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Quella sinistra che muore senza un nemico

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Quella sinistra che muore senza un nemico

Messaggioda franz il 01/12/2014, 14:59

Quella sinistra che muore senza un nemico
Nov 29, 2014

Da Vendola alla Bindi passando per D’Alema, Cuperlo e Boccia. Non è una nuova serie di “The Walking Dead”, ma un progetto politico per ostacolare Matteo Renzi. Nessun contenuto, nessuna visione della realtà. Soltanto “no” a priori e un nuovo nemico contro cui costruire l’ennesima armata Brancaleone. Si salvi chi può.

L’incubo dell’ultimo ventennio – Che noia sarebbe Peter Pan senza Capitan Uncino, oppure Biancaneve senza la strega cattiva. Probabilmente non sarebbero neanche esistiti questi film animati di grande successo. In alcuni casi, quasi in tutti, c’è sempre bisogno del cosiddetto “cattivo” per mostrare a tutti la propria bontà e in questo caso per creare una trama intrigante e appassionante. Nei film, nelle diverse pellicole è normale ci siano buoni e cattivi. Forse è uno dei pochi luoghi in cui è ammessa una simile dicotomia. Qualcosa che ritroviamo, a tratti, nella vita quotidiana e spesso e volentieri anche nel mondo della politica. Nell’ultimo ventennio, da una parte e dall’altra, si dipingeva l’avversario politico come il male assoluto, come colui che avrebbe distrutto l’Italia e addirittura rovesciato il sistema democratico. Centrodestra e centrosinistra hanno “giocato” a farsi la guerra. Hanno creato coalizioni che includevano il contrario di tutto. Alleati momentanei e improbabili, pronti a tradire per un piatto di lenticchie.

Quella classe sempre in politica – I banchi del governo erano strapieni, tra ministri e sottosegretari. Un esecutivo guidato da Romano Prodi doveva aggiungere qualche sedia per presentare al Parlamento la squadra al completo. Dall’altro lato, invece, Silvio Berlusconi provava a mettere d’accordo Casini e Bossi, Fini e Borghezio e sappiamo bene com’è andata a finire. Oggi tutto sembra un lontano ricordo. La crisi economica ha spazzato via quel momento storico, ma i protagonisti di quelle vicende non sono ancora domi. Provano a condizionare la scena politica contemporanea. Lo fanno in tutti i modi, senza rendersi conto che il loro sgomitare non fa altro che favorire le nuove leve della classe politica italiana. E’ il caso di Rosy Bindi, la quale non perde occasione per criticare il segretario del proprio partito. Lo ha fatto quando sono state nominate ministri alcune donne democratiche lontane anni luce dal suo modo di fare politica e lo fa in questi giorni, paventando la nascita di un nuovo soggetto politico che torni al progetto dell’Ulivo. Anche la fedelissima di Romano Prodi, a quanto pare, è pronta a tutto pur di tornare sulla scena politica.

“No Renzi” a priori, ecco il nuovo nemico – Come lei anche Massimo D’Alema e tutta la “ditta” non vogliono mollare la presa sulle poltrone e sul ruolo nel Partito Democratico che hanno esercitato negli ultimi decenni, alla faccia delle primarie e del ruolo del congresso. Però non è questo a preoccupare Matteo Renzi e la sua idea di partito. Sa bene che a ogni loro affermazione la sua popolarità aumenta. La questione è un’altra ed è rappresentata dall’ennesima corrente sinistra che fa riferimento a Nichi Vendola, Pippo Civati, Gianni Cuperlo e Stefano Fassina. Progressisti che sembrano voler fare le prove generali per creare un altro partito a sinistra. Magari nel mezzo mettono pure Landini, perché la separazione tra sindacato e partito, per loro, non è qualcosa da curare. Qualche giorno fa l’attuale presidente della regione Puglia ha lanciato “Human factor”, la nuova convention alternativa alla Leopolda renziana. Una necessità, secondo Vendola, perché «serve una federazione della sinistra per battere Renzi e la sua deriva a destra».

Il peggio di “The Walking Dead” – Ecco, come nelle fiabe peggiori una parte della sinistra italiana ha bisogno di trovare in qualcuno il nemico. E’ una necessità vitale, altrimenti sarebbero costretti a parlare di contenuti, di soluzioni ai problemi quotidiani delle persone. Quindi meglio concentrarsi sulle persone e giocare a trasformare la sinistra italiana nei Balcani della politica. Se prima il “diavolo” era Berlusconi, oggi si chiama Renzi e pazienza se ricopre la carica di segretario del Pd. L’importante è attaccarlo, criticarlo, controbattere ogni sua affermazione, ogni scelta del governo di larghe intese. Si, ma le proposte? Eh, bella domanda. Per quelle c’è sempre tempo. L’importante è dire “No Renzi” per rilanciare l’economia e far diminuire la disoccupazione. “No Renzi” è il collante di un nuovo vecchio Ulivo, che andrebbe da Rosy Bindi a Pippo Civati, passando per gli acerrimi nemici Massimo D’Alema e Nichi Vendola fino a Francesco Boccia, Gianni Cuperlo e Franco Marini. No, purtroppo non è una nuova serie di “The Walking Dead” è soltanto una parte della sinistra italiana, piena di contraddizioni, che si coalizza per continuare a sopravvivere.

http://www.pickline.it/2014/11/29/quell ... ico/193353
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Re: Quella sinistra che muore senza un nemico

Messaggioda pianogrande il 02/12/2014, 2:37

Ormai è una battuta vecchia.
Chi sa fare solo l'opposizione la fa anche quando è al governo.

Non sporcarsi le mani all'opposizione o non sporcarsi le mani al governo, non è esattamente la stessa cosa.
Non conferisce esattamente gli stessi meriti.

Che me ne faccio del puritanesimo di chi non ha voglia di buttarsi nella mischia?
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Re: Quella sinistra che muore senza un nemico

Messaggioda flaviomob il 02/12/2014, 20:06

Mi pare che Bindi, Bersani e D'Alema abbiano governato e pure parecchio, rispetto alla sinistra "storica" del PCI che aveva fatto 40 anni di opposizione. Per cui al limite si può contestare l'operato di costoro, ma certo non affermare che abbiano bisogno di un "nemico" come riferimento delle proprie proposte. Peraltro i fatti dimostrano che non abbiamo mai assistito ad una netta riduzione del rapporto debito/pil come nel quinquennio "virtuoso" 1996-2001.

Mentre Craxi e Berlusconi insieme sono responsabili di una buona metà del debito pubblico cumulato nel dopoguerra :evil: :evil:


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Re: Quella sinistra che muore senza un nemico

Messaggioda Robyn il 03/12/2014, 11:12

mi pare che sia l'articolo che cerca la creazione di un nemico si tratta sempre di risalire alla fonte dell'articolo di chi l'ha scritto per poi scoprire che si tratta di una idea che viene definita estranea alla democrazia
Locke la democrazia è fatta di molte persone
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Re: Quella sinistra che muore senza un nemico

Messaggioda mariok il 18/06/2015, 20:29

A proposito di sinistra che muore (con o senza nemico)

Massimo D'Alema, cena di autofinanziamento della Fondazione. Ministri, minoranza Pd e banchieri, tutti gustano il vino dell'ex premier

Redazione, L'Huffington Post
Pubblicato: 18/06/2015 11:58 CEST Aggiornato: 18/06/2015 12:20 CEST

Sulla scelta del vino non ci sono stati dubbi, né concorrenza. Solo ed esclusivamente vini prodotti dall’ex premier Massimo D’Alema nella sua tenuta umbra. Il padrone di casa, d’altronde, era proprio lui, in quanto presidente della Fondazione Italianieuropei. Questo gustosissimo video girato da Repubblica.it racconta la cena di finanziamento (quota minima mille euro) della Fondazione presieduta dall’ex premier. Una cena a cui ha preso parte un ampio parterre: da alcuni ministri del governo Renzi, come Pier Carlo Padoan e Andrea Orlando, a esponenti della minoranza dem, tra cui Pier Luigi Bersani e Roberto Speranza, a illustri banchieri e industriali – due nomi tra tutti: Alessandro Profumo, presidente di Mps, e Cesare Geronzi.

Lo scopo del banchetto? Finanziare le attività culturali della Fondazione, spiega D’Alema. Che scherza con il cronista di Repubblica: “Capisco che il giornalismo ha un rapporto difficile con il pensiero… ma la fondazione produce cultura… anche se so che pronunciare la parola cultura in questo Paese è quasi eversivo”. Almeno per una sera, e di fronte a un bicchiere di vino, la pace sembra possibile tra minoranza e maggioranza Pd. Quanto agli altri partecipanti, disposti a sborsare almeno mille euro per la causa, D’Alema assicura che nessuno lo fa per ottenere qualcosa in cambio. Anche perché – ironizza – “noi non siamo nulla… non sono deputato, non sono ministro, sono un libero cittadino.. Oltretutto, in questo momento [risatina], penso che se anche chiedessi un favore al presidente del Consiglio, potrei stare sicuro che non me lo farebbe”. Quanto al vino, l'ex premier fa il modesto: "Non spetta ai produttori giudicarlo, ma a chi lo consuma". I commensali - aggiunge - "mi sono sembrati abbastanza contenti".

http://www.huffingtonpost.it/2015/06/18 ... _ref=italy
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Re: Quella sinistra che muore senza un nemico

Messaggioda pianogrande il 18/06/2015, 23:38

“Capisco che il giornalismo ha un rapporto difficile con il pensiero… ma la fondazione produce cultura… anche se so che pronunciare la parola cultura in questo Paese è quasi eversivo”.

Un personaggio, per quanto "libero cittadino" che fa queste affermazioni degne del peggiore FaceBook mette una tristezza infinita.
Come si può cadere così in basso dopo essere stato (per quanto di modestissimo spessore) un capo di governo della repubblica?

D'Alema. Una persona assolutamente priva di dignità (e anche della intelligenza) e che si spinge a queste bassissime quote di captatio benevolentiae, pretenderebbe di occupare un posto importante nel paese.

Ma non ce l'ha un registratore per risentire il ridicolo e la stupidità di quello che dice?

Ma siamo conciati così male o andiamo incontro a un destino così tanto misero se personaggi di un certo rilievo istituzionale e dell'economia sprecano tempo alle sue feste?
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Re: Quella sinistra che muore senza un nemico

Messaggioda mariok il 19/06/2015, 9:43

Oltre lo squallore del personaggio (con un "aplomb" da nobile decaduto) quello che colpisce è la presenza "a corte" dei vari Bersani, Speranza, Orlando ed altri esponenti della "sinistra" anti-Renzi, che si atteggiano a paladini dei "valori" a difesa dei più deboli.
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Re: Quella sinistra che muore senza un nemico

Messaggioda pianogrande il 19/06/2015, 16:30

Quelli del PD assolutamente non sanno perdere.
Non sanno tirarsi da parte con eleganza e facendo l'ultimo atto utile nei confronti del partito e cioè riconoscere la sconfitta, fare gli auguri al vincitore e ritirarsi in bellezza.
No.
Acredine, attesa di veder passare il cadavere, vittimismo e chi più ne ha più ne metta.

Chi sa quanto fossi bersaniano ai tempi di Bersani può capire cosa provo nel vederlo brindare in onore di tanto squallore (sposo senz'altro il termine di Mariok).

Ma io sono innanzitutto italiano e continuo a cercare qualche soluzione valida.

I nemici servono solo a prendere (o almeno invocare) voti.
Intanto i problemi restano lì, irrisolti.
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Re: Quella sinistra che muore senza un nemico

Messaggioda mariok il 19/06/2015, 19:36

E insiste

Massimo D’Alema è appena tornato da un convegno a Tunisi.


ma con quali soldi va in giro per il mondo a partecipare a convegni (pardon: a fare cultura)

i 6.000 € al mese del vitalizio, anche se non sono pochi, certamente non bastano

L’INTERVISTA
D’Alema: «Se cede il Pd, Italia preda dei populismi. Ora si deve riaprire
il dialogo interno al partito»

L’ex premier: le urne sono più che un campanello d’allarme, Renzi si è illuso di poter fare da solo

di Antonio Macaluso


Il sorriso sotto i baffi c’è, ma è amaro: «Oramai lo dico senza alcuna vis polemica... Non partecipo più alle riunioni del Pd. Non mi arrabbio neanche più, sono preoccupato. Se si spezza il legame tra il Pd e la sua gente viene meno un punto di tenuta che ha retto finora. E rischiamo di cedere nel pieno della crisi europea, stretti tra Grecia e immigrazione».

Massimo D’Alema è appena tornato da un convegno a Tunisi.
«Ovunque vado, fuori dall’Unione, mi colpisce l’impressionante caduta di immagine dell’Europa. C’è una crescente disillusione. Sull’altra sponda del Mediterraneo vengono apprezzati gli sforzi fatti dall’Italia con “Mare Nostrum” e altre iniziative, ma quando descrivono ciò che i loro cari trovano nel nostro Paese, allora il racconto cambia: sfruttamento, ingiustizia, prevaricazione. C’è molto turbamento per l’incapacità dell’Europa a fronteggiare un’emergenza che riguarda alcune decine di migliaia di persone».

Potrebbero arrivare centinaia di migliaia di immigrati.
«Se non si riescono a gestire poche decine di migliaia di persone e si diffondono immagini di abbandono, degrado, mancanza di controllo, è naturale che aumenti la paura, ma ciò dimostra un impressionante vuoto di classe dirigente. Durante la drammatica crisi del Kosovo ci furono 300 mila profughi, ma non vi fu questo stato di tensione. È vero che era un’Europa forte, dove c’era una comunità di valori solidali e condivisi. Governava la sinistra».

Anche oggi in Francia e in Italia è la sinistra che governa.
«In Francia è una sinistra tallonata da Marine Le Pen, mentre l’Italia fa quel che può, stretta tra una legge folle, la Bossi-Fini, che produce clandestinità e respinge l’immigrazione di qualità, e la mancata gestione del fenomeno. In questo quadro, la sinistra rischia la sconfitta: non può affrontare il problema accodandosi ai populismi. Rischia di perdere senza combattere. In gioco ci sono i valori di accoglienza e solidarietà della democrazia europea».

Sulla quale pesa anche il caso Grecia.
«Sì, infatti, è l’altra grande emergenza che, se non risolta, non solo avrà risvolti economici devastanti, ma causerà anche una nuova ondata antieuropea. Se la Grecia non sarà salvata, il cittadino medio penserà che l’Europa feroce dei banchieri ha voluto schiacciare chi si è ribellato all’austerità in nome della sopravvivenza».

Arriviamo alla politica italiana.
«Quello che è avvenuto è più che un campanello d’allarme. Ho letto dichiarazioni che attribuiscono responsabilità alle primarie, ai candidati. Ma come? Una volta le primarie facevano vincere e ora fanno perdere? Tutto questo non c’entra nulla. Quando c’è una tendenza che si manifesta in tutto il Paese e con tutti i candidati, salvo eccezioni, si è di fronte ad un fatto politico. Non ci vuole un grande analista per capirlo: una parte grande del nostro elettorato ci ha abbandonato e il crollo della partecipazione al voto è stato particolarmente forte nelle Regioni rosse».

Facciamo un breve elenco dei mali che affliggono il Pd.
«Il fatto più grave? Tanti militanti e dirigenti hanno abbandonato il partito negli ultimi mesi e anziché capire che questo era il segno di un distacco progressivo di una parte importante dell’insediamento storico della sinistra, si è reagito con un atteggiamento sprezzante che ha finito per radicalizzare un sentimento negativo verso il Pd».

Renzi fa un’analisi diversa e pensa di tornare al Renzi 1...
«Il Renzi 1 è quello che ha portato il Pd unito alle Europee».

Cosa è successo dopo il 41 per cento alle Europee?
«Si è illuso di avere oramai vinto e di poter fare da solo ma ha finito per deludere molte delle speranze che aveva suscitato. La disillusione è stata ancora più cocente. Di fronte a misure che hanno colpito il nostro popolo, la gente si è sentita tradita. È di oggi il provvedimento che permette alle aziende di spiare mail e telefonate dei dipendenti. Speriamo che venga modificato, ma il fatto stesso che il governo del Pd possa prendere un provvedimento del genere è inquietante. Ho paura che possa alimentare nel popolo della sinistra un sentimento di estraneità e di disamore. Pensiamo a ciò che è accaduto nella scuola, dove si sono create le condizioni perché la rivolta degli insegnanti fosse uno dei fenomeni che ha caratterizzato la campagna elettorale».

Bisogna cambiare rotta, riaprire il dialogo interno?
«Sì, certo. Basta con questa finzione sui riformisti e i conservatori: tutti vogliamo le riforme. Si tratta di capire se sono le nostre riforme oppure quelle ispirate dal centrodestra. Mentre la riforma uninominale Mattarella fu una grande riforma perché creava le condizioni per una democrazia più avanzata e dava maggior potere dei cittadini, l’Italicum è una legge dirigista e plebiscitaria, pericolosamente ispirata al Porcellum. E se la sinistra fa le riforme della destra, il nostro popolo ci lascia. Colpiscono l’entusiasmo di Sacconi, che parla di vittoria culturale della destra, il sostegno di Bondi, la simpatia di Verdini. Non solo non colmano il vuoto che si crea dall’altra parte, ma rischiano persino di incoraggiare tanti a sinistra che pensano che questo non sia più il loro partito».

E dunque?
«Ci vogliono coraggio e onestà intellettuale, non si può sempre dare la colpa agli altri. Gli altri vanno rispettati. Si parla di Blair, dimenticando che fu capace di andare verso il centro, ma mantenendo il radicamento tradizionale del partito laburista. Vinse perché fu un rinnovatore e non un rottamatore».

Vede segnali di cambiamento nella gestione Renzi?
«Alcune delle dichiarazioni attribuite a Renzi in questi giorni mi hanno preoccupato perché sembrano voler dividere anziché unire. Che senso ha dire: Marino deve avere paura? Renzi è il capo del governo e il segretario del partito. Non può liquidare una situazione così complessa con una battuta. Il sindaco di Roma è in una tempesta: o lo si sostiene o si va alle elezioni. Indebolirlo e lasciarlo a se stesso non mi sembra una buona soluzione».

Renzi l’ha più visto o sentito?
«No. Ma d’altro canto capisco il rilievo dei suoi impegni e non si tratta di rapporti personali. Si tratta della necessità di un confronto serio e di un cambiamento politico, che sono indispensabili e urgenti».

Non è che fa il gufo?
«La prego... Sono preoccupato, ho paura che il Paese non ce la faccia e che, se cede il Pd, finisca preda dei populismi. Occorre ricostruire il campo del centrosinistra. In fondo Berlusconi sta cercando di fare la stessa cosa dall’altra parte. Noi non possiamo pensare che si possa andare avanti come se nulla fosse, magari con i voti di Verdini. Non credo che quei voti ci riporteranno i milioni di voti persi tra la nostra gente. Vorrei garbatamente farlo presente a Palazzo Chigi».

19 giugno 2015 | 07:48
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Re: Quella sinistra che muore senza un nemico

Messaggioda mariok il 28/08/2015, 9:43

VOLUTTÀ’ DI SCONFITTA
La nuova sinistra di scuola ateniese
di Paolo Mieli

Proletari di tutto il mondo unitevi.Ma se, per un accidente della storia, vi capita di vincere le elezioni, sfogliate i giornali, cercate un pretesto, sparate a zero contro il vostro governo e pensate subito a dividervi. Eviterete così, quando si voterà di nuovo, di dover fare i conti con la realtà ma soprattutto potrete assaporare il piacere di aver provocato un gran danno alla vostra casa madre.
Se sarete abili, di mandarla in rovina. Il «successo» del cofferatiano Luca Pastorino che alle recenti regionali in Liguria ha fatto perdere la democratica Raffaella Paita a vantaggio del berlusconiano Giovanni Toti (pur se è quasi assodato che la Paita sarebbe stata sconfitta anche se Pastorino fosse rimasto, per così dire, al suo fianco) potrebbe diventare il simbolo di un fenomeno di portata continentale.
Alle imminenti elezioni greche si presenterà «Unità popolare» guidata dall’ex ministro Panagiotis Lafazanis che, secondo i sondaggi, potrebbe prendere tra il 5 e il 7 per cento. «Puntiamo su un consenso a due cifre», ha annunciato il suo compagno di scissione Stathis Kouvelakis, docente di filosofia al King’s College di Londra. Peccato che, come annuncia Vassilis Primikiris, un altro dei leader della nuova formazione «unitaria» - nella storia della sinistra è tradizione di quasi tutti gli scissionisti quella di ornare l’intestazione del nuovo partito con il termine «unità» - nel nuovo Parlamento i seguaci di Lafazanis non si potranno alleare neanche con i comunisti: «sono indisponibili e lo dico con amarezza, perché vengo da lì come la gran parte dei compagni di Syriza», si rammarica Primikiris. E che persino il loro astro di riferimento, Yanis Varoufakis, li abbia fin qui snobbati. Lo scopo evidente di Lafazanis e compagni è quello di fare danno ad Alexis Tsipras anche se è improbabile che riescano a ottenere l’«effetto Toti», riescano cioè a far vincere Nea Dimokratia, la destra di Evangelos Meimarakis. Comunque le percentuali a cui aspirano possono essere considerate un discreto risultato. Risultato che (sempre che lo ottengano) verrà annunciato proprio nei giorni in cui - dopo la catastrofe elettorale di Ed Miliband del maggio scorso - potrebbe salire sul trono dei laburisti britannici l’iper repubblicano Jeremy Corbyn, deputato da trentadue anni che dall’epoca in cui si affermò Tony Blair e il Labour «sterzò al centro», sostiene di aver votato ai Comuni ben cinquecento volte contro le indicazioni del proprio partito. Cinquecento casi di disobbedienza politica da parte di un solo individuo. Un record che, qui da noi, farà impallidire i seguaci di Miguel Gotor.
In ogni caso Corbyn conquisterebbe la leadership laburista dall’interno e - pur non essendo stato negli ultimi venti anni un campione di lealtà - rispettando le regole. Non è a lui, quindi, che può essere ricondotto il modello Pastorino-Lafazanis. Semmai ispiratore di questa politica può essere considerato Oskar Lafontaine, eccellente primo ministro della Saar dal 1985 al 1998. Nel ‘90 Lafontaine era stato candidato dalla Spd contro Helmut Kohl reduce dalla riunificazione del suo Paese. E aveva perso. Vinse invece, otto anni dopo, Gerhard Schröder che riportò al governo i socialdemocratici tedeschi e chiamò il suo meno fortunato predecessore a guidare il ministero delle Finanze. Ma già nel 1999 Lafontaine lasciò l’incarico (tuonando «contro la dittatura dei mercati finanziari») anche se mantenne, nel partito, la prestigiosa carica di presidente. E da presidente non perse occasione per manifestare il suo dissenso nei confronti della politica di rigore imposta da Schröder (politica, va detto, a cui oggi anche i suoi ex oppositori riconoscono il merito di aver reso possibile che la Germania diventasse la locomotiva del treno europeo).
Nel 2005, Lafontaine lasciò la Spd, fondò assieme ad altri partitini Die Linke (La sinistra) si presentò alle elezioni e da allora ha collezionato una lunga serie di minisuccessi. Ha dimostrato di saper parlare al cuore dell’elettorato di sinistra come tra il 2008 e il 2009, quando il suo candidato alla presidenza della Germania, l’attore Peter Sodann, suggeriva l’arresto del presidente della Deutsche Bank Josef Ackermann, lodava la Ddr - dove pure era stato un dissidente - ricordando come fosse stato «il Paese con il maggior numero di teatri in Europa e con un ottimo sistema sanitario» e proponeva di sostituire l’inno nazionale tedesco con il «Kinderhymne» di Bertolt Brecht. La presidenza poi era stata conquistata dall’ex direttore del Fondo monetario internazionale Horst Köhler ma Sodann e Lafontaine furono contenti lo stesso. Così Die Linke è andata crescendo (pur restando tra il 10 e il 15 per cento) di elezione in elezione e, proprio in virtù di questi exploit , la sinistra tedesca ha sempre perso e Angela Dorothea Merkel ha avuto un’assicurazione a vita alla cancelleria di Berlino. Nel 2008 l’ex leader socialdemocratico Helmut Schmidt, per spiegarne le fortune, ha sostenuto che Lafontaine gode di un grandissimo carisma («come Adolf Hitler», ha aggiunto non senza una qualche malizia).
Nel 2013, Günter Grass, con toni meno eleganti, lo ha definito un «viscido traditore» specializzato nel far perdere la sinistra nel suo insieme. Lafontaine ha risposto per le rime rinfacciando all’autore del Tamburo di latta di aver «assillato» nel lontano 1966 il socialdemocratico Karl Schiller, ministro dell’Economia nel governo di Grosse Koalition, per il suo passato di iscritto al Partito nazionalsocialista. E di averlo fatto mentre taceva la sua appartenenza alle Waffen SS. Anche questo scambio di ceffoni ha deliziato gli spiriti più intransigenti del mondo progressista tedesco e, ad un tempo, i giornali più conservatori che gli hanno dato grande risalto. E mentre la sinistra tedesca si diletta in questo modo, l’Spd negli ultimi dieci anni (dieci anni!) ha dovuto accontentarsi di stare in grande coalizione con la Merkel dal 2005 al 2009, fuori dal governo tra il 2009 e il 2013, e di nuovo dentro dal 2013 sotto la guida di Sigmar Gabriel che nella recente crisi greca ha assunto una posizione intermedia tra la Merkel e Wolfgang Schäuble. Tale è la fiducia dei socialdemocratici per il futuro che uno dei loro principali leader, il primo ministro dello Schleswig-Holstein, Torsten Albig, ha proposto al proprio partito di saltare il turno elettorale del 2017. Missione compiuta, compagno Lafontaine.
27 agosto 2015 (modifica il 27 agosto 2015 | 07:13)
http://www.corriere.it/editoriali/15_ag ... ed07.shtml
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