo fratture, ma
bisogna vederle dove si dice che non ce ne siano più.
Esiste un
problema centrale con cui tutti i paesi devono fare i conti. Occorre rafforzare
la capacità d'intevento dello Stato nazionale o regionale rispetto ai
mercati non controllati, agli interessi privati e alla corruzione, al
corporativismo e alla burocrazia. La Russia non soffre perché è
capitalista o socialista, soffre perché è senza guida.
Esistono
però due modi di rafforzare la capacità di decisione pubblica a
seconda del principale ostacolo da superare. Se lo stato è paralizzato da
lobby e dal corporativismo amministrativo, ha bisogno di mercati per
irrobustirsi. E' in questo spirito che l'Italia ha assunto con veemenza una
posizione filo-europea: si sentiva incapace di trasformare da sola il suo stato.
Se, al contrario, lo Stato è prigioniero di mafie e speculatori, come nel
caso del Messico, schiacciato dalla catastrofe finanziaria del Fobaproa che ha
inghiottito decine di miliardi di dollari, è solo la prssione sociale che
puo' portare al rafforzamento e alla modernizzazione del sistema politico e
statale. Tutte le politiche sono di centro nel senso che cercono di combinare
obiettivi sociali con finalità economiche, ma l'alleanza tra le forze
economiche e lo Stato è caratteristica del centro-destra, mentre
l'alleanza tra le istanze sociali e lo Stato è tipica del
centro-sinistra.
Seguendo questo schema politologico io chiamo centro-destra
quello che Tony Blair definisce come terza via o social-liberismo, espressione
che pone chiaramente l'accento sul liberismo completandolo con politiche
educative e sanitarie e tentando anche di rafforzare (empowerment) i soggetti
sociali. Pertanto, il centro-sinistra si può definire come due e mezzo,
un punto intermedio tra la terza via di Blair e di Schroder e la vecchia
socialdemocrazia, che costituiva la seconda via, opposta alla prima, cioè
quella del liberismo alla Reagan e alla Thatcher.
Ma non si veda in questa
formula ammicamento nostalgico alla Internazionale 2 e creata dai socialisti
dell'Europa centrale a metà strada fra la socialdemocrazia della Seconda Internazionale e il Bolscevismo
della Terza. L'importante è riconoscere al contempo la chiara differenza
fra il centro-sinistra e il centro-destra e l'assenza di una frattura profonda
fra 2 e 3. In realtà, ogni paese deve scegliere una strategia che possa
situarlo chiaramente da una parte o dall'altra o anche permettergli di passare
da una parte all'altra..
Prendiamo due esempi opposti. Felix H.Cardoso, in
Brasile, è stato eletto come presidente del centro-sinistra; eppure
è stato costretto ad una politica di centro-destra, poiché lo
Stato era e continua ad essere schiacciato da un deficit pubblico che lo priva
di ogni capacità d'iniziativa di fronte al rischio di un ritorno
dell'inflazione. Tuttavia è evidente che il Brasile deve orientarsi
più rapitamente possibile verso una politica del 2 e mezzo. In Italia ,
il governo Prodi, appena caduto, era considerato un governo di centro-destra da
una parte della sinistra italiana che diffidava da questo leader democristiano.
Eppure questo governo è stao appoggiato dall'ex partito comunista e
soprattutto dai sindacati, il che lo definisce come governo di centro-sinistra.
Quanto alla Francia, può trovare l'equilibrio della politica del 2 e
mezzo accettando contemporaneamente la resistenza della vecchia sinistra, che
non abbandona l'idea dell'economia amministrata, e accettazione da parte del
governo di Jospin della politica di Maastricht e di Amsterdam. Una strategia
complessa e costosa, che può risultare estremamente efficace e ha
ottenuto l'appoggio della popolazione.
L'ipotesi generale che si può
formulare è che la caduta dell'antico Stato interventista e
corporativista ha fatto avanzare quasi ovunque politiche in primo luogo
liberiste nello spirito dell'epoca Reagan-Thacher e in seguito post-liberiste,
cioè che tendono a correggere il liberismo sfrenato con interventi
pubblici nei settori dell'educazione e della sanità. Però via via
che vengono fuori gli aspetti negativi della transizione liberista e i rischi
che i giochi della finanza fa correre alla vita economico mondiale, occorre
tornare a dare maggior peso a pressioni sociali che possono irrobustire la
resistenza dello Stato alle tempeste finanziarie. Un' evoluzione di questo tipo
comincia a farsi sentire in Cile, dove un socialista, Ricardo Lagos, parte
meglio piazzato dei democristiani nelle prossime presidenziali, oppure in
Argentina con l'ascesa del Frepaso. A dispetto degli orientamenti personali di
Schroder, per l'SPD di Lafontaine è più sensibile alle tesi
francesi del governo economico d'Europa, rispetto a Bundesbank che ha imposto il
suo potere al governo nell'area del marco. Però questa evoluzione verso
una politica del 2 e è possibile solo se la strada è libera a
sinistra, se si abbandona il vecchio spirito interventista, che resta molto
forte, specie in Francia. Per quattro anni abbiamo visto la sinistra brasiliana
restare attaccata a certi vecchi modelli retorici a tal punto da lasciare
margine solo ad una politica di centro-destra. Mentre la strategia di Bertinotti
porta inesorabilmente l'Italia fra le braccia di Cossiga e dunque verso un
centro sempre più di destra.
L'essenziale è ricordare che
l'opposizione tra centro-destra e centro-sinistra, tra terza via e politica del
2 e si situa in un ordine democratico e dunque fluttuante poiché in una
democrazia non esiste una frontiera permanente e invalicabile tra maggioranza e
minoranza. E del resto non esiste neppure in un ordine rivoluzionario in cui
l'altro è sempre un nemico contro cui si deve combattere una guerra che
è sempre sul punto di eliminarlo.
Abbiamo già perso troppo
tempo in dispute retoriche prive di senso, lasciando libero campo a una
politiaca circoscritta alla distruzione di tutte le forme di resistenza sociale,
buone o cattive che fossero, in favore dei mercati. Occorre ridefinire le
opzioni reali, comprendere che non implicano più una frattura sociale, ma
che neppure sono varianti irrilevanti di un pensiero unico. Nei paesi latini, in
Europa come in Sudamerica, la resistenza dei vecchi modelli di sinistra porta a
soluzioni di centro-destra che tengono fermi gli aspetti essenziali
dell'eredità liberale e danno necessariamente la priorità allo
smantellamento delle vecchie forme di pressione corporativista. Ciò
nonostante, la priorità è oggi quella di passare dal centro-destra
al centro-sinistra, dati gli effetti estremamente negativi, e sempre peggiori,
della transizione liberale. A volte il cammino si spiana da solo: è il
caso della Francia, dove il movimento degli studenti medi sostiene la politica
di decentramento di Clude Allègre; altre volte, al contrario, le
resistenze restano grandi,come succede in Francia con la presenza del PCF nel
governo, che ha portato a rinviare privatizzazioni necessarie. Questi esempi
opposti, presi dallo stesso paese, mostrano che nessuna azione può essere
assolutizzata e che le politiche vanno sempre combinate. Anche se bisogna avere
chiaramente presente qual è la priorità in un determinato momento:
bisogna rafforzare inanzitutto le istanze dell'economia sullo Stato o, al
contrario, occorre dare maggior forza alle istanze sociali indispensabili a
mettere lo Stato in condizione di resistere ai disordini finanziari? La seconda
risposta è sempre più in sintonia con la situazione
attuale.