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Veramente sconvolgente il chiacchiericcio nel Pd!

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Veramente sconvolgente il chiacchiericcio nel Pd!

Messaggioda ranvit il 29/06/2017, 10:46

Stamattina ho letto un articolo di Macaluso su Il Mattino.....ma è davvero sconvolgente la richiesta di unità del centrosinistra da tante teste (evidentemente ormai arruginite). Ma di quale unità parlano quelli che l'hanno rotta andandosene? Ma quale sconfitta del centrosinistra addebitano a Renzi questi cialtroni se è stata proprio la scissione a togliere quei pochi punti percentuali necessari per vincere?
Via questi azzeccagarbugli che di tutto parlano tranne che di cosa fare per modernizzare il Paese e quando lo fanno è per dire che va tolto il jobs act e far ritornare la Cgil a trattare di qualsivoglia problema....!




Enews 480, martedì 27 giugno 2017
27 giugno 2017


Stamattina ho scritto l’Enews. Poi in giornata sono emerse alcune polemiche, così ho deciso di proporvi anche questa riflessione.
Aspetto i vostri commenti, su facebook e anche su matteo@matteorenzi.it.

In queste ore registriamo ancora polemiche interne al PD.
Non è una novità, ma mi dispiace molto. Soprattutto per gli iscritti, per i militanti, per gli amministratori che non meritano le polemiche del gruppo dirigente nazionale.
Non intendo alimentare anche io questo dibattito autoreferenziale pieno di “Ci vuole la coalizione, ci vuole l’Unione Bis, ci vuole il caminetto tra correnti”.
Perdonatemi, ma non è il mio campo di gioco.
Noi abbiamo vinto le primarie con quasi due milioni di partecipanti chiedendo di discutere di lavoro, di periferie, di tasse, di casa e ambiente, di sostegno alla maternità.
Di come cambiare l’Europa ridandole anima e fiducia. Più investimenti in cultura e meno fiscal compact, abbiamo detto.
Su questi temi parliamo con chiunque.
Vogliamo stare in mezzo alla nostra gente, a discutere, confrontarci, proporre.
Ma se invece qualcuno vuole riportare le lancette al passato quando il centrosinistra era la casa delle correnti e dei leader tutti contro tutti, quelli che al mattino stavano in consiglio dei ministri e al pomeriggio in piazza a manifestare contro il Governo, noi non ci siamo.
Noi staremo fuori dal recinto delle polemiche, non litigando con nessuno e discutendo solo dei problemi degli italiani.
Mi sono autoimposto la moratoria sul tema della coalizione, la suggerisco a tutti: fa bene alla salute e aiuta a concentrarsi sui problemi veri. Il dibattito su cespugli e cespuglietti lo lasciamo agli addetti ai lavori. Noi parliamo dell’Italia che oggi – dopo tanti provvedimenti che abbiamo approvato insieme – vede ritornare verso i massimi il livello della fiducia di consumatori e di imprese. Non ci fermiamo e non faremo fermare l’Italia.
Come ci hanno chiesto migliaia di persone: Avanti, Insieme.



Lunghe discussioni sui quotidiani a proposito dei ballottaggi. Tanto per cambiare si cerca di dare una lettura nazionale a un voto locale, voto molto diverso da zona a zona. Personalmente ho fatto due interventi molto dettagliati sull’argomento.
Qui il post nella notte di domenica.
Qui il video di OreNove condotto stamattina.
La sintesi? Basta discutere di coalizioni, emendamenti, leggi elettorali. Alla fine queste discussioni autoreferenziali non producono nulla di interessante. Si sta insieme se si condividono le idee. Se si ha la stessa visione del futuro. Se non ci si vergogna dei risultati ottenuti insieme.

Il voto nazionale non è il voto amministrativo: gli italiani ci sceglieranno se avremo un progetto vincente per l’Italia, non se accoglieremo un partitino in più o in meno in coalizione o se presenteremo un emendamento alla legge elettorale.
E per scrivere insieme le idee per l’Italia di domani abbiamo il bisogno di non chiuderci in noi stessi. Di ascoltare tutti. Di confrontarci con tutti. A cominciare dai nostri circoli del PD che incontreremo venerdì e sabato a Milano per “ITALIA 2020”.

Invito tutti a partecipare a questo appuntamento. Sarà molto diverso dal solito e sarà anche l’occasione per iniziare finalmente a mettere in rete il patrimonio più grande che abbiamo: la capillare presenza organizzativa del nostro partito. Noi siamo persone in carne e ossa, che ci credono, che prendono ferie per dare una mano, che si mettono in gioco. Ma tutti noi dobbiamo aprire le finestre, uscire di casa, stare nelle piazze, in rete e nella rete. I mesi che ci separano dalle prossime elezioni politiche li vivremo tra la gente, non rinchiusi a Roma.
Abbiamo dalla nostra molti risultati, qualche errore, ma finalmente la consapevolezza che qualcosa può cambiare. E abbiamo un progetto per il futuro del Paese. Un’idea di Italia per i nostri figli e un progetto per rendere l’Europa più forte e popolare. Spostiamo il dibattito dalle alchimie politiche ai contenuti. E vedrete che scatteranno le altrui contraddizioni.

A chi ci fa l’esame del sangue per capire quanto siamo di sinistra, rispondiamo che fare ciò che abbiamo fatto e stiamo facendo su pensioni, periferie, povertà, lavoro, tasse è giusto, prima ancora che di sinistra. Giusto.
Non so se è di sinistra, ma è giusto mandare in pensione prima chi ha subito le penalizzazioni della Legge Fornero.
Non so se è di sinistra, ma è giusto mettere più soldi sulle marginalità, a cominciare da povertà e periferie.
Non so se è di sinistra, ma è giusto creare 854.000 posti di lavoro, di cui due terzi a tempo indeterminato.
Non se se è di sinistra, ma è giusto abbassare le tasse, a cominciare dal ceto medio con gli 80 euro mensili.

Non so quanto queste cose siano di sinistra. So che queste cose sono giuste. Le abbiamo fatte, dobbiamo continuare a farle. Dobbiamo farle meglio, correggendo gli errori del passato. Ma proseguendo su questa strada, visto che i risultati economici piano piano arrivano. Risultati che non nascono dal cielo ma dalle leggi di bilancio approvate negli scorsi anni.
E dalla settimana prossima parte l’operazione aumento delle pensioni minime, un’altra iniziativa che in tanti hanno definito solo uno slogan. Un altro tassello in nome dell’equità sociale.

Tre rapidi commenti sulle vicende di questa settimana:

Post sulla situazione economica;
Post sulla domenica sportiva (scritto prima del trionfo di Aru ai campionati italiani, complimenti!);
Post sulla mia Firenze e San Giovanni (a proposito, grandissima finale del calcio storico).
Segnalo inoltre come link questo pezzo di Antonio Scurati su La Stampa e un pezzo molto interessante sulle difficoltà del centrosinistra del passato firmato da Francesco Cundari, pubblicato su Il Foglio di ieri.

Pensierino della sera. C’è una parola che mi torna alla mente prepotente in questi giorni. E riguarda alcuni dei presunti scandali che ci hanno lambito nel corso dei mesi, a cominciare da Consip e Banche. Prima vicenda: il presunto scandalo che vede indagate alcune persone a me vicine per reati quali “concorso esterno in traffico d’influenza” e “rivelazione di segreto”. Da mesi dico la stessa cosa. Noi abbiamo fiducia nei magistrati e il tempo dovrà darci la verità. Nelle ultime settimane è emersa una inquietante novità: qualche pezzo delle istituzioni avrebbe falsificato le prove contro di me e contro la mia famiglia, si parla apertamente di depistaggio. Io non grido al complotto. Io chiedo la verità. Ieri il Colonnello dei Carabinieri, indagato per falso, per la seconda volta ha rinunciato a rispondere alle domande dei PM. Si è cioè avvalso ancora della facoltà di non rispondere. Su questa vicenda, lo ripeto fino alla noia, non ci fermiamo. Sulle Banche. Adesso che la vicenda banche venete è stata chiusa, non vediamo l’ora che parta la Commissione di Inchiesta sulle banche. Che potrà darci almeno un pezzo di verità su quello che è accaduto nel mondo del credito. Chi faceva prestiti irresponsabili, chi godeva di amicizie altolocate, chi non ha vigilato come avrebbe dovuto, chi ha alimentato un rapporto perverso tra banche territoriali e politici locali. Perché come ha detto Gentiloni è stato legittimo e doveroso intervenire sulle venete. Altrettanto legittimo e doveroso sarà capire chi ha combinato il disastro di Vicenza e Veneto Banca. E naturalmente accertarne le responsabilità. Ci aspetta un autunno interessante, amici. Chi di noi vuole a tutti i costi la verità, da Consip alle Banche, non può che rallegrarsene. Il tempo è il miglior alleato della verità e noi abbiamo tutto il tempo necessario, amici. Buona settimana.

Un sorriso,
Matteo
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Re: Veramente sconvolgente il chiacchiericcio nel Pd!

Messaggioda ranvit il 29/06/2017, 12:28

Il falso dramma della congiura nel Pd
Il problema di Renzi non sono i nemici, che ci sono sempre stati, ma è la difficoltà di mettere insieme tattica e visione. Perché la congiura si sfida con la congiuntura e con un vero investimento sul governo Gentiloni
di Claudio Cerasa
29 Giugno 2017 alle 06:00

Congiura è la parola più semplice da utilizzare per fotografare lo stato attuale della sinistra italiana. Dici congiura, dici complotto, dici cospirazione, e tutto sembra essere improvvisamente chiaro, no? Nel nostro paese, lo sappiamo, c’è un pezzo importante del mondo progressista che non sopporta più Matteo Renzi, che sogna di avere rapidamente il suo scalpo e che venderebbe la propria zia pur di togliersi dalle scatole il segretario del Pd. Quel pezzo di mondo progressista è in espansione ed è formato da pezzi da novanta dell’universo del centrosinistra. Ci sono molti ex presidenti del Consiglio, molti ex candidati presidenti del Consiglio, molti ex segretari del Pd.

La congiura esiste, e sarebbe da stupidi non vederla, ma la congiura, intesa come il tiro al piccione chiamato Renzi, non è in nessun modo la vera novità politica di questi giorni. La dimensione del dissenso portata avanti da alcuni storici volti del centrosinistra nei confronti dell’attuale segretario del Pd è certamente significativa ma non può essere considerata come l’elemento distintivo per capire fino in fondo la vera differenza tra il Renzi uno e il Renzi due. Renzi, si sa, ha sempre avuto un numero spropositato di non amici, ma la ragione per cui oggi i suoi nemici riescono a catturare l’attenzione di molti osservatori e di molti elettori più di qualche anno fa non è legata al risultato negativo delle amministrative. È legato a qualcosa di più importante che riguarda il vero elemento deficitario del renzismo: un progetto per il futuro dell’Italia.

La differenza vera e profonda tra la prima fase del renzismo e la nuova fase del renzismo è che in quattro anni il segretario del Pd ha visto disgregarsi improvvisamente il patrimonio politico e culturale che aveva costruito intorno a sé. Renzi si era presentato sulla scena politica con l’idea di interpretare fino in fondo la vocazione maggioritaria del Partito democratico e aveva legato il suo sogno principalmente all’affermazione di un modello politico e culturale che oggi non esiste più: il modello del sindaco d’Italia. Anche grazie alla costruzione di quel modello, venuto poi a mancare definitivamente con il No al referendum costituzionale, Renzi è riuscito a costruire un percorso importante, pure durante i mille giorni di governo, che gli ha permesso di presentare alcune riforme che hanno ispirato l’attuale presidente francese Emmanuel Macron (vedi il Jobs Act) e che sono anche alle origini della lenta ma graduale ripresa italiana (ieri hanno rivisto al rialzo il pil dell’Italia sia il centro studi di Confindustria sia gli analisti di Standard & Poor’s, i primi passando da 0,8 a + 1,3 e i secondi passando da 0,8 a +1,2). Sarebbe un errore non riconoscerlo o non ammetterlo. Così come sarebbe un errore non riconoscere o non ammettere che la fragilità di Renzi non è legata al voto delle amministrative o alla rivolta dei rottamati o alla ribellione degli scissionisti, ma è legata al fatto che in questo momento della sua vita politica il segretario del Pd ha certamente una tattica chiara, mentre non si può dire che abbia una precisa visione.

Il posizionamento c’è, è quello giusto ed è alla luce del sole e Renzi ha capito perfettamente che l’unica rottamazione possibile oggi non è quella relativa ai vecchi volti della sinistra ma è quella relativa a un’antica tradizione politica, che è quella dell’Unione, quella delle accozzaglie della sinistra, quella delle armate Brancaleone che, per parafrasare Omero, infiniti addusse lutti agli ulivei. Renzi ha dunque ragione a non volersi fare imbrigliare ma per non farsi imbrigliare davvero, e non cadere nella trappola di parlare di coalizioni, di alleanze, di algebra anche quando nega di volerne parlare, deve dimostrare di avere un guizzo, una nuova storia da raccontare, una nuova piattaforma da costruire, un nuovo progetto intorno al quale costruire un’idea per l’Italia. Difendere uno spazio politico che gli permette di essere ancora oggi una delle poche alternative all’Italia dei populismi e degli sfascismi e dei grillismi è una condizione certamente necessaria, ma drammaticamente non sufficiente per riaccendere una lampadina e non rimanere impaludato nella sola logica della tattica.

A Renzi serve un guizzo, che al momento non si vede, ma serve soprattutto mettere a fuoco, con urgenza, una questione vitale per il futuro non solo della sinistra ma anche dell’Italia. La questione riguarda il rapporto con questo governo e in particolare con il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Sappiamo tutti, o quasi, che le elezioni anticipate, a settembre, sarebbero state una soluzione giusta per mettere la prossima e cruciale legge di Stabilità nelle mani di un governo solido e non traballante come quello di oggi, sostenuto da una maggioranza fragile e da un Parlamento delegittimato dal voto del 4 dicembre. Ma ora che le elezioni anticipate sono fuori dai radar dalla politica, il segretario del Pd ha almeno dieci mesi per investire forte nel governo Gentiloni, prima che il governo Gentiloni investa Renzi. E investire nel governo non significa rinnovare costantemente la fiducia al presidente del Consiglio, cosa che Renzi fa, ma significa intestarsi una grande operazione politica (per esempio, ma ci torneremo, il progetto di Flat Tax suggerito dall’Istituto Bruno Leoni) finalizzata a rottamare giorno dopo giorno il passato della sinistra attraverso una serie di passaggi utili ad avvicinarsi alla prossima legge di stabilità.

La sinistra del passato, con i suoi tic ideologici a trazione sindacale, non la si marginalizza litigando ogni giorno con D’Alema, con Prodi o con Bersani, ma la si rende inoffensiva dando ogni giorno continuità ad alcune delle riforme pro mercato e pro crescita messe in cantiere durante i mille giorni; non ostacolando i provvedimenti sulla concorrenza; e rivendicando le buone azioni che possono maturare anche all’interno di questo governo come quella simbolicamente importante messa a segno due giorni fa in Parlamento, nel corso dell’approvazione dell’accordo tra Unione europea e Canada sul libero commercio. L’accordo tra Unione europea e Canada (Ceta) è stato approvato con i voti del Pd e di Forza Italia. Mdp (Bersani & co.) non ha partecipato al voto mentre Lega, Movimento 5 stelle e Sinistra italiana hanno votato contro. È un fatto politico importante, non sufficientemente valorizzato né dal governo né dal segretario del Pd. E valorizzarlo avrebbe avuto un significato particolare, come ricordato ieri dal professor Stefano Ceccanti: ma se si vota in modo difforme su una scelta cruciale connessa all’identità stessa dell’Unione europea come ci si può presentare insieme davanti agli elettori anche qualora la legge elettorale desse un premio alle coalizioni?

L’esempio del Ceta è un esempio piccolo ma significativo che andrebbe replicato anche su altri terreni e che indica una traiettoria precisa a Renzi: l’unica possibile da percorrere. Primo: investire nel governo per non farsi investire. Secondo: affrontare la congiura sfavorevole puntando forte sulla congiuntura favorevole. L’Italia corre meno del resto d’Europa ma ha ricominciato a muoversi. Può piacere o no, ma il destino della sinistra italiana, e non solo, oggi non dipende dalle coalizioni o dalle non coalizioni. Dipende, prima di tutto, da che progetto per l’Italia mostrerà di avere oggi un politico importante che prima di essere candidato premier (essere candidati premier con il proporzionale è una fake news: il prossimo presidente del Consiglio lo sceglierà il capo dello stato) è sopra ogni altra cosa il capo del partito più grande del paese che detta i tempi a questo governo e che anche grazie a questo governo potrebbe mostrare di avere una nuova idea per conquistare il paese. Vale la pena provarci, no?
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Re: Veramente sconvolgente il chiacchiericcio nel Pd!

Messaggioda Robyn il 29/06/2017, 22:25

La sinistra non si cambia facendole perdere l'anima con alcune cose fatte male del job act con la flat tax anche perche deve sviluppare una sua strategia.Pensare di andare avanti così è come pisciare fuori dal vaso perche in gran parte della sinistra anche in quella un tempo definita massimalista c'è la consapevolezza che molte cose non funzionano e vanno cambiate e per fare questo la leadership deve essere unitaria programmaticamente.Ma diciamoci la verità c'è chi non vuole riformare il paese ma lo vuole distruggere,attraverso un riformismo distruttivo distruggendo la parte sinistra.In merito a Deborah Serracchiani è vero che Renzi ha vinto le primarie ma chi lo ha scelto sono persone molto vecchie piene di astio a cui non dare retta ed ho molte perplessità sul metodo delle primarie, e un paese che invecchia si incattivisce.Ma poi cosa è questa rottamazione? chi interesserebbe la rottamazione?Se la sinistra del paese da esempi di cattiva democrazia interna il resto del paese non fà altro che seguirla,le scintille che sviluppano incendi partono sempre da qui da sinistra.La mia opinione è che nessuno segua chi lancia strali personalistici che ampliano le divisioni e che Renzi sia inclusivo.Qui poi siamo passati d'improvviso dalla democrazia dell'alternanza a quella consociativa
Locke la democrazia è fatta di molte persone
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