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Un modello straordinario?

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Un modello straordinario?

Messaggioda mariok il 01/10/2016, 10:02

La morte di Bernardo Caprotti credo che suggerisca qualche riflessione.

Nulla da dire sulla persona, di cui so abbastanza poco. Ma sul "modello straordinario" di cui parla Bersani, sì.

E' proprio il modello di distribuzione, di cui pare sia l'inventore in Italia, che non mi convince.

La concentrazione del commercio, soprattutto in campo alimentare, condizioni di quasi-monopolio almeno in molte zone del paese (vedi Emilia ma non solo) non mi sembra abbiano portato grandi benefici sia in termini di qualità che di concorrenza.

Vediamo anche in questi giorni con la questione del latte, gli effetti negativi che la grande distribuzione ha avuto sui produttori, strozzati dai bassissimi prezzi che vengono loro imposti e che si traducono più in alti margini per le imprese che in benefici per i consumatori.

Anche il ruolo avuto nel passaggio all'euro è stato tutt'altro che positivo: è stato proprio il settore della grande distribuzione di prodotti alimentari che ha beneficiato più di tutti della speculazione nella transizione alla moneta unica.

Nello stesso periodo in cui il piccolo commercio è stato schiacciato ed è pressoché scomparso.

E non mi meraviglia che Bersani si professi un grande ammiratore del suo "modello straordinario".

Con la sua riforma del commercio, ha contribuito non poco a decretarne il successo ed a distruggere contemporaneamente un intero tessuto economico costituito dal commercio di vicinato.

L’INTERVISTA
Morto Caprotti, il dolore di Bersani: «Il suo era un modello straordinario»

L’ex leader del Pd: «Ci vedevamo ogni anno, era venuto a farmi visita quando stavo male»
di Riccardo Bruno

«Mi dispiace, mi dispiace veramente moltissimo». Pier Luigi Bersani risponde al telefono. Ha appena saputo della morte di Bernardo Caprotti. È commosso, la voce bassa, realmente rattristato. L’ex segretario del Partito democratico e l’imprenditore che sfidava le coop si erano conosciuti una ventina di anni fa, ed erano subito diventati amici. Da allora un confronto costante, uno scambio di idee partendo da mondi diversi, un rapporto davvero poco consueto cementato però dalla stima e dal rispetto reciproco. «È morto un uomo veramente particolare, che emozionava — ricorda Bersani —. Se n’è andato uno dei più grandi imprenditori italiani. Ma credo di poter dire che il Dottore continuerà a vivere nella sua straordinaria capacità di fare impresa».
shadow carousel
Quando vi siete incontrati la prima volta?
«Non lo avevo mai visto fino a quando da ministro, nel 1998, feci la riforma del commercio. Allora scoprii che avevamo incrociato tante idee, aspettative, intenzioni comuni. Da quel momento iniziammo a frequentarci, confrontandoci su questi temi. Lui, ai miei occhi, era l’inventore di un modello straordinario».
Quale?
«Un insieme di tante cose. Innanzitutto, intuito nella localizzazione, poi un’idea chiara della pezzatura del negozio, capacità nella logistica, e soprattutto era un convinto sostenitore dell’importanza della formazione e dell’organizzazione del personale».
Una gestione dei dipendenti che però gli ha attirato non poche critiche.
«È vero che in lui c’era un elemento paternalistico, però alla fine riusciva a combinarsi con un’idea industriale di prima grandezza. Era un uomo che aveva un rapporto intimo con le sue attività, fino alle sue propaggini più estreme. Più di una volta l’ho visto girare nei suoi negozi, sapeva tutto di ogni singolo scaffale, si fermava a conoscere e a parlare con tutti i dipendenti».


Una cultura del lavoro che vi accomunava, che sentiva vicina alla sua formazione di sinistra. Anche se Caprotti era l’autore di un libro come «Falce e carrello», implacabile contro le coop e l’economia «rosse»?
«Io sono stato ministro dell’Industria e del commercio, e voglio bene a tutti. Mi spiace davvero quando la gente seria non s’intende, perché ne deriva un danno per tutto il Paese. Certo, aveva le sue particolarità, le sue convinzioni, le sue idiosincrasie».
Di sicuro, una personalità che non passava in secondo piano.
«In Italia abbiamo dei bravissimi imprenditori, e a lui sicuramente spetta un posto nel piedistallo dei primi, dei migliori. Diceva che quello che sapeva sulla grande distribuzione l’aveva imparato dagli americani. Secondo me, invece, era italianissimo».
Nonostante le differenze tra di voi, era questa serietà e rispetto nell’attività imprenditoriale che vi accomunava?
«Culturalmente, idealmente e politicamente eravamo molto diversi. Ma ho sempre apprezzato soprattutto i suoi tratti di umanità».
Come quando le ha fatto visita dopo che lei era stato male.
«È venuto a casa mia a Piacenza, mi ha fatto una sorpresa. Sono cose che fanno molto piacere e che non si dimenticano».
Era il febbraio del 2014, due anni fa. Vi siete rivisti dopo?
«Ancora un’ultima volta. Mi ha invitato in occasione dell’apertura di un nuovo punto vendita. In genere ci ritrovavamo una volta all’anno, per fare il punto su argomenti che stavano a cuore a tutti e due. Ho ricordi belli dei nostri incontri, molto belli. Mi dispiace davvero tanto che se ne sia andato».

30 settembre 2016 (modifica il 1 ottobre 2016 | 00:06)
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Re: Un modello straordinario?

Messaggioda trilogy il 01/10/2016, 10:55

C'è questa discussione su facebook sulla contrapoosizione tra grande distribuzione e piccolo commercio che è molto interessante con vari punti di vista
https://m.facebook.com/alnonsolovino/ph ... 2F12243920
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Re: Un modello straordinario?

Messaggioda Robyn il 01/10/2016, 11:12

la grande distribuzione è risultata avvantaggiata perche erano soprattutto le piccole attività che lucravano sull'euro,allora il consumatore si è rivolto alla grande distribuzione in grado di fare pezzi più bassi.L'eliminazione delle barriere per aprire una piccola attività commerciale è invece positiva perche se in un quartiere c'è una sola attività commerciale anziche due non avrà concorrenza e farà prezzi più alti.Meno positiva la liberalizzazione dell'orario domenicale.Per ex per attività di una certa utilità si poteva pensare ad una forma di dipanamento dell'orario può capitare almeno una volta al mese per un dipendente di andare al lavoro di domenica.Per quel che riguarda l'abolizione del tariffario è sbagliato è necessario il tariffario minimo per le professioni per evitare la concorrenza al ribasso che danneggia i lavoratori
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Re: Un modello straordinario?

Messaggioda flaviomob il 01/10/2016, 11:25

A Barcellona esistono centinaia di piccoli negozi che vendono di tutto, alcuni dei quali aperti fino a mezzanotte. Dei veri e propri "mini market" capillarmente diffusi. Puoi fare la spesa sotto casa.


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Re: Un modello straordinario?

Messaggioda mariok il 01/10/2016, 13:07

Credo che vadano fatte alune considerazioni

1) La riforma Bersani è del 1998, il passaggio all'euro avvenne nel 2002. Il drastico ridimensionamento del piccolo commercio avvenne quindi prima del passaggio all'euro, che si ebbe quando ormai, con una politica dei prezzi inizialmente aggressiva, la grande distribuzione aveva già una posizione dominante nel mercato e impose i suoi prezzi nel passaggio alla nuova moneta in condizioni di oligopolio.

2) La liberalizzazione del sistema fu fatta solo per le piccole imprese, mentre le grandi ed le medie (oltre i 250 mq) rimasero sotto il controllo delle regioni e dei comuni, teoricamente per una corretta "pianificazione" del sistema, determinando in realtà una spesso insana commistione tra interessi pubblici e privati, sfociata talvolta in intrecci con la mala vita organizzata.

3) La liberalizzazione delle licenze commerciali avvenne senza alcuna gradualità, senza quindi dare il tempo necessario che consentisse al sistema, già in crisi per eccessiva polverizzazione, di riorganizzarsi.

4) Nessun incentivo fiscale fu previsto per lo sviluppo di forme di cooperazione che potessero razionalizzare la filiera in modo da reggere la concorrenza con le grandi imprese che invasero il mercato. Anzi, le cosiddette coop, che in realtà sono grandi aziende organizzate in tutto e per tutto come le multinazionali del settore, hanno continuato a beneficiare delle agevolazioni previste per la cooperazione, mentre in realtà di cooperativo non hanno più nulla (vedi scandalo Unipol).

La riforma avrebbe potuto essere un'occasione per lo sviluppo di forme innovative di cooperazione (quella vera, non quella della Ipercoop o dei grandi gruppi finanziari) di cui le piccole imprese commerciali, se aiutate ed incentivate ad evolversi e ad associarsi, avrebbero potuto costituire l'ossatura.

Niente di tutto ciò è avvenuto, con una riforma che alla fine si è rivelata un regalo ai grandi gruppi finanziari e talvolta alla mafia ed alla camorra che si sono lanciate in questo business grazie alle enormi disponibilità liquide provenienti dal riciclaggio di attività illegali.

E dire che l'autore di questa riforma è uno che avrebbe dovuto rappresentare la sinistra socialista.
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Re: Un modello straordinario?

Messaggioda Robyn il 01/10/2016, 13:55

Infatti può essere stata la cadenza con la quale si sono fatte le riforme e gli errori come ad esempio ad aver eliminato il tariffario minimo ad aver svantaggiato la piccola distribuzione per ex pensiamo a possibili riduzioni della filiera infatti nei vari passaggi se l'IVA rimane invariata e si scarica sul consumatore finale il prezzo aumenta all'aumentare dei passaggi intermedi della filiera.In merito alle parafarmacie ci può essere il rischio di cartelli nel senso che chi ha una farmacia può aprire una parafarmacia.Al contrario la ricchezza deve diffondersi non concentrarsi
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Re: Un modello straordinario?

Messaggioda flaviomob il 01/10/2016, 14:44

Le coop, nonostante le aperture, in molte regioni rosse hanno saldamente in mano la grande distribuzione. Le grandi catene di super/ipermercati erano già presenti prima del 1998 con centri commerciali faraonici: i primi furono costruiti negli anni Settanta.

Ma, comunque sia, la colpa è sempre di Bersani :lol:

Sulla riforma Monti, che costringe chi lavora nella grande distribuzione a lavorare cinque domeniche su sei, nulla da dire naturalmente. Poi arrivano i geni tali del fertility day: la maggior parte delle cassiere sono donne.


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Re: Un modello straordinario?

Messaggioda mariok il 01/10/2016, 17:36

A prescindere da di chi sia la colpa una riforma o è giusta o è sbagliata.

Che la tendenza del mercato, già molto prima del 1998, fosse quella della concentrazione e dell'espulsione dei piccoli soggetti troppo deboli per competere, è un fatto che non scopriamo certo oggi.

Ma la domanda che dovremmo porci è la seguente: dov'è la differenza tra una politica liberista alla Monti ed una ispirata a principi del socialismo quale sarebbe stato naturale attendersi da un Bersani?

Compito del legislatore riformista è quello di assecondare le tendenze del mercato, o cercare di correggerlo pur senza politiche protezioniste o assistenzialiste?

Mi sembra un esempio concreto, quindi più comprensibile di tanti bei paroloni retorici, su cosa intendiamo per un'ispirazione socialista di una politica di sinistra.

Posto che l'impresa di stato è ormai indifendibile (tranne che per pochi e particolari settori strategici), a cosa si riduce il "socialismo" strombazzato da alcuni spesso a sproposito?

E' soltanto una politica fiscale di redistribuzione (tassa i ricchi per dare ai poveri), che spinta oltre un certo limite crea fatalmente recessione e povertà, anche se più equamente distribuita, o non è anche l'instaurazione di una serie di regole capaci di modificare il mercato rendendolo più giusto o almeno limitandone le tendenze all'instaurazione di posizioni dominanti?

E' un fatto che la riforma Bersani, mettendo in concorrenza tra loro i più deboli a tutto vantaggio dei più forti, ha accelerato il processo già spontaneamente avviatosi negli anni precedenti, facilitando la tendenza naturale del mercato alla concentrazione.

Sarebbe su questi temi che mi piacerebbe sentire le proposte (possibilmente concrete e fattibili) per una rifondazione della sinistra, piuttosto delle solite demagogie su salario garantito e assistenza.

Ma mi rendo conto che è più facile e meno impegnativo attaccare Renzi e tutte le sue malefatte.
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Re: Un modello straordinario?

Messaggioda Robyn il 01/10/2016, 18:31

Il compito della sinistra è soprattutto questo limitare le posizioni dominanti fare in modo che la ricchezza sia diffusa ma è anche rimodellare il welfare per chi non ce la fà e quindi anche l'assistenza sociale.Ma non esiste la bacchetta magica contro i monopoli perche il contrasto alle posizioni dominanti và perseguito con coerenza.Per ex sul sistema bancario più i soggetti sono plurali e meglio è perche se non è plurale neanche è in grado di offrire offerte ai suoi clienti e se fallisce una banca falliscono intere realtà locali
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Re: Un modello straordinario?

Messaggioda pianogrande il 01/10/2016, 19:03

Per me, il socialismo si può fermare alle pari opportunità.
Vere, reali, pari opportunità.

E' il punto di partenza della "giustizia sociale".

A partire dal diritto allo studio e fino all'accesso alle professioni e via, via agli appalti etc. pari opportunità può essere un concetto guida per strutturare lo stato e i suoi obiettivi: le sue azioni.

Si parte tutti da dietro la stessa linea e poi chi arriva prima sale sul podio; si afferma in modo differenziato.

E' questa differenziazione che deve essere giusta e lì sta la vera sfida.

Una volta si laureavano i più ricchi.
In un paese con giustizia sociale si devono laureare i più bravi.

Nel commercio esistono la domanda e l'offerta.

Anche queste possono essere gestite con giustizia.

La prima "posizione dominante" da eliminare dal commercio è quella del fornitore rispetto al cliente.

Nel nostro paese, il cliente è in una posizione di estrema debolezza e, se deve tentare una rivalsa, è sommerso e soffocato da spese di avvocati, tempi biblici, associazioni che vogliono (ed hanno) l'esclusiva etc. etc.

Le leggi dovrebbero essere chiarissime e le procedure burocratiche altrettanto e altrettanto facile rimettere in riga chi sgarra senza rischiare di dover fare un mutuo o lasciare la grana agli eredi.

La libera concorrenza dovrebbe partire dalla facilità di creare una impresa e quindi senza vantaggi dei più grossi legati al fatto di potersi permettere uffici amministrativi e legali e magari rapporti privilegiati.
Dopodiché la differenza la può fare solo il cliente con le sue scelte.
Non si può certo pensare di dare aiuti di stato ai piccoli commercianti.
L'aiuto glie lo darà la clientela disposta a spendere qualcosa di più per un servizio diverso e una qualità migliore della merce e del rapporto.

Insomma, ho fatto solo qualche esempio (la lista potrebbe essere lunghissima) ma uno stato degno del termine giustizia sociale dovrebbe funzionare su quella direttrice.
Fotti il sistema. Studia.
pianogrande
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