da Rosario Amico Roxas il 09/03/2009, 11:29
Il sionismo ricalca il segregazionismo dell’apartheid
Opporsi al sionismo non significa negare lo Stato di Israele, così come a suo tempo l’opposizione assoluta all’apartheid non significò l’eliminazione del Sud Africa come Stato, ma la sua “rifondazione” su basi antirazziste. È con questo spirito che noi rivendichiamo il diritto a criticare non solo le singole azioni dei governi israeliani, ma
Bisogna riconoscere lo Stato di Israele per quello che è: uno stato segregazionista, alla pari del Sud Africa prima della presidenza Mandela, un regime di apartheid che si avvale di complicità internazionali, dei silenzi Europei e del pieno sostegno militare, economico e politico degli Usa.
I paesi e le città palestinesi sono stretti nella morsa dell’esercito israeliano, il territorio palestinese viene smembrato, occupato militarmente, consegnato ai coloni e annesso di fatto a Israele; la popolazione della Striscia di Gaza e della Cisgiordania vive da generazioni in campi profughi; la costruzione del Muro rappresenta l’ultima operazione apertamente segregazionista, che divide paesi e campi, emargina in bantustan i paesi palestinesi.
Esponenti palestinesi vengono accolti in pompa magna e con grande ipocrisia dalle Amministrazioni locali di Centro sinistra, gli stessi partiti dell’Ulivo, in accordo con la destra, deliberavano che la posizione italiana all’ONU non andasse oltre l’astensione ogni qual volta si doveva condannare l’operato di Israele. Ipocriti coloro che nelle sale universitarie parlano di coesistenza pacifica tra due popoli senza guardare alla politica di Israele, ai bombardamenti quotidiani con aerei e artiglieria che colpiscono civili e campi profughi.
Non una parola sulle risoluzioni Onu in favore dei palestinesi mai riconosciute e applicate, non una parola sulla sistematica violazione dei diritti umani, sul fallimento di ogni piano di pace (dagli Accordi di Oslo alla Road Map) e sulla costruzione del Muro della Vergogna: si avvia anzi una collaborazione di ricerca militare per nuove micidiale armi - alcune delle quali sono state sperimentate la scorsa estate durante i bombardamenti in Libano e a Gaza.
La parola d’ordine due popoli, due stati sarà possibile e realizzabile quando Israele terminerà le occupazioni di territori che non gli appartengono, quando cesserà la persecuzione della popolazione palestinese nei territori occupati, quando sarà abbattuto il Muro segregazionista e sarà permesso ai palestinesi di costruire il proprio stato sovrano, indipendente politicamente e autonomo economicamente, nonché territorialmente adeguato.
Israele invece non ha mai ritirato l’esercito violando sempre gli accordi firmati, anzi attraverso le colonie degli estremisti ebraici (ma quando si parla di estremismo vengono citati solo gli Islamici secondo la logica delle crociate) hanno occupato sempre più terra, instaurando un regime di apartheid attraverso l’interruzione delle strade verso i campi profughi bloccando così servizi medici, trasporti di scolari e di operai, hanno interrotto l’acqua o razionandola o crivellando di colpi i cassoni (uno o due metri cubi) che si trovano sopra ogni casa o baracca palestinese.
Lo strato di Israele ha cacciato via i palestinesi dalle terre più fertili, impugnata la legislazione dell’Impero Ottomano per appropriarsi della terra degli esiliati, respinta ogni causa intentata dai palestinesi per ritornarne in possesso, tanto è vero che organismi internazionali negano la presenza in Israele dello stato di diritto e condannano violazioni di diritti civili.
La situazione del Medio Oriente è resa sempre più drammatica dall’occupazione militare che dal 1967 Israele compie sui territori palestinesi, in spregio a qualsiasi norma del diritto internazionale e nonostante le numerose risoluzioni dell'ONU che impongono il ritiro degli israeliani dai territori occupati. L’oppressione del popolo palestinese privato di terra, acqua, diritti, patria, costretto a sopravvivere in piccoli bantustan separati dal Muro della vergogna e controllati dai check point dei militari israeliani e a cui è negato perfino il rientro dei profughi è una delle cause più esplosive delle tensioni nell’area, che gli americani e gli israeliani vorrebbero risolvere con un finto Stato palestinese disgregato e diviso.
Vengono violati i diritti umani e la stessa Convenzione di Ginevra del 1949, la sicurezza dei coloni Israeliani significa nei fatti negare ogni diritto ai palestinesi, liquidare come terroristiche le loro stesse rivendicazioni. Dagli anni settanta ad oggi, il Piano Alon, il Piano Drobless, quelli di Oslo ed infine la Road Map sono stati sempre concepiti per favorire coloni israeliani e la cacciata dei palestinesi.
A fronte di tutto questo, il popolo palestinese resiste. Le ultime drammatiche vicende che vedono lo scontro tra Hamas (che ha vinto le elezioni ed è al governo) e Fatah (che attraverso Abu Mazen, appoggiato da Stati Uniti e Israele, vorrebbe impedire ad Hamas di governare) sono il risultato delle ingerenze sul popolo palestinese, che non ha diritto neppure a scegliersi i propri rappresentanti. Così, il diritto dei palestinesi, ma anche degli iracheni, libanesi e di tutti gli altri popoli nell’area e nel mondo a resistere viene liquidato con l'accusa di terrorismo.