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Avevo detto basta col PD

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Re: Avevo detto basta col PD

Messaggioda trilogy il 04/09/2018, 18:55

Dimenticavo col decreto "dignità" Dimaio ha anche reintrodotto i vouchers
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Re: Avevo detto basta col PD

Messaggioda franz il 05/09/2018, 7:22

Giovigbe ha scritto:Come se fa a pensà a qualunque altra cosa di diverso dall'attuale PD se nun se fa un analisi seria degli errori (seria e nominativa)???

Concetto giusto ma credo che il dettaglio importante sia la diversa valutazione sugli errori.
Per qualcuno rivedere l'art. 18 è stato un errore, per altri no.
Per me è stato un errore proporre quella riforma costituzionale (quelle che fu respinta il 4 dicembre) ma non il fatto di pensare ad una riforma costituzionale.

Per me è stato un errore non fare una spending review (e mandare a casa Cottarelli) e quel poco fatto spenderlo subito per dare gli 80 euro (noto come Bonus Renzi). Perché a parte il costo (circa 10 miliardi) e che è stato fatto male, costringendo tanti a renderlo l'anno dopo, questo si che è stato un volano per il M5S. Se Renzi promette e mantiene 80 euro, loro hanno promesso 780 euro (reddito di cittadinanza) e Flat-Tax. Chi offre di più?

L'errore di Renzi (e del PD che lo ha seguito) è stato di mettersi sul filone del "spendi per avere consenso" che funzionava ai tempi della DC (perché il debito pubblico non aveva ancora raggiunto gli attuali livelli) perché su questo filone i partiti populisti e demagogici sono molto piu' bravi. E vincono.

Chiarito questo, a me del PD e della sinistra in quanto tali interessa poco.
Interessa che si individuino soluzioni per curare i mali del paese.
Che sono troppa spesa pubblica e di pessima qualità, troppe imposte, troppa burocrazia, troppe leggi e scritte pure male, un sistema previdenziale assurdo, iniquo e costoso, una forma di stato centralizzata ed elefantiaca.

Se il PD (o come vorrà farsi chiamare) avanzerà proposte per me valide in quella direzione, potrà avere la mia attenzione, stima e sostegno. Altrimenti se continua sulla strada della spesa pubblica capisco che per chi è convinto che questa sia la soluzione, tanto vale votare il M5S, che lo fa meglio.
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Re: Avevo detto basta col PD

Messaggioda pianogrande il 05/09/2018, 8:32

Giustissimo ragionare sulle cose e non sul "partito preso".

Un simile metodo renderebbe il voto estremamente volatile e metterebbe davvero paura alla politica che tende a nascondersi dietro alle posizioni di parte che arrivano fino al litigio, all'insulto, alla violenza; tutta musica per le orecchie degli incapaci.

E senza mai dimenticare che anche i cittadini troppo schierati e fanatizzati e insultanti e intolleranti altro non sono che cittadini incapaci.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Avevo detto basta col PD

Messaggioda Robyn il 05/09/2018, 11:33

Sulla spesa pubblica e sull'efficenza della Pa sono d'accordo ci sono tanti modi per diminuirla e redistribuirla e allo stesso tempo si può redistribuire la spesa impiegata per il welfare per rimodellare il welfare rmg,edilizia pubblica,asili nido ,ma per fare questo bisogna toccare privilegi che si sono creati all'interno del welfare.La maggiore spesa per welfare dipende dal fatto che non si ha il coraggio di toccare privilegi incrostati che si sono creati all'interno del welfare per cui si preferisce non affrontare l'ostacolo e fare più spesa per aggirare l'ostacolo.Sugli 80 euro meglio se 10 mld diminuivano il cuneo fiscale per l'indeterminato cosa che avrebbe contrastato la precarietà.Poi non mi è piaciuta di Renzi l'abbandono della previdenza complementare ed è inutile girarci intorno perche l'insostenibilità non solo finanziaria ma fisica dei lavoratori ci costringerà a virare verso il sistema a capitalizzazione.Sull'art 18 l'attacco proveniva ideologicamente da destra anche dopo la riforma non si sentivano ancora appagati.La riforma di Monti sull'art 18 ci aveva portato ad un'articolo 18 che era "europeo" richiedeva solo leggeri ritocchi per evitare l'indeterminatezza
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Re: Avevo detto basta col PD

Messaggioda trilogy il 19/09/2018, 19:35

errori storici
La sinistra che ignora i deboli
Il Pd deve capire, smettendo ogni sciovinismo e liberandosi da qualsiasi ipoteca, che oggi è parte del problema italiano, e non della soluzione. È una questione di idee: ne devono venire di nuove, e di migliori

di Antonio Polito

C’è forse un nesso tra il crack della Lehman Brothers, la banca d’affari che diede il via alla grande recessione, e il fallimento elettorale del Pd. Nel 2008, quattro mesi prima che a New York iniziasse la fine del turbo capitalismo finanziario, il Partito democratico di Veltroni otteneva in Italia alle elezioni politiche dodici milioni e passa di voti; cinque anni dopo con Bersani, nel pieno della crisi del debito in Europa, otto milioni e mezzo; altri cinque anni e, nel 2018, a recessione finita, i voti di Renzi sono scesi a sei milioni e rotti. Un elettorato dimezzato in una decade. E secondo i sondaggi in continuo restringimento.

Forse il destino del Pd era già scritto in quella data di nascita. La sinistra italiana, di origine marxista, approdò con troppo ritardo al tentativo di trasformarsi in una sinistra liberale, più protesa alla creazione di ricchezza che alla sua distribuzione, sulla scia del successo di Clinton negli Usa e di Blair in Europa. Costruì così un telaio, il Pd, che era fatto per la Formula Uno, per far correre l’economia il più velocemente possibile senza fermarsi ad aspettare i perdenti, nella convinzione che sarebbero stati prima o poi recuperati da una crescita ormai senza più cicli e limiti. Il programma del Lingotto ne fu la summa: anche simbolicamente, in casa Fiat. Poi la storia è andata diversamente. L’economia italiana ha dovuto arrancare su un terreno sconnesso e minato, e di caduti lungo la strada ce sono stati tanti.

Ma il Pd non era più attrezzato per ascoltare i deboli. La retorica delle opportunità in cambio di sacrifici è così proseguita anche oltre il ragionevole, tentando di mettere insieme la Coop con Amazon, come dice Aldo Bonomi, il sindacato con Marchionne, i risparmiatori coi banchieri, l’artigiano con la Fornero. E dura ancora: il segretario Martina propone per il 30 settembre una manifestazione dell’«Italia che non ha paura», mentre è così evidente che il suo problema sta proprio nell’Italia che ha paura, perché non vive nella Ztl delle grandi città e non può mandare il figlio a Londra per un master. Cosi l’intera scommessa su cui si basava il nuovo partito è naufragata, prima nella lunga recessione italiana e poi, ancor di più, nella troppo debole ripresa.

Una tale catastrofe politica può indurre sentimenti di sconforto, o accendere desideri di vendetta. L’uno e l’altro stato d’animo sono abbondantemente presenti nel dibattito interno a quel partito; specialmente in chi, non essendo riuscito a guidarlo, ora vorrebbe scioglierlo, naturalmente restandone al comando; oppure propone di rifondarlo in una cena privata o sul lettino di uno psichiatra. Tutto ciò è offensivo per migliaia di militanti e milioni di elettori. Il Pd non va buttato. È ancora uno dei più grandi partiti della sinistra europea, e ha reso più di un servizio alla Repubblica negli anni peggiori di questa decade. Chi ha a cuore la democrazia e il pluralismo politico non può davvero augurarsi la scomparsa di un partito di massa, per quanto acciaccato e pesto sia.

Ma per essere salvato da un gruppo di dirigenti che sembra aver perso la testa, il Pd deve fare una scelta. Una possibilità è auto-annettersi al populismo, come ha fatto Corbyn in Gran Bretagna, nazione in cui però non ci sono già, come da noi, due grandi partiti che occupano quell’area. Ma attenzione: anche solo scimmiottarne lo stile, come è accaduto quando il Pd ha addirittura occupato l’aula di Montecitorio per impedire un voto di fiducia su un decreto qualsiasi, può portare acqua al mulino del populismo: non si può ricostruire la credibilità di un’opposizione sul sabotaggio e sulla ripicca. Sopratutto quando, al governo, il voto di fiducia lo si è messo perfino sulla legge elettorale.

Oppure il Pd può decidere che non vale la pena di buttare questi dieci anni e che intende restare nella sinistra liberale. Ma allora deve fare i conti con la sconfitta che questo pensiero politico ha conosciuto in tutto l’Occidente. E non deve aver paura di trarne conseguenze radicali.

È ciò che invita a fare il manifesto dell’Economist per «un nuovo liberalismo», che non può più apparire, come è stato in questi anni, dalla parte della rendita, dei magnati, dei monopolisti privati che si sostituiscono a quelli pubblici, e dei furbi. Il settimanale inglese ricorda di essere nato, 175 anni fa, per battersi contro le Corn Laws, in difesa cioè dei poveri che dovevamo comprarsi il pane e contro i grandi proprietari terrieri che avrebbero guadagnato dal protezionismo sul grano.

Questa carica delle origini si è persa. Un po’ ovunque, da Hillary Clinton a Matteo Renzi, i leader della sinistra liberale sono invece diventati agli occhi della gente una élite compiaciuta di se stessa e compiacente con i più forti. E non per carattere o per antipatia, come si dice oggi; ma proprio perché, convinti che la modernità fosse un pranzo di gala, non hanno avuto il coraggio del radicalismo politico cui la chiama il manifesto dell’Economist.

Perciò oggi non hanno le carte in regola per proporre un futuro migliore a opinioni pubbliche che sembrano invece sprofondare nella nostalgia del passato, pericolosa quando si rivolta anche contro la democrazia e la tolleranza. Errori ne abbiamo commessi anche noi, osservatori, commentatori, intellettuali schierati dalla parte delle libertà economiche e politiche, incapaci di lanciare per tempo o con la necessaria forza l’allarme per la deriva lungo la quale le nostre società stavano scivolando. L’Italia, come tutto il mondo, ha tratto progresso e prosperità dalla libertà, e non deve invertire la rotta.

Ma se il Pd vuol fare parte di questa battaglia deve rapidamente rimettersi in piedi. Deve capire, smettendo ogni sciovinismo e liberandosi da qualsiasi ipoteca, che oggi è parte del problema italiano, e non della soluzione. È una questione di idee: ne devono venire di nuove, e di migliori. Ed è una questione di leader, che tanto più credibili saranno quanto meno hanno condiviso gli errori di questi anni.

Soprattutto, è una scelta che spetta alla gente del Pd, a chi ancora ci crede e che ancora lo vota. Solo loro sono i proprietari del marchio, e devono riprendersi il destino nelle proprie mani.

fonte: https://www.corriere.it/opinioni/18_set ... 8469.shtml
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Re: Avevo detto basta col PD

Messaggioda Robyn il 20/09/2018, 22:02

Serve un'alleanza che metta insieme Tsipras,Macron e la Lorenzin anche perche diverse rigidità nella sx massimalista sono state abbondantemente superate ed alcuni meccanismi di inceppo nella parte più centrista sufficentemente superati
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