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Finalmente: distinzione tra investimenti e speculazione

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Re: Finalmente: distinzione tra investimenti e speculazione

Messaggioda flaviomob il 10/05/2016, 11:27

Immettiamo liquidità dando soldi alle banche, anche a quelle marce.

Intanto gli imprenditori che aspettano i pagamenti dallo stato rischiano di fallire: diamoli a loro i soldi.

Intanto in Italia non esiste un sostegno al reddito per chi non ha lavoro: diamoli a loro i soldi.


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Re: Finalmente: distinzione tra investimenti e speculazione

Messaggioda Robyn il 10/05/2016, 11:40

le bolle ci sono quando c'è un'eccesso di domanda sul mercato tutti vogliono comperare quel bene e il prezzo cresce al punto tale che nessuno più può acquistare quel bene a quel punto il prezzo crolla per ex il mercato dell'edilizia tutti vogliono acquistare un'alloggio al punto tale che il prezzo cresce fino a che che nessuno può acquistarle più l'alloggio per il prezzo troppo alto e a quel punto il prezzo crolla.La crisi finanziaria è partita dagli USA con i prestiti facili concessi anche a chi non poteva restituirli questo ha creato la sfiducia.La crisi più correttamente parte da quando clinton eliminò la separazione fra banche commerciali e di investimento che ha spostato immense liquidità dagli investimenti ai beni rifugio all'economia finanziarizzata
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Re: Finalmente: distinzione tra investimenti e speculazione

Messaggioda franz il 10/05/2016, 12:30

flaviomob ha scritto:Immettiamo liquidità dando soldi alle banche, anche a quelle marce.

Intanto gli imprenditori che aspettano i pagamenti dallo stato rischiano di fallire: diamoli a loro i soldi.

Intanto in Italia non esiste un sostegno al reddito per chi non ha lavoro: diamoli a loro i soldi.

Sostanzialmente d'accordo.
1) Banche marce ma che sono molto "vicine" alla politica. E che proprio per questa vicinanza sono affette da quel "moral azard" di cui ogni tanto parliamo.
2) Imprenditori che rischiano di fallire e anche tanti che sono falliti.
Per esempio il mese scorso sono stato all'ospedale di bergamo, il giovanni XXII a trovare una zia di mia moglie.
Uno spettacolo di tecnologia e di razionalità, pur in un sostanziale spreco di spazi. Ma diversi fornitori non sono stati pagati e sono falliti ed a loro volta non hanno pagato il materiale che avevano comprato per fare il lavoro. Quindi fallimenti a catena. Ora magari mi direte che una ditta puo' anche farsi "scontare" le fatture in banca. Gli costerà un po' ma i soldi li prende subito. Ma per scontare una fattura essa deve essere comunque convalidata (firmata per accettazione) dall'ente pubblico e se quest'ultimo non lo fa, hai consegnato ed installato il materiale e non becchi un soldo.
3) Il sostegno al reddito è doveroso ma solo per un tempo limitato (uno, due, max quattro anni) e condizionato alla effettiva ricerca di lavoro, a corsi di perfezionamento, a non rifiutare le offerte di lavoro in un certo raggio da casa e di un certo valore economico proporzionale all'ultimo stipendio.
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Re: Finalmente: distinzione tra investimenti e speculazione

Messaggioda trilogy il 10/05/2016, 12:38

comunque tornando al tema iniziale. Agevolare fiscalmente i fondi che investono in piccole e medie imprese, mi sembra una cosa accettabile. Questi in genere selezionano imprese sane e che puntano a crescere.
Perchè finanziare semplicemente una PMI che rimane tale, non è una scelta politica e d'investimento particolarmente utile.
Le risorse vanno indirizzate verso chi cresce, crea occupazione, fa innovazione.

[..]nell’industria in senso stretto poco più di 1.400 grandi imprese (250 dipendenti e oltre), pur rappresentando solo lo 0,3 per cento del totale delle imprese assorbono il 25 per cento degli addetti e generano il 38 per cento del valore aggiunto.
La rilevanza della grande industria è confermata dai dati Istat su spese per Ricerca e Sviluppo e dalla quota di imprese del settore industriale con attività innovative, per i quali la grande industria:
nel 2011 è responsabile del 76,7 per cento delle spese per Ricerca e Sviluppo intra-muros complessiva
delle imprese;
nel triennio 2008-2010, in relazione all’indicatore quota di imprese con attività innovative, assume un valore medio pari al 70,2 per cento.[..]
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Re: Finalmente: distinzione tra investimenti e speculazione

Messaggioda franz il 10/05/2016, 13:06

trilogy ha scritto:comunque tornando al tema iniziale. Agevolare fiscalmente i fondi che investono in piccole e medie imprese, mi sembra una cosa accettabile.

Sì ma non è risolutiva.
Se da un lato di offro 10 miliardi agevolati ma dall'altro te ne sottraggo 660 .... ogni anno ... :(
Ultima modifica di franz il 10/05/2016, 13:08, modificato 1 volta in totale.
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Re: Finalmente: distinzione tra investimenti e speculazione

Messaggioda mariok il 10/05/2016, 13:07

trilogy ha scritto:Perchè finanziare semplicemente una PMI che rimane tale, non è una scelta politica e d'investimento particolarmente utile.
Le risorse vanno indirizzate verso chi cresce, crea occupazione, fa innovazione.


Completamente d'accordo.

L'affermazione di Padoan sembra andare in questa direzione: «Si tratterà di un pacchetto articolato con diverse misure. Una di queste serve a convogliare il risparmio privato verso le piccole e medie imprese, che hanno bisogno di aumentare la loro dotazione di capitale per fare ricerca e investimenti.»

Poi, come è noto, spesso il diavolo si nasconde nei dettagli. Bisognerà quindi vedere in concreto il provvedimento.

In generale («L’idea è quella di dare una esenzione fiscale ai privati che investono in strumenti di risparmio a lungo termine specializzati nel finanziare l’economia reale») mi sembra un principio condivisibile, in quanto, malgrado ciò che ne pensano gli ideologi neo-liberisti, una differenza tra "investire" in speculazione finanziaria (pardon, in strumenti finanziari a breve) ed in finanziamenti a lungo termine nell'economia reale, c'è ed è giusto premiare fiscalmente i secondi.
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Rete imprese, addio a 390 imprese al giorno

Messaggioda franz il 11/05/2016, 7:35

Rete imprese, addio 390 imprese a giorno
Ricerca, senza recessione Pil +15%

10 maggio 201612:44
Massimo Vivoli

(ANSA) - ROMA, 10 MAG - Il contesto economico in cui hanno dovuto operare le Pmi in questi anni è stato particolarmente duro: negli ultimi 12 mesi hanno chiuso oltre 390 imprese al giorno. Emerge da una ricerca di Rete Imprese Italia con il Ref.

E se la crisi non si fosse mai verificata, il Pil oggi risulterebbe superiore del 15%, ovvero 230 miliardi di euro, rispetto ai livelli attuali, ''con evidenti riflessi sui bilanci delle imprese e sul tenore di vita delle famiglie''. Nonostante tutte le difficoltà, a trainare l'occupazione sono le micro-imprese, quelle con meno di 10 addetti, che sono riuscite a incrementare l'occupazione anche negli anni bui della crisi. Rete Imprese Italia calcola 375mila posti di lavoro in più fra il 2011 e il 2015. Va infatti considerato il ruolo delle piccolissime imprese nell'assorbire l'occupazione espulsa altrove, rappresentando uno sbocco occupazionale alternativo al lavoro dipendente. Cresce anche la qualità degli occupati nelle Pmi: +25% di laureati, pari a 530mila posti in più nel 2015 rispetto al 2007.

Il primo ostacolo alla crescita è il fardello delle tassecontinuano a schiacciare le Pmi italiane: l'incidenza fiscale supera infatti il 61% di media ma in alcune zone si spinge oltre il 70%, complice la fiscalità locale. "Diamo atto all'attuale Esecutivo della volontà di imprimere un'inversione generale di tendenza, dobbiamo però registrare che le scelte adottate in tema di fisco, con il taglio dell'Irap e del costo del lavoro, hanno inciso in modo diseguale fra piccole e grandi imprese, a vantaggio evidente di queste ultime" dice Massimo Vivoli, presidente di Rete Imprese. "Dello stesso taglio dell'Ires - aggiunge in occasione dell'assemblea nazionale dell'Associazione - beneficeranno soprattutto le imprese più strutturate"(ANSA).
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Re: Finalmente: distinzione tra investimenti e speculazione

Messaggioda mariok il 15/05/2016, 11:18

SCENARI ECONOMICI
Per uscire dalla crisi disarmare il «finanzcapitalismo»

La tirannia della finanza è costata agli stati 15 trilioni di dollari per salvare banche, assicurazioni e fondi, mentre si è calcolato che con la dematerializzazione di molte transazioni finanziarie, quasi l’80% dei 120 trilioni di dollari di azioni scambiati annualmente sulle borse mondiali perseguano finalità speculative
di Roberto Sommella

Capita che i tedeschi abbiano ragione. Immanuel Kant, nel cercare la ricetta della pace perpetua, la individuò nella federazione tra stati, quello che manca all’Europa oggi. Lo studioso Jorg Huffschmid ammonì come il problema delle società avanzate fosse il «finanzcapitalismo» e non la crisi. La finanza al cubo ha infatti completamente rovesciato il concetto di capitale. Quello classico, che produce valore, quando si costruisce una scuola, un ponte, si elabora una nuova medicina, si creano posti di lavoro, sembra relegato ai tempi del Piano Marshall, lo si vorrebbe rievocare con la politica dei «soldi dagli elicotteri» da imporre alla Bce. Insomma è quasi un’utopia. Quello contemporaneo, il valore invece lo estrae, imponendo e sfruttando prezzi e tassi sui mutui, erogando prestiti a chi non può chiederli e rovesciando poi sulla collettività i debiti degli altri, come accaduto nel 2008.
La tirannia della finanza è costata agli stati 15 trilioni di dollari per salvare banche, assicurazioni e fondi, mentre si è calcolato che con la dematerializzazione di molte transazioni finanziarie, quasi l’80% dei 120 trilioni di dollari di azioni scambiati annualmente sulle borse mondiali perseguano finalità speculative. Senza contare la mole di derivati che non passano su mercati regolamentati e che possono valere sette volte tanto. Questa enorme massa di denaro che potrebbe nutrire due volte il mondo, si muove a seconda delle decisioni delle autorità monetarie e delle istituzioni che le sovrintendono. E a dispetto delle politiche economiche dei governi europei e della messa in sicurezza dei loro sistemi bancocentrici.
I regolamenti di Bruxelles su salvataggi e coefficienti patrimoniali, la politica di tassi zero della Bce, la tirannia della finanza globale, hanno prodotto un paradosso: la festa è nostra — denaro a basso prezzo, rendimenti dei bond governativi negativi, deflazione — ma il festeggiato sta altrove. Secondo i dati riportati da Il Sole 24 Ore, da quando la Bce ha portato i tassi sui depositi sotto zero, oltre due anni fa, le società non europee hanno emesso obbligazioni denominate in euro per un totale di 170 miliardi, quasi il doppio rispetto ai 98 miliardi dei 25 mesi precedenti. Sarebbe interessante sapere se tutti questi soldi hanno contribuito a creare posti di lavoro e se questi posti sono nell’Unione Europea o da qualche altra parte. Come ha scritto in modo profetico Luciano Gallino, si nutre la «bestia» piuttosto che coloro che sarebbero in grado di «produrre» valore.
Prendiamo un altro paradosso: l’andamento dei listini nelle quattro capitali europee colpite dal terrorismo islamico. La borsa di Bruxelles, nel giorno dell’attacco all’aeroporto e alla metropolitana, ha chiuso in rialzo dello 0,5% e gli andamenti borsistici Eurostoxx sono rimasti placidi nei cinque giorni successivi anche a Madrid nel 2004, a Londra nel 2005 e a Parigi (gennaio e novembre 2015). Sono dati che colpiscono. Sembra che una bomba o anche una cattura di cellule terroristiche non facciano paura ai trader. Ma basta una parola, anche il semplice silenzio, del presidente della Fed, Janet Yellen o del numero uno dell’Eurotower, Mario Draghi, perché tutto si muova. Almeno sui listini. E questo perché sono stati gli uomini a creare le condizioni per il dominio del capitale sulla collettività.
Vita reale e andamenti azionari vivono ormai realtà parallele. E’ il confronto tra produzione ed estrazione di valore, tra chi vive di reddito e chi vive di rendita, chi cammina per strada e chi sposta ricchezze con un click. L’Europa ha bisogno di aiutare chi vive di reddito, famiglie e imprese, ma la sua politica monetaria per ora premia chi si nutre di rendimenti. Non è per forza una colpa. Ma non potrebbe essere diversamente. Sui mercati regnano infatti da almeno cinque lustri quattro categorie immanenti: le grandi banche classiche, sempre attratte dagli investimenti finanziari; la finanza «ombra» che a dispetto del nome è molto concreta; i fondi pensione e gli hedge funds, che di fatto possono decidere le sorti delle aziende e in alcuni casi anche degli Stati. Sono i tre pilastri del nuovo regime economico, che vive di regole che nessun governo è in grado di cambiare, per il semplice motivo che sono stati gli stessi esecutivi (americani, francesi ed europei) a decretarne in passato la libertà di azione.
Ci vorrebbe una conferenza di disarmo finanziario, senza che a suggerirla sia Papa Francesco. Ma forse anche questa, come il denaro dal cielo, è una grande utopia.
11 maggio 2016 (modifica il 11 maggio 2016 | 22:01)
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Re: Finalmente: distinzione tra investimenti e speculazione

Messaggioda flaviomob il 16/05/2016, 0:16

Se nel 1995 il fatturato delle mafie ammontava a circa 45 miliardi, nel 2010 era già salito a 100 miliardi e oggi viene stimato intorno ai 200 miliardi di euro. Com’è possibile? Le organizzazioni criminali italiane hanno da tempo cambiato pelle, non sparano più e non hanno bisogno di minacciare, le leggi però sono rimaste le stesse approvate all’epoca dei Corleonsi quando i clan facevano un morto al giorno. Nel frattempo le mafie sono entrate nel salotto buono della finanza mondiale, arrivando a controllare le governance delle più importanti banche d’affari nel periodo della crisi economica. Sono diventate transnazionali, ma l’Unione non riesce a dotarsi nemmeno di una Procura europea. - See more at: http://www.report.rai.it/dl/Report/extr ... aEdZ1.dpuf

http://www.report.rai.it/dl/Report/extr ... fa071.html


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Re: Finalmente: distinzione tra investimenti e speculazione

Messaggioda trilogy il 16/05/2016, 10:16

mariok ha scritto:SCENARI ECONOMICI
Per uscire dalla crisi disarmare il «finanzcapitalismo»


[..]I regolamenti di Bruxelles su salvataggi e coefficienti patrimoniali, la politica di tassi zero della Bce, la tirannia della finanza globale, hanno prodotto un paradosso: la festa è nostra — denaro a basso prezzo, rendimenti dei bond governativi negativi, deflazione — ma il festeggiato sta altrove. Secondo i dati riportati da Il Sole 24 Ore, da quando la Bce ha portato i tassi sui depositi sotto zero, oltre due anni fa, le società non europee hanno emesso obbligazioni denominate in euro per un totale di 170 miliardi, quasi il doppio rispetto ai 98 miliardi dei 25 mesi precedenti. Sarebbe interessante sapere se tutti questi soldi hanno contribuito a creare posti di lavoro e se questi posti sono nell’Unione Europea o da qualche altra parte. Come ha scritto in modo profetico Luciano Gallino, si nutre la «bestia» piuttosto che coloro che sarebbero in grado di «produrre» valore.[..]


C'è una contraddizione profonda in questo ragionamento. Se ci sono idee di valore, il mercato le finanzia, se non ci sono idee, puoi mettere in circolazione tutti i soldi che vuoi ma questi rimangono fermi.
Oggi, in circolazione, ci sono più soldi che buone idee su cui investire. Si parla tanto di start up, sono importanti per la cultura imprenditoriale che diffondono, ma quelle su cui vale la pena d'investire e che sono destinate a crescere veramente sono pochissime. Oggi tutti sono alla ricerca degli "unicorni" in gergo finanziario, sono le nuove imprese che raggiungono una valutazione superiore al miliardo di dollari. Sono rarissime, in Italia mi sembra nessuna, anche se ci sono alcune imprese piccole molto interessanti quotate all'AIM, mentre ci sono "unicorni" di imprenditori italiani emigrati in silicon valley.
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