matthelm ha scritto:pinopic1 ha scritto:matthelm ha scritto:Una parte maggioritaria dell'opinione pubblica credo tolleri Berlusconi perché comunque riesce a governare e questo è il punto.
E' la prima cosa che dovremmo dimostrare e ti piaccia o no questo non è possibile con la sinistra radicale.
Il PD questo deve dimostrare. Poi se si vuole fare testimonianza tanto di cappello ma in democrazia contano i voti e chi ne prende di più governa.
Mi aspettavo il riferimento alla sinistra radicale (della quale mi importrebbe assai poco se non fosse perché la sua assenza dal Parlamento ha indebolito l'opposizione). Quando io uso l'espressione "sinistra" non mi riferisco alla sinistra radicale ma a quella cosa che in GB chiamano LEFT con riferimento al Labour party, e in altre lingue con riferimento a partiti socialdemocratici. Ti piaccia o no il PD è formato per due terzi da persone (esponenti ed elettori) che fino a pochi mesi fa si definivano "sinistra" e anche "socialista".
Ma non è questo il punto. Io sostengo che ormai dare la colpa ai vizi della sinistra, quindi a noi stessi, è un segno di impotenza, un moto autoconsolatorio. Forse un modo per continuare a sperare, perché se basta cambiare noi stessi per cambiare la realtà ce la possiamo fare. Magari seguendo i consigli disinteressati di Bonaiuti.
Non c'è nessun bisogno di demonizzare Berlusconi, si demonizza benissimo da solo.
E se invece stiamo ai fatti? Come ci si oppone a provvedimenti e metodi come quelli ai quali assistiamo? E se facciamo l'opposizione dolce la gente ci vota? E perché dovrebbe?
E poi conta il consenso tout court o la qualità del consenso? Dobbiamo cercare il consenso demonizzando i Rom invece di Berlusconi? E poi cosa ce ne facciamo del consenso ottenuto demonizzando i Rom? Lo so che è più popolare, ma cosa ci serve? Che ci stiamo a fare noi? Percè siamo democratici e non leghisti?
PS: E' appena finito uno speciale su Fabrizio De Andrè su RAISAT EXtra (Sky), c'era (vecchia registrazione) anche Mina.
Dei vizi della sinistra radicale non è immune la sinistra, altrimenti non si chiamerebbe così. E’ la storia.
Se fai riferimento a Blair ci possiamo trovare concordi, ma ti sembra che la nostra sinistra ( da cui come logico non provengo) assomigli anche lontanamente a quella? Quando mai.
In democrazia contano i voti che si possono ottenere anche dicendo cose diverse da Berlusconi e l’abbiamo fatto.
Noi, tornando a prima, quando eravamo al governo ne abbiamo parlato, parlato parlato. Loro fanno i fatti, naturalmente a modo loro.
…a su De Andrè siamo perfettamente d’accordo. Un grandissimo.
Mi riferivo alla sinistra europea in generale e alla sinistra riformista italiana. A Blair ma non solo, al partito laburista che non è solo Blair e non sempre è stato Blair e ai socialdemocratici e liberalsocialisti europei. Vizi ne abbiamo tutti, poi ognuno ha il suo modo di giudicare se una cosa è un vizio oppure una virtù.
Quello che io critico, lo ripeto ancora, è il cercare dalla nostra parte le cause della situazione attuale del nostro Paese perché, questo è importante, mi sembra un modo per consolarsi e rinunciare alla lotta.
Blair o non Blair non c'è dubbio che in nessun Paese europeo esiste una situazione di degrado della democrazia come nel nostro Paese. Da nessuna parte esiste un fenomeno paragonabile al berlusconismo. Quindi avremo pure delle colpe, la sinistra radicale molte di più, ma obiettivamente se fossimo come in Danimarca o Svezia potremmo vivere beatamente anche con gli errori della SR e i vizi presunti della sinistra.
Anche Ricolfi ci ha ripensato dopo pochi giorniA carte scoperte
LUCA RICOLFI
Peccato. Era probabilmente ingenuo sperarci, ma in molti ci eravamo augurati che fosse iniziata una nuova stagione politica. Forse non una stagione esaltante, di concordia nazionale e di rinascita dell’Italia, ma almeno una stagione di proposte ragionevoli e costruttive. Una stagione in cui i politici, pur continuando a litigare fra loro, si occupassero anche un po’ di alcune cose che stanno a cuore a noi: sicurezza, tenore di vita, servizi sociali.
Dopotutto molte delle cose che in questi mesi il centro-destra ha fatto o si accinge a fare erano copiate dall’opposizione.
Il pacchetto sicurezza riprendeva molte misure volute da Giuliano Amato, l’aliquota fissa sugli affitti ripropone un’idea cara a Rutelli e alla Margherita, la riforma dei servizi pubblici locali dovrebbe seguire il tracciato del disegno di legge Lanzillotta. Insomma, per molti versi il governo Berlusconi stava facendo le stesse cose che avrebbe voluto fare il Pd, e che il Pd non fece solo per non litigare con Rifondazione comunista.
E invece no. Ora torneremo allo scontro e alla diffidenza, perché Berlusconi ha scoperto le carte e nessuno dei suoi osa fiatare. Che cosa ci dicono le carte che ora si vanno scoprendo una dopo l’altra? La prima carta ci rivela che la priorità delle priorità di Berlusconi è proteggere se stesso. Emendamento «salva Rete 4», limiti alle intercettazioni e alla libertà di stampa, norme per fermare il processo Mills, ricusazione del magistrato che dovrebbe giudicare il premier, riproposizione del lodo Schifani, tutto indica che ci risiamo: Berlusconi avrà anche un’idea del futuro dell’Italia, ha sicuramente ragione in alcune critiche alla magistratura, ma quando si mette in movimento è del tutto incapace di separare l’interesse personale da quello del Paese. Come ha suggerito Vittorio Feltri ieri su Libero, sarebbe molto meglio che parlasse chiaro dei propri guai senza pretendere di ridisegnare istituzioni e regole solo per bloccare un singolo processo, quello che lo riguarda.
La seconda carta ci rivela che Berlusconi confonde sicurezza e legalità. Sia le norme sulle intercettazioni sia quelle sulla sospensione dei processi «minori» tendono a limitare l’azione di contrasto della criminalità ai soli reati considerati di forte «allarme sociale», e allentano la presa su quelli che - non toccando direttamente il cittadino medio - suscitano minori ansie e paure. Rientrano tipicamente in questa categoria i reati ambientali, economici, finanziari, ossia i cosiddetti reati dei «colletti bianchi»: in poche parole i reati commessi da dirigenti, funzionari, impiegati, imprenditori, finanzieri, politici, ivi compresi - naturalmente - alcuni reati di cui è stato accusato Berlusconi.
Dettando alla magistratura le priorità sui reati da perseguire, e pretendendo di accantonare i procedimenti per reati di minore allarme sociale, il governo mostra che, ammesso che qualcosa gli importi della sicurezza, della legalità gli importa invece ben poco. Questo è un guaio, non tanto e non solo perché in troppi la faranno franca, ma perché se il Paese è ridotto nello stato in cui è dobbiamo dire grazie anche alla continua e spudorata violazione delle regole del vivere civile. Se ci fosse un po’ più di legalità, non avremmo ogni anno 80 miliardi di sprechi nella Pubblica Amministrazione e 100 miliardi di evasione fiscale. E magari sarebbe anche meno diffuso quel senso generale di ingiustizia, di iniquità e di impotenza che si è impadronito di tanti cittadini.
Ma c’è anche una terza carta che sta venendo allo scoperto. Il governo non solo se ne infischia della legalità, ma sembra curarsi ben poco della stessa sicurezza. Dalle maglie artificiosamente allargate per salvare i «colletti bianchi», oltre a vari reati finanziari stanno uscendo anche reati di forte allarme sociale. Succede così che, con le nuove norme, non possano più essere intercettati i soggetti sospettati «soltanto» di associazione per delinquere semplice, truffa, rapina. E rischiano di essere sospesi migliaia di procedimenti per reati predatori, come lo scippo o il furto.
Per non parlare dell’aspetto simbolico di questi provvedimenti. La sospensione per un anno (o per sempre?) dei processi minori di fatto funzionerà come un’amnistia mascherata, e nel frattempo manda un segnale opposto a quello che si intendeva inviare con il reato di clandestinità. Quanto a quest’ultimo, e più in generale alla minaccia di norme più severe contro gli irregolari, la loro credibilità resta minima perché non è accompagnata né da provvedimenti capaci di accelerare i processi né da stanziamenti adeguati in materia di edilizia carceraria.