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[GARGONZA:9208] il pasticcio Umts
Giuseppe Caravita
Venerdi`, 21 Luglio 2000
Vi piacerebbe una internet con solo cinque siti, cinque grandi portali
gestiti da grandi aziende di telecomunicazioni che controllano tutto, che vi
fanno pagare ogni servizio, magari nominalmente poco, ma con un contatore
che gira inesorabilmente, clic dopo clic?
Sulla internet fissa, quella nata spontaneamente negli scorsi trent'anni,
avete una libertà di scelta senza precedenti. Potete andare dovunque,
accedere e inventarvi ogni forma di comunicazione, pubblicare, trovare,
sorprendervi e imparare di fronte all'enorme varietà di alternative.
Sull'Umts italiano, la nuova rete digitale mobile, potrebbe essere lo
stesso. Tecnicamente è come internet, anzi, anche più potente e versatile.
Ma non sarà così.
Grazie al nostro Governo, ai nostri politici, a una classe dirigente che fa
finta di sapere tutto, di prendere decisioni per il nostro bene ma che in
realtà di internet capisce ben poco.
E che sta preparandoci, anche con le migliori intenzioni dichiarate, una
delle maggiori sconfitte nello sviluppo tecnologico, innovativo, economico e
culturale nella storia del Paese.
Abbiamo una grande occasione nell'internet mobile. Come Europa e soprattutto
come Italia (il paese dove è stato inventato il telefonino prepagato, che ci
ha portato a un mercato superiore al 50% degli italiani, con un tasso di
diffusione record nel mondo).
Abbiamo l'opportunità, unica, di passare rapidamente e su vasta scala alla
nuova generazione Umts, e di farvi crescere e moltiplicare centinaia o
persino migliaia di fornitori di nuovi servizi, altrettante imprese giovani
e innovative capaci di creare lavoro, finalmente competitive a livello
internazionale. Perchè la base di mercato sottostante sarebbe massiccia,
dieci volte più ampia di quella rappresentata, oggi in Italia, dagli utenti
della normale internet sul personal computer.
C'è un solo ostacolo: questo assurdo pasticcio di politica industriale che
sta combinando il Governo, in tema di gara e di assegnazione delle licenze
Umts. Dove potranno erogare servizi innovativi soltanto coloro che
pagheranno 4mila miliardi minimi per una delle cinque licenze. Il futuro di
un Umts in poche mani. Assurdo, oltre che antidemocratico.
Che, se dovesse realizzarsi nei termini proposti, porterebbe inevitabilmente
a una Internet mobile italiana asfittica, chiusa su solo pochi soggetti (i
cinque detentori delle licenze sulle frequenze e sulla rete) e di sicuro
costosa per gli utenti, dato che su questi ultimi (cioè noi), di riffa o di
raffa, si scaricherà in definitiva il costo di una tassa statalmente
predefinita in almeno 20mila miliardi minimi.
Questo è l'esatto opposto del modello internet. Il risultato sarà che l'Umts
italiano, quantomeno nella sua prospettiva di internet mobile, diverrà
irrilevante, i fornitori di servizi innovativi mobili non si svilupperanno
come altrimenti avrebbero potuto. Il Paese perderà una grande opportunità di
sviluppo, tale da generare nuovo valore. Tale, quello sì, di ridurre il
debito pubblico ereditato dal passato. Non la tassa statalistica malamente
imposta oggi.
Altri paesi, come la Finlandia (che competono con noi quanto a massiccia
penetrazione del mobile sulla popolazione) adotteranno un modello di
assegnazione delle frequenze del tutto diverso (niente base minima d'asta
centralmente decisa e soprattutto basso costo e apertura ampia delle licenze
per la fornitura di servizi sulla nuova rete).
Saranno probabilmente Paesi come questi a divenire gli autentici battistrada
europei sulla nuova generazione. Potranno infatti offrire mercati Umts ampi
e aperti. A differenza dell'Italia. E poi arriverano i potenti americani,
che impareranno rapidamente la lezione scandinavo-finlandese. E la partita
sarà un'altra volta chiusa, con buona pace delle nostre velleità industriali
e innovative. Come non molti anni fa è già successo nel campo dei personal
computer.
Dobbiamo fermare questo pasticcio, prima che sia troppo tardi. Prima che il
Governo (tra pochi giorni, ovvero venerdi prossimo) definisca un regolamento
d'asta assurdo e controproducente (quanto segreto)che prevede:
1. Sulla base del demagogico slogan "abbattiamo il debito pubblico" hanno
preso acriticamente a modello il caso inglese, che ha venduto le licenze
Umts a prezzi esorbitanti. E che sta suscitando enormi dubbi in tutta Europa
(vedi la recente rivolta dei candidati alle licenze in Olanda che, nei
fatti, hanno fatto saltare la locale gara).
Il Governo italiano ha adottato il cosiddetto modello inglese senza
minimamente analizzare il futuro di questa innovazione, e le conseguenze dei
costi aggiuntivi che verranno inevitabilmente scaricati sugli utenti.
Abbiamo già le telecomunicazioni più care tra i paesi industriali (in
particolare per le linee dedicate professionali dove il monopolio resiste in
trincea) e la nostra New Economy sta timidamente svegliandosi solo adesso.
La partenza di un Umts gravato di 20mila miliardi di "tassa" e soprattutto
chiuso a soli cinque gestori sarebbe una mazzata anche per processi
strategici, e fragili, come la crescita del Nuovo Mercato dei titoli e delle
giovani aziende innovative. Contribuirebbe a un clima depresso sul futuro
della new economy italiana, nel momento invece ciò che ci serve è l'esatto
opposto. Fiducia, prospettive aperte, barriere all'entrata via via sempre
più basse.
Il primo errore è quello di voler imporre rigidamente (peraltro illegalmente
data una precedente legge della Repubblica in materia) una base minima
dell'asta per l'assegnazione delle frequenze di circa 4mila miliardi.
Sono convinto che invece che questa base minima vada abolita, e che l'asta
debba vedere la libera formazione dei prezzi sulla base della normale
concorrenza tra i candidati (oltre ai requisiti sui piani industriali
presentati nel "beauty contest", come prevede la legge).
Non solo: mi sembra ragionevole che gli operatori possano, se lo ritengono
opportuno, poter costruire infrastrutture Umts condivise, quindi meno
costose, ottimizzate e capillari. Ma questo deve esclusivamente afferire
alle autonome strategie di impresa. Il Governo, in sede d'asta, deve solo
lasciare aperta questa eventuale possibilità (ovviamente fatte salve le
normali regole antitrust).
Il secondo errore, ancora più preoccupante, è l'intendimento del Governo di
legare strettamente (bundling) la licenza per le frequenze (e quindi per lo
sviluppo delle reti Umts) alle licenze sui servizi (quindi la possibilità,
su queste reti, di veicolare comunicazioni, informazioni, applicazioni).
Nelle scorse settimane, per rendere più appetibile l'alto costo delle
licenze, è stata così silenziosamente esclusa ogni ipotesi di licenza per
operatori di servizi senza rete (operatori virtuali). Che altrimenti
avrebbero potuto fare "pericolosa" concorrenza ai cinque eletti dalla gara.
In altre parole: solo chi sborserà i 4mila miliardi minimi potrà produrre i
servizi Umts. Oppure controllare i portali da cui tutti gli altri dovranno
passare. Ovviamente pagando.
Tale "bundling" tra reti e servizi ha sempre portato, nella storia recente
delle telecomunicazioni, a fallimenti clamorosi.
Un esempio. I proprietari delle reti che controllavano anche i servizi erano
i gestori telematici online pre-internet dei primi anni Novanta, come
Microsof Network, America On line, Prodigy, Compuserve, il francese Minitel.
Costoro hanno dovuto rapidamente aprirsi al modello dei servizi aperti della
rete di reti, al suo grande Web, e alcuni di loro sono definitivamente
scomparsi, senza alcun rimpianto da parte degli utenti. Per la sola
Microsoft il costo della riconversione dal primo sistema proprietario Msn
all'attuale portale internet ha superato i 500 milioni di dollari.
Ogni forma di chiusura, di bundling, non funziona e non funzionerà nel'era
di internet. Funziona invece, e con risultati staordinari, l'opposto.
L'accesso a basso costo alle infrastrutture di rete, la possibilità di
sperimentare, di inventare, di rischiare senza barriere all'entrata
artificialmente alte.
Per questo credo che vada chiesto al Governo, negli interessi dello sviluppo
del Paese, di rivedere radicalmente i suoi intendimenti in termini di
regolamento d'asta. In particolare sulla questione del "bundling",
quantomeno per i servizi dati e Internet su Umts.
E' possibile infatti una soluzione temporanea e immediatamente praticabile.
Per un certo periodo possono essere esclusi dalle necessarie licenze per
operatori virtuali i classici servizi di telefonia vocale (a favore solo
degli assegnatari delle frequenze, in modo da consentire loro un più rapido
recupero degli ingenti investimenti sulla rete) mentre tutto il resto deve
essere sostanzialmente accessibile facilmente, senza inutili burocrazie e
con licenze a basso costo.
Nuovi service provider di contenuti Web, applicazioni, multimedia devono
essere messi in condizione di poter nascere e crescere senza vincoli di
sorta.
La soluzione è che quindi il Governo predisponga una normativa di accesso
alle licenze per i nuovi servizi Umts su misura per le nuove aziende
innovative della presente e futura new economy italiana. Con l'obbiettivo di
fare dell'Umts un grande "incubatore" di nuovo sviluppo diffuso. E non un
sistema chiuso, perdente e isterlito su cinque soli portali costosi e alla
fine, con ogni probabilità, sottoutilizzati dagli stessi utenti.
La mia personale opinione è comunque fortemente critica anche sul disegno
generale della gara. Niente base minima d'asta e niente bundling per i
servizi Internet su Umts. Il debito pubblico verrà ripagato in misura più
che proporzionale dallo sviluppo pieno, e non frenato, di un grande mercato
innovativo, e di una conseguente posizione italiana di leadership
internazionale sulla nuova frontiera. Questo è l'autentico obbiettivo
strategico.
Mi sembra necessario agire prima che sia troppo tardi. Facciamo circolare le
nostre critiche su tutta la internet italiana perchè chi sta scommettendo il
proprio futuro sulla nuova economia si renda conto che questo futuro è a
rischio. A Milano c'è già un appuntamento per le ore 18,30 presso la sede
della Sda Bocconi (Via Bocconi 8) per le iniziative da intraprendere. Il
fuuro dell'Umts è anche nostro. Non facciamocelo rubare.
Beppe Caravita
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