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La terza via? No, meglio la 2 e mezzo
Fulvio Negri
Lunedi`, 23 Novembre 1998 ore 17:37

 

                                        Da L'Unità di martedì 3 novembre

La terza via? No, meglio la 2 e mezzo

Alain Touraine
Copyright "El Paìs"
(traduzione di Cristiana Paternò)


Le nostre teorie e opzioni politiche vanno completamente riviste. Non è più possibile contrapporre capitalismo e socialismo, dato che il socialismo, come sistema di gestione economico statale, non esiste più da nessuna parte, e se riduciamo il primo all'economia di mercato, allora il mondo intero è capitalista.
Anche l'idea di socialdemocrazia ha scarso significato poiché corrisponde all'accesso al potere da parte del movimento sindacale, ovunque in declino. Solo qualche ideologo, oggi, conserva una visione manichea del mondo e del resto l'opinione pubblica non li ascolta più. Dobbiamo dunque giungere alla conclusione che il pensiero unico ha trionfato e che non c'è più differenza tra destra e sinistra?
L'idea è altrettanto assurda della dicotomia che intende superare. Non dobbiamo vedere differenze là dove vedavamo fratture, ma bisogna vederle dove si dice che non ce ne siano più.
Esiste un problema centrale con cui tutti i paesi devono fare i conti. Occorre rafforzare la capacità d'intevento dello Stato nazionale o regionale rispetto ai mercati non controllati, agli interessi privati e alla corruzione, al corporativismo e alla burocrazia. La Russia non soffre perché è capitalista o socialista, soffre perché è senza guida.
Esistono però due modi di rafforzare la capacità di decisione pubblica a seconda del principale ostacolo da superare. Se lo stato è paralizzato da lobby e dal corporativismo amministrativo, ha bisogno di mercati per irrobustirsi. E' in questo spirito che l'Italia ha assunto con veemenza una posizione filo-europea: si sentiva incapace di trasformare da sola il suo stato. Se, al contrario, lo Stato è prigioniero di mafie e speculatori, come nel caso del Messico, schiacciato dalla catastrofe finanziaria del Fobaproa che ha inghiottito decine di miliardi di dollari, è solo la prssione sociale che puo' portare al rafforzamento e alla modernizzazione del sistema politico e statale. Tutte le politiche sono di centro nel senso che cercono di combinare obiettivi sociali con finalità economiche, ma l'alleanza tra le forze economiche e lo Stato è caratteristica del centro-destra, mentre l'alleanza tra le istanze sociali e lo Stato è tipica del centro-sinistra.
Seguendo questo schema politologico io chiamo centro-destra quello che Tony Blair definisce come terza via o social-liberismo, espressione che pone chiaramente l'accento sul liberismo completandolo con politiche educative e sanitarie e tentando anche di rafforzare (empowerment) i soggetti sociali. Pertanto, il centro-sinistra si può definire come due e mezzo, un punto intermedio tra la terza via di Blair e di Schroder e la vecchia socialdemocrazia, che costituiva la seconda via, opposta alla prima, cioè quella del liberismo alla Reagan e alla Thatcher.
Ma non si veda in questa formula ammicamento nostalgico alla Internazionale 2 e creata dai socialisti dell'Europa centrale a metà strada fra la socialdemocrazia della Seconda Internazionale e il Bolscevismo della Terza. L'importante è riconoscere al contempo la chiara differenza fra il centro-sinistra e il centro-destra e l'assenza di una frattura profonda fra 2 e 3. In realtà, ogni paese deve scegliere una strategia che possa situarlo chiaramente da una parte o dall'altra o anche permettergli di passare da una parte all'altra..
Prendiamo due esempi opposti. Felix H.Cardoso, in Brasile, è stato eletto come presidente del centro-sinistra; eppure è stato costretto ad una politica di centro-destra, poiché lo Stato era e continua ad essere schiacciato da un deficit pubblico che lo priva di ogni capacità d'iniziativa di fronte al rischio di un ritorno dell'inflazione. Tuttavia è evidente che il Brasile deve orientarsi più rapitamente possibile verso una politica del 2 e mezzo. In Italia , il governo Prodi, appena caduto, era considerato un governo di centro-destra da una parte della sinistra italiana che diffidava da questo leader democristiano. Eppure questo governo è stao appoggiato dall'ex partito comunista e soprattutto dai sindacati, il che lo definisce come governo di centro-sinistra. Quanto alla Francia, può trovare l'equilibrio della politica del 2 e mezzo accettando contemporaneamente la resistenza della vecchia sinistra, che non abbandona l'idea dell'economia amministrata, e accettazione da parte del governo di Jospin della politica di Maastricht e di Amsterdam. Una strategia complessa e costosa, che può risultare estremamente efficace e ha ottenuto l'appoggio della popolazione.
L'ipotesi generale che si può formulare è che la caduta dell'antico Stato interventista e corporativista ha fatto avanzare quasi ovunque politiche in primo luogo liberiste nello spirito dell'epoca Reagan-Thacher e in seguito post-liberiste, cioè che tendono a correggere il liberismo sfrenato con interventi pubblici nei settori dell'educazione e della sanità. Però via via che vengono fuori gli aspetti negativi della transizione liberista e i rischi che i giochi della finanza fa correre alla vita economico mondiale, occorre tornare a dare maggior peso a pressioni sociali che possono irrobustire la resistenza dello Stato alle tempeste finanziarie. Un' evoluzione di questo tipo comincia a farsi sentire in Cile, dove un socialista, Ricardo Lagos, parte meglio piazzato dei democristiani nelle prossime presidenziali, oppure in Argentina con l'ascesa del Frepaso. A dispetto degli orientamenti personali di Schroder, per l'SPD di Lafontaine è più sensibile alle tesi francesi del governo economico d'Europa, rispetto a Bundesbank che ha imposto il suo potere al governo nell'area del marco. Però questa evoluzione verso una politica del 2 e è possibile solo se la strada è libera a sinistra, se si abbandona il vecchio spirito interventista, che resta molto forte, specie in Francia. Per quattro anni abbiamo visto la sinistra brasiliana restare attaccata a certi vecchi modelli retorici a tal punto da lasciare margine solo ad una politica di centro-destra. Mentre la strategia di Bertinotti porta inesorabilmente l'Italia fra le braccia di Cossiga e dunque verso un centro sempre più di destra.
L'essenziale è ricordare che l'opposizione tra centro-destra e centro-sinistra, tra terza via e politica del 2 e si situa in un ordine democratico e dunque fluttuante poiché in una democrazia non esiste una frontiera permanente e invalicabile tra maggioranza e minoranza. E del resto non esiste neppure in un ordine rivoluzionario in cui l'altro è sempre un nemico contro cui si deve combattere una guerra che è sempre sul punto di eliminarlo.
Abbiamo già perso troppo tempo in dispute retoriche prive di senso, lasciando libero campo a una politiaca circoscritta alla distruzione di tutte le forme di resistenza sociale, buone o cattive che fossero, in favore dei mercati. Occorre ridefinire le opzioni reali, comprendere che non implicano più una frattura sociale, ma che neppure sono varianti irrilevanti di un pensiero unico. Nei paesi latini, in Europa come in Sudamerica, la resistenza dei vecchi modelli di sinistra porta a soluzioni di centro-destra che tengono fermi gli aspetti essenziali dell'eredità liberale e danno necessariamente la priorità allo smantellamento delle vecchie forme di pressione corporativista. Ciò nonostante, la priorità è oggi quella di passare dal centro-destra al centro-sinistra, dati gli effetti estremamente negativi, e sempre peggiori, della transizione liberale. A volte il cammino si spiana da solo: è il caso della Francia, dove il movimento degli studenti medi sostiene la politica di decentramento di Clude Allègre; altre volte, al contrario, le resistenze restano grandi,come succede in Francia con la presenza del PCF nel governo, che ha portato a rinviare privatizzazioni necessarie. Questi esempi opposti, presi dallo stesso paese, mostrano che nessuna azione può essere assolutizzata e che le politiche vanno sempre combinate. Anche se bisogna avere chiaramente presente qual è la priorità in un determinato momento: bisogna rafforzare inanzitutto le istanze dell'economia sullo Stato o, al contrario, occorre dare maggior forza alle istanze sociali indispensabili a mettere lo Stato in condizione di resistere ai disordini finanziari? La seconda risposta è sempre più in sintonia con la situazione attuale.