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Il vero volto del Cavaliere

Garantire insieme: sicurezza e giustizia uguale per tutti; privacy e diritto del cittadino all'informazione

Il vero volto del Cavaliere

Messaggioda Bob il 17/06/2008, 10:08

dal sito di La Repubblica

Il vero volto del Cavaliere
di EZIO MAURO


NEL mezzo della luna di miele che la maggioranza degli italiani credeva di vivere con il nuovo governo, la vera natura del berlusconismo emerge prepotente, uguale a se stessa, dominata da uno stato personale di necessità e da un'emergenza privata che spazzano via in un pomeriggio ogni camuffamento istituzionale e ogni travestimento da uomo di Stato del Cavaliere. No. Berlusconi resta Berlusconi, pronto a deformare lo Stato di diritto per salvaguardia personale, a limitare la libertà di stampa per sfuggire alla pubblicazione di dialoghi telefonici imbarazzanti, a colpire il diritto dell'opinione pubblica a essere informata sulle grandi inchieste e sui reati commessi, pur di fermare le indagini della magistratura.

La Repubblica vive un'altra grave umiliazione, con le leggi ad personam che ritornano, il governo del Paese ridotto a scudo privato del premier, la maggioranza parlamentare trasformata in avvocato difensore di un cittadino indagato che vuole sfuggire al suo legittimo giudice, deformando le norme.

In un solo giorno - dopo la strategia del sorriso, il dialogo, l'ambizione del Quirinale - Silvio Berlusconi ha chiamato a raccolta i suoi uomini per operare una doppia azione di sfondamento alla normalità democratica del nostro sistema costituzionale. Sotto attacco, la libertà di informazione da un lato, e l'obbligatorietà dell'azione penale dall'altro.

Per la prima volta nella storia repubblicana, il governo e la sua maggioranza entrano nel campo dell'azione penale per stravolgerne le regole e stabilire una gerarchia tra i reati da perseguire. Uno stravolgimento formale delle norme sulla fissazione dei ruoli d'udienza, che tuttavia si traduce in un'alterazione sostanziale del principio di obbligatorietà dell'azione penale. Principio istituito a garanzia dell'effettiva imparzialità dei magistrati e dell'uguaglianza dei cittadini.

La nuova norma berlusconiana (presentata come un emendamento al decreto-sicurezza, firmato direttamente dai Presidenti della I e II commissione di Palazzo Madama) obbliga i giudici a dare "precedenza assoluta" ai procedimenti relativi ad alcuni reati, ma questa precedenza serve soprattutto a mascherare il vero obiettivo dell'intervento: la sospensione "immediata e per la durata di un anno" di tutti i processi penali relativi ai fatti commessi fino al 31 dicembre 2001 che si trovino "in uno stato compreso tra la fissazione dell'udienza preliminare e la chiusura del dibattimento di primo grado".

È esattamente la situazione in cui si trova Silvio Berlusconi nel processo in corso davanti al Tribunale di Milano per corruzione in atti giudiziari: con l'accusa di aver spinto l'avvocato londinese Mills a dichiarare il falso sui fondi neri della galassia Fininvest all'estero.

Quel processo è arrivato al passo finale, mancano due udienze alla sentenza. Si capisce la fretta, il conflitto d'interessi, l'urgenza privata, l'emergenza nazionale che ne deriva, la vergogna di una nuova legge ad personam. Bisogna ad ogni costo bloccare quei giudici, anche se operano "in nome del popolo italiano", anche se il caso non riguarda affatto la politica, anche se il discredito internazionale sarà massimo. Bisogna con ogni mezzo evitare quella sentenza, guadagnare un anno, per dar tempo all'avvocato Ghedini (difensore privato del Cavaliere e vero Guardasigilli-ombra del suo governo) di ripresentare quel lodo Schifani che rende il premier non punibile, e che la Consulta ha già giudicato incostituzionale, perché viola l'uguaglianza dei cittadini: un peccato mortale, in democrazia, qualcosa che un leader politico non dovrebbe nemmeno permettersi di pensare, e che invece in Italia verrà presentato in Parlamento per la seconda volta in pochi anni, a tutela della stessa persona, dalla stessa moderna destra che gli italiani hanno scelto per governare il Paese.

Con ogni evidenza, per l'uomo che guida il governo non è sufficiente vincere le elezioni, e nemmeno stravincerle: non gli basta avere una grande maggioranza alle Camere, parlamentari tutti scelti di persona e imposti agli elettori, una forte legittimazione popolare, mano libera nel dispiegare legittimamente la sua politica. No. Ancora una volta a Berlusconi serve qualcosa di illegittimo, che trasformi la politica in puro strumento di potere, il Parlamento in dotazione personale, le istituzioni in materia deformabile, come le leggi, come i poteri della magistratura.

È una coazione a ripetere, rivelatrice di una cultura politica spaventata, di una leadership fuggiasca anche quando è sul trono, di un sentimento istituzionale che abita la Repubblica da estraneo, come se fosse un usurpatore, e non riesce a farsi Stato, vivendo il suo stesso trionfo come abusivo. Col risultato di vedere il Capo dell'esecutivo chiedere aiuto al potere legislativo per bloccare il giudiziario. Qualcosa a cui l'Occidente non è abituato, un abuso di potere che soltanto in Italia non scandalizza, e che soltanto l'establishment italiano può accettare banalizzandolo, per la nota e redditizia complicità dei dominati con l'ordine dominante, che è a fondamento di ogni autoritarismo popolare e di ogni democrazia demagogica, come ci avviamo purtroppo a diventare.

Questo uso esclusivo delle istituzioni e della norma, porta fatalmente il Premier ad un conflitto con il Capo dello Stato, garante della Costituzione. Napolitano era già intervenuto, nelle forme proprie del suo ruolo, contro il tentativo di introdurre la norma anti-prostitute nel decreto sicurezza, spiegando che non si vedeva una ragione d'urgenza. Poi aveva preso posizione per la stessa ragione contro l'ingresso nel decreto della norma che porta i soldati in strada a svolgere compiti di polizia. Oggi si trova di fronte un emendamento che addirittura sospende per un anno i processi penali e ordina ai magistrati come devono muoversi di fronte ai reati, una norma straordinaria inserita come "correzione" in un decreto che parla di tutt'altro.

Che c'entra la sospensione dei processi con la sicurezza? Qual è il carattere di urgenza, davanti ai cittadini? L'unica urgenza - come l'unica sicurezza - è quella privatissima e inconfessabile del premier. Una stortura che diventa un abuso, e anche una sfida al Capo dello Stato, che non potrà accettarla. Come non può accettarla il Partito Democratico, che ieri con Veltroni ha accolto la proposta di Scalfari: il dialogo sulle riforme non può continuare davanti a questi "strappi" della destra, perché non si può parlare di regole con chi le calpesta.

Nello stesso momento, mentre blocca i magistrati e ferma il suo processo, Berlusconi interviene anche sulla libertà di cronaca. Il disegno di legge sulle intercettazioni presentato ieri dal governo, infatti, non impedisce solo la pubblicazione delle intercettazioni telefoniche, con pene fino a 3 anni (e sospensione dalla professione) per il cronista autore dell'articolo e fino a 400 mila euro per l'editore. Le nuove norme vietano all'articolo 2 la pubblicazione "anche parziale o per riassunto" degli atti delle indagini preliminari "anche se non sussiste più il segreto", fino all'inizio del dibattimento.

Questo significa il silenzio su qualsiasi notizia di inchiesta giudiziaria, arresto, interrogatorio, dichiarazione di parte offesa, argomenti delle difese, conclusioni delle indagini preliminari, richiesta di rinvio a giudizio. Tutto l'iter investigativo e istruttorio che precede l'ordinanza del giudice dell'udienza preliminare è ora coperto dal silenzio, anche se è un iter che nella lentezza giudiziaria italiana può durare quattro-sei anni, in qualche caso dieci. In questo spazio muto e segreto, c'è ora l'obbligo (articolo 12) di "informare l'autorità ecclesiastica" quando l'indagato è un religioso cattolico, mentre se è un Vescovo si informerà direttamente il Cardinale Segretario di Stato del Vaticano, con un inedito privilegio per il Capo del governo di uno Stato straniero, e per i cittadini-sacerdoti, più cittadini degli altri.

Se il diritto di cronaca è mutilato, il diritto del cittadino a sapere e a conoscere è fortemente limitato. Con questa norma, non avremmo saputo niente dello spionaggio Telecom, del sequestro di Abu Omar, della scalata all'Antonveneta, della scalata Unipol alla Bnl, del default Parmalat, della vicenda Moggi, della subalternità di Saccà a Berlusconi, dei "pizzini" di Provenzano, della disinformazione organizzata da Pollari e Pompa, e infine degli orrori della clinica Santa Rita di Milano. Ma non c'è solo l'ossessione privata di Berlusconi contro i magistrati e i giornalisti (alcuni).

C'è anche il tentativo scientifico di impedire la formazione di quel soggetto cruciale di ogni moderna democrazia che è la pubblica opinione, un'opinione consapevole proprio in quanto informata, e influente perché organizzata come attore cosciente della moderna agorà. No alla pubblica opinione (che non sappia, che non conosca) a favore di opinioni private, meglio se disorientate e spaventate, chiuse in orizzonti biografici e in paure separate, convinte che non esista più un'azione pubblica efficace, una risposta collettiva a problemi individuali.

A questo insieme di individui - di cui certo fanno parte anche gli sconfitti della globalizzazione, la nuova plebe della modernità - il populismo berlusconiano chiede solo una vibrazione di consenso, un'adesione a politiche simboliche, una partecipazione di stati d'animo, che si risolve nella delega. La cifra che lega il tutto è l'emergenza, intesa come orizzonte delle paure e fine del conformismo, del politicamente corretto, delle regole e degli equilibri istituzionali.

Conta decidere (non importa come), agire (non conta con che efficacia), trasformare l'eccezione in norma. Il governo, a ben guardare, non sta militarizzando le strade o le discariche, ma le sue decisioni e la sua politica. Meglio, sta militarizzando il senso comune degli italiani, forzandolo in un contesto emergenziale continuo, con l'esecutivo trasformato per conseguenza da organo ordinario in straordinario, che opera in uno stato d'eccezione perenne. Così Silvio Berlusconi può permettersi di venire allo scoperto in serata, scrivendo in una lettera a Schifani che la norma blocca-processi "è a favore di tutta la collettività", anche se si applica "a uno tra i molti fantasiosi processi che magistrati di estrema sinistra hanno intentato contro di me per fini di lotta politica".

È il preannuncio di una ricusazione, in una giornata come questa, vergognosa per la democrazia, con il premier imputato che rifiuta il suo giudice mentre ne blocca l'azione. A dimostrazione che Berlusconi è pronto a tutto. Dovremmo prepararci al peggio: se non fosse che il peggio, probabilmente, lo stiamo già vivendo.

(17 giugno 2008)
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Re: Il vero volto del Cavaliere

Messaggioda Bob il 17/06/2008, 10:14

http://www.corriere.it/cronache/08_giugno_17/mafia_massoneria_arresti_f54ee792-3c35-11dd-bc39-00144f02aabc.shtml

Patto tra mafia e massoneria per ritardare i processi:
otto persone arrestate

L'inchiesta vede coinvolti professionisti, medici, imprenditori, boss e iscritti a logge massoniche

Ricorda niente?

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Re: Il vero volto del Cavaliere

Messaggioda Bob il 17/06/2008, 10:47

da:

Avviso d´emergenza
Furio Colombo

Voci di estremo allarme si alzano nel Paese in cui un nuovo governo aveva fatto finta, sulle prime, di essere normale, un qualunque governo di destra europeo. Improvvisamente annuncia di seguito - e si prepara a imporre per decreto e con l´approvazione automatica della sua maggioranza - una serie di leggi con cui inventa un clima di tensione e paura. E risponde a quel clima inventato con leggi liberticide, anticostituzionali e contro il diritto di sapere. L´opinione pubblica libera e informata viene proclamata il nemico da eliminare. Si rivela il volto del nuovo governo. Come è stato detto da Antonio Di Pietro, è un volto che evoca paesi ad alto rischio come la Colombia. Ecco alcune voci che descrivono il nostro Paese oggi.

Stefano Rodotà: «Siamo di fronte a un fenomeno che l´Italia ha conosciuto in altri decenni: le leggi speciali.

Giovanni Sartori: «La Carta della prima Repubblica non è stata abolita perché non c´è più bisogno di rifarla. La si può svuotare dall´interno. Basta paralizzare la magistratura. Alla fine il potere politico comanda da solo».

Marco Travaglio: «Personalmente annuncio fin d´ora che continuerò a informare i lettori senza tacere nulla di quello che so. Continuerò a pubblicare atti di indagine e intercettazioni che riuscirò a procurarmi, come ritengo giusto e doveroso al servizio dei cittadini. Lo farò in base all´art. 21 della Costituzione e all´art. 10 della Convenzione europea sui diritti dell´uomo».

Eugenio Scalfari: «Attenti al risveglio. Può essere durissimo. Può essere il risveglio di un Paese senza democrazia».

Ecco che cosa è accaduto: militarizzazione del territorio «per ragioni strategiche»; uso dei soldati per il pattugliamento delle aree urbane; divieto quasi assoluto delle intercettazioni telefoniche nelle indagini, con limiti scandalosi e risibili (interrompere dopo tre mesi, non poterle utilizzare se si accerta un nuovo reato!) per le poche intercettazioni possibili; impunità (ancora non si sa per che cosa) al primo ministro garantita dal ritorno del vergognoso «lodo Schifani». Torna il passato e torna al peggio.

< ...............>

Pubblicato il: 16.06.08 L'Unita'
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Re: Il vero volto del Cavaliere

Messaggioda annalu il 18/06/2008, 19:40

Il vero volto del Cavaliere?

E' sempre stato sotto gli occhi di tutti: non l'hanno visto solo coloro che non desideravano vederlo.

Adesso la preoccupazione è moto diffusa, anche fra persone di area prossima alla destra.
Si è ancora in tempo per arrestare la sua marcia trionfale?
Difficile a dirsi, dopo che Berlusconi, con la lettera a Schifani, ha apertamente dichiarato le sue intenzioni ed i suoi veri programmi.

L'onestà, in democrazia, non è un optional, è la base stessa della convivenza civile.
Ma quella che è stata impropriamente chiamata la "demonizzazione" di Berlusconi, è stato un griare "al lupo, al lupo" in modo inconcludente, mentre il problema, una volta denunciato, si sarebbe dovuuto anche essere in grado di risolverlo.

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Re: Il vero volto del Cavaliere

Messaggioda ranvit il 19/06/2008, 12:45

Non condivido tutto questo allarmismo.

In democrazia, l'avversario va battuto alle elezioni.

Anche se fossero vere tutte le cattive intenzioni che gli si attribuiscono, non vedo come sbrogliare la matassa facendo "ammuina".
E anche se si facesse "ammuina" non vedo con quale criterio dovrebbero gli elettori prenderla in considerazione : provengono da una parte politica che ha ripetutamente dimostrato di non saper onorare il mandato ricevuto a governare, quando sono stati premiati dal voto.


Ben venga quindi il rilievo alle cose ritenute errate, ma nel frattempo trovare identità, anima e programma di un partito (o coalizione) che al momento non si vede!

Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Il vero volto del Cavaliere

Messaggioda Carlo Di Franco il 30/06/2008, 13:08

Nel mezzo di tanta mediocrità e disinformazione, Di Pietro almeno un punto chiaro (ed ovvio per quanto mi riguarda) lo marca: oggi, per esserci una dittatura, non servono più sfilate di stivaloni a passo dell'oca, ma basta manipolare l'informazione.... il risultato è ciò che conta!
Il punto è che qui siamo ben oltre: non è più in gioco solo la democrazia (sarebbe una regressione di pochi decenni!) ma lo stato di diritto. L'impunità, il rifiuto reiterato di ottemperare a decisioni giudiziali come quella di Rete4 non corrispondono solo ad una ingiustizia "pubblica" ma anche ad una "privata" o "civilistica" delle controparti in giudizi i cui diritti vengono compressi. Non è quindi solo in gioco l’organizzazione della cosa pubblica, come il dissidio democrazia/dittatura lascia intendere, ma la base stessa dello stato di diritto come lo conosciamo da alcuni secoli, da quando qualcuno cominciò a “pretendere” che il potere del monarca non fosse infinito ma limitato dalle leggi.
Con un po’ di disinformazione perfino Hobbes, ferrigno teorico seicentesco dell’assolutismo regio contro la limitazione dei poteri, che prevedeva in casi estremi la legittimità del “regicidio” sarà tacciato di essere un pericoloso sovversivo!
Il salto all’indietro non sarà di pochi decenni ma di alcuni secoli, ma io non mi stupirò: in fondo le fortune del VOSTRO premier (mio no…. io avvierò la procedura per la rinuncia alla cittadinanza) non sono fondate sulla gestione di un bene pubblico, quali le frequenze TV, ottenute in maniera non trasparente (mai una gara, poco o nulla di canone da pagare) e mantenute in regime di oligopolio? Io vi chiedo: trovate più somiglianze con il capitalista moderno che conquista il mercato o con il feudatario dell’Ancient Regime che ottiene il privilegio per vicinanza al re?
Il bello è che il VOSTRO non fa nulla per nascondere il suo modello politico: ricordate la notizia del Berlusconi “taumaturgo” che guarì un fanciullo dal coma grazie alla registrazione della sua voce inneggiante al Milan? Ebbene anche i sovrani assoluti del ‘500 tentarono questa propaganda, rifacendosi agli imperatori dei secoli precedenti. Ma non vi riuscirono: le coscienze erano già troppo sveglie e i mezzi per manipolare le menti ancora troppo rozzi… ahi, ahi!
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Re: Il vero volto del Cavaliere

Messaggioda GOG54 il 02/07/2008, 9:00

Se strillare il nostro disgusto e gridare il nostro sconcerto porta acqua al mulino di Berlusconi, di fronte all'ennesima aggressione frontale del premier al Capo dello Stato, vuole il Partito Democratico spiegarci quale linea del rigore e della serietà intenderà perseguire per contrastare questo scempio, senza lasciare Di Pietro padrone del dissenso? Restiamo attoniti nel percepire la debolezza dell'opposizione nel momento in cui si giocano davvero i destini del nostro assetto democratico.

Il vero volto del Cavaliere
di EZIO MAURO


NEL mezzo della luna di miele che la maggioranza degli italiani credeva di vivere con il nuovo governo, la vera natura del berlusconismo emerge prepotente, uguale a se stessa, dominata da uno stato personale di necessità e da un'emergenza privata che spazzano via in un pomeriggio ogni camuffamento istituzionale e ogni travestimento da uomo di Stato del Cavaliere. No. Berlusconi resta Berlusconi, pronto a deformare lo Stato di diritto per salvaguardia personale, a limitare la libertà di stampa per sfuggire alla pubblicazione di dialoghi telefonici imbarazzanti, a colpire il diritto dell'opinione pubblica a essere informata sulle grandi inchieste e sui reati commessi, pur di fermare le indagini della magistratura.

La Repubblica vive un'altra grave umiliazione, con le leggi ad personam che ritornano, il governo del Paese ridotto a scudo privato del premier, la maggioranza parlamentare trasformata in avvocato difensore di un cittadino indagato che vuole sfuggire al suo legittimo giudice, deformando le norme.

In un solo giorno - dopo la strategia del sorriso, il dialogo, l'ambizione del Quirinale - Silvio Berlusconi ha chiamato a raccolta i suoi uomini per operare una doppia azione di sfondamento alla normalità democratica del nostro sistema costituzionale. Sotto attacco, la libertà di informazione da un lato, e l'obbligatorietà dell'azione penale dall'altro.

Per la prima volta nella storia repubblicana, il governo e la sua maggioranza entrano nel campo dell'azione penale per stravolgerne le regole e stabilire una gerarchia tra i reati da perseguire. Uno stravolgimento formale delle norme sulla fissazione dei ruoli d'udienza, che tuttavia si traduce in un'alterazione sostanziale del principio di obbligatorietà dell'azione penale. Principio istituito a garanzia dell'effettiva imparzialità dei magistrati e dell'uguaglianza dei cittadini.

La nuova norma berlusconiana (presentata come un emendamento al decreto-sicurezza, firmato direttamente dai Presidenti della I e II commissione di Palazzo Madama) obbliga i giudici a dare "precedenza assoluta" ai procedimenti relativi ad alcuni reati, ma questa precedenza serve soprattutto a mascherare il vero obiettivo dell'intervento: la sospensione "immediata e per la durata di un anno" di tutti i processi penali relativi ai fatti commessi fino al 31 dicembre 2001 che si trovino "in uno stato compreso tra la fissazione dell'udienza preliminare e la chiusura del dibattimento di primo grado".

È esattamente la situazione in cui si trova Silvio Berlusconi nel processo in corso davanti al Tribunale di Milano per corruzione in atti giudiziari: con l'accusa di aver spinto l'avvocato londinese Mills a dichiarare il falso sui fondi neri della galassia Fininvest all'estero.

Quel processo è arrivato al passo finale, mancano due udienze alla sentenza. Si capisce la fretta, il conflitto d'interessi, l'urgenza privata, l'emergenza nazionale che ne deriva, la vergogna di una nuova legge ad personam. Bisogna ad ogni costo bloccare quei giudici, anche se operano "in nome del popolo italiano", anche se il caso non riguarda affatto la politica, anche se il discredito internazionale sarà massimo. Bisogna con ogni mezzo evitare quella sentenza, guadagnare un anno, per dar tempo all'avvocato Ghedini (difensore privato del Cavaliere e vero Guardasigilli-ombra del suo governo) di ripresentare quel lodo Schifani che rende il premier non punibile, e che la Consulta ha già giudicato incostituzionale, perché viola l'uguaglianza dei cittadini: un peccato mortale, in democrazia, qualcosa che un leader politico non dovrebbe nemmeno permettersi di pensare, e che invece in Italia verrà presentato in Parlamento per la seconda volta in pochi anni, a tutela della stessa persona, dalla stessa moderna destra che gli italiani hanno scelto per governare il Paese.

Con ogni evidenza, per l'uomo che guida il governo non è sufficiente vincere le elezioni, e nemmeno stravincerle: non gli basta avere una grande maggioranza alle Camere, parlamentari tutti scelti di persona e imposti agli elettori, una forte legittimazione popolare, mano libera nel dispiegare legittimamente la sua politica. No. Ancora una volta a Berlusconi serve qualcosa di illegittimo, che trasformi la politica in puro strumento di potere, il Parlamento in dotazione personale, le istituzioni in materia deformabile, come le leggi, come i poteri della magistratura.

È una coazione a ripetere, rivelatrice di una cultura politica spaventata, di una leadership fuggiasca anche quando è sul trono, di un sentimento istituzionale che abita la Repubblica da estraneo, come se fosse un usurpatore, e non riesce a farsi Stato, vivendo il suo stesso trionfo come abusivo. Col risultato di vedere il Capo dell'esecutivo chiedere aiuto al potere legislativo per bloccare il giudiziario. Qualcosa a cui l'Occidente non è abituato, un abuso di potere che soltanto in Italia non scandalizza, e che soltanto l'establishment italiano può accettare banalizzandolo, per la nota e redditizia complicità dei dominati con l'ordine dominante, che è a fondamento di ogni autoritarismo popolare e di ogni democrazia demagogica, come ci avviamo purtroppo a diventare.

Questo uso esclusivo delle istituzioni e della norma, porta fatalmente il Premier ad un conflitto con il Capo dello Stato, garante della Costituzione. Napolitano era già intervenuto, nelle forme proprie del suo ruolo, contro il tentativo di introdurre la norma anti-prostitute nel decreto sicurezza, spiegando che non si vedeva una ragione d'urgenza. Poi aveva preso posizione per la stessa ragione contro l'ingresso nel decreto della norma che porta i soldati in strada a svolgere compiti di polizia. Oggi si trova di fronte un emendamento che addirittura sospende per un anno i processi penali e ordina ai magistrati come devono muoversi di fronte ai reati, una norma straordinaria inserita come "correzione" in un decreto che parla di tutt'altro.

Che c'entra la sospensione dei processi con la sicurezza? Qual è il carattere di urgenza, davanti ai cittadini? L'unica urgenza - come l'unica sicurezza - è quella privatissima e inconfessabile del premier. Una stortura che diventa un abuso, e anche una sfida al Capo dello Stato, che non potrà accettarla. Come non può accettarla il Partito Democratico, che ieri con Veltroni ha accolto la proposta di Scalfari: il dialogo sulle riforme non può continuare davanti a questi "strappi" della destra, perché non si può parlare di regole con chi le calpesta.

Nello stesso momento, mentre blocca i magistrati e ferma il suo processo, Berlusconi interviene anche sulla libertà di cronaca. Il disegno di legge sulle intercettazioni presentato ieri dal governo, infatti, non impedisce solo la pubblicazione delle intercettazioni telefoniche, con pene fino a 3 anni (e sospensione dalla professione) per il cronista autore dell'articolo e fino a 400 mila euro per l'editore. Le nuove norme vietano all'articolo 2 la pubblicazione "anche parziale o per riassunto" degli atti delle indagini preliminari "anche se non sussiste più il segreto", fino all'inizio del dibattimento.

Questo significa il silenzio su qualsiasi notizia di inchiesta giudiziaria, arresto, interrogatorio, dichiarazione di parte offesa, argomenti delle difese, conclusioni delle indagini preliminari, richiesta di rinvio a giudizio. Tutto l'iter investigativo e istruttorio che precede l'ordinanza del giudice dell'udienza preliminare è ora coperto dal silenzio, anche se è un iter che nella lentezza giudiziaria italiana può durare quattro-sei anni, in qualche caso dieci. In questo spazio muto e segreto, c'è ora l'obbligo (articolo 12) di "informare l'autorità ecclesiastica" quando l'indagato è un religioso cattolico, mentre se è un Vescovo si informerà direttamente il Cardinale Segretario di Stato del Vaticano, con un inedito privilegio per il Capo del governo di uno Stato straniero, e per i cittadini-sacerdoti, più cittadini degli altri.

Se il diritto di cronaca è mutilato, il diritto del cittadino a sapere e a conoscere è fortemente limitato. Con questa norma, non avremmo saputo niente dello spionaggio Telecom, del sequestro di Abu Omar, della scalata all'Antonveneta, della scalata Unipol alla Bnl, del default Parmalat, della vicenda Moggi, della subalternità di Saccà a Berlusconi, dei "pizzini" di Provenzano, della disinformazione organizzata da Pollari e Pompa, e infine degli orrori della clinica Santa Rita di Milano. Ma non c'è solo l'ossessione privata di Berlusconi contro i magistrati e i giornalisti (alcuni).

C'è anche il tentativo scientifico di impedire la formazione di quel soggetto cruciale di ogni moderna democrazia che è la pubblica opinione, un'opinione consapevole proprio in quanto informata, e influente perché organizzata come attore cosciente della moderna agorà. No alla pubblica opinione (che non sappia, che non conosca) a favore di opinioni private, meglio se disorientate e spaventate, chiuse in orizzonti biografici e in paure separate, convinte che non esista più un'azione pubblica efficace, una risposta collettiva a problemi individuali.

A questo insieme di individui - di cui certo fanno parte anche gli sconfitti della globalizzazione, la nuova plebe della modernità - il populismo berlusconiano chiede solo una vibrazione di consenso, un'adesione a politiche simboliche, una partecipazione di stati d'animo, che si risolve nella delega. La cifra che lega il tutto è l'emergenza, intesa come orizzonte delle paure e fine del conformismo, del politicamente corretto, delle regole e degli equilibri istituzionali.

Conta decidere (non importa come), agire (non conta con che efficacia), trasformare l'eccezione in norma. Il governo, a ben guardare, non sta militarizzando le strade o le discariche, ma le sue decisioni e la sua politica. Meglio, sta militarizzando il senso comune degli italiani, forzandolo in un contesto emergenziale continuo, con l'esecutivo trasformato per conseguenza da organo ordinario in straordinario, che opera in uno stato d'eccezione perenne. Così Silvio Berlusconi può permettersi di venire allo scoperto in serata, scrivendo in una lettera a Schifani che la norma blocca-processi "è a favore di tutta la collettività", anche se si applica "a uno tra i molti fantasiosi processi che magistrati di estrema sinistra hanno intentato contro di me per fini di lotta politica".

È il preannuncio di una ricusazione, in una giornata come questa, vergognosa per la democrazia, con il premier imputato che rifiuta il suo giudice mentre ne blocca l'azione. A dimostrazione che Berlusconi è pronto a tutto. Dovremmo prepararci al peggio: se non fosse che il peggio, probabilmente, lo stiamo già vivendo.

(17 giugno 2008)
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